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Il progetto Lingue 2000 di Marinella Muscarà
Premessa Il progetto Lingue 2000 si inserisce nel quadro di riferimento del processo di autonomia intrapreso dalla scuola italiana ormai da parecchi anni e si caratterizza come iniziativa di miglioramento e come esperienza innovativa nel campo dell’apprendimento delle lingue straniere. Il varo del progetto Lingue 2000 è stato possibile grazie alle risorse della legge del 18 dicembre 1997 n.440, che ha istituito il fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa. Lingue 2000 in prima battuta, nell’anno scolastico 1998/99, ha interessato principalmente la scuola media, con la sperimentazione della seconda lingua comunitaria, ed in seguito tutti gli altri ordini di scuola. Con la piena attuazione del progetto, la scuola del nostro Paese ha consolidato il processo di formazione degli studenti italiani in un ottica di costruzione della cittadinanza europea, garantendo la conoscenza di almeno una lingua comunitaria, intesa come strumento privilegiato e diretto per entrare in contatto con la cultura di altri popoli. Siamo ancora però ben lontani dall’aver messo in atto le raccomandazioni de "Il Libro Bianco Insegnare ad apprendere" che indica tra le competenze di base dello studente e del lavoratore la conoscenza di tre lingue comunitarie atte a favorirne e facilitarne la mobilità professionale. Reali invece sono stati il recepimento e la sperimentazione di modalità più opportune per definire processi più efficaci per l’apprendimento delle lingue straniere, in linea con le indicazioni recenti scaturite dalle ricerche e dagli studi condotti in ambito europeo, finalizzati alla ricerca di "un linguaggio comune" per rendere comparabili e trasparenti percorsi, tappe di apprendimento e livelli di competenza raggiunti nell’apprendimento delle lingue europee. Il Quadro comune europeo di riferimento e il Portfolio linguistico europeo sono infatti i documenti che definiscono i descrittori, i livelli di competenza e le modalità di certificazione delle competenze linguistiche acquisite. Il loro utilizzo nella pratica scolastica non deve far pensare a modifiche né di programmi ministeriali né di ordinamenti quanto invece ad una rilettura e ad una declinazione degli stessi, in termini di competenze spendibili e capitalizzabili. Mentre il Quadro comune europeo di riferimento definisce in maniera specifica i descrittori ed i livelli di competenza raggiunti da qualsiasi parlante una lingua straniera, senza però avere la pretesa di essere prescrittivo e di essere utilizzato come un modello unico al quale attenersi scrupolosamente, il Portfolio linguistico europeo serve per chi apprende una lingua straniera, a raccogliere le esperienze personali di apprendimento e le competenze maturate nell’arco della carriera scolastica, le quali possono essere modificate, aggiornate e perfezionate in base al percorso formativo seguito. Gli assi portanti del progetto Lingue 2000 non sono unicamente rappresentati dalla individuazione dei livelli di competenza chiaramente definiti dal Framework e dalla possibilità di ottenerne la relativa certificazione del possesso ma anche:
Inoltre viene sancito il carattere prioritario della lingua inglese come lingua straniera che si configura a tutti gli effetti come prima lingua obbligatoria curricolare a partire dal ciclo primario, come avviene già in alcuni paesi come Danimarca, Paesi Bassi, Grecia, eliminando così la possibilità di scelta demandata al collegio dei docenti che, come prescrive e suggerisce il programma di lingua straniera della scuola elementare del 1985, dovrebbe tenere conto di specifici flussi migratori e turistici e di condizioni storiche di plurilinguismo che caratterizzano il territorio in cui sorge la scuola. Viene previsto che, fin dal primo anno della scuola media, alla lingua inglese si affianchi una seconda lingua e anche nell’ipotesi che l’inglese sia opzionale se ne prevede l’apprendimento come lingua di comunicazione nell’arco della scolarità dell’obbligo.Il D.M. 251/9 agevola l’attuazione del progetto rendendo possibili:
Il monte ore ipotizzato dal Progetto 2000: dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore Prima Lingua straniera
Seconda Lingua straniera
Seconda lingua straniera
Il Quadro comune europeo di riferimento: i livelli di competenza Il Quadro comune europeo di riferimento propone descrittori di competenze/capacità comunicative articolate in tre livelli generali, ognuno dei quali è articolato in due sottolivelli:
Il percorso ipotizzato per la scuola dell’infanzia Recependo i risultati delle ricerche e delle esperienze condotte in campo psicolinguistico e neuroliguistico, che hanno evidenziato come l’età ottimale per apprendere una lingua straniera ricada nel periodo che va dai 4 agli 8 anni grazie alla straordinaria plasticità che il cervello umano possiede in questa fase dello sviluppo, il progetto prevede che tutti i bambini e le bambine di quattro anni abbiano la possibilità di intraprendere i primi contatti con la lingua straniera, attraverso "attività di sensibilizzazione e familiarizzazione ai suoni e ai segni della lingua straniera per la fruizione, produzione e concettualizzazione dei sistemi di rappresentazione riferibili ai diversi tipi di codici"per favorire "lo sviluppo di capacità di base propedeutiche all’acquisizione di competenze pragmatico comunicative da sostenere e potenziare nel primo ciclo della scuola elementare". Il primo approccio alla lingua straniera, che prende avvio nella scuola dell’infanzia, si colloca dunque all’interno di un quadro unitario e continuo dell’apprendimento della lingua straniera. L’avvio si prospetta come fase propedeutica nella quale le mini competenze acquisite saranno in seguito sviluppate e consolidate nella scuola elementare). I bambini svilupperanno quindi capacità di base propedeutiche all’acquisizione di competenze pragmatico-comunicative, attraverso strategie metodologiche che la scuola dell’infanzia riconosce proprie e che si connotano come essenziali per questo ordine di scuola:
