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Lettera agli Insegnanti italiani di James Hillman

 

Condivido le sue considerazioni sull’insegnamento e l’apprendimento, sulla naturalità dell’apprendere e dell’insegnare, anche io trovo che ci sia conflitto tra il "vero apprendere, il vero insegnare, che vede con "l’occhio del cuore" e che si realizza quando si condivide una "fantasia comune" che è in grado di nutrire l’anima sia degli studenti che degli insegnanti, e ciò che avviene nell’istituzione scuola.

Il perché di questo contrasto lo spiega nell’ultimo pensiero della sua lettera quando chiarisce come l’istituzione scuola (che sistematizza la relazione imparare /insegnare) sia sempre stata sottomessa a dei "dogmi educativi" e quindi a dei poteri e come nella nostra epoca essa abbia "prestato il suo corpo al mercato".

E’ chiaro dal suo ragionamento quindi che "la poetica della mente", e la "condivisione di fantasie" non trovano alloggio nell’istituzione scuola attuale, asservita , come la politica, all’economia , e che l’unica possibilità sta in una "contro-educazione" che "interiorizza e individualizza le uniformità dell’educazione"collocandola all’interno dell’anima di qualcuno; l’unica possibilità che lei indica è quella che il vero imparare-insegnare diventi "sovversivo" e si "nasconda" all’interno dell’educazione.

Quest’ultima "soluzione" riferita al fatto che il vero insegnare si debba nascondere non mi trova d’accordo, perché gli esempi da lei portati ("l’era di Stalin e Hitler, o Mao e Pol pot, o la Chiesa nella Francia Scolastica,o l’ortodossia mussulmana nelle scuole del Medio Oriente") riguardano epoche o situazioni molto diverse dalla nostra in quanto noi viviamo in una democrazia che per quanto imperfetta e sottomessa a poteri magari più subdoli e non meno pericolosi, sancisce la libertà d’insegnamento.

Questo lo dico non perché ovviamente basti sancire un principio affinchè questo venga rispettato, ma perchè nel momento in cui un valore viene riconosciuto come bene comune, è responsabilità di ognuno difenderlo.

E qui entrano in ballo i protagonisti della scuola : insegnanti e studenti, che spesso protagonisti non si sentono, i primi schiacciati da una politica che da sempre tende a farli sentire solo degli impiegati e non dei professionisti,hanno perso sempre più riconoscimento sociale e considerazione del loro lavoro, i secondi sempre più disorientati, tendono ad opporsi, in modo vago e poco convincente, ad una scuola che non li soddisfa attraverso autogestioni tollerate e istituzionalizzate che si ripetono sempre uguali a se stesse senza modificare nulla .

Il problema allora si ribalta sui singoli individui e qui aggiungerei anche i genitori che sono anch’essi chiamati a difendere nella scuola i valori in cui credono, e le domande da porsi forse sono queste: quanto gli studenti, gli insegnanti, i genitori, insomma tutti noi cittadini siamo individualmente asserviti al potere economico, quanto abbiamo venduto l’ anima alla piazza del mercato? Quanto crediamo nella "poetica della mente"?Quanto pensiamo che "l’imparare deve essere molteplice perché l’intelligenza è molteplice"?E ancora quanto pensiamo che "la base archetipica della mente è un substrato sia di logica che di sogno, di scienza e di arte, di passato e di presente,di obiettività e di soggettività"?Quanto infine riteniamo che il ruolo della scuola ,in una società complessa quale è la nostra, sia quello di formare dei cittadini consapevoli e critici, capaci di sapersi orientare e scegliere senza subire lo strapotere dell’economia e della tecnologia (che invece di aiutarci a percepire "l’anima del mondo" ci propongono di possederlo),sapendo immaginare anche altri mondi possibili, insomma dei cittadini liberi ,piuttosto che quello di far trovare una collocazione in un mondo che accettiamo così com’è e che pensiamo di dover sempre inseguire nel suo sviluppo tecnologico ed economico? Io vedo nella scuola e fuori molta sottomissione ai dogmi del pensiero economico e tecnologico, troppa accettazione dei meccanismi e delle procedure che opprimono l’insegnamento e che sono indirizzati al pensiero unico e non alla molteplicità, all’efficentismo e non alla fantasia,alla produttività e alla ripetitività.

Un esempio tra i tanti è quello della valutazione, termine che ha assunto un potere smisurato all’interno della scuola,una massa tumorale che fa ammalare l’insegnamento.

La scuola attuale sembra ossessionata dal problema della valutazione, la più possibile oggettiva (test), trasparente, stabilita nei tempi della programmazione; gli studenti sono, con sempre maggiore frequenza, sottoposti a prove, simulazioni, misurazioni, venendo a scuola, accumulano debiti e crediti (e qui i termini della burocrazia scolastica evidenziano così chiaramente la sottomissione che è in atto) e perdono sempre di più il piacere dell’apprendimento, sono sempre di più concentrati sulla prestazione a breve termine che si traduce in voto, e nei casi "migliori" tendono ad un pericoloso efficientismo senz’anima.

Noi insegnanti,spesso, non riusciamo a far rinascere il nostro lavoro sottraendolo a tutti quegli elementi che lo opprimono, ma sottoposti ad un controllo burocratico, accettiamo meccanismi e procedure senza domandarci che senso hanno, chi li ha concepiti e perché.

I tempi dell’apprendimento e dell’insegnamento di ognuno non sono rispettati ,perché il tempo è quello scandito dalle scadenze burocratiche( pagellini, scrutini) dagli obiettivi a breve termine delle programmazioni,dagli orari, tanto che più che di apprendimento si potrebbe parlare di addestramento.

Non c’è opposizione né tra gli insegnanti, né tra gli studenti, né tra i genitori, spesso ci si lamenta e si manifesta insofferenza, ma alla fine quando le pratiche burocratiche sono state compilate, quando si è portato a casa un voto accettabile, quando il figlio finisce l’anno senza debiti tutto sembra andare a posto e si "tira avanti". Ed è così che il vero imparare , il vero insegnare, lo scoprire qualcosa d’inatteso, la meraviglia, l’immaginazione,"l’intelligenza del cuore", l’entusiasmo,la possibilità di cogliere la bellezza sono costretti a nascondersi e trovare "pochi episodi di illuminazione",in una scuola che con la complicità di tutti assomiglia sempre di più allo studio televisivo del film "The Truman show".

OSVALDO PONZETTA
Insegnante di Disegno e Storia dell’arte


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