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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Le Indicazioni che non arriveranno mai

di Gabriele Boselli

 

1. Un evento –preso a sé- positivo
 
Nell’Aprile scorso è stato presentato a Roma un documento di avvio al dibattito sulle nuove mappe di navigazione della scuola italiana. Il documento “Cultura, scuola, educazione” è stato illustrato dal suo principale estensore Mauro Ceruti, allievo di Edgard Morin e in pedagogia di Piero Bertolini; anche Morin era presente.

Dal lavoro di una commissione composta anche di persone di elevato prestigio è emerso uno scritto non particolarmente innovativo ma che autorizza la supposizione che nell’indirizzo politico-culturale della scuola italiana finalmente torni ad agire dopo quasi un secolo (ultima piena apparizione 1923, cenni significativi nel 2004) una forma di vita intelligente, un pensiero pensante.

Come si è espressa tale forma di pensiero? Principalmente attraverso l’indicazione dell’unità del soggetto e dell’ unità/pluralità della cultura, dell’unità del sapere sulle frammentazioni microdisciplinari, del primato del conoscere sulle competenze, della cultura sullo spezzatino didattico (leggi programmazione), della persona sulla banalità del Mercato, del Maestro sul sistema.

Riconosco la validità del documento di Ceruti come premessa a un dibattito da cui possano lentamente emergere le future linee programmatiche della scuola italiana. Ma –considerando pure che Ceruti, dopo aver alzato le vele, è stato sul punto di abbandonare la barca- va assumendo consistenza il timore che le indicazioni che stanno per essere redatte dalle sub-commissioni, folte di funzionari amministrativi, possano alla fine essere….. piuttosto povere di idee e ricche di superfluo o di dannoso: non solo finalità ma anche obiettivi, una ristrutturazione degli insegnamenti basata in prevalenza sulla verificabilità docimologica e sul risparmio di posti-cattedra. Dopo l’iniziale colpo d’ala, si profila il risucchio nelle correnti discendenti della banalità, nel pensiero amministrante (didattica come obiettivi da raggiungere e fabbrica di mere competenze, ovvero di pensiero non-pensante, servile) .

 

2. Indicazioni di senso

Non posso comunque fare a meno di scrivere questo forse inutile contributo per la resurrezione della scuola per offrire ulteriori elementi di configurazione generale per una scuola che non miri solo a far acquisire a basso prezzo per il sistema competenze misurabili “oggettivamente” ma introduca al conoscere. E’ quest’ultima, e non altra, l’indicazione che ci viene dall’intenzionalità di fondo di duemilacinquecento anni di pedagogia, l’unica indicazione davvero vincolante per gli insegnanti che sono anche Maestri, che sanno penetrare l’epoca e guardare oltre.

Il nostro è il tempo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo, delle linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero, dell’inclusione e dell’esclusione. Il tempo, augurabilmente, della transizione a una progettualità pedagogica europea (ma di marca ”continentale”) che prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non quello in cui stiamo vivendo noi. Per corrispondere alla ipercomplessità del mondo si dovrebbe veicolare una cultura narrante, non monolitica ma plurale, non descrittiva ma interpretativa, non solo universale ma anche regionale, non dominata dalla necessità ma aperta sul possibile, non deterministica ma indeterministica, non epistemica ma epistemologica, non sistemica ma costellazionale. I nuovi saperi che la scuola è chiamata a produrre dovranno tener conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie classiche della conoscenza umana stanno mutando nell'interazione con il nuovo mondo, con velocità assai maggiore che nel tempo della pura parola o dell’immagine preelettronica. Additare la complessità (iper) vuol dire riavviare la ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici e l'entrata di quelli "nuovi" e in particolare delle nuove morfologie del sapere che possono servire a intendere le pieghe del mondo di fine millennio, i reticoli multiplanari, i nodi distributivi, le strade senza uscita, gli scarti dell'intenzionalità generale che covano sotto le apparenti regolarità evolutive di un universo divenuto "pluriverso" ipercomplesso. La scuola ha bisogno di inventare (trovare, esser compresa, immaginare) saperi "nuovi" come l'informatica o rinnovati nella loro struttura epistemologica. Di essere una scuola che sappia pervenire a interpretazioni originali del mondo e sappia progettare le forme inevitabilmente irregolari (ma non caotiche o deintenzionalizzate) della didattica che dovranno resistere alle vettrici di piegamento della contemporaneità.