Poiché l’apprendimento della lingua straniera non si configura come apprendimento di tipo contenutistico né tanto meno come ambito disciplinare, la sperimentazione del percorso riveste intrinsecamente di carattere trasversale, abbraccia tutti i campi di esperienza contenuti negli Orientamenti ’91 e assume peculiarità tipiche dell’educazione interculturale, della quale tra l’altro il curricolo esplicito della scuola dell’infanzia risulta già fortemente intriso. Il percorso sperimentale prevede 100 ore di insegnamento/apprendimento della lingua straniera, da articolare in moduli flessibili per gruppi di apprendimento non superiori a 15 bambini. I risultati previsti alla fine delle 100 ore, distribuite in un arco temporale che tiene conto delle esigenze di ogni singola scuola, prevede che i bambini conseguano una competenza propedeutica al livello introduttivo elementare A1. La propedeuticità e la capitalizzabilità delle competenze devono essere garantite dal raccordo curricolare unitario con la scuola elementare. La garanzia dell’unitarietà deve essere a sua volta sostenuta dalle competenze possedute dall’insegnante, che in questo caso deve conoscere tanto la metodologia specifica da utilizzare nel processo di insegnamento/apprendimento da attivare nella scuola dell’infanzia, quanto le dimensioni dello sviluppo psicologico, affettivo-relazionale, cognitivo, linguistico e sociale dei bambini di questa fascia di età. A questo proposito, il progetto evidenzia la necessità di attivare percorsi formativi comuni tra gli insegnanti dei due ordini di studi per la condivisione del nuovo modello didattico organizzativo. Il percorso ipotizzato per la scuola elementare Se per la scuola dell’infanzia l’insegnamento della lingua straniera può essere considerato una novità, non lo è certamente per la scuola elementare, dove è stato avviato in modo generalizzato a partire dall’anno scolastico 1992 – 1993. Ma già i programmi del 1985 e la legge di riforma 148 del 1990 avevano istituito formalmente questo insegnamento. Inoltre il programma di lingua straniera, datato appunto 1985, evidenziava la necessità di privilegiare l’approccio comunicativo per facilitare negli alunni della scuola elementare l’apprendimento della lingua straniera. Le indicazioni didattiche, contenute nel programma ministeriale, ponevano a loro volta l’attenzione sullo sviluppo e sul potenziamento di capacità audio-orali. Il successivo D.M. 28 giugno 1991 ha disciplinato la distribuzione oraria settimanale (tre ore in aggiunta alle 27 settimanali), ha determinato la classe d’inizio (la seconda), ha individuato le competenze che l’insegnante di scuola elementare deve possedere per insegnare una lingua straniera , ha differenziato l’insegnante specializzato da quello specialista in base al numero di classi seguite ed al modello di contitolarità e ha disciplinato i corsi di formazione in servizio per il reclutamento degli insegnanti di scuola elementare con contratto a tempo indeterminato disponibili ad insegnare la lingua straniera. Un discorso a parte meriterebbe l’introduzione della cosiddetta prova facoltativa di lingua straniera inserita nei concorsi magistrali. Al di là delle intenzioni positive che evidentemente hanno animato coloro che hanno deciso tale innovazione, non si può non rilevare il carattere del tutto estemporaneo e parziale di tale prova, che non garantisce, per molte e diverse ragioni, né i docenti-candidati né gli alunni. Si tratta di un espediente probabilmente utile ma assolutamente inaffidabile da un punto di vista docimologico. In base al decreto prima citato, nel ciclo della scuola elementare, sono previste nell’arco di un quadriennio circa 400 ore e in un triennio (dalla terza classe alla quinta classe) circa 300 ore in orario curricolare. Il progetto lingua 2000 prevede un totale di 300 ore curricolari di studio della lingua straniera, nell’arco dei 5 anni o su un arco temporale più ridotto individuato dal POF, già a partire dalle prime classi in continuità con la scuola dell’infanzia. L’intento è quello di avviare un processo di consapevolezza della lingua e lo sviluppo delle abilità di comunicazione orale di base su contenuti linguistici precisi, in ambiti legati al vissuto del bambino, enfatizzando particolarmente l’aspetto fonologico e lo sviluppo delle abilità ricettive, relegando l’abilità della scrittura a mero strumento funzionale agli obiettivi specifici di apprendimento. Gli aspetti innovativi del progetto lingue 2000 risiedono nell’aver individuato in termini di competenze finali il raggiungimento del livello introduttivo-elementare, corrispondente alla sigla A1 (a differenza del programma del 1985 che stabilisce genericamente gli obiettivi finali), nell’avere introdotto anche a livello di base l’uso delle tecnologie per l’apprendimento della lingua e nell’avere previsto una articolazione oraria in moduli brevi e flessibili. Ciò per favorire:
Ma più di ogni altra, risulta veramente innovativa per la scuola elementare la possibilità di certificare le competenze raggiunte dagli alunni che completano il percorso delle 300 ore tramite:
