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Scuola, media, comunicazioneLa rete, se non ci fosse bisognerebbe inventarla!Solo in questi ultimi giorni la mobilitazione della scuola comincia a superare il “blocco” dei media, proprio quando Berlusconi dice, plurale maiestatis per rango istituzionale e incontinenza del suo super Ego, “siamo preoccupati di questo divorzio di molti mezzi di comunicazione dalla realtà". Ovviamente spetta a Lui decidere cosa è la realtà e gli altri devono consentire. Di volta in volta che Egli decide cosa è la realtà e cosa no, i media devono raccontare Fedelmente (cioè alla Emilio Fede, o Fido che dir si voglia) cosa e come a Lui piace. Se non lo fanno, sono…. COMUNISTI!!! Fino a ottobre inoltrato, compreso il 17, sciopero dei COBAS, tutto era accuratamente filtrato. Sulla stampa e in televisione passavano solo la Gelmini e il codazzo di pennivendoli schierati e genuflessi, anche quando erano comodamente seduti nei vari salotti televisivi di Vespa ecc. a straparlare di cose come la scuola, la pedagogia, la didattica, delle quali non hanno conoscenza e competenza alcuna. A questi venivano contrapposti, per dare una parvenza di par condicio, parlamentari di avversa parte politica, ma di pari ignoranza (nell’accezione tecnica del termine) e incompetenza. Ma si guardavano bene dal dare la parola ai veri conoscitori dei problemi della scuola, che sono gli esperti (pedagogisti, tecnici della formazione, psicologi, educatori, insegnanti, dirigenti scolastici, ispettori ecc.) e a coloro che giornalmente abitano questo pianeta, lo frequentano, lo vivono, lo “soffrono”, come genitori, alunni, insegnanti, collaboratori scolastici ecc. Infiniti documenti sono stati approvati dai collegi dei docenti, dalle assemblee dei genitori, dalle associazioni professionali, dalle associazioni pedagogiche, da autorevoli uomini di pensiero e di scienza, come scrittori, docenti e presidi di Facoltà di Scienze della Formazione ecc… che sono stati inviati a stampa, tv, ministero ecc… Niente è filtrato nei media, come se niente stesse accadendo. In queste condizioni chi ha denunciato la paura per la fine della democrazia aveva certamente argomenti validi e probanti. Avevamo un Paese reale, da una parte, e una visione colpevolmente miope, distorta e distorcente, quella dei media, dall’altra. Poi il movimento è cresciuto, è arrivato sempre più numeroso nelle piazze, ha liberato la sua creatività, hanno preso coscienza sempre più genitori, insegnanti, studenti. Si dà vita a forme di comunicazione sociale nuova, originale, simpatica. Fiaccolate, riappropriazione degli spazi scolastici e urbani per discutere di scuola, bambini, futuro, notti bianche, lezioni in piazza. Si pensa a striscioni appesi ai balconi, lumini e luci lasciati sui balconi con la loro forza evocativa e simbolica, a tante altre forme di comunicazione, per così dire, da strada. Senza la violenza e le insinuazioni livorose di chi magari vorrebbe la violenza per avere il pretesto di scatenare la forza pubblica, il perbenismo di chi non sopporta le diversità, le alterità, la non omologazione, la critica, il dissenso. Ma col sorriso di chi rivendica i propri diritti primari tra i quali, oggi, primeggiano la scuola, la conoscenza, la formazione, l’educazione. Finalmente! Ma tutto ciò sarebbe stato molto limitato se non si fossero sviluppati nella rete un tam tam incredibile, una fucina di idee, ragionamenti, informazioni su siti, forum, blog ecc., una ragnatela di contatti e poi anche documentazioni filmate e fotografiche delle manifestazioni che non passavano in televisione, fino ad allora sì in stato di “divorzio dalla realtà”. La rete, battuti i padroni dei media, si è dimostrata, per chi non credeva o temeva ciò, uno straordinario spazio democratico che sfugge al controllo dei media classici come stampa e TV. Alle persone virtuali dei sondaggi, si sostituivano le persone reali in carne ed ossa. Con nome e cognome, professione e stato, idee, preoccupazioni, sentimenti veri, esperienze di vita e di lavoro alle spalle, voglia di esprimere le proprie opinioni direttamente, per esteso, argomentando, non di rispondere ai quiz a punti dei sondaggi, completamente decontestualizzati, a risposte multiple a volte anche uniche per il modo in cui sono poste, senza possibilità che uno ci rifletta, si informi, si documenti, con domande telefoniche rapide e non rifiutate solo per cortesia, ma importune perché magari arrivate quando uno sta per sedersi a tavola o andare in bagno o fare altro che si ritiene più importante e affligge la quotidianità divenuta sempre più difficile da vivere. La stampa è stata sostituita da forum, newsletter, e-mail, blog, siti e portali. La TV è stata battuta da YouTube e altri contenitori. Anche questo è un fenomeno nuovo che bisognerà studiare, se sarà rimosso il blocco mentale, spesso sospetto, da parte di chi vede nei nuovi media, e nella rete soprattutto, l’anticamera della perdizione e della mortificazione dell’intelligenza. Comunque, sempre meglio l’interattività della rete piuttosto che la passività della tv (e dei giornali); sempre meglio uno spazio di discussione in cui all’altro è dato di poter interloquire e dire la sua, che avere come unica alternativa quella di cambiare canale (non risolve quasi mai i problemi) o spegnere l’apparecchio come disperato e ultimo gesto di rifiuto e protesta, che però non viene visto e recepito da nessuno. Queste esperienze provano che la rete è spazio aperto, fruibile, utile, democratico, diretto, buono per comunicare, apprendere, insegnare, ma al quale occorre anche essere educati oltre che istruiti. Uno spazio per una nuova cittadinanza libera, senza frontiere e muri di alcun tipo, senza gerarchie di censo, ruolo, peso sociale. I video e le immagini sono ripresi da manifestanti stessi, nuovi registi ed operatori che sanno usare i mezzi come professionisti. Spesso sono di ottima qualità. Non propongo una lista di link, tanti sono i filmati di questa nuova televisione da strada, preferisco rimandare a una puntatina su YouTube e a una autonoma e facile ricerca con google. I filmati e le foto sono numerosissimi. La protesta sociale, grazie a tutto questo, ha rotto gli argini dei media tradizionali, che ora, colpevolmente tardi, ma finalmente, cominciano a passare un’informazione decente. Indecenti restano sempre i commenti sbilanciati, talvolta a senso unico, e le dichiarazioni tendenti a scomunicare, insultare, demonizzare, mistificare più che ad ascoltare, capire, accogliere le istanze di coloro che lavorano e studiano con sempre più sofferenza. E sono tantissimi.
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