Come orientare i docenti e attraverso di loro gli studenti, a una intelligenza non schiacciata sulla contingenza e comprensiva della complessità? Indicazioni serie dovrebbero provocare la discussione sugli emergenti vettori filosofici (affermarsi della fenomenologia e dell’ermeneutica), antropologici (le tensioni della pluralità), economici (Mercato unico mondiale ), matematici (teoria dei frattali) ecologici (mutazioni del paesaggio e dei climi) e genetici (biotecnologie). Ciò di cui tutti dobbiamo prendere atto è che ormai l'accumulo quantitativo e la pressione qualitativa delle conoscenze e delle ignoranze (i cambiamenti culturali sono indotti anche dai vuoti) hanno ormai prodotto una massa critica e posto le condizioni non solo per sviluppi importanti ma per vere e proprie discontinuità paradigmatiche. Il nuovo scenario programmatico della scuola dovrebbe costituire un’espressione della mutazione della cultura, farle indicare adeguate direzioni di senso. La scuola ospita da sempre saperi di lungo respiro che –incontrandosi con il nuovo- portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo.

 

3. Per il ritorno dell’insegnante-Maestro

Chi è oggi il Maestro? Pur largamente disconosciuto e bistrattato dai media, e’ –come sempre- l’essenza della scuola. E’ una figura che può costituire una proiezione desiderabile di esistenza e di conoscenza per le nuove generazioni. Idealmente e’ persona di cultura che ama studiare e che per vivere ha scelto questo lavoro. E’ persona che ha una solida cultura generale, si è formato su una disciplina, ne è divenuto corpus e aiuta a conoscerla; è una persona che tenta di conoscere il Tutto attraverso il frammento e di prender responsabilmente parte alla storia e all’epoca: è aperto all'altro nella varietà dei suoi volti. L'ascolto del mondo, dell'altro e di sé è fondazionale per capire e per trovare modalità adeguate e gradevoli di lavoro didattico.

Soggetto del pensare

Ha capacità di critica del non-pensiero e detiene autonomia intellettuale, morale ed estetica (Kant). E’ costruttivo e creativo di pensiero. E' un soggetto culturale e pedagogico a pieno titolo, coautore e operatore della "cura" (in senso non clinico) che i vari elementi della costellazione scolastica prestano agli alunni. Crea offerta di situazioni di apprendimento delle discipline in cui ciascuno possa con fiducia lasciarsi curare, possa prendersi cura di sé; è luogo di un invito rivolto a ciascuno a trovare una via personale alla conoscenza. Contrastando la standardizzazione del pensiero e dell’esistenza, si realizza come autore di esplicitazione all'altro di un'apertura più ampia sulle condizioni e le possibilità (Bertolini), di orientamento a trovare il senso iscritto nel nucleo dell’ identità di accesso al sapere disciplinare.

Il suo trasmettere una disciplina non è operazione neutra; attraversando il campo specifico di conoscenza lo “contamina” della sua soggettualità e la sua soggettualità né è profondamente “contaminata”. Porta in dono agli alunni una disciplina rigorosamente e filologicamente studiata e fedelmente ricostruita quanto personalmente frequentata, ripensata, interpretata, reinventata.

Soggetto orientante e organizzatore del prendersi cura

Insegnare è espressione dell' "esser-presso" (presso i libri, i laboratori, i colleghi, gli allievi) e prevede (Mortari) per il docente innanzitutto l'accogliersi, l'approvarsi, il riconoscersi come soggetto, come co-autore di un campo di eventi intenzionalizzato (le officine di senso), di storie improgrammabili E' poi offrire la propria asimmetrica, orientante compagnia per un'ampia frazione di esistenza (Iori). E' offerta di un campo di avventure fisicamente sicuro ma impegnativo quanto un ordinario luogo di lavoro, non protetto dal rischio cognitivo e affettivo e dal nuovo, un campo di esperienza che estende l’identità attraverso la frequentazione di luoghi di attività nel contempo gratificanti e faticose.