Anche se può sembrare precoce certificare le competenze acquisite in lingua straniera dagli alunni di scuola elementare, la possibilità di poterlo fare rientra nell’ottica di rendere capitalizzabili le esperienze di apprendimento accumulate fin dall’inizio della scuola dell’obbligo ed in seguito spendibili lungo tutto l’arco della vita. Bisogna però evidenziare che tali pratiche non devono costituire per l’alunno motivo d’ansia durante il percorso di apprendimento né il mancato raggiungimento della competenza ipotizzata deve configurarsi come sanzionatorio, al contrario può invece essere considerato come un espediente motivante. Livello di competenza comunicativa previsto in
uscita dalla scuola elementare: Comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi basilari tese a soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e gli altri ed è in grado di fare domande e rispondere su particolari personali come dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede. Interagisce in modo semplice purché l’altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a collaborare Il portfolio linguistico per il livello A1: Le schede per l’ autovalutazione Questa lista di controllo può essere utilizzata per effettuare un’autovalutazione e per consentire ad altre persone, per esempio all’insegnante, di valutare le conoscenze linguistiche dell’alunno. È possibile aggiungere – eventualmente anche con l’ausilio dell’insegnante – quello che ulteriormente si è in grado di fare o quello che è importante per l’apprendimento a questo livello.
1. Ascoltare
2. Partecipare a una conversazione
3. Parlare in modo coerente
4. Leggere
5. Scrivere
Repertorio dei descrittori dei livelli di competenze comunicative tratti dai capitoli Attività comunicative - Competenze comunicativo – linguistiche in appendice al quadro comune europeo di riferimento del Consiglio d’Europa – Strasburgo – edizione 98. L’insieme dei descrittori, qui selezionato solo per il livello A1, può essere assunto come una mappa di obiettivi all’interno della quale si possono operare scelte funzionali ai bisogni linguistici per il raggiungimento dello specifico livello. Inoltre essi permettono di individuare con precisione obiettivi di insegnamento definiti come abilità linguistiche verificabili al termine di un percorso didattico e possono costituire una guida alla progettazione dei percorsi modulari. Tabella generale
Tabella generale
Per il livello di competenza A1 sono stati riportati i descrittori relativi alle seguenti attività comunicative e competenze linguistico-comunicative 1. Ricezione
1.1 Ricezione - Ascolto
1.2 RICEZIONE - LETTURA
2. Interazione
2.1 Interazione - Parlato
2.2 Interazione - Scritto
3. Produzione
3.1 Produzione - Orale
3.2 PRODUZIONE - SCRITTO
Competenza linguistico-comunicativa 1. PRAGMATICA
1. LINGUSTICA
L’azione di monitoraggio del Progetto Lingue 2000 nella provincia di Siracusa Il Gruppo Provinciale Lingue del Provveditorato agli studi di Siracusa ha attivato nell’anno scolastico 2000 – 2001 i corsi di formazione in servizio per gli insegnanti di scuola elementare e materna impegnati nelle attività previste dal progetto lingue 2000. I centri risorse territoriali, istituiti in base alle direttive ministeriali, ed individuati nel 13° Istituto Comprensivo di Siracusa e nell’Istituto Tecnico industriale di Augusta, sono stati sede delle attività di formazione. Due sono stati i corsi di formazione istituiti: uno ha accolto i docenti provenienti dall’area nord della provincia di Siracusa nella quale ricadono i comuni di Lentini, Carlentini, Sortino, Francofonte, Melilli, Villasmundo, Augusta e Priolo, mentre l’altro ha previsto la partecipazione dei docenti provenienti dall’area sud della quale fanno parte i comuni di Floridia, Avola, Canicattini Bagni, Noto, Pachino, Rosolini e Siracusa città. Sul piano organizzativo, il percorso formativo di ciascun corso è stato suddiviso in due moduli: un modulo base di 40 ore, da effettuarsi nell’anno scolastico 2000/2001, ed un successivo modulo di approfondimento, da tenersi nel successivo anno scolastico . Il modulo di base, frequentato da circa 51 docenti di scuola elementare della provincia di Siracusa, ha avuto prevalentemente carattere informativo, con specifico riferimento alle innovazioni che si sono registrate nell’insegnamento delle lingue straniere sia in campo nazionale che europeo. In altre parole si è inteso: 1. Fornire, in prima battuta, una conoscenza essenziale dei documenti prodotti in campo nazionale ed europeo 2. Rimandare al successivo modulo l’approfondimento di specifiche tematiche da stabilire in base alle preferenze espresse nei questionari di uscita, somministrati nella giornata di chiusura del modulo base Preliminarmente la docente formatrice ha provveduto ad elaborare un questionario, somministrato a tutti gli iscritti ai corsi, volto ad accertare le conoscenze possedute dai docenti-corsisti in merito ai documenti nazionali ed europei di riferimento per l’insegnamento delle lingue straniere nonché a fornire informazioni rispetto l’organizzazione,le metodologie ed i criteri utilizzati per le attività previste dal progetto Lingue 2000 ed implementate nella propria Istituzione Scolastica, nel precedente anno scolastico. Si è ritenuto che il questionario d’entrata fosse lo strumento di monitoraggio più adatto ad evidenziare quanto delle indicazioni fornite dal progetto Lingue 2000 fosse stato effettivamente tradotto in pratica. Dall’elaborazione dei dati in nostro possesso, forniti dalle insegnanti che hanno partecipato alle iniziative di formazione, sono state ricavate le seguenti informazioni: 1. nell’anno scolastico 2000/2001, circa 3454 alunni della scuola primaria sono stati coinvolti nelle attività del progetto, di cui 600 sono alunni iscritti alla scuola dell’infanzia. In valori percentuali, rispetto al totale degli alunni iscritti alla scuola elementare ed alla scuola dell’infanzia, si tratta rispettivamente del 14,00% (grafico 1) e del 6,70% (Grafico 2) distribuiti in 23 istituti comprensivi e 3 circoli didattici (Grafico 3) della provincia di Siracusa.
