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Missione e organizzazione di
Gabriele Boselli, consigliere CNPI
Perché i tagli
sono necessari Un’evasione
fiscale e contributiva unica al mondo, specie nel commercio e nel lavoro
autonomo porta la percentuale di reddito in generale sottratta al fisco
al 66 % al Sud, ma anche a un robusto 35% al Nord. Se consideriamo che
quasi tutto il lavoro dipendente paga le tasse al 100 %, si può capire
quanto paghino gli altri. Aggiungiamoci ora un forte aumento delle spese
militari per la guerra di Libia, intrapresa esattamente un secolo dopo
la prima. Tutto ciò costringe ormai a tagliare nei servizi sociali anche
l’indispensabile. Per giunta. le
difficoltà create dall’evasione fiscale accendono tensioni e dispute
all’interno stesso delle istituzioni educative. Siamo in meno, abbiamo
meno soldi e che facciamo? In qualche caso colpevolizziamo a turno i
presidi, i docenti, i DSGA, i provveditori e non quelli che
“impercipienti” o quasi, con i soldi sottratti al fisco se la passano
alla grande. A questo punto,
i tagli al bilancio sono un’amara necessità: se non avvenissero, dato
che non si possono ottenere le leggi necessarie a riscuotere le tasse,
non ci sarebbero i soldi per gli stipendi. Il maggior
impegno come unico rimedio Intanto il
numero e la complessità sociale ed etnica degli alunni cresce e così
pure le pretese dei genitori, convinti dal sistema informativo che gli
statali siano una massa di vagabondi e che metterli alla frusta (legge
Brunetta) sia la soluzione di tutto. Ad esempio
nella questione del come decidere e organizzarsi: i presidi, pardon,
dirigenti-managers possono da soli fare e disfare oppure ci sono ancora
tradizioni e leggi che difendano i docenti, pardon, come loro li
chiamano, i dipendenti? Soprattutto esiste anche da noi, come in tutti i
paesi culturalmente avanzati, una teoria culturale e pedagogica che vede
in quello docente, dalla scuola dell’infanzia all’università, un ruolo
caratterizzato da autonomia professionale e soggetto solo alla Legge e
alla Scienza? E in chi insegna –secondo l’insegnamento gentiliano- un
soggetto del magistero (magis-stratus), posto sopra? Organizzarsi
secondo un fine, superando i formalismi giuridici La delicata
questione dell’organizzazione della scuola, dei suoi flussi comunicativi
e dei suoi snodi decisionali sembra recentemente decaduta a mera
problematica di sopravvivenza spiritualmente neutra ovvero a
regolamentazione giuridica dell’attività del personale e del suo
dispositivo di applicazione. Come se tutta l’organizzazione della vita
di una istituzione che ha per fine l’orientamento dei giovani al
compimento di sè in sintonia con i saperi e la formazione di un pensiero che li disponga a un felice
infuturarsi potesse esser demandata alle circolari ministeriali e alle
sentenze dei giudici del lavoro. A tener campo
nel dibattito non sono purtroppo le ragioni d’essere essenziali
dell’istituzione, né le qualità culturali e umane dei dirigenti
scolastici che possono esser spese, né il lavoro intellettuale e
l’intenzionalità pedagogica e didattica del Collegio dei docenti.
Come recentemente si rilevava su questa stessa rivista on line, contano
invece –ad esempio- la
Circolare n° 7 del 13 maggio 2010
della Funzione pubblica, che tratta come può materie assai eterogenee
come pure la nota n° 1438 del 27 gennaio
2011 del Direttore del personale MIUR che richiama alla
specificità istituzionale dell’organizzazione e alla contrattualistica
nelle scuole. Conta la
sentenza n. 3553 del 22 marzo 2011 di Catanzaro, sentenza che mi sembra
svalorizzare parti del contratto
essenziali agli effetti della missione della scuola. Conta quella
contrastante di Bologna, la
n° 14 del 21 marzo 2011, che riconosce come qualsiasi decisione che
abbia rilievo sull’attività dei docenti debba vedere la loro attiva
partecipazione. Conta ciò che culturalmente e pedagogicamente non vale.
