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L’innalzamento dell’obbligo scolastico

di STEFANO STEFANEL

        La Legge Finanziaria 2007 ha introdotto sostanziali modifiche al sistema dell’istruzione. Il Ministro Fioroni ha fatto di necessità virtù ed ha inserito i provvedimenti sulla scuola nella Legge Finanziaria per evitare di dover far passare per il Senato modifiche normative che avrebbero creato nuovi problemi al Governo. Uno dei provvedimenti più significativi è quello relativo all’innalzamento dell’obbligo scolastico ai 16 anni, in assenza di una consistente e immediata modifica dell’assetto della Scuola secondaria di 1° e 2° grado italiana. Le Indicazioni nazionali allegate al d.lgs 59/2004, che saranno quanto prima modificate o abrogate, vedono una connessione verticale molto forte tra la Scuola primaria e quella Secondaria di 1° grado, soprattutto in alcune discipline (inglese, storia, geografia), non ancora entrata a regime per la resistenza delle scuole nei confronti della Riforma Moratti, ma percepibile nei libri di testo. L’innalzamento dell’obbligo scolastico pone molti problemi sia di tipo organizzativo, sia di tipo funzionale, sia di tipo didattico. La mancata definizione preliminare del quadro d’insieme in cui si deve inserire questo innalzamento dell’obbligo non aiuta a capire in che modo inizierà il prossimo anno scolastico, ma rende necessaria una ricognizione che vada al di là delle prese di posizione di principio o delle analisi solo organizzative o solo didattiche.

        Ci sono, a mio modo di vedere, alcuni punti preliminari che andrebbero valutati e che provo ad elencare in forma sintetica:

  1. Dove si deve frequentare il biennio dell’obbligo. Preliminarmente è importante stabilire se l’obbligo scolastico fino a 16 anni debba far capo alla sola istruzione o anche alla formazione professionale. E’ un problema di chi certifica i percorsi e di chi li progetta. Una “coabitazione” mi pare sbagliata sul fronte degli esiti oggettivi dell’azione formativa. Se l’istruzione interviene attraverso una sinergia con la formazione professionale allora ci può essere un reale miglioramento rispetto alla situazione attuale, se invece si certifica l’esistente ci si allontana ancora di più da un sistema realmente integrato ed efficace. Il percorso va delineato in forma molto flessibile, ma la certificazione deve far capo all’istruzione (validazione di moduli, percorsi e stage, certificazione di competenze, esami intermedi o finali, percorsi integrati, ecc.). La questione principale riguarda il modo in cui si certifica e si verifica, non solo ciò che si insegna e chi lo insegna. Se tutto il processo formativo viene spostato sull’apprendimento deve essere l’istruzione a dare coerenza scientifica ai percorsi scelti.
  2. Ordinamenti attuali. Per come è scritta la Costituzione nella nuova redazione l’istruzione non potrebbe rilasciare titoli professionali, perché questi sono di competenza del settore “istruzione e formazione professionale”, laddove nella lettera costituzionale l’istruzione professionale è slegata dall’istruzione tout court. Il ritorno ai tre canali formativi (Licei, Poli per l’Istruzione tecnica e professionale, Formazione professionale) è in contraddizione con l’art. 117 della Costituzione riformulata, ma poiché questo è il sentire più diffuso la questione può anche non essere posta. In ogni caso deve essere chiarito molto bene il percorso formativo dell’obbligo e il sistema dei titoli professionali rilasciati dalle scuole al termine di questo percorso.
  3. Autonomia delle scuole e curricoli. Mi sembra ci sia il rischio di andare verso forme non chiare di definizione dei curricoli. La debole chiarezza nasce dall’attaccamento delle scuole ai Programmi Ministeriali benché abrogati e ai libri di testo redatti da una sorta di “cupola culturale” che non rende mai conto di nulla a nessuno. Se le scuole devono elaborare curricoli autonomi e applicare il 20% va rivista tutta la partita degli organici, poiché non è possibile applicare alcun 20% a organici intoccabili. Andrebbero poi forniti alle scuole strumenti scientifici per imparare a progettare. Dovrebbe essere costituito un tavolo comune con le Università per validare i percorsi delle singole scuole, non dal punto di vista procedurale (per quello c’è l’autonomia), ma dal punto di vista scientifico. E andrebbe chiarito in forma sintetica ma precisa se il biennio dell’obbligo sia un segmento scolastico a sé stante o se sia una logica continuazione della Scuola secondaria di 1° grado: in questo caso la verticalità si dovrebbe esercitare nello spazio 6-16 anni attraverso due percorsi quinquennali e non attraverso un 8 + 2 non molto funzionale alla verifica degli apprendimenti reali, anche perché nella realtà dei fatti ci si trova di fronte ad un 5+3+2 con forti dosi di disomogeneità e incomunicabilità.
  4. Formazione dei docenti. Se la formazione dei docenti è necessaria va anche valutata e validata. Non è più pensabile che la sola presenza in sala o in aula virtuale formi. Il modulo formativo che il docente o il dirigente o l’ata frequenta per essere validato deve venir valutato nei suoi reali esiti. Questo ha un’importanza notevole laddove questa formazione dei docenti deve supportare una modifica ordinamentale o addirittura curricolare.
  5. Standard di qualità dell’offerta formativa con particolare ricaduta sui criteri e le procedure di accreditamento degli Enti di formazione professionale. La questione è molto complessa perché non esiste un meccanismo certo per certificare l’offerta e soprattutto il percorso collegato all’offerta. Diventa dunque necessario avere strumenti trasparenti di certificazione, che potrebbero essere forniti dal personale degli Usp formato adeguatamente. Il percorso seguito dagli alunni nell’ambito del biennio dell’obbligo deve trovare una chiara certificazione in relazione a standard di qualità. Inoltre ci devono essere chiare procedure di accreditamento degli enti delegati alla formazione professionale, pena l’ulteriore caduta del sistema scolastico secondario.

