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II Circolo Didattico “G.Mazzini” Frattamaggiore –Napoli_ Anno Scolastico 2004/2005
Docente: Pina Montesarchio
Laboratorio di Pratiche Filosofiche con bambine e bambini
Discutendo s’impara
Quali sono le regole della conversazione? E le regole della discussione in gruppo? Rispettare il proprio turno, argomentare le proprie idee, ribattere, cogliere il punto di vista dell’altro, comprendere i messaggi non verbali, sono elementi importanti per lo sviluppo delle competenze linguistiche relazionali. Quale il ruolo delle emozioni ogni volta che dobbiamo fare scelte e prendere decisioni? Le scelte e le decisioni sono i confini principali del giudizio. Il ruolo dell’emozione è così importante per il pensiero che sarebbe difficile separare l’una dall’altro. Questo tipo di pensiero, quando ha a che fare con ciò che è importante, è orientamento al valore e senza di esso, il pensiero di livello superiore è privo della componente valoriale. Se esso non include il giudizio di valore rischia di trattare i suoi contenuti in modo apatico, con indifferenza e senza impegno e questo implica che finirebbe per essere diffidente anche verso la stessa ricerca. Il progetto di filosofia con i bambini “Discutendo s’impara” muove da queste considerazioni introduttive, ritenendo l’educazione al dialogo e all’affettività condizioni importanti per una possibile convivenza civile tra gli uomini.
Destinatari:
Finalità
Obiettivi Generali
Abilità Cognitive
Attività Mentali
Disposizioni mentali
Contenuti
Tempi
Tipo di gruppo e consistenza numerica
Spazi da utilizzare
Tempi di svolgimento previsti:
lunedì 10.30-12.30 giovedì 11.30-13.30
Attività:
Materiale L’avvio e lo sviluppo del progetto richiede le seguenti risorse:
MetodologiaDopo la lettura del testo-stimolo si chiederà agli alunni di formulare domande relative ai problemi o alle suggestioni emergenti dal testo. Sarà importante non discriminare le domande ma accoglierle tutte allo stesso modo, registrandole sulla lavagna ed indicando accanto a ciascuna il nome della persona che le ha formulate. Una volta registrate e raccolte le domande che costituiscono il progetto operativo per la sessione, cioè gli interrogativi che stimolano ed attivano la ricerca, si passerà ad analizzarle allo scopo di:
Il piano di discussione individua ed indica il nucleo di interesse euristico e cognitivo su cui andrà ad indirizzarsi la sessione di lavoro e intorno cui verterà il dialogo.
ValutazioneLa valutazione prenderà in esame le singole sessioni curando di osservare la conduzione dell’insegnante e la partecipazione degli alunni. Le competenze acquisite da parte degli alunni riguarderanno l’accertamento in tutte le discipline poiché un percorso filosofico apporta sicuramente contributi in quanto a competenze linguistiche, logico-matematiche, storico-socio-geografiche, musicali, artistiche.
Frattamaggiore, 25 settembre 2004 Un dettato impegna gli alunni nella trascrizione del brano di Elfie[1] sul quaderno.
Ciao, mi piacerebbe conoscere i vostri nomi ma ho paura di chiederveli. Forse se vi dico il mio nome mi direte il vostro. Il mio nome è Elfie. Difficilmente chiedo qualcosa a qualcuno. Non so perché, non ho nessuna buona ragione, ho solo paura di farlo. Ho paura perché la gente potrebbe scoprire che non so niente. Vedete questo è il mio segreto. Sinceramente, non so nulla. Ad eccezione del fatto, certamente, che questa è l’unica cosa che so. Segue la lettura ad alta voce. Una lettura attenta, che impara a leggere anche le virgole e i punti in un clima di silenzio e di ascolto. Infine, la spiegazione del brano letto. I bambini tratteggiano, senza difficoltà, la figura di Elfie di cui risulta chiara la timidezza e l’insicurezza nel rapportarsi ai suoi coetanei. Chiedo agli alunni se, dopo aver così esaurientemente spiegato il brano, pur qualcosa ancora rimane non spiegato.[2]
Antonio: Perché Elfie è timida? Ilena: Perché Elfie ha paura? Vincenzo: Perché Elfie fa qualcosa che non ha una buona ragione? Samuele: Perché Elfie dice che non sa nulla? Antonio: Perché Elfie nasconde un segreto?
I bambini si impegnano nel rilevare dalle domande i seguenti temi di discussione:
La scelta del tema di discussione viene così motivata[3]: Samuele: Scelgo di discutere “la paura” perché è un problema, perché se uno ha paura gli altri lo prendono in giro. Maria: Io scelgo di discutere “la timidezza perché se un bambino è timido non chiede spiegazioni alla maestra. Valentina: Se ho un segreto che è solo mio non lo devo dire.
Gli alunni, dal confronto delle diverse posizioni, mostrano un interesse particolare per i segreti. La difficoltà di tenere un segreto, la voglia di dirlo agli altri s’accompagna poi alla paura di essere traditi.
