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L’IMPORTANZA DELLA LETTURA di Andrea Torrente
Premessa Entrare con pertinenza nel discorso sulla lettura suppone la possibilità di ancorarlo nella storia recente della scuola e nell’attualità della prevenzione contro l’analfabetismo, consente di riaffermare alcuni principi pedagogici e di presentare qualche modalità d’aiuto destinata agli alunni che si trovano in difficoltà d’apprendimento. Il discorso sull’importanza della lettura e sulla padronanza della lingua, la riflessione sulla responsabilità della scuola a questo proposito, s’intersecano da più di venti anni con i ricorrenti pubblici dibattiti e con le riflessioni all’interno del sistema scuola o le istruzioni ufficiali. Gli anni ’60 sono stati caratterizzati da una crescita imponente del numero d’alunni nel segmento dell’Istruzione Secondaria di primo grado; infatti, la Legge n° 1859 del 31 Dicembre 1962 all’art. 1 statuisce che: “In attuazione dell’art. 34 della Costituzione, l’istruzione obbligatoria successiva a quell’elementare è impartita gratuitamente nella Scuola Media, che ha la durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado”. L’architettura scolastica che ne deriva comporta tre livelli di istruzione, necessariamente interdipendenti:
Questa riforma strutturale, che è stata accompagnata da un grande sforzo per la costruzione di nuovi edifici scolastici che potessero accogliere questa enorme massa di studenti, non ha dato luogo, nell’immediato, ad una modificazione radicale degli insegnamenti. E’ di tutta evidenza che s’impongono alla stragrande maggioranza di una classe d’età, fino a quel momento votata alla sola istruzione primaria, dei metodi di lavoro che, inventati per una minoranza d’alunni che avrebbero sicuramente proseguito gli studi, implicavano una forte trasmissione di cultura. Così, la generalizzazione progressiva degli studi secondari ha condotto alla fine degli anni settanta ad allargare le finalità attribuite alla lettura. Di fatto tale generalizzazione ha destabilizzato il funzionamento tradizionale della scuola; le difficoltà degli alunni di fronte alle nuove attese della società hanno alimentato, per decenni, il discorso sull’insuccesso scolastico ed hanno condotto ad attribuire all’incapacità della scuola le difficoltà d’adattamento di tutto il sistema. Altro fattore di chiamata in causa della scuola è la crisi economica della fine degli anni settanta con il correlativo cessare del pieno impiego. Si sviluppa, così, in questo periodo un nuovo concetto d’analfabetismo. Questo concetto abbraccia delle realtà molto diverse, multiformi, il che comporta delle valutazioni quantitative a dir poco stupefacenti. Il favore mediatico che circonda queste valutazioni rinforza gli interrogativi sull’efficacia della scuola, particolarmente quella secondaria. Infine, ultimo ma non meno importante, è il fattore legato alle trasformazioni economiche e sociali degli anni ’70 ed ’80, in particolare l’aumento della disoccupazione e le difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani che uscivano dal sistema educativo. Tutto ciò conduce ad interrogarsi sull’efficacia dell’istruzione professionale affidata alla scuola oltre che sulla bontà della formazione professionale affidata alle Regioni che, sovente, ne hanno fatto oggetto di manovre speculative poco chiare. Di fatto, il legame fra possesso di un titolo di studio conseguito al termine di una scuola secondaria di secondo grado e l'accesso al lavoro è abbastanza forte. Diverse inchieste condotte in quegli anni confermano che l’inserimento nel mondo del lavoro è tanto più agevole quanto più il livello degli studi é elevato. Appare anche chiaro che il rischio d’uscita dal sistema educativo senza il titolo di studio è molto dipendente dalla maniera in cui gli alunni hanno compiuto la loro scolarità primaria, quale che sia l’origine delle difficoltà incontrate a questo livello. E’ proprio degli anni ’80 il riconoscimento del fenomeno della Dispersione Scolastica che il Ministero della Pubblica Istruzione ha preso in carico con un Progetto Speciale dedicato particolarmente agli allievi delle aree in cui ripetenze ed abbandoni sono una caratteristica peculiare. E’ di tutta evidenza che la padronanza degli apprendimenti di base nella scuola primaria è strettamente legata alla capacità di lettura e che ripetenze ed abbandoni rendono l’insuccesso scolastico socialmente inaccettabile. Nel 1950, un giovane poteva trovare lavoro anche senza saper leggere, oggi ciò è in pratica impossibile. Infatti, lo sviluppo scientifico e quello tecnologico richiedono una sempre maggiore capacità di comprensione di ciò che si legge perché è indispensabile potersi riciclare di continuo per essere in grado di cambiare lavoro, quando ciò è reso indispensabile dalla domanda del mercato. Bisogna tentare di precisare l’importanza delle difficoltà di lettura nelle giovani generazioni: se una volta un gran numero di giovani poteva esser considerato analfabeta, quando non sapeva leggere, oggi la maggior parte di loro riesce a decodificare, ma ha reali difficoltà di comprensione di quanto appena letto. Al adesso sembra piuttosto difficile riuscire a colmare questo gap. Senza dubbio occorrono delle strategie diverse secondo l’origine delle