Eludere i punti sopra citati mi sembra molto pericoloso in questa fase di passaggio. Il dettato normativo è piuttosto vago, ma i regolamenti attuativi non potranno di certo scostarsi da quanto contenuto nella Legge Finanziaria 2007 e nell’art. 13 del Decreto legge n. 7 del 31 gennaio 2007 sui Poli tecnico professionali. Ritengo sia necessario affrontare la questione sull’innalzamento dell’obbligo scolastico sul duplice versante dell’organizzazione e della didattica. Al momento sulla questione del biennio dell’obbligo si possono segnalare alcune posizioni non molto omogenee tra loro, ma che ritengo interessanti, perché prefigurano un’attenzione approfondita su un argomento cardine per il futuro della scuola italiana.

I documenti ministeriali. Sono circolati prima di Natale in forma ufficiosa alcuni documenti redatti da un gruppo di lavoro attivo nel Ministero. Le posizioni di Marco Rosi Doria (Documento d’indirizzo per la commissione sul nuovo obbligo), Domenico Chiesa (Questioni specifiche e prime idee per l’innovazione del primo biennio della scuola secondaria superiore), Giuseppe Martinez (Le coerenze verticali verso l’alto), Giorgio Alulli (L’unitarietà del biennio obbligatorio di istruzione), Paolo Ferratini (Appunti per la Commissione sul nuovo obbligo d’istruzione) integrati dalle Direttive e Raccomandazioni Europee sull’apprendimento permanente e il raggiungimento degli Obiettivi di Lisbona danno un quadro non coeso dei vari orientamenti più in voga in ambito ministeriale. I documenti mostrano un gruppo di lavoro molto ristretto e molto diviso, incerto se procedere su base ordinamentale o solo didattico progettuale.

La posizione dell’ANDIS. Chi pare abbastanza avanti nel dibattito è l’Andis che sia in documenti interni, che in interventi di alcuni suoi autorevoli esponenti ha delineato un’apertura alla nuova norma sull’innalzamento dell’obbligo scolastico, unita a forti perplessità sulla capacità della Scuola secondaria di 2° grado di essere in grado di cambiare la sua monoliticità. Cinzia Mion (Riflessioni a ruota libera sull’elevamento dell’obbligo, www.edscuola.it), Pasquale D’Avolio (Elevamento dell’obbligo scolastico.Obbligo di riflessione, su www.pavonerisorse.it) e Maurizio Tiriticco (Istruzione e formazione. Una possibile soluzione per l’obbligo a 16 anni, su www.pavonerisorse.it) hanno paventato un sistema scolastico nazionale reso ancora più complicato dall’innalzamento dell’obbligo a 16 anni effettuato in forma così complessa ed impropria

Tutti i contributi finora noti intervengono dal punto di vista culturale e  non da quello organizzativo o ordinamentale. Il rischio è che il biennio dell’obbligo si inserisca nell’attuale tessuto della Scuola secondaria di 2° grado senza nulla mutare, con un’immediata produzione di ulteriore dispersione scolastica. Già però una presa d’atto della complessità del problema e della correttezza della prospettiva enunciata in Finanziaria potrebbero creare le premesse per una partenza almeno corretta del prossimo anno scolastico sul complicato fronte del nuovo obbligo.

Dalla nota del Ministro Fioroni “La finanziaria per l’autonomia” allegata al prot. n° 1306/FR del Capo di Gabinetto Lucio Alberti

Sviluppo e qualificazione del sistema dell’istruzione

Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 indicava agli Stati membri, tra gli obiettivi da perseguire nel campo dell’istruzione e formazione, un forte contenimento della dispersione e degli abbandoni: “il numero dei giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno assolto solo il livello più basso di studi secondari e che non continuano gli studi né intra-prendono altro tipo di formazione dovrebbe essere dimezzato entro il 2010”. Coerentemente con questo impegno, la legge finanziaria prevede che l’istruzione obbligatoria venga impartita per almeno dieci anni, a decorrere

dall’anno scolastico 2007/2008; conseguentemente i livelli di istruzione considerati indispensabili per l’esercizio dei diritti di cittadinanza sono quelli previsti dai curricola relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e l’età per l’accesso al lavoro è elevata dai quindici ai sedici anni. L’innalzamento dell'obbligo di istruzione è parte integrante di un percorso educativo finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

Nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e specifici previsti dai predetti curricula, possono essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole regioni percorsi e progetti che, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Le strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi e progetti devono essere inserite in un apposito elenco predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, redatto sulla base di criteri predefiniti, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni. (art. 1, c. 622, l.f. 2007)

 

Nuovo obbligo di istruzione

 


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