Scuola come organismo vivente Io sono un maestro elementare che ha avuto la ventura di fare l’ispettore per gran parte della sua vita professionale e per qualche anno continuerà. Sono ispettore e dunque cerco di vedere; di vedere le cose soprattutto in vista dei loro orizzonti di valore e senso. Scorgo al momento il pericolo che fondando tutto sulle tematiche giuridiche, l’organizzazione della scuola nel tempo della miseria diventi simile a quella di un ufficio anagrafe o dei magazzini comunali. Luoghi, Gogol e chi li abita casualmente mi perdonino, di anime morte.La scuola, invece, è affamata e in alcuni casi ferita ma tuttora viva; rispetta le leggi, le circolari e le sentenze ma ciò che la anima e innerva il suo organizzarsi è altro. Perché la scuola è cultura, è lo spirito. E lo spirito è vento. Vento che attraverso la voce dei docenti/Maestri innescherà nuovi eventi di pensiero. Influiscono sull'organizzazione le persone che si incontrano, i luoghi che si attraversano, gli spazi che si occupano; in questo intreccio, in questa relazione tra le parti pluralmente si costruisce e s'inventa l'organizzazione. Ciò che è da temere, oggi nella scuola come nella vita del resto della polis, è la quotidianità senza senso, l’indifferenza etica, la passività intellettuale, l’atteggiamento di avversità pregiudiziale come di applicazione acritica. E per quanto concerne le dinamiche organizzative è da evitare il rifugiarsi nel bunker delle citazioni della normativa, dei contratti, delle sentenze.
Missione di docenti/Maestri Nelle scuole non insegnano solo professori ma anche molti autentici Maestri. Ciascuno di loro alimenta e condivide secondo la propria storia la vita comune. Sono docenti/Maestri con la maiuscola, portano gli interi (le persone) all’intelligenza e all’amore per l’Intero. E’ l’autoaffermarsi di chi lavora nella scuola non solo come diligenti impiegati ma anche autori dei propri giorni di magistero. Gli ultimi vent’anni di impostazione “manageriale” dei luoghi pedagogici e della conseguente didattica “di servizio” hanno sopra tutto parlato di regole di organizzazione culturalmente insipienti quando non perniciose come –ad esempio- quelle adottate al tempo della moda del bollino blu e della cosiddetta “qualità totale” o per essere precisi totalizzante. Oppure di un’organizzazione tutta dettata da norme amministrative. Dobbiamo ricominciare (in Romagna lo si fa da tempo) a parlare del Maestro e dell’insegnamento, del volto e del messaggio di chi in modo più maturo del bambino o dell’adolescente si è confrontato con la conoscenza. La scuola dei Maestri insegna a conoscere avendo in vista non il successo ma la verità; invita a pensare le cose indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo; pensa il mondo di quando chi oggi ha quindici anni ne avrà trenta e più. Le conoscenze essenziali –saperi di libertà- valorizzano le diversità e le differenze, le sole competenze –quando anche fossero apprese- darebbero a tutti qualcosa che é estraneo a ciascuno. Ma il conoscere precede e fonda qualsiasi organizzazione scolastica il primum –anche organizzativo- è nel mettersi insieme in vista di comuni finalità di ricerca culturale e didattica.
Conclusione L’organizzazione è per la scuola e la scuola è vita, vita dello spirito. Non può sussistere solo barcamenandosi con delle regolette, per sopravvivere. Né l’esistenza di una scuola può essere finalizzata prevalentemente al rispetto di aliene prassi organizzative pensate per altri contesti professionali. A mio avviso, e ancor più in tempo di vacche magrissime e, con le ulteriori riduzioni del 7% del PIL che si prospettano di qui al 2014 quasi da India antica, qualsiasi organizzazione e ogni prestazione del personale devono essere finalizzate alla missione che Hegel e Gentile, ma pure Gramsci, indicano alla scuola: fare che le idee divengano mondo, che la ragione divenga realtà. Questo non sarà ciò che conta, ma è certamente ciò che vale. |
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