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I precari
della scuola di Stefano Stefanel Il problema del precariato scolastico, da qualsiasi
punto di vista lo si guardi, sta diventando uno dei più drammatici
dell’Italia di oggi. Non solo perché 200.000 laureati lavoratori
aspettano una stabilizzazione, non solo perché in questo modo si
bloccano le speranze e gli accessi ai giovani universitari, non solo
perché si alza l’età in cui si entra di ruolo, ma soprattutto perché si
ingenera un corto circuito tra esigenze della didattica ed esigenze
dell’occupazione. Una scuola normale dovrebbe avere un fabbisogno di
personale, ma non essere considerata un sistema per assorbire laureati.
E invece i tagli governativi hanno creato un’emergenza sociale perché
hanno privato di stipendio persone che con quello stipendio vivevano e
hanno reso ancora più opaco il reale fabbisogno di personale per un
sistema scolastico veramente efficiente ed efficace. Rimane il fatto che
sia chi ritiene che la scuola sia un ufficio di collocamento per
laureati, sia chi ritiene che i precari della scuola siano un cardine
del sistema dell’istruzione, sia chi ritiene che comunque dietro 200.000
persone ci sono 200.000 famiglie deve concordare che ci troviamo davanti
ad un problema epocale. La strada scelta dal Ministro non mi pare la più
efficace: prima ha detto che nessun sistema economico è in grado di
assorbire in un colpo solo 200.000 lavoratori, poi ha illustrato una
riforma del reclutamento che “ammazza” i precari storici, da ultimo ha
dichiarato che questa riforma parte tra otto anni quando tutti i 200.000
precari odierni saranno stati assunti. Tra otto anni le norme saranno
cambiate altre tre-quattro volte e sentenze di vari TAR avranno reso
ancora più mastodontiche le graduatorie. Certamente in questa fase
sarebbe meglio valutare attentamente quello che si fa o si dice, perché
in un settore così delicato la comunicazione sbagliata può innescare
pesanti spirali polemiche. Ma anche la tesi secondo cui il precariato
scolastico è una ricchezza da non perdere non credo possa avere le gambe
lunghe: se la scuola italiana va male una parte di colpa ce l’hanno di
sicuro anche i precari, spesso più interessati alle graduatorie che alla
didattica Pensare che la crisi della didattica italiana sia colpa solo
dei docenti di ruolo non mi pare realistico. Quello del precariato intellettuale è un problema
gigantesco, ma non più grave di quello del precariato in generale. Così
come viene proposto dai sindacati e dal ministero non si può risolvere,
perché crea aspettative e graduatorie che non si esauriranno mai da
sole. Se però l’Italia vuole salvaguardare sia i diritti dei precari
storici, sia i diritti dei più bravi, sia la necessità di aggiornarsi e
migliorare io ritengo di avere una proposta da fare, anche se solo dal
punto di vista accademico perché non ho altri canali per farmi
ascoltare. Un primo passo sarebbe quello che lo Stato si
vincolasse per legge a coprire con nuove assunzioni tutti i posti
dell’organico di diritto definito al termine delle iscrizioni. Stabilito
questo numero i posti così individuati potrebbero essere coperti
attraverso tre canali:
o
50% dei posti
attraverso graduatorie di anzianità (cioè con i punteggi maturati
attraverso le supplenze) garantendo quindi i precari storici;
o
20% dei posti con concorsi ordinari in cui vengano
assegnati solo i posti disponibili e con uno sbarramento di accesso al
concorso per soli titoli (se ci sono 1.000 candidati e 10 posti si
assegnano solo 10
posti e non si fanno sanatorie di alcun
genere);
o
30% dei posti
attraverso graduatorie per soli titoli (laurea, master, corsi stabiliti
dal Ministero, idoneità in concorsi ordinari, dottorati, ecc.)
aggiornate mensilmente. Con questo metodo in primavera
si conoscerebbero le disponibilità e due graduatorie sarebbero
permanenti. I concorsi ordinari metterebbero subito di ruolo quelli con
migliore disposizione a farsi giudicare; quelli con anzianità comunque
vedrebbero riconosciuti i loro servizi; gli altri sarebbero incentivati
a studiare, studiare, studiare per acquisire punti non con le supplenze
ma con i titoli accademici.
Personalmente sono contrario al sistema che permette a chi fa più
supplenze di avere più titoli, ma riconosco che in questo momento
azzerare questo sistema (come si è tentato di fare con le SSIS) sia
praticamente impossibile e anche deleterio, perché si è andati troppo
avanti e si sono consolidate aspettative e diritti. Probabilmente questa
soluzione, visto che è semplice, non la prenderà sul serio nessuno. O
magari non la prenderà sul serio nessuno perché è una soluzione
sbagliata e quella giusta per risolvere il problema dei precari è quello
che sta avvenendo davanti ai nostri
occhi. |
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