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Risposta a
ho letto con notevole interesse la sua lettera agli Insegnanti italiani, trovando le Sue osservazioni significative e ricche di spunti. L’individuo impara perché qualcosa dentro di noi vuole sapere. E ci poniamo delle domande ogni giorno, ogni istante della nostra vita. Jung dice che “quando si osserva sé stessi dall’interno, si vedono immagini in movimento, un mondo di immagini” (intervista con Richard Evans, 1957). Il desiderio di conoscenza, di sapere, fa sì che queste immagini suscitino domande, alla continua ricerca del significato (ultimo?) delle cose. Del resto, come diceva Confucio, “di una persona che non dubita non so che farmene”. Il desiderio di imparare ci spinge a cercare; stimola la curiosità dell’individuo, lo conduce verso l’arte. E il nemico naturale dell’arte non è forse la mediocrità, come sottolinea Lei in una lettera a Michael Ventura (1992)? La mediocrità esercita una forte spinta verso la standardizzazione, verso la burocratizzazione di tutti quegli elementi considerati non conformi, non obiettivi. Uno di questi è l’Eros nella relazione all’interno della coppia Insegnante-Allievo. Il pericolo della non obiettività, ma ancor più il pericolo di risvegliare immagini archetipiche ancestrali considerate pericolose, i daimon dell’incesto e dell’abuso, hanno spinto la società a sterilizzare la relazione docente-allievo, così come oggi avviene in università. Jung stesso aveva chiaramente intuito come l’entrata dell’eros nella relazione Insegnante-Allievo, possa risvegliare fantasmi d’immoralità nel tessuto sociale (contributo alla psicologia del pettegolezzo, 1910-11). Ma lasciando fuori dalla porta il piacere della conoscenza, il rapporto della coppia si trasforma in una relazione tra due estranei che trasmettono un sapere nozionistico, una sorta di trasmissione dei fatti, dei dati oggettivi, senza trasmissione del pensiero. E così l’insegnamento si trasforma in ripetizione e l’apprendimento in memorizzazione statica. Ma la società di oggi chiede ben altro! Il sapere non deve essere travasato come acqua da un contenitore vecchio ad uno più giovane. Il sapere deve essere trasmesso attraverso immagini vive, lontane dal grigio della mediocrità. I computer lasciano l’eros fuori dalla porta, ma l’abuso nell’utilizzo della tecnologia all’interno della scuola rischia di tenere fuori dalla porta anche quel patrimonio umanistico che tanto ci avvicina all’anima. Del resto il sapere, la conoscenza nella società attuale è talmente “volatile”, talmente labile, che la conoscenza di ieri, oggi è superata e domani diventa obsoleta. Ma per intuire il domani, occorre comprendere l’oggi e per farlo dobbiamo conoscere ciò che esisteva ieri. La didattica non può eludere questo paradigma, altrimenti rischia di non restare al passo con l’evoluzione della società. Parafrasando il titolo di una Sua lettera a Michael Ventura, direi che l’Educazione ha paura. Paura di uscire all’aperto, paura di ribellarsi al dogma. Perché l’Educazione è dogma. Nessuno si ribella contro se stesso. Però l’insegnamento può ribellarsi al dogma. L’Eros può, e in un certo senso deve, entrare nella relazione, per far crescere la coppia Insegnante-Studente. I tre esempi citati nella lettera sono esemplificazioni universali: tutti noi da allievi abbiamo visto o provato una relazione esclusiva con l’Insegnante. Una relazione di crescita che andava oltre l’ora in classe; oltre l’aula fisica. L’insegnante che invita l’allievo a seguire le proprie passioni, i propri desideri di realizzazione; oppure l’insegnante che entra in sintonia con l’allievo “difficile”, individuando un possibile percorso di crescita. È probabile che molti di noi abbiano ricordi piacevoli solo di un particolare insegnante, di una particolare persona che ci ha aiutato a crescere. Diceva Jung che “lo scopo ultimo della psicoanalisi consiste nell’educare il paziente in modo che cerchi di migliorare per il suo bene e non per procurare un vantaggio all’analista, per quanto sia veramente assurdo, sotto il profilo della psicoanalisi, non consentire al paziente di migliorare semplicemente perché vuole far piacere all’analista” (Attualità in tema di psicoterapia, 1914). Applicando tale concetto all’interno della coppia Insegnante-Allievo potremmo dire che educare un allievo significa stimolarne la curiosità, l’interesse per il mondo e per le cose del mondo, lasciandolo libero, una volta terminato il programma Educativo di Stato, di sviluppare i suoi interessi principali, di sviluppare la sua Personalità; di divenire Persona.Una persona che ama, che lavora, che apprende. Diceva Jung che l’Io è in formazione continua e così deve essere per l’Allievo e per l’Insegnante: in formazione continua. Come dice Lei nella lettera, “ciò che in particolare il mentore divide con il suo o la sua protetta è un amore nato da una fantasia comune”. Facendo entrare l’Eros nella relazione di coppia, l’Insegnante torna a vedere con l’occhio del cuore, destrutturando la burocratizzazione. Questo è possibile all’Insegnante e all’Insegnamento, ma non credo sia possibile all’Educazione concepita per programmi rigidi e strutturati. I computer sono strumenti utili ma anche, come diceva Picasso “macchine stupide perché danno solo risposte”. Usiamo allora i computer come inizialmente sono stati concepiti: macchine che danno risposte parziali alle domande che vengono poste. Ma chi pone le domande? Gli Allievi, in primo luogo. E poi gli Insegnanti. L’essere umano che si sviluppa pone domande, l’anima pone domande. I computer soddisfano la sete di conoscenza fornendo qualche risposta. Ma alla fine sono gli insegnanti che aiutano gli studenti a trovare le risposte o una risposta parziale alla domanda. Lo psichiatra e psicoanalista Albero Semi dice che “nella domanda è insita già la risposta” (Tecnica del colloquio, 1985) e Bertillon sottolinea come “si vede solo ciò che si osserva e si osserva solo ciò che esiste nella mente”. Se l’anima pone domande allora qualcuno deve aiutare la persona a trovare la risposta che può essere in Sé o nel mondo. Dare solo risposte a domande già fatte non ha alcun senso. L’Insegnante deve aiutare l’Allievo nella ricerca delle risposte. Il travaso da un’anfora vecchia e piena ad una nuova e semi vuota esaurisce entrambe e non arricchisce nessuna. Ma l’Educazione deve essere ricchezza, misurabile (in Pil) e non misurabile. Se abbandoniamo il non misurabile, tra i quali si annovera anche Eros, allora perdiamo tutta la ricchezza insita nell’Educazione. La Sua critica e quella di Jung verso alcuni metodi educativi mostra come l’appiattimento su certi programmi pedagogici strutturati sia deleterio nello sviluppo della personalità, limitando così la capacità di pensare del singolo individuo. Eros stimola il pensiero, eccita la curiosità e forse è il Daimon principale. Senza Eros l’ansia di fronte al nuovo genera paura, blocca l’individuo, non lo stimola a progredire, cercare risposte. Non stimola l’interesse per apprendere. L’Allievo fa così piacere solo al professore e non cerca di migliorare se stesso. Senza Eros l’erotizzazione del rapporto Insegnante-Allievo può generare fantasmi edipici d’incesto. Il piacere di pensare viene confuso con qualcosa di “non buono”. E questo porta al caos che sta ammalando il cuore dell’Educazione. Credo che l’insegnamento possa e debba superare il vincolo del protocollo didattico. Credo che la didattica sia la base, ma non il fine. Credo che l’Individuo sia al centro dell’apprendimento e che la coppia Studente-Insegnante sia il centro dell’apprendimento, inteso come crescita, sviluppo maturativi di entrambi. Ma oggi così non è. La situazione in Italia è, per certi versi, analoga a quella degli Stati Uniti: anche da noi Eros è stato bandito e, come sottolinea Lei, “l’insegnamento e l’apprendimento sono nel caos. Non c’è piacere.” (Il piacere di pensare, 2002). Bisogna rimettere la coppia Insegnante-Allievo al centro. La didattica deve servire come supporto alla crescita di entrambi e non come farmaco ansiolitico per la Burocrazia. Altrimenti oltre all’Allievo poco interessato a conoscere, avremmo anche Insegnanti poco interessati ad insegnare. Al posto di alunni che apprendono per crescere avremo allievi interessati a compiacere i propri insegnanti. Al posto di insegnanti motivati a crescere con altre persone, avremo insegnanti intenti a soddisfare i propri vanitosi bisogni narcisistico-intellettuali. Bisogna trovare piacere nelle cose che si fanno e per la mia breve esperienza, posso dire che ho conosciuto pochi insegnanti in grado di trarre piacere dalla professione. E così si assiste a fenomeni di abbandono (della professione), di burn out, ecc. Non c’è più gusto in quello che si fa. Si seguono dei programmi grigi e anonimi, compilati da burocrati grigi e anonimi. E in questo clima alla Momo, il famoso romanzo di Michael End, l’insegnante si smarrisce al pari dell’Allievo. L’Educazione può essere standardizzata, uniformata, per un bisogno della società moderna, per un bisogno collettivo. L’Insegnamento non può essere standardizzato pena il caos, il venir meno al proprio fine ultimo: la crescita di due individui, peer education. Le teorie di Piaget e Vigotskij sono fondamentali per l’Educazione, ma non esiste né il bambino di Piaget né il bambino di Vigotsijt e i due grandi autori questo lo sapevano benissimo. Così come non esiste il bambino di Winnicott o il bambino della Klein o il bambino di Bruner…potremmo andare avanti all’infinito e perderci. Le teorie servono, così come i programmi educativi, ma sono una base per andare oltre, per andare nella società e vivere nella società. Lei dice che l’Educazione deve decostruirsi trovando i miti che suggeriscono i suoi programmi… ma per decostruirsi deve partire dalle teorie che l’hanno costruita! Ed è mettendo al centro la coppia Insegnante-Allievo che le teorie possono essere utilizzate per tale scopo. Vorrei concludere con tre citazioni:
Fabrizio Leonardi
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