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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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I precari della scuola

di Stefano Stefanel

 

Il problema del precariato scolastico, da qualsiasi punto di vista lo si guardi, sta diventando uno dei più drammatici dell’Italia di oggi. Non solo perché 200.000 laureati lavoratori aspettano una stabilizzazione, non solo perché in questo modo si bloccano le speranze e gli accessi ai giovani universitari, non solo perché si alza l’età in cui si entra di ruolo, ma soprattutto perché si ingenera un corto circuito tra esigenze della didattica ed esigenze dell’occupazione. Una scuola normale dovrebbe avere un fabbisogno di personale, ma non essere considerata un sistema per assorbire laureati. E invece i tagli governativi hanno creato un’emergenza sociale perché hanno privato di stipendio persone che con quello stipendio vivevano e hanno reso ancora più opaco il reale fabbisogno di personale per un sistema scolastico veramente efficiente ed efficace. Rimane il fatto che sia chi ritiene che la scuola sia un ufficio di collocamento per laureati, sia chi ritiene che i precari della scuola siano un cardine del sistema dell’istruzione, sia chi ritiene che comunque dietro 200.000 persone ci sono 200.000 famiglie deve concordare che ci troviamo davanti ad un problema epocale.

La strada scelta dal Ministro non mi pare la più efficace: prima ha detto che nessun sistema economico è in grado di assorbire in un colpo solo 200.000 lavoratori, poi ha illustrato una riforma del reclutamento che “ammazza” i precari storici, da ultimo ha dichiarato che questa riforma parte tra otto anni quando tutti i 200.000 precari odierni saranno stati assunti. Tra otto anni le norme saranno cambiate altre tre-quattro volte e sentenze di vari TAR avranno reso ancora più mastodontiche le graduatorie. Certamente in questa fase sarebbe meglio valutare attentamente quello che si fa o si dice, perché in un settore così delicato la comunicazione sbagliata può innescare pesanti spirali polemiche. Ma anche la tesi secondo cui il precariato scolastico è una ricchezza da non perdere non credo possa avere le gambe lunghe: se la scuola italiana va male una parte di colpa ce l’hanno di sicuro anche i precari, spesso più interessati alle graduatorie che alla didattica Pensare che la crisi della didattica italiana sia colpa solo dei docenti di ruolo non mi pare realistico.

Quello del precariato intellettuale è un problema gigantesco, ma non più grave di quello del precariato in generale. Così come viene proposto dai sindacati e dal ministero non si può risolvere, perché crea aspettative e graduatorie che non si esauriranno mai da sole. Se però l’Italia vuole salvaguardare sia i diritti dei precari storici, sia i diritti dei più bravi, sia la necessità di aggiornarsi e migliorare io ritengo di avere una proposta da fare, anche se solo dal punto di vista accademico perché non ho altri canali per farmi ascoltare.

Un primo passo sarebbe quello che lo Stato si vincolasse per legge a coprire con nuove assunzioni tutti i posti dell’organico di diritto definito al termine delle iscrizioni. Stabilito questo numero i posti così individuati potrebbero essere coperti attraverso tre canali:

o   50% dei posti attraverso graduatorie di anzianità (cioè con i punteggi maturati attraverso le supplenze) garantendo quindi i precari storici;

o   20% dei posti con concorsi ordinari in cui vengano assegnati solo i posti disponibili e con uno sbarramento di accesso al concorso per soli titoli (se ci sono 1.000 candidati e 10 posti si assegnano solo 10  posti e non si fanno sanatorie di alcun genere);

o   30% dei posti attraverso graduatorie per soli titoli (laurea, master, corsi stabiliti dal Ministero, idoneità in concorsi ordinari, dottorati, ecc.) aggiornate mensilmente.

Con questo metodo in primavera si conoscerebbero le disponibilità e due graduatorie sarebbero permanenti. I concorsi ordinari metterebbero subito di ruolo quelli con migliore disposizione a farsi giudicare; quelli con anzianità comunque vedrebbero riconosciuti i loro servizi; gli altri sarebbero incentivati a studiare, studiare, studiare per acquisire punti non con le supplenze ma con i titoli accademici.

Personalmente sono contrario al sistema che permette a chi fa più supplenze di avere più titoli, ma riconosco che in questo momento azzerare questo sistema (come si è tentato di fare con le SSIS) sia praticamente impossibile e anche deleterio, perché si è andati troppo avanti e si sono consolidate aspettative e diritti. Probabilmente questa soluzione, visto che è semplice, non la prenderà sul serio nessuno. O magari non la prenderà sul serio nessuno perché è una soluzione sbagliata e quella giusta per risolvere il problema dei precari è quello che sta avvenendo davanti ai nostri  occhi.


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