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Qualche chiarimento va subito fatto per liberare la questione dagli equivoci: 1) la differenza sostanziale tra culto e cultura, 2) la differenza sostanziale tra identificazione e identità, 3) la differenza sostanziale tra la disciplina religione e conoscenza dei fatti religiosi 4) la differenza sostanziale tra materia obbligatoria e facoltativa e conseguente collocazione dentro o fuori dell’orario obbligatorio 5) la differenza sostanziale, tra separazione ed interazione-integrazione, inclusione od esclusione.
Mi propongo di essere sintetica ma non so se ci riuscirò: - per quanto attiene la prima differenza la revisione del Concordato e la successiva Intesa hanno previsto in modo inconfutabile il carattere culturale della disciplina religione e l’esclusione degli atti di culto (preghiere, messe, benedizioni, ecc durante l’orario scolastico)
- per quanto attiene la seconda differenza bisogna far ricorso alla psicologia che individua l’identificazione come un percorso accompagnato da “sono come…” e che sostiene il primo nucleo della crescita personale, ed un secondo momento che invece apre all’identità vera e propria “non sono come…”.Anche l’identità sessuale obbedisce a questo processo : identificazione con lo stesso sesso e differenziazione dal sesso opposto. E.Erikson afferma che l’acquisizione di un’identità, sia sociale che psicologica che religiosa, sia un processo complesso che comporta una definizione per somiglianza con certuni e per differenza con altri. L’identificazione è un processo più debole perché dettato dalla dipendenza e dalla ricerca dell’assimilazione, l’identità invece implica una maturazione più solida e consapevole, in grado di argomentare i motivi della posizione assunta. Vogliamo un risultato solido, in grado di reggere agli urti della cultura post-moderna oppure una assimilazione identificatoria, prodotto inconsapevole dell’etnocentrismo culturale?
- se questa è la base della maturazione dell’identità nessuno dovrebbe opporsi alla inclusione, tra le materie obbligatorie per tutti, di una disciplina che solleciti la conoscenza delle principali religioni (le tre grandi monoteiste ma anche quelle principali del mondo indiano e cinese) che potrebbe andare sotto la denominazione di “conoscenza dei fatti religiosi”, come aveva previsto in un primo tempo la commissione incaricata di realizzare i Nuovi Programmi per la scuola elementare (1982-84), ma che dopo la cosiddetta “notte dei lunghi coltelli” ha dovuto, a maggioranza, cedere il passo a ”religione” con i conflitti successivi che tutti conosciamo. L’ignoranza da parte di tutti noi per quanto attiene le altre religioni è abissale ed in una società multietnica e multiculturale sottovalutare questo aspetto è colpevole oltreché stupido, nonché rischioso nei confronti della creazione di un terreno facilmente occupabile dai vecchi e nuovi fondamentalismi. Soltanto chi persegue il proselitismo può temere il confronto ma allora non si parli di identità ma soltanto di identificazione . Questa posizione è anche di chi crede di essere aperto e democratico se propone l’ora di religione musulmana , fra l’altro giusto perché non venga toccata la piega e il peso che ha oggi la religione cattolica nella scuola! Ricordo che la scuola è un’istituzione laica dello Stato come prevede la nostra Costituzione!!! e non "a disposizione” del ministro Gelmini che a parole dice di rispettare la Costituzione ma con i fatti sembrerