Le Indicazioni che non
arriveranno mai
di
Gabriele Boselli
1. Un evento –preso a
sé- positivo
Nell’Aprile scorso è stato presentato
a Roma un documento di avvio al dibattito sulle nuove mappe di
navigazione della scuola italiana. Il documento “Cultura, scuola,
educazione” è stato illustrato dal suo principale estensore Mauro
Ceruti, allievo di Edgard Morin e in pedagogia di Piero Bertolini;
anche Morin era presente.
Dal lavoro di una commissione composta anche di persone di elevato
prestigio è emerso uno scritto non particolarmente innovativo ma che
autorizza la supposizione che nell’indirizzo politico-culturale
della scuola italiana finalmente torni ad agire dopo quasi un secolo
(ultima piena apparizione 1923, cenni significativi nel 2004) una
forma di vita intelligente, un pensiero pensante.
Come si è espressa tale forma di pensiero? Principalmente attraverso
l’indicazione dell’unità del soggetto e dell’ unità/pluralità della
cultura, dell’unità del sapere sulle frammentazioni
microdisciplinari, del primato del conoscere sulle competenze, della
cultura sullo spezzatino didattico (leggi programmazione), della
persona sulla banalità del Mercato, del Maestro sul sistema.
Riconosco la validità del documento di Ceruti come premessa a un
dibattito da cui possano lentamente emergere le future linee
programmatiche della scuola italiana. Ma –considerando pure che
Ceruti, dopo aver alzato le vele, è stato sul punto di abbandonare
la barca- va assumendo consistenza il timore che le indicazioni che
stanno per essere redatte dalle sub-commissioni, folte di funzionari
amministrativi, possano alla fine essere….. piuttosto povere di idee
e ricche di superfluo o di dannoso: non solo finalità ma anche
obiettivi, una ristrutturazione degli insegnamenti basata in
prevalenza sulla verificabilità docimologica e sul risparmio
di posti-cattedra. Dopo l’iniziale colpo d’ala, si profila
il risucchio nelle correnti discendenti della banalità, nel pensiero
amministrante (didattica come obiettivi da raggiungere
e fabbrica di mere competenze, ovvero di pensiero non-pensante,
servile) .
2. Indicazioni di senso
Non posso comunque fare a meno di scrivere questo forse inutile
contributo per la resurrezione della scuola per
offrire ulteriori elementi di configurazione generale per una scuola
che non miri solo a far acquisire a basso prezzo per il sistema
competenze misurabili “oggettivamente” ma introduca al
conoscere. E’ quest’ultima, e non altra, l’indicazione che
ci viene dall’intenzionalità di fondo di duemilacinquecento anni di
pedagogia, l’unica indicazione davvero vincolante per gli
insegnanti che sono anche Maestri, che sanno penetrare l’epoca e
guardare oltre.
Il nostro è il tempo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo,
delle linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle
contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero, dell’inclusione e
dell’esclusione. Il tempo, augurabilmente, della transizione a una
progettualità pedagogica europea (ma di marca ”continentale”) che
prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non
quello in cui stiamo vivendo noi. Per corrispondere alla
ipercomplessità del mondo si dovrebbe veicolare una cultura
narrante, non monolitica ma plurale, non descrittiva ma
interpretativa, non solo universale ma anche regionale, non dominata
dalla necessità ma aperta sul possibile, non deterministica ma
indeterministica, non epistemica ma epistemologica, non sistemica ma
costellazionale. I nuovi saperi che la scuola è chiamata a produrre
dovranno tener conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le
stesse categorie classiche della conoscenza umana stanno mutando
nell'interazione con il nuovo mondo, con velocità assai maggiore che
nel tempo della pura parola o dell’immagine preelettronica.
Additare la complessità (iper) vuol dire riavviare la
ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici e l'entrata
di quelli "nuovi" e in particolare delle nuove morfologie del sapere
che possono servire a intendere le pieghe del mondo di fine
millennio, i reticoli multiplanari, i nodi distributivi, le strade
senza uscita, gli scarti dell'intenzionalità generale che covano
sotto le apparenti regolarità evolutive di un universo divenuto "pluriverso"
ipercomplesso. La scuola ha bisogno di inventare (trovare,
esser compresa, immaginare) saperi "nuovi" come l'informatica o
rinnovati nella loro struttura epistemologica. Di essere una scuola
che sappia pervenire a interpretazioni originali del mondo e sappia
progettare le forme inevitabilmente irregolari (ma non caotiche o
deintenzionalizzate) della didattica che dovranno resistere alle
vettrici di piegamento della contemporaneità.