Costruttore di relazioni educanti

L'insegnante sa instaurare con l’altro una relazione costitutiva dell'esistenza e della conoscenza, articolata in un tessuto intellettualmente complesso e pedagogicamente orientato. Invita i ragazzi a estendere ma anche a focalizzare disciplinarmente il loro orizzonte degli eventi di cultura, ad articolare in forma più evoluta il loro mondo vitale; Aiuta a mantenere il piacere del gioco con gli eventi e a sostenere l’impegno del lavoro. Amplia e aiuta a strutturare la diversità dei molteplici vissuti dello spazio e del tempo. Contribuisce al progetto di educazione e di istruzione nella sua interezza. Sa offrire i propri spazi e la propria compagnia, far dono di una inerenza dialetticamente fondativa del proprio come dell' altrui arco delle possibilità situate e situanti (Semerari 1988).

Offre aiuto a conoscere per poter pienamente essere in quanto essere-a, qui, ora, con me/noi, in questo frammento di storia nella multipreposizionalità degli esistenti concreti (Heidegger). Offre non certezze ma sicurezza, insieme a (plurali) indicazioni di senso.

Guida

L'insegnante è protagonista di un cammino continuo, sia sul piano umano che culturale, anche per essere meglio in grado di leggere la diversità e la sofferenza attraverso i segnali che queste mandano. Cerca dunque di capire l'altro con le sue "persecuzioni" e fragilità. Il suo percorso é in gran parte frutto di autocoscienza, ma anche di impegno, dialogo, dialettica (Gentile); cerca di portare all’intelligenza delle destinazioni.

Si vuole un lavoratore della conoscenza che abbia davvero qualcosa da dire e da dare, di alto profilo culturale, di buone capacità relazionali, in grado di rappresentare un punto di orientamento per la società e di contribuire nella sua scuola a introdurre elementi di qualificazione culturale e didattica.

 

 

4. Per nuovi curricula

Quale curriculum (percorso) può essere pensato per far pervenire ciascun alunno a intelligenza del mondo e di se stesso? Ad aver cuore? Ad aver fiducia nelle proprie possibilità e –superando le angustie della contingenza- in quelle del genere umano? Per quali vie comunicare ai giovani l’aspettativa di un mondo difficile ma comunque desiderabile? Il quesito è forse platonico, utopistico. Mi ci provo lo stesso

Fondazione Le questioni filosofiche e fisiche, le domande essenziali sulla politica non possono essere eluse; non sono chiacchiere, ma portali sull’essenza dell’essere-al-mondo.

Indagine Un buon curriculum non sarà essenzialmente percorso di spiegazione e dimostrazione di verità disciplinari precostituite all’atto del loro esser formulate ma discorso indagante, consapevole della prossimità a una radice degli eventi che è ignota.

Inter-rogazione Un curriculum deve presentare un sapere interrogante e non enunciante, lineare ma anche non lineare, epistemologico e non epistemico, narrativo e non solo descrittivo, aperto ai paradossi leggibili nella struttura globale degli eventi.

Cenno Un curriculum non é tutto il sapere ma fa cenno al tutto; ogni frammento contiene un rinvio all’intero indice dei pensieri pensabili entro alle contraddittorietà dei saperi e dell’esistenza.

Passione Un percorso di conoscenza (e non di sola competenza) fa coesistere scienza e passione illimitate: il cuore annuncia i pensieri che furono e verranno.

Rispetto della complessità Un curriculum fa cenno a un Oriente ove tutto é compreso entro un gesto d’accenno ma rinuncia a conciliare tutto, rispettando la complessità delle dizioni e delle contraddizioni del mondo.

Integrazione e trasgressione Un curriculum favorisce la familiarizzazione con ogni forma di pensiero; avvezza a pensare integrandosi come trasgredendo.

Bellezza Un curriculum deve muovere e commuovere, indicare in bellezza (con Von Balthasar: il tutto nel frammento) le radici e le mete del pensare, far conseguire autenticamente (con tutta l’anima) un’immagine personale del mondo

Tutela dell’Eredità Si onora un pensiero millennario come quello di cui siamo custodi continuando a pensare, portando oltre il discorso.

Apertura Un curriculum non é il binario di un treno: i suoi sentieri sono multipli e variabili; alcuni sono aperti a significative interruzioni ,

Ulteriorità Un curriculum invita a cercare oltre, rispettare l’irriducibile

Dunque un buon progetto culturale per le scuole nel tempo dell’ipercomplessità e della pluralità potrebbe non essere esposizione di un pre-pensato ma discorso animato da tensori interni ed esterni; si attuerà (futuro ottativo) come percorso indagante, consapevole della prossimità a molteplici radici degli eventi. Un curriculum é essenzialmente una costellazione di vettori che attraverso porte talora semichiuse e proponendo sistemi simbolici unitari riprende il carattere organico e armonico ma sempre in fieri del pensiero.