Grafico 3 2. 51 sono i docenti di scuola elementare che hanno frequentato i corsi di formazione presso i centri risorse territoriali. Eterogeneo risulta il profilo culturale emerso. Il grafico 4 mostra che il 50% dei docenti ha frequentato il corso di formazione linguistica previsto per gli insegnanti di scuola elementare con contratto a tempo indeterminato
Nessun docente esterno al sistema, compresi quelli di lingua madre, è stato utilizzato nei corsi attivati presso le Istituzioni. Grafico 4 3. Il grafico 5 evidenzia come i corsi attivati nella scuola dell’infanzia siano stati tenuti in maggioranza da insegnanti della scuola elementare e solo in un caso da un’insegnante di scuola materna senza titolo specifico per l’insegnamento della lingua straniera. Ciò può far dedurre come sia estremamente difficile, ancora oggi, trovare nella scuola dell’infanzia, personale specializzato in grado di sperimentare, anche al di fuori delle attività previste dal Progetto Lingue 2000, e quindi in maniera continuativa ed organica, l’insegnamento della lingua straniera. E’ probabile, peraltro, che la situazione si sia ulteriormente aggravata con il passaggio massiccio di insegnanti laureati della scuola dell’infanzia e della stessa scuola elementare (che hanno supportato, come si è visto, la sperimentazione nel segmento infantile) verso la scuola secondaria. Questo vero e proprio esodo è stato provocato da una normativa che in più casi ha penalizzato fortemente i docenti laureati della scuola primaria. Grafico 5 4. Il monte ore effettuato da ogni gruppo d’apprendimento E’ stata registrata un’oscillazione che va da un minimo di 6 ore ad un massimo di 30 ore. Parecchi sono stati i corsi che hanno previsto la durata totale di 6 ore, soprattutto nella scuola dell’infanzia. Ciò fa pensare ad una ingiustificata distribuzione a pioggia che non ha tenuto conto dei criteri organizzativi del Progetto. 5. Il gruppo di apprendimento: numero dei componenti e criteri di formazione Come si è detto prima, una delle innovazioni introdotte dal Progetto Lingue 2000 consiste nell’ aver individuato il numero massimo dei componenti del gruppo di apprendimento (max 15), e di aver stabilito come criterio di formazione di ogni singolo gruppo l’omogeneità dei livelli di competenza per una maggiore fruizione individuale del tempo-parola,una pratica audio-orale intensiva ed un costante monitoraggio del processo di apprendimento Dai dati raccolti risulta che il numero medio di alunni per gruppo è di circa 18, quindi maggiore di tre componenti rispetto al numero indicativo di 15, suggerito dalle indicazioni del Progetto. Si tratta di un valore assoluto di poco rilievo, ma ben più rilevante in termini relativi, poiché la differenza di 3 componenti rappresenta il 20% in più. Per quanto riguarda i criteri di formazione del gruppo di apprendimento, il Grafico 5 mostra che per i gruppi che studiano la lingua inglese in orario curricolare solo il 7% delle insegnanti ha seguito le indicazioni, assumendo come criterio il livello di competenza raggiunto a prescindere dalla classe frequentata e dalla fascia di età. Evidentemente è forte la resistenza che l’impianto organizzativo rigido della scuola (o semplicemente abitudinario), vincolato alla classe scolastica ed alla classe anagrafica, frappone davanti a tentativi di flessibilità volti a favorire i processi di apprendimento degli alunni. Grafico 5 i criteri adottati per la formazione dei gruppi di apprendimento per gli alunni che non hanno mai studiato la lingua straniera sono pressocchè uguali a quelli offerti dalle consuetudini anche se nessuno prevale nettamente sugli altri. Infatti:
6. Fasce orarie in cui sono state svolte le attività Il progetto lingue 2000 non ha fornito indicazioni precise circa la fascia oraria in cui tenere i corsi. Gli insegnanti comunque hanno privilegiato la fascia pomeridiana nel 92,1% dei casi, come mostra il grafico 6, e solo il 7,8% ha operato nella fascia antimeridiana. Più precisamente, tutti i corsi per gli alunni della scuola elementare sono stati tenuti in orario pomeridiano. Invece nella stragrande maggioranza dei casi, tranne per alcune situazioni particolari, i corsi della scuola dell’infanzia sono stati previsti nella fascia antimeridiana. E’ molto probabile (come appare provato dalle correlazioni tra i dati) che ciò sia stato dovuto al fatto che i corsi per la scuola dell’infanzia sono stati tenuti da insegnanti specialisti provenienti dalla scuola elementare che operano su sei o sette classi in orario curricolare e che nella scuola dell’infanzia hanno completato il quadro orario, ovvero hanno dato la disponibilità a prestare servizio nel segmento infantile in ore eccedenti il proprio orario settimanale. Grafico 6 7. Conoscenza degli assi portanti e degli aspetti innovativi caratterizzanti il Progetto Lingue 2000 Va precisato che