Piano di discussione: i segreti. Si può tenere un segreto? Vincenzo: Se ci riesci, si. Cosa vuol dire se ci riesci? Samuele: se lo riesci a mantenere in te. Antonio: Quando hai un segreto lo devi mantenere per te, lo devi dire solo ai tuoi compagni, agli estranei no. Un amico sa tenere un tuo segreto? Vittoria: Se hai un segreto non lo devi dire sennò non è più un segreto.
La lezione termina con la valutazione. Saper rilevare gli errori rappresenta un momento importante sul piano della formazione. Ascolto….tutti hanno ascoltato tutti? I bambini disegnano un sole tra le nuvole. La partecipazione….uguale giudizio. Il tema della discussione è stato approfondito? Ancora altro restava da dire, ma il tempo ha tagliato spazio agli interventi degli altri alunni[4]. E l’insegnante? I bambini disegnano un sole che splende.
Il docente, nel suo ruolo di facilitatore del processo dialogico ha il compito di mettere a fuoco questioni e problematiche che appaiono indistinte o confuse, sollecitare chiarificazioni, esempi, argomentazioni, definire criteri, favorire l’autonomia di pensiero. La sua voce si inserisce nel dialogo tra i bambini come mano che sorregge, che aiuta, che da forza:
Leggo, nella valutazione che i bambini hanno espresso sul lavoro di conduzione dell’insegnante, l’entusiasmo di aver vissuto un tempo interamente dedicato al dialogo. La valutazione sulla mia conduzione della sessione di lavoro è molto più severa. [1] M.Lipman, Elfie, Liguori Editore 1999 pag.17 [2] Socrate non ha lasciato nulla di scritto. Nel Fedro, Platone giustifica questa scelta facendogli dire quanto segue: L'alfabeto ingenera oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitare la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall'interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria, ma per richiamare alla mente. Nè tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l'apparenza, perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di moltissime cose senza insegnamento, si crederanno d'essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti. C’é un aspetto strano che in realtà accomuna scrittura e pittura . Le immagini dipinte ti stanno davanti come se fossero vive , ma se chiedi loro qualcosa , tacciono solennemente .Lo stesso vale pure per i discorsi : potresti avere l' impressione che parlino , quasi abbiano la capacità di pensare , ma se chiedi loro qualcuno dei concetti che hanno espresso , con l' intenzione di capirlo , essi danno una sola risposta e sempre la stessa . Una volta che sia stato scritto poi , ogni discorso circola ovunque , allo stesso modo fra chi capisce , come pure fra chi non ha nulla a che fare e non sa a chi deve parlare e a chi no . E se é maltrattato e offeso ingiustamente ha sempre bisogno dell' aiuto dell' autore , perchè non é capace nè di difendersi nè di aiutarsi da solo. Fedro, 275 a-b Il testo, sia esso un racconto, un brano musicale o un dipinto, svela il suo significato se interrogato. La domanda è: il testo risponde a chi e come? Il testo nella comunità di ricerca risponde agli interlocutori nei modi in cui è stato interrogato e risponde in modo sempre nuovo perché problemi sempre nuovi è possibile far emergere.
[3] La metodologia qui seguita è quella relativa all’uso del curricolo di Philosophy for Children, progetto educativo nato negli USA negli anni settanta ad opera di Matthew Lipman del Montclaire State College del New Jersey e diffuso in tutto il mondo con l’istituzione di numerosi centri di studio e sperimentazione del programma. Il progetto educativo è costituito da una serie di racconti in forma dialogica in cui i protagonisti, bambini, adolescenti, adulti, animali, dialogano sui problemi e questioni di natura filosofica: il valore della vita, il pensiero, il rapporto mente-corpo, la verità, la giustizia, emergenti dalla loro esperienza. Ogni racconto è corredato da un manuale per il docente in cui sono indicate direttive metodologiche per l’approfondimento del lavoro educativo con piani di discussione, esercizi, attività stimolo. La finalità generale è l’educazione al pensiero logico e al tempo stesso alla riflessione sulla propria esperienza e sul comportamento individuale e sociale. Dopo la lettura del testo-stimolo (generalmente si tratta di un brano di un racconto del curricolo) si chiede agli alunni di formulare domande relative ai problemi o alle suggestioni emergenti dal testo. Nell’agenda si registrano e si raccolgono le domande, cioè gli interrogativi che stimolano ed attivano la ricerca per analizzarle allo scopo di: individuare uno o più temi o filoni di indagine. Sulla scorta dell’individuazione dei temi di indagine e/o degli orientamenti euristici si passa infine alla redazione del piano di discussione che individua ed indica il nucleo di interesse euristico e cognitivo su cui andrà ad indirizzarsi la sessione di lavoro e intorno cui verterà il dialogo. In quanto le domande sono analizzate e riformulate con la partecipazione ed il contributo di tutti i componenti del gruppo in questa fase non è più necessario indicare i nomi dei diversi soggetti, ma piuttosto è importante sottolineare come il piano di discussione sia il prodotto di una attività di pensiero e di ricerca condivisa.
[4] Afferma Gadamer, “Un dialogo è qualcosa in cui si capita, in cui si viene coinvolti, del quale non si sa mai prima cosa ne salterà fuori, e che si interrompe non senza violenza, perché c’è sempre ancora d’altro ancora da dire. Ogni parola ne desidera una successiva; anche la cosiddetta ultima parola, che in verità non esiste”. |
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