 

5. La scuola come luogo senza luogo, custode della tradizione e dell’avvenire

La pedagogia, come organo teoretico della scuola e dell’università, è da millenni espressione di un sapere pensante e vocazionalmente universale. Non può colludere con una cultura del fondamento senza fondazioni non più adeguatamente interpretativa dello spirito essenziale dell’alta cultura, quella di cui idealmente partecipa, la sola che può esserle di riferimento. Conoscenza "essenziale" non è affatto sinonimo di “minima" (spesso i due termini sono considerati tali), concetto quest’ultimo interno a una cultura della necessità, della determinazione, della competenza. Bisogna dunque riscrivere i programmi scolastici e cominciare a delineare le tracce dei curriculum universitari (il tutto si tiene) con occhio volto non alla spendibilità del titolo sul mercato delle persone ma alla formazione umana e scientifica di base.

I veri maestri, da Socrate a Don Milani, in vita non hanno avuto grande ascolto. I saperi del conoscere, volti non al successo ma all'essenza, sono saperi di lungo respiro; portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. I saperi essenziali –saperi di libertà– costruiscono la città futura (concetto di Andrea Costa portato a maggior fortuna da A. Gramsci, v. La formazione dell’uomo, Editori riuniti, 1970), valorizzano le diversità e le differenze, quelli minimi o "irrinunciabili" danno a tutti qualcosa che é estraneo a ciascuno. Essendo saperi di libertà, non entreranno mai in alcun documento ufficiale.

Sogniamo, comunque, cerchiamo di non farci condizionare dentro da quel che accade. È salutare per chi è a vari livelli coinvolto nella vicenda della scuola fermarsi ogni tanto e riflettere sui saperi che si sono sedimentati nei testi e su quelli che ancora attendono di entrare nella dimensione della scrittura o dell'immagine riconosciuta (Canfora La democrazia. Storia di un’ideologia, Laterza, 2004).

La cultura in cui offrire essenziali spazi di forma alle nuove generazioni potrebbe recuperare almeno due idee husserliane: l’idea di mondo della vita e quella – presente soprattutto nella Crisi delle scienze europee – di saperi non separati dalla concretezza del soggetto conoscente, dai suoi tempi e dai suoi luoghi, saperi che – parlando a lui – dicano di lui. Un sapere (H. Arendt) plurale come sono plurali gli esistenti. Un sapere articolato attraverso curricula, non espressivo delle pseudo-ontologie universali imposte dal mercato mondiale delle idee di successo (competenze et similia) ma prodotto gratuitamente, interrogando nella propria lingua e con incursioni nelle lingue straniere non il tutto ma la totalità in ogni cosa. Un sapere per guardare in alto, dis-trarsi dall’inerzia della frenesia, interrogare e rappresentare l’Intero e gli interi, tornare a pensare creativamente la cultura, la scienza e la scuola.

Tutto questo non sarà mai scritto in alcun testo ufficiale. E’ però inciso aere paerennius nella struttura trasformazionale di tre millenni di cultura d’Occidente, interrogato dai filosofi, cantato dei poeti, amministrato dai tecnici migliori, testimoniato dai milioni di insegnanti che si sono succeduti in questa nostra millennaria e meravigliosa storia di uomini e d’idee. Qualcuno trova tutto questo anacronistico (così scrive Bertagna), altri espressione di una mente sognante (rileva D’Avolio). Ringrazio: che scuola sarebbe quella schiacciata sulla cronaca o incapace di sognare, di andare un po’ oltre l’ordinario orizzonte degli eventi? Oltre tutto, chi non sogna non può nemmeno vedere a fondo quel che succede.

Per leggere:

  • P.Bertolini (a cura di) Per un lessico di pedagogia fenomenologica Erikson, Trento, 2006

  • Melucci/Seganti (a cura di) Idea di persona Tecnodid, Napoli, 2007

  • G.Boselli Non-pensiero e oltre. Scenari e volti per un’educazione al pensare venturo, in uscita a Trento presso Erikson a novembre

  • Il sito Paedagogica


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