il questionario d’ingresso è stato compilato dalle insegnanti nella prima giornata d’inizio dei corsi di formazione. Lo sviluppo di tali corsi tuttavia si è collocato temporalmente in un periodo successivo ai corsi attivati presso le istituzioni scolastiche dove gli stessi docenti avevano prestato servizio nell’anno scolastico 2000-2001. I dati risultanti dalla elaborazione dei questionari mettono in evidenza che solo il 4% dei docenti-corsisti possedeva una conoscenza congrua degli aspetti innovativi, introdotti dal Progetto Lingue 2000, nel momento in cui ha progettato quei corsi che avrebbero già dovuto caratterizzarsi diversamente rispetto ai percorsi ordinari di apprendimento delle lingue straniere. Il grafico 7 illustra le conoscenze possedute dai docenti all’atto della progettazione dei percorsi formativi Grafico 7 8. L’organizzazione modulare La modularità, basata fortemente sulla flessibilità, è un altro degli assi portanti del Progetto. L’organizzazione modulare dei percorsi aiuta l’insegnante a definire chiaramente gli obiettivi da raggiungere, declinabili in competenze e verificabili costantemente attraverso i descrittori suggeriti da Quadro europeo di riferimento. Solo il 15,7% dei docenti rivela sufficienti conoscenze sul concetto di modularità contro il 49% che invece mostra di non saperne nulla, come è riportato nel grafico 8. Da ciò si può dedurre come il modello di programmazione adottato dalla maggioranza dei docenti sia stato di tipo lineare. Grafico 8 Questo dato sembra potersi correlare con quelli riportati sul grafico 9, che mostra come il 33% dei docenti abbia adottato uno specifico libro di testo contro il 67% che non l’ha adottato. In realtà, la mancata adozione del libro di testo e l’utilizzo, invece, di altro materiale (schede, fotocopie di altri libri, flash-card, materiale preparato dall’insegnante, videocassette, musicassette) non significa automaticamente che questa congrua fetta di insegnanti abbia adottato programmazioni diverse da quella lineare. Probabilmente un tentativo di programmazione modulare è stato fatto (si pensi al 21,6% dei docenti che hanno del concetto di modularità una conoscenza parziale) ma ove ci sia stato è rimasto comunque un tentativo privo di garanzie di scientificità. Grafico 9 10. Conoscenza dei livelli di competenza e dei descrittori del Quadro comune europeo di riferimenti Abbiamo appena detto che una delle caratteristiche dell’organizzazione modulare è la chiara definizione degli obiettivi di apprendimento. Il progetto indica che le competenze acquisite dagli alunni devono essere spendibili e capitalizzabili. La condizione della spendibilità e della capitalizzabilità delle competenze obbliga il docente a progettare percorsi formativi che tengano conto dei livelli di competenza e dei descrittori contenuti nella scala globale di riferimento del Quadro europeo. Il grafico 10 mette in evidenza che solo il 33% dei docenti conosce tali livelli di competenza ed i descrittori, contro il 66,7% che ne rivela il misconoscimento. Questi dati avvalorano maggiormente la considerazione precedente, cioè che la maggioranza dei docenti ha proceduto secondo la prassi ordinaria nella progettazione dei percorsi. Grafico 10 Tra l’altro i dati mostrati dal grafico 11 possono sembrare apparentemente contraddittori rispetto quelli del grafico 10. In realtà la maggioranza del 59% dei docenti, che ha ipotizzato il raggiungimento di uno specifico livello di competenza, confonde quest’ultimo concetto con quello di "obiettivo da raggiungere". Solo una ristrettissima minoranza, sempre nell’ambito del 59% cui ci stiamo riferendo, sembra avere chiaro il concetto di livello di competenza, come dimostrerà in seguito il grafico relativo alle certificazioni esterne Grafico 11 12. Monitoraggio dei processi di apprendimento "Una sistematica valutazione interna dei processi di apprendimento permette un’efficace possibilità di recupero" ma anche un aggiustamento in itinere dei processi attivati. Il grafico 12 mostra le tipologie di valutazione utilizzate dai docenti. Grafico 12 La diverse tipologie utilizzate per valutare i processi di apprendimento e le competenze acquisite dagli alunni nei percorsi progettati evidenzia quanto variegato sia il significato che viene attribuito al concetto di valutazione tra i docenti. Sarebbe interessante approfondire in seguito perché, e a che serve, verificare solo in itinere o solo nella fase inziale senza prevedere successivamente una valutazione nella fase conclusiva del percorso di apprendimento. 