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La spada di Brenno di STEFANO STEFANEL Una parte consistente del mondo della scuola ha sempre sostenuto che la Riforma Moratti andasse abrogata in quanto nasceva da un’idea “di destra” della scuola e questa idea non doveva avere cittadinanza in un luogo che viene definito “democratico” intendendo con ciò “di sinistra”. A urne chiuse e a mandato ottenuto sul filo (25.000 voti alla Camera; i seggi esteri e quelli dei senatori a vita al Senato) e attraverso i marchingegni inventati dalla destra per vincere (premio di maggioranza nazionale alla Camera e regionale al Senato, voto agli italiani all’estero, liste bloccate, ecc.: una strategia alla fine degna del miglior Tafazzi) stanno spuntando coloro che ritengono che il metodo di Brenno (“Guai ai vinti”) sia il migliore per risolvere una questione delicata com’è quella della scuola. Raffaele Iosa (Dopo la vittoria elettorale, tutti a Barbiana con un cero grande così, su “ScuolaOggi.org”) sbeffeggia la Riforma Moratti con parole pesanti: “Da stamattina possiamo amabilmente ridere su parole strampalate come tutor e portfolio, considerare le indicazioni nazionali un incidente pedo-onirico, spariranno tra poco gli OSA”. E continua: “Tutor, portfolio, OSA sono parole di una dannosa pedagogia del nulla” nate dalla “pura vendicatività di pedagoghi ombrosi gonfi di pessimismo sociale”. Iosa sfodera la spada di Brenno e “taglia” la Riforma Moratti come una nullità eliminabile con un semplice colpo di lama. Innalza poi un inno a quelli che non hanno ceduto e non hanno applicato la Riforma, dando per scontato che le leggi di destra non si debbano applicare e quelle di sinistra sì e che quando ci sarà una Riforma di sinistra tutto il mondo della scuola la applicherà con entusiasmo. Iosa ha già dimenticato che alla base della vittoria del 2001 di Berlusconi c’era anche lo sciagurato e spocchioso “riordino dei cicli”, che faceva parte della sua idea di scuola. L’irrisione verso coloro che la pensano diversamente l’ha manifestato a più riprese anche Maurizio Tiriticco, e ha condensato il tutto nell’editoriale post-elezioni (Un Progetto per il nuovo Governo: istruzione, lavoro, mercati, su www.edscuola.it): “sono stati cinque anni perduti”. La realtà è però più complessa di quanto ritengano Iosa e Tiriticco e la spada di Brenno ha sempre dato solo vittorie effimere (pensiamo al “Non faremo prigionieri” di Cesare Previti) e il fatto che Iosa e Tiriticco la pensino come Brenno (e Previti) mi mette tristezza, perché Prodi ha vinto col voto loro, ma anche col voto mio. Io voglio discutere di scuola in un ambito di esperti della scuola, non voglio la vendetta politica di una parte sull’altra (neppure se la parte vincente è la mia). Ci sono dei fatti e penso che prima di agire vadano analizzati per bene. C’è una Riforma in atto applicata “poco e male” perché coloro che la dovevano applicare “tutta e bene” aspettavano che un plebiscito cacciasse Berlusconi e mettesse al suo posto delle forze politiche che, come prima cosa, abrogassero la Riforma. Ci sono delle Indicazioni nazionali che aspettano di essere analizzate, discusse e modificate e che per due anni sono state osteggiate e dileggiate da molta parte della scuola italiana (spesso senza neppure leggerle), perché venivano da una pedagogia familista e conservatrice e perché dal 10 aprile non ci sarebbero state più. Ma attenzione: nessuno ha detto con precisione quali sono i 400/500 OSA da buttare, l’unica cosa che Iosa e Tiriticco (e Cerini) dicono e ribadiscono da tempo è che bisogna ripartire da zero. Dopo i libri di Bertagna e Puricelli avremo quelli di Iosa e Tiriticco a spiegare cosa si deve fare? Irridendo la Riforma e il suo lessico si irridono anche quelli che ci hanno lavorato sopra e che l’hanno studiata e analizzata. Non perché sono di destra o perché sono “mosche cocchiere di sinistra che volevano ‘sinistrare’ queste parole” (Iosa), ma perché non hanno mai pensato che la scuola vada affrontata con le lenti dell’ideologia. Ma credo che a Iosa piacciano di più quelli che l’hanno bocciata senza neppure leggerla. E poi ci sono Programmi del 1979 e del 1985, neutralizzati dal DPR 275/99 scritto anche da Iosa, ma che quasi tutti le scuole insegnano lo stesso (anche se sono stati scritti per un altro mondo, quello senza l’Iraq, senza Internet, senza i computer, senza il federalismo, con l’Urss, con la Guerra Fredda, ecc.). C’è lo sconforto degli insegnanti “di sinistra” che non accettano l’idea che qualcuno che la pensa diversamente da loro possa parlare di scuola. E ci sono anche gli insegnanti che non vogliono cambiare niente. Ma nella scuola ci sono anche quelli che hanno discusso e vogliono continuare a farlo, quelli che vogliono ragionare e rivedere, quelli che intendono affrontare la Riforma Moratti da un punto di vista culturale, quelli che cercano di utilizzare l’autonomia scolastica per ricercare e innovare in modo da proporre solidi cambiamenti alle Indicazioni nazionali. Credo sia importante abbandonare la polemica ed entrare in medias res, di non applicato c’è ancora molto (anche di derivazione berlingueriana) e il rapporto tra le scuole e il Miur è tutto da ripensare. Forse è da ripensare il Miur stesso, affidandogli anche la formazione professionale, in modo da realizzare un unico sistema italiano per l’istruzione e la formazione professionale. Chi si deprime perché l’Italia non ha accettato la proposta di Romano Prodi farà bene a rileggerla. La parte sulla scuola è generica e inapplicabile (portare “le retribuzioni di tutto il personale al livello dei Paesi europei” significa pagare tutti di più e senza differenziazioni anche a favore di quelli che fanno poco o niente?; “immediata copertura di tutti i posti vacanti” significa assumere precari tramite sanatorie?) e tutto il programma indica più compromessi che reali innovazioni. Iosa nel suo articolo ribatte su questi tasti: più soldi e più insegnanti, senza controlli, senza progetti, senza prospettiva. Una pioggia di soldi e insegnanti, puro e semplice aumento del deficit senza contropartite. Se la scuola deve essere di tutti allora deve essere anche di quelli che votano a destra. Se non può esserci una scuola “di destra” non può esserci neppure una scuola “di sinistra”: si deve accettare di discutere una Riforma di destra lasciando da parte le ideologie e ragionando sulle didattiche. Se è giusto che la strumentazione pedagogica di una Nazione non abbia come riferimento la sola Università di Bergamo è altrettanto giusto che Iosa e Tiriticco non si apprestino a stabilire chi ha diritto di parlare e chi no. E’ possibile, infatti, che tante debolezze portino ad una scuola migliore: alla prepotenza della destra (imporre la Riforma) si voleva rispondere con la prepotenza della sinistra (abrogare la Riforma). E queste due prepotenze sono state neutralizzate dagli elettori. Non servono strappi ma dialogo. |
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