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La cultura della scuola Con il decreto legislativo del 29 febbraio 2004, n. 59 sulle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo di istruzione, insomma la Riforma Moratti per la scuola Elementare e Media, si è avviato un grande dibattito soprattutto sui modelli organizzativi, sugli organici, sul tempo scuola. Anche la stampa e le trasmissioni televisive si sono occupate di questioni generali, si è discusso sul ruolo delle famiglie, sulla funzione della scuola pubblica, sulla considerazione sociale degli insegnanti e della scuola nella percezione di famiglie e studenti, sulla diversa articolazione oraria. Scarso invece il dibattito, a livello diffuso, sui contenuti culturali della nuova scuola. Non è noto infatti, fuori degli addetti ai lavori, che in allegato al decreto si trovano le Indicazioni Nazionali, i programmi insomma, da adottare in via transitoria nelle scuole, in attesa di un definitivo regolamento governativo. In soldoni significa che il governo ha consegnato a tutte le scuole d’Italia nuovi programmi, che le scuole sono tenute ad osservare, Indicazioni preparate da una commissione interna sconosciuta, mediaticamente defilatissima, il cui unico estensore manifesto è il prof. Bertagna, prima ispettore e poi professore universitario, l’ispiratore conosciuto della riforma Moratti. Silenziosamente e senza dibattito sono stati messi in soffitta gli Orientamenti della Scuola dell’Infanzia del 91, i programmi della Scuola Elementare dell’85, i programmi della Scuola Media del 79, testi di tutto rispetto, non certo immodificabili ma che avrebbero avuto bisogno di essere sostituiti con una riflessione e un coinvolgimento ben più ampi. Non ha avuto alcuna importanza che su tali indicazioni siano state espresse fortissime riserve dalle associazioni disciplinari più rappresentative con segnali di un profondissimo dissenso, di cui è testimonianza il volume pubblicato dal Forum delle associazioni disciplinari alla fine del 2003. Questo non ha minimamente preoccupato il guru Bertagna e la ferma Moratti. Se persino la Costituzione è sovietica, figurarsi gli insegnanti, quelli associati poi, tutti di sinistra. Allora va bene così e si invitano le scuole ad attuare i programmi di pochi ignoti, formulati senza dibattito, in assenza di una commissione composita e pluralista. E’ una tecnica che paga bene. Ricordate le commissioni sui programmi impiantate da Berlinguer e De Mauro, pluraliste da manuale Cencelli, di cui faceva parte anche il prof. Bertagna? Erano sotto pressione mediatica e si discuteva su Manzoni sì e Manzoni no, su storia antica sì e storia antica no. E gli intellettuali scrivevano sui giornali con aspre polemiche, attenti a ogni virgola. Gli attuali governanti non hanno commesso lo stesso errore, tutto tra pochi e poi alle scuole. Passa quindi sotto silenzio mediatico una pesante ideologizzazione, una idea di cultura della scuola lontana dalla pratica delle migliori esperienze, una saccenteria di chi è convinto di avere tutte le ragioni, come effetto barbaro di logiche del sistema bipolare per cui chi va al governo disfa quello che è stato fatto precedentemente, anche nella scuola che dovrebbe essere considerata con maggiore cautela. Quasi inutile allora pescare nelle imprecisioni e superficialità delle Indicazioni, su cui non mi attardo anche se non si può non fare qualche cenno: sparito l’evoluzionismo, sparita la rivoluzione industriale e il colonialismo in funzione di una generica “competizione tra stati”, sparita la rivoluzione russa ma presente il crollo del comunismo; assenza di accenni a prospettive interculturali, di educazione alla pace e alle pari opportunità, per cui hanno lavorato tante scuole. E poi schegge impazzite prelevate da vecchi documenti, confusioni addirittura tra tempi e modi verbali, in una presunta visione grammaticalista tipo anni cinquanta dell’insegnamento dell’italiano e delle lingue straniere. Solo per fare qualche esempio, per altro tratto dalla lettura del libro citato. Sarebbe facile pensare a una rivincita. Prima o poi – l’arroganza ha un limite – si pensa che l’altra parte politica riprenderà il governo del paese e si cambierà nuovamente. Per la scuola un altro calvario, di modifiche e di cambi di guardia. E invece non si può continuare nell’errore di una scuola dello spoil – system anche a livello culturale. Non può un governo di qualsiasi parte politica proporre e imporre programmi di pochi senza condivisione. E la condivisione deriva dal confronto e dal dibattito, dalla mediazione. Perché già da ora – ci è sembrato negli ultimi interventi televisivi del ministro Moratti una torsione bipartisan – non premere da più parti per ragionare diffusamente sulla cultura della scuola, a più voci, per riprendere in mano le Indicazioni? perché non premere diffusamente per istituire presso il Ministero una struttura permanente composita e pluralista, fatta di esponenti del mondo scientifico e professionale, che ragioni costantemente sull’assetto culturale della scuola per gli aggiornamenti permanenti, non a ogni cambio di maggioranza? E’ necessario raccogliere firme su questo? Può essere una linea di orgoglio e di consapevolezza degli insegnanti? Riprendiamo fortemente la discussione sulla cultura della scuola contro i deliri di onnipotenza dei guru di turno.
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