13. La certificazione delle competenze Forse l’aspetto più innovativo del progetto consiste proprio nell’aver introdotto la possibilità di poter certificare le competenze acquisite dagli alunni, anche di quelli che frequentano la scuola elementare, dato che è stato ipotizzato, come già detto, il livello di competenza in uscita A1. Se dai dati mostrati dal grafico 13 si evince che solo il 33% dei docenti ha pensato di certificare le competenze raggiunte dagli alunni, importante rimane il fatto che il concetto di "certificazione" abbia iniziato a circolare anche tra gli insegnanti di scuola elementare, perché costituisce il vero punto di partenza, a mio parere , per la costruzione di reali percorsi di apprendimento continuativo che possono svolgere un ruolo decisivo di raccordo concreto tra i diversi ordini di scuola. La certificazione e il portfolio linguistico sono strumenti reali di continuità didattica e rappresentano "il linguaggio condiviso", necessariamente da condividere e da adottare da parte di tutti gli insegnanti di lingua straniera, se si vuole evitare di cadere nella frammentarietà e nell’improvvisazione della prassi didattica. Grafico 13 Tra gli insegnanti che hanno previsto la certificazione delle competenze acquisite a fine percorso, solo l’8% si è rivolto agli Enti di certificazione esterna, riconosciuti in Europa. Il rimanente 26% invece ha fatto ricorso a forme di certificazione interna senza però utilizzare standard condivisi né materiali in linea con quelli forniti ed utilizzati dagli Enti certificatori accreditati. Non è questa la sede per sviluppare un discorso sulle differenze significative che distinguono, non soltanto dal punto di vista contenutistico, le certificazioni interne da quelle esterne. Si può comunque ipotizzare che la certificazione interna rilasciata dalle istituzioni sia assimilabile ad un semplice attestato di partecipazione ai corsi attivati. Grafico 14 15. Lo sviluppo delle abilità di comunicazione orale Non sono sorprendenti i dati illustrati dal grafico 16, relativamente alle abilità che sono state consolidate durante i percorsi di apprendimento:l’80% dei docenti ha privilegiato le abilità dell’ascolto e del parlato. Ciò a prescindere dalle indicazioni del Progetto, che raccomanda lo sviluppo delle abilità di comunicazione orale di base su contenuti linguistici precisi legati al vissuto del bambino. Le indicazioni didattiche contenute nel programma d’insegnamento di lingua straniera del 1985 per la scuola elementare suggeriscono già il potenziamento delle abilità audio orali. Considerato che tutti i corsi sono stati tenuti da docenti specializzati di scuola elementare, preoccupante sarebbe stata una rilevazione che avesse fornito elementi opposti a quelli illustrati. Grafico 16 16.L’utilizzo di nuove tecnologie Pur essendo l’utilizzo delle nuove tecnologie presentato come uno dei tre assi di innovazione per la scuola elementare, siamo ancora ben lontani da una situazione in cui i docenti adottino ordinariamente il computer nel processo di apprendimento delle lingue straniere. Infatti l’80% ha dichiarato di non averne fatto uso, mentre il restante 20% ha utilizzato cd-rom specifici e programmi di videoscrittura e grafica. Potrebbe essere interessante approfondire in seguito le cause della mancata diffusione delle tecnologie informatiche e multimediali, verificare ad esempio se ciò dipende da una mancanza o da un’insufficienza di spazi attrezzati a laboratori linguistico-multimediali nelle Istituzioni scolastiche oppure se buona parte di quell’80% dei docenti (che non ha fatto uso di tecnologie basate sul computer) non è in effetti in possesso di competenze informatiche. Grafico 17 17. Il Portfolio Linguistico Un portfolio (o portafoglio di competenze) è un documento personalizzato di proprietà dell’alunno. E’ la testimonianza del suo itinerario di apprendimento, dei suoi sforzi, delle sue acquisizioni, dei suoi diplomi ma anche delle sue esperienze personali e delle sue realizzazioni. L’insegnante aiuta l’alunno a mantenere aggiornato il portfolio che gli permette di partecipare in modo cosciente ed attivo al suo apprendimento e a valorizzare tutto ciò che contribuisce ad arricchirlo e a diversificarlo. Il portfolio non sostituisce le attività di apprendimento ma le accompagna con lo scopo di: - incoraggiare il plurilinguismo e lo sviluppo interculturale degli alunni - semplificare il riconoscimento delle competenze in lingue - facilitare il passaggio da una scuola ad un’altra Il portfolio non deve in alcun caso trasformarsi in uno strumento di controllo, di valutazione o di selezione. Vanno a questo proposito rispettati tutte le indicazioni e i documenti personali che l’alunno potrà inserirvi. Poiché il Portfolio si configura come strumento privilegiato di raccordo tra i diversi ordini di scuola, si è ritenuto necessario monitorare quali conoscenze le insegnanti possedessero su tale strumento. I grafici seguenti rivelano che sebbene il 58,9% dichiara di conoscere il Portfolio, solo il 27,4% mostra di potere essere in grado di utilizzarlo correttamente. Tra le descrizioni distorte del concetto di portfolio linguistico, la più comune e