difficoltà. Per coloro i quali soffrono di disturbi del linguaggio (dislessia, disfasia, ecc.) è indispensabile che ci sia un corretto intervento di personale specializzato che è di solito esterno alla scuola. Tuttavia, la Scuola Elementare può sicuramente contribuire alla prevenzione dell’analfabetismo e condurre alla Scuola Secondaria di primo grado dei lettori che padroneggiano meglio i meccanismi fondamentali della lettura, che sono capaci di maggiore flessibilità e, soprattutto, che hanno il piacere di leggere. Se il termine prevenzione si applica a qualsiasi azione che eviti che si produca qualcosa di pregiudizievole oppure che impedisca un aggravamento, si può ipotizzare una sfida corretta della pedagogia al fine di far indietreggiare l’analfabetismo, a condizione che essa conduca il maggior numero possibile d’allievi fino al conseguimento di due obiettivi essenziali:
Condurre a saper leggere Il saper leggere si costruisce nel tempo e la scuola elementare non può pensare di portare a termine questo lavoro. Si continua ad imparare a leggere lungo tutto l’arco della scolarità ed anche oltre, poiché si può leggere sempre meglio, leggere differentemente, leggere i testi più svariati e più complessi, tenendo conto che le abilità costruite in un determinato campo non si trasferiscono spontaneamente in un altro. La prima tappa è condurre ciascun allievo ad un’appropriazione attiva del linguaggio orale e della lingua, che permette non soltanto di comunicare, ma anche di apprendere e di comprendere il mondo. Accanto a questo lavoro specifico sull’orale, fin dal primo anno di scuola materna, i maestri raccontano prima e leggono poi delle storie con regolarità, contribuendo così a costruire una certa familiarità con la lingua scritta. Essi introducono gli allievi nell’universo delle storie sulle quali sono invitati a riflettere ed a scambiarsi le opinioni. Questi scambi permettono di chiarire il significato dei testi letti e gli effetti che essi producono (tristezza, paura, divertimento, ecc.). In tal modo inizia un lavoro precoce, essenziale, sulla comprensione che potrà passare attraverso le seguenti tappe:
A partire dall’attività orale, dai testi e dalle parole conosciute (i nomi degli alunni della classe, le parole conosciute, i titoli delle canzoni più note) e dalle prove di scrittura che esse consentono, i bambini sono portati a capire come funziona il codice alfabetico e come esso consente di leggere e di scrivere. Alla Scuola dell’Infanzia, sono le domande su come scrivere che sollecitano l’interesse per il codice, per l’osservazione della composizione delle parole; si tratta di un approccio quasi sperimentale che conduce i bambini a stabilire dei paragoni fra le parole da cui essi traggono delle rappresentazioni del sistema alfabetico. E’ importante nella Scuola dell’Infanzia assicurare la qualità di quest’ingresso nell’universo della lettura e della scrittura da cui dipende in gran parte la riuscita degli apprendimenti successivi. Quando lasciano la Scuola dell’Infanzia, i bambini devono aver acquisito i mezzi per imparare a leggere; ma anche delle motivazioni per imparare a leggere. E’ proprio il contatto precoce con i libri e con gli altri oggetti di lettura, nella varietà delle situazioni sollecitate dalla lettura stessa, che ne favorisce l’apprendimento. Mentre prosegue l’acculturazione ai testi ed alle storie, inizia un lavoro sistematico sulle tecniche di decodificazione e sulle strategie di comprensione. E’ questo il periodo in cui gli alunni devono apprendere a decodificare, in altre parole a saper analizzare le parole in unità più piccole e fare il lavoro inverso e, perciò, memorizzare le relazioni fra grafemi e fonemi. Questo apprendimento sollecita moltissimo la scrittura, mai dissociata dalla lettura fin dai primi passi in questo universo. E’ anche il periodo in cui essi devono memorizzare la forma ortografica delle parole( e non la forma complessiva, la silhouette o qualche vago indice) per poterle identificare in maniera quasi istantanea. Tale doppio lavoro suppone numerosi allenamenti, sotto forma d’esercizi o di giochi, con dei supporti tradizionali o multimediali. Infine, bisogna che gli alunni siano condotti progressivamente ad affrontare da soli dei veri testi, via via sempre un po’ più complessi. Imparare a capire sembra proprio la chiave per la riuscita di un percorso d’apprendimento della lettura; molto spesso si valuta la comprensione senza averci veramente lavorato. Il lavoro di strutturazione del codice non è affatto terminato anche se, la padronanza del medesimo e la corrispondenza orale/scritto deve essere acquisita nei suoi principi e nelle sue grandi linee. Bisogna approfondire il lavoro sulle strategie di comprensione a partire da testi sempre più lunghi ma anche più complessi. L’integrazione della lettura in tutti i campi d’apprendimento deve condurre gli alunni ad abbattere la resistenza dei cosiddetti testi particolari ( enunciati di problemi di matematica, testi documentari con immagini ed altre rappresentazioni grafiche, sommari di libri, enciclopedie o manuali, ecc.); gli alunni devono imparare a leggere differentemente dei testi differenti. Infine si deve anche lavorare, con la lettura ad alta voce, per renderla fluida, espressiva e, quindi, appropriata.