Come orientare i docenti e attraverso di loro
gli studenti, a una intelligenza non schiacciata sulla contingenza e
comprensiva della complessità? Indicazioni serie dovrebbero
provocare la discussione sugli emergenti vettori filosofici
(affermarsi della fenomenologia e dell’ermeneutica), antropologici
(le tensioni della pluralità), economici (Mercato unico mondiale ),
matematici (teoria dei frattali) ecologici (mutazioni del paesaggio
e dei climi) e genetici (biotecnologie). Ciò di cui tutti dobbiamo
prendere atto è che ormai l'accumulo quantitativo e la pressione
qualitativa delle conoscenze e delle ignoranze (i cambiamenti
culturali sono indotti anche dai vuoti) hanno ormai prodotto una
massa critica e posto le condizioni non solo per sviluppi importanti
ma per vere e proprie discontinuità paradigmatiche. Il nuovo
scenario programmatico della scuola dovrebbe costituire
un’espressione della mutazione della cultura, farle indicare
adeguate direzioni di senso. La scuola ospita da sempre
saperi di lungo respiro che –incontrandosi con il nuovo- portano a
pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e
probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo
immediato e prossimo venturo.
3. Per il ritorno dell’insegnante-Maestro
Chi è oggi il Maestro? Pur largamente
disconosciuto e bistrattato dai media, e’ –come sempre- l’essenza
della scuola. E’ una figura che può costituire una proiezione
desiderabile di esistenza e di conoscenza per le nuove generazioni.
Idealmente e’ persona di cultura che ama studiare e che per vivere
ha scelto questo lavoro. E’ persona che ha una solida cultura
generale, si è formato su una disciplina, ne è divenuto corpus e
aiuta a conoscerla; è una persona che tenta di conoscere il Tutto
attraverso il frammento e di prender responsabilmente parte alla
storia e all’epoca: è aperto all'altro nella varietà dei suoi volti.
L'ascolto del mondo, dell'altro e di sé è fondazionale per capire e
per trovare modalità adeguate e gradevoli di lavoro didattico.
Soggetto del pensare
Ha capacità di critica del non-pensiero e detiene autonomia
intellettuale, morale ed estetica (Kant). E’ costruttivo e creativo
di pensiero. E' un soggetto culturale e pedagogico a pieno titolo,
coautore e operatore della "cura" (in senso non clinico) che i vari
elementi della costellazione scolastica prestano agli alunni. Crea
offerta di situazioni di apprendimento delle discipline in cui
ciascuno possa con fiducia lasciarsi curare, possa prendersi cura di
sé; è luogo di un invito rivolto a ciascuno a trovare
una via personale alla conoscenza. Contrastando la standardizzazione
del pensiero e dell’esistenza, si realizza come autore di
esplicitazione all'altro di un'apertura più ampia sulle
condizioni e le possibilità (Bertolini), di orientamento a
trovare il senso iscritto nel nucleo dell’ identità di accesso
al sapere disciplinare.
Il suo trasmettere una disciplina non è operazione neutra;
attraversando il campo specifico di conoscenza lo “contamina” della
sua soggettualità e la sua soggettualità né è profondamente
“contaminata”. Porta in dono agli alunni una disciplina
rigorosamente e filologicamente studiata e fedelmente ricostruita
quanto personalmente frequentata, ripensata, interpretata,
reinventata.
Soggetto orientante e organizzatore del prendersi
cura
Insegnare è espressione dell' "esser-presso" (presso i libri, i
laboratori, i colleghi, gli allievi) e prevede (Mortari) per il
docente innanzitutto l'accogliersi, l'approvarsi, il riconoscersi
come soggetto, come co-autore di un campo di eventi
intenzionalizzato (le officine di senso), di storie
improgrammabili E' poi offrire la propria asimmetrica, orientante
compagnia per un'ampia frazione di esistenza (Iori). E' offerta di
un campo di avventure fisicamente sicuro ma impegnativo
quanto un ordinario luogo di lavoro, non protetto dal rischio
cognitivo e affettivo e dal nuovo, un campo di esperienza che
estende l’identità attraverso la frequentazione di luoghi di
attività nel contempo gratificanti e faticose.