preoccupante è quella che considera il Portfolio sia uno strumento che certificherebbe le competenze del docente e non quelle dell’alunno Grafico 17 Grafico 18 18. Il Gruppo Lingue Unitario ed il Centro Risorse Territoriale Provinciale Le circolari a supporto della realizzazione del Progetto hanno istituito i Gruppi Lingue Unitari, composti dai docenti formatori per i diversi ordini di scuola, dal referente provinciale per il Progetto e dagli ispettori tecnici. In realtà i G.L.U. hanno sostituito gli ex Gruppi Provinciali Lingue straniere, già esistenti dal 1997 presso i Provveditorati, trovando però tra i componenti anche i docenti formatori degli altri ordini di scuola. Il centro risorse territoriale è menzionato esplicitamente nel Progetto e si configura come luogo di formazione per i docenti e come sede di socializzazione delle esperienze. Aver richiesto ai docenti di dichiarare il grado di conoscenza sull’esistenza ed i compiti sia del Gruppo Lingue Unitario che del Centro risorse territoriale, è servito a comprendere quale percezione avessero delle possibilità offerte dal territorio. I grafici a seguire evidenziano che solo il 13,8% dei docenti conosce quali i siano i compiti del G.L.U., mentre il 25,5% conosce le opportunità offerte dal Centro Risorse Territoriali. Sarà importante ed utile, in seguito, rilevare anche in quale misura i docenti abbiano usufruito dei servizi offerti dal Centro. Grafico 19 Grafico 20 Grafico 21 Considerazioni Come è noto, oltre agli sviluppi effettivi ed al relativo monitoraggio in itinere, due sono i pilastri su cui si costruisce un progetto innovativo:
A questp proposito, il Progetto Lingue 2000 presenta indubbiamente caratteristiche innovative in quanto introduce elementi che lo differenziano dalla prassi ordinaria dell’insegnamento delle lingue straniere. L’azione di monitoraggio, intrapresa attraverso la somministrazione dei questionari d’ingresso, ha inteso soddisfare i seguenti obiettivi:
Questa procedura ha permesso di dare vita ad una fase di autovalutazione e di confronto tra gli stessi docenti, il cui inserimento nel percorso formativo è di fondamentale importanza. Infatti, i risultati scaturiti dall’elaborazione dei dati sono stati commentati in questa fase per colmare un vuoto d’informazione, per approfondire e meglio definire conoscenze già possedute. Lontana è stata ed è l’idea di utilizzare i risultati per esprimere giudizi qualitativi sulle modalità progettuali ed organizzative adottate dalle insegnanti. Il questionario proposto ha permesso di ricavare informazioni circa:
Leggendo l’insieme dei dati analizzati salta subito all’occhio che nella maggioranza dei casi è mancata, precedentemente all’attivazione dei corsi, la fase preparatoria, prima indicata come uno dei pilastri su cui viene costruito un progetto innovativo. Intendo con ciò richiamare la significativa percentuale di docenti che:
Se poi aggiungiamo anche che variegate sono risultate le modalità di valutazione, distorte o assenti le definizioni del concetto di modularità e della conoscenza del portfolio linguistico e che fortemente differenziato è stato il monte ore destinato ad ogni singolo corso (che ha registrato una oscillazione che va da un minimo di 6 ore [ !?] fino ad un massimo di 30 ore), si può facilmente affermare che i corsi attivati hanno avuto poco o niente in comune con il Progetto ma hanno solamente condiviso tra loro la pretesa di essere stati "considerati corsi del progetto Lingue 2000". E’ quindi venuta a mancare da un punto di vista critico - se si vuole anche autocritico - la condivisione dei presupposti di base, dei linguaggi per capire e farsi capire, dei dati da sviluppare, dei criteri da utilizzare e degli obiettivi da raggiungere, cioè sono risultate assenti quelle variabili che rappresentano l’ancoraggio sicuro ed affidabile al modello proposto dal Progetto L’invito alla lettura e alla riflessione sugli esiti del monitoraggio non è pertanto rivolto solo ai docenti che insegnano lingua straniera ma anche, o forse soprattutto, ai dirigenti scolastici. Ma l’elemento più significativo da evidenziare, e da tenere fortemente in considerazione dato che dà origine alle situazioni citate, è senza dubbio quello che ha rilevato la mancanza d’informazione. Tale deficit pone in secondo piano i risultati del monitoraggio sulle stesse attività del Progetto, ipotizzando che se fosse stata invece prevista avrebbe probabilmente potuto ovviare ai numerosi punti di debolezza rilevati a posteriori. Ciò che abbiamo detto induce a pensare che, se la fase dell’informazione, che coincide con la fase preparatoria di qualunque progetto innovativo in cui più attori sono coinvolti, non è stata prevista, l’informazione stessa non deve essere stata ritenuta una risorsa essenziale, ma solo una noiosa e forse inutile procedura burocratica. Se misuriamo lo scarto tra