Fare acquisire il gusto di leggere E’ fin dalla Scuola dell’Infanzia che iniziano sia l’acculturazione sia la costruzione del bagaglio dei libri e/o delle storie letti e/o incontrati. Ogni team d’insegnanti dovrebbe accordarsi sulla definizione di questo bagaglio in modo tale che le stesse storie e le stesse opere siano viste e riviste, e che delle nuove si aggiungano anno dopo anno. Sicuramente, proprio nel periodo della Scuola dell’Infanzia, ogni alunno può costruire su questa base una sorta d’antologia dei testi più graditi fra quelli letti, esemplare di “tesoro personale” che egli porterà con sé e completerà nel corso della sua scolarità. E’ veramente importante che la scuola consenta a ciascuno di scoprire le motivazioni alla lettura; è proprio la pratica regolare della lettura che allena la capacità di leggere agevolmente. L’offerta di lettura deve essere, nel corso della scolarità, molto vasta sia negli oggetti culturali che essa sottende e sia nelle forme materiali che prendono questi oggetti culturali (libri, giornali, riviste, manuali, CD-Rom, Internet, ecc.). Occorre che ogni bambino-lettore faccia delle esperienze variate. La lettura di testi letterari sollecita la soggettività, la sensibilità, la soddisfazione del lettore che è marcato dalla creazione di un universo interno di significati che lo porta a ri-leggere per ri-trovare il piacere. Con gli altri testi, più funzionali o documentali, leggere consente di realizzare un progetto, e quando la lettura avrà consegnato tutte le informazioni contenute nel testo, è del tutto inutile ritornarci salvo a voler confermare una determinata informazione o rifare tale operazione. E’ di tutta evidenza che il criterio della riuscita della lettura non può essere costante in tutti i casi. Occorre, anche, che ogni bambino incontri i libri che corrispondono ai suoi interessi spontanei ma anche che egli possa allargare la gamma di tali interessi. Sovente, attraverso gli scambi di libri fra alunni della stessa classe, fra alunni della stessa scuola, fra alunni ed adulti l’attenzione è focalizzata su ciò che ha appassionato, commosso, turbato altri lettori. La socializzazione di tali sentimenti permette di tessere numerosi legami fra i diversi libri, di far conoscere gli autori, in breve di far costruire delle reti di libri e di lettori più larghe di quelle che ciascuno può intessere da solo. Ancora, la scuola deve considerare che essa ha una gran responsabilità nell’iniziazione ai comportamenti culturali che alcuni bambini non avranno la possibilità di sviluppare in seno alla propria famiglia. I giovani, i bambini in particolare, ed anche gli adulti che non sono mai entrati in una biblioteca, ne sono intimiditi, anche perché non conoscono i codici culturali che vi si praticano. La scuola ha il compito di iniziare a quest’ambiente, dapprima nella biblioteca d’istituto, in seguito anche all’esterno; apprendere la classificazione dei libri, conoscere la differenza fra i generi, sapersi ritrovare nelle collezioni, conoscere degli autori e degli illustratori, ecc. sono dei punti di riferimento che consentiranno di navigare poi nell’universo dei libri sia in biblioteca, sia in libreria, come pure in ambiente virtuale. Iniziata così, la storia del lettore prosegue nei gradi successivi dell’istruzione. Gli apprendisti lettori devono essere sostenuti con gli incoraggiamenti o, nel caso di chi incontra maggiori difficoltà, bisogna saper creare delle situazioni di riuscita. Ma ciò che sostiene sicuramente numerosi alunni nei loro sforzi per saper leggere è la capacità di comprendere, di comprendersi, di costruirsi come persone. Poiché la lettura, lungi dall’essere una tecnologia che consente di sbrigarsela, costituisce un’esperienza complessa e ricca della quale sono privati coloro i quali non sanno leggere. Se l’analfabetismo è un dramma sociale, non dimentichiamo che esso è, innanzi tutto, un dramma personale. |
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