Costruttore di relazioni educanti
L'insegnante sa instaurare con l’altro una relazione costitutiva
dell'esistenza e della conoscenza, articolata in un tessuto
intellettualmente complesso e pedagogicamente orientato. Invita i
ragazzi a estendere ma anche a focalizzare disciplinarmente il loro
orizzonte degli eventi di cultura, ad articolare in forma più
evoluta il loro mondo vitale; Aiuta a mantenere il piacere del gioco
con gli eventi e a sostenere l’impegno del lavoro. Amplia e aiuta a
strutturare la diversità dei molteplici vissuti dello spazio e del
tempo. Contribuisce al progetto di educazione e di istruzione nella
sua interezza. Sa offrire i propri spazi e la propria compagnia,
far dono di una inerenza dialetticamente fondativa del
proprio come dell' altrui arco delle possibilità situate e situanti
(Semerari 1988).
Offre aiuto a conoscere per poter pienamente essere in quanto
essere-a, qui, ora, con me/noi, in questo frammento di storia nella
multipreposizionalità degli esistenti concreti (Heidegger).
Offre non certezze ma sicurezza, insieme a (plurali) indicazioni di
senso.
Guida
L'insegnante è protagonista di un cammino continuo, sia sul piano
umano che culturale, anche per essere meglio in grado di leggere la
diversità e la sofferenza attraverso i segnali che queste mandano.
Cerca dunque di capire l'altro con le sue "persecuzioni" e
fragilità. Il suo percorso é in gran parte frutto di autocoscienza,
ma anche di impegno, dialogo, dialettica (Gentile); cerca di
portare all’intelligenza delle destinazioni.
Si vuole un lavoratore della conoscenza che abbia davvero
qualcosa da dire e da dare, di alto profilo culturale, di
buone capacità relazionali, in grado di rappresentare un punto di
orientamento per la società e di contribuire nella sua scuola a
introdurre elementi di qualificazione culturale e didattica.
4. Per nuovi
curricula
Quale curriculum (percorso) può essere
pensato per far pervenire ciascun alunno a intelligenza del mondo e
di se stesso? Ad aver cuore? Ad aver fiducia nelle proprie
possibilità e –superando le angustie della contingenza- in quelle
del genere umano? Per quali vie comunicare ai giovani
l’aspettativa di un mondo difficile ma comunque desiderabile?
Il quesito è forse platonico, utopistico. Mi ci provo lo
stesso
Fondazione Le questioni filosofiche e fisiche, le
domande essenziali sulla politica non possono essere eluse; non sono
chiacchiere, ma portali sull’essenza dell’essere-al-mondo.
Indagine Un buon curriculum non sarà essenzialmente
percorso di spiegazione e dimostrazione di verità disciplinari
precostituite all’atto del loro esser formulate ma discorso
indagante, consapevole della prossimità a una radice degli eventi
che è ignota.
Inter-rogazione Un curriculum deve presentare un
sapere interrogante e non enunciante, lineare ma anche non lineare,
epistemologico e non epistemico, narrativo e non solo descrittivo,
aperto ai paradossi leggibili nella struttura globale degli eventi.
Cenno Un curriculum non é tutto il sapere ma fa cenno
al tutto; ogni frammento contiene un rinvio all’intero indice dei
pensieri pensabili entro alle contraddittorietà dei saperi e
dell’esistenza.
Passione Un percorso di conoscenza (e non di sola
competenza) fa coesistere scienza e passione illimitate: il cuore
annuncia i pensieri che furono e verranno.
Rispetto della complessità Un curriculum fa cenno a un
Oriente ove tutto é compreso entro un gesto d’accenno ma rinuncia a
conciliare tutto, rispettando la complessità delle dizioni e delle
contraddizioni del mondo.
Integrazione e trasgressione Un curriculum favorisce
la familiarizzazione con ogni forma di pensiero; avvezza a pensare
integrandosi come trasgredendo.
Bellezza Un curriculum deve muovere e commuovere,
indicare in bellezza (con Von Balthasar: il tutto nel frammento) le
radici e le mete del pensare, far conseguire autenticamente (con
tutta l’anima) un’immagine personale del mondo
Tutela dell’Eredità Si onora un pensiero millennario
come quello di cui siamo custodi continuando a pensare, portando
oltre il discorso.
Apertura Un curriculum non é il binario di un treno: i
suoi sentieri sono multipli e variabili; alcuni sono aperti a
significative interruzioni ,
Ulteriorità Un curriculum invita a cercare oltre,
rispettare l’irriducibile
Dunque un buon progetto culturale per le scuole nel tempo
dell’ipercomplessità e della pluralità potrebbe non essere
esposizione di un pre-pensato ma discorso animato da tensori interni
ed esterni; si attuerà (futuro ottativo) come percorso indagante,
consapevole della prossimità a molteplici radici degli eventi. Un
curriculum é essenzialmente una costellazione di vettori che
attraverso porte talora semichiuse e proponendo sistemi simbolici
unitari riprende il carattere organico e armonico ma sempre in fieri
del pensiero.