i risultati del monitoraggio ed il modello delineato dal Progetto Lingue 2000, ci rendiamo conto che gli elementi innovativi trovano una collocazione marginale rispetto le procedure abitudinarie. Probabilmente, poiché il sistema scolastico non è mai stato facilmente permeabile da interventi innovativi, l’autoreferenzialità tipica di questa realtà ha prodotto nel tempo grossi ostacoli culturali sia tra i docenti che tra i dirigenti scolastici. In realtà, attivare percorsi innovativi significa anche accantonare le proprie certezze e i propri punti di riferimento consolidati nel tempo. Ciò comporta l’assunzione di scelte che richiedono uno spostamento a 180° dei nostri punti di vista. Certo, non mancano le difficoltà materiali, rappresentate nel nostro caso ad esempio dalla carenza di personale specializzato nella scuola dell’infanzia - a cui a tutt’oggi il MIUR non ha fornito soluzioni concrete per risolvere il problema dell’insegnamento precoce della lingua straniera – e dalla mancata introduzione delle tecnologie informatiche nelle attività didattiche ordinarie. Infatti l’uso del computer nella scuola primaria non si può considerare ancora prassi ordinaria, nonostante sin dal 1997 il MIUR abbia avviato un massiccio investimento per l’alfabetizzazione informatica, inizialmente del personale e poi degli alunni. Ciò non sorprende se pensiamo che a distanza di circa 25 anni il concetto di classi aperte, introdotto come elemento innovativo nel lontano 1977 dalla legge 517, non è riuscito ad attecchire nel suo significato primario, quello appunto di superare la rigida distribuzone degli alunni in classi chiuse in base al criterio dell’età Il Progetto Lingue 2000 presenta l’organizzazione a classi aperte come lo strumento privilegiato per assicurare l’acquisizione di competenze reali - a partire dai bisogni individuali degli alunni - e lo sviluppo massimo delle potenzialità di ciascuno. D’altra parte, non è possibile garantire l’acquisizione di competenze se non si utilizza come criterio di composizione dei gruppi di apprendimento il livello di competenza iniziale posseduto dall’alunno a prescindere dall’età e dalla classe di appartenenza. In sintesi, dai risultati del monitoraggio effettuato, si evince che il concetto di classe aperta non coincide tanto con la composizione dei gruppi di apprendimento in base ai livelli di competenza iniziali, quanto invece con la composizione dei gruppi di apprendimento per fascia d’età omogenea. Come dire che assumere come criterio di composizione dei gruppi di apprendimento il livello di competenza iniziale di ogni alunno causerebbe il rischio di effettuare scelte discriminatorie!?! Eppure la scuola dell’autonomia, che deve garantire il pieno successo formativo di ogni persona, dovrebbe essere già pronta a recepire ed utilizzare questo criterio e anzi dovrebbe dimostrare di utilizzarlo già come criterio di base per tutte quelle attività di potenziamento e/o recupero pubblicizzate nel P.O.F. Ulteriore dimostrazione di scarsa flessibilità la ritroviamo anche nella collocazione pomeridiana di un’altissima percentuale dei corsi istituiti. In realtà i corsi del Progetto Lingue 2000, pubblicizzati nei vari P.O.F. sono serviti probabilmente ad "arricchire" l’offerta formativa di ogni singolo Istituto, hanno costituito "un’attrattiva" per i genitori che hanno scelto di iscrivere i propri figli presso quel determinato Istituto, saranno stati anche utilizzati come stimolo per far permanere i bambini della scuola dell’infanzia anche nel pomeriggio e quindi come deterrente ad un calo di presenze in questa fascia oraria, ma certamente non possono configurarsi come corsi innovativi per l’apprendimento delle lingue straniere, almeno nella maggior parte dei casi analizzati. Alla luce di quanto sopra considerato, e per non ricadere in futuro in situazioni che possono anche definirsi arbitrarie, sembra opportuno ipotizzare assetti organizzativi interni alle istituzioni scolastiche che prevedano la figura di un docente referente, non necessariamente da far coincidere con il docente incaricato della funzione obiettivo. Tale figura dovrebbe avere il compito primario di: realizzato valutare con gli altri attori coinvolti nel progetto i punti deboli e i punti di forza del percorso disseminare il modello come best practice gestire i rapporti con l’esterno in quanto figura specializzata nel settore L’istituzione di questo tipo di figura interna al sistema, la cui caratteristica è la forte specializzazione nel settore, garantirebbe la competenza tecnica nell’azione innovativa e faciliterebbe le procedure di valutazione in sede collegiale, nonché il compito di supervisor del dirigente scolastico (che in ogni caso rimane il garante del complesso delle attività svolte nell’Istituzione Scolastica). Fonti utilizzate:
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