5. La scuola come luogo senza luogo, custode della tradizione e
dell’avvenire
La pedagogia, come organo teoretico della
scuola e dell’università, è da millenni espressione di un sapere
pensante e vocazionalmente universale. Non può colludere con una
cultura del fondamento senza fondazioni non più adeguatamente
interpretativa dello spirito essenziale dell’alta cultura, quella di
cui idealmente partecipa, la sola che può esserle di riferimento.
Conoscenza "essenziale" non è affatto sinonimo di “minima" (spesso i
due termini sono considerati tali), concetto quest’ultimo interno a
una cultura della necessità, della determinazione, della competenza.
Bisogna dunque riscrivere i programmi scolastici e cominciare
a delineare le tracce dei curriculum universitari (il tutto si
tiene) con occhio volto non alla spendibilità del titolo sul mercato
delle persone ma alla formazione umana e scientifica di base.
I veri maestri, da Socrate a Don Milani, in
vita non hanno avuto grande ascolto. I saperi del conoscere, volti
non al successo ma all'essenza, sono saperi di lungo respiro;
portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state
e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo
immediato e prossimo venturo. I saperi essenziali –saperi di
libertà– costruiscono la città futura (concetto di
Andrea Costa portato a maggior fortuna da A. Gramsci, v. La
formazione dell’uomo, Editori riuniti, 1970), valorizzano le
diversità e le differenze, quelli minimi o "irrinunciabili" danno a
tutti qualcosa che é estraneo a ciascuno. Essendo saperi di libertà,
non entreranno mai in alcun documento ufficiale.
Sogniamo, comunque, cerchiamo di non farci
condizionare dentro da quel che accade. È salutare per chi è a vari
livelli coinvolto nella vicenda della scuola fermarsi ogni tanto e
riflettere sui saperi che si sono sedimentati nei testi e su quelli
che ancora attendono di entrare nella dimensione della scrittura o
dell'immagine riconosciuta (Canfora La democrazia. Storia di
un’ideologia, Laterza, 2004).
La cultura in cui offrire essenziali spazi di
forma alle nuove generazioni potrebbe recuperare almeno due idee
husserliane: l’idea di mondo della vita e quella – presente
soprattutto nella Crisi delle scienze europee – di saperi non
separati dalla concretezza del soggetto conoscente, dai suoi tempi e
dai suoi luoghi, saperi che – parlando a lui – dicano di lui. Un
sapere (H. Arendt) plurale come sono plurali gli esistenti. Un
sapere articolato attraverso curricula, non espressivo delle
pseudo-ontologie universali imposte dal mercato mondiale delle idee
di successo (competenze et similia) ma prodotto gratuitamente,
interrogando nella propria lingua e con incursioni nelle lingue
straniere non il tutto ma la totalità in ogni cosa. Un sapere
per guardare in alto, dis-trarsi dall’inerzia della frenesia,
interrogare e rappresentare l’Intero e gli interi, tornare a pensare
creativamente la cultura, la scienza e la scuola.
Tutto questo non sarà mai scritto in alcun
testo ufficiale. E’ però inciso aere paerennius nella
struttura trasformazionale di tre millenni di cultura d’Occidente,
interrogato dai filosofi, cantato dei poeti, amministrato dai
tecnici migliori, testimoniato dai milioni di insegnanti che si sono
succeduti in questa nostra millennaria e meravigliosa storia di
uomini e d’idee. Qualcuno trova tutto questo anacronistico (così
scrive Bertagna), altri espressione di una mente sognante (rileva D’Avolio).
Ringrazio: che scuola sarebbe quella schiacciata sulla cronaca o
incapace di sognare, di andare un po’ oltre l’ordinario orizzonte
degli eventi? Oltre tutto, chi non sogna non può nemmeno vedere a
fondo quel che succede.
Per leggere:
-
P.Bertolini (a
cura di) Per un lessico di pedagogia fenomenologica Erikson,
Trento, 2006
-
Melucci/Seganti (a
cura di) Idea di persona Tecnodid, Napoli, 2007
-
G.Boselli
Non-pensiero e oltre. Scenari e volti
per un’educazione al pensare venturo, in uscita a Trento
presso Erikson a novembre
-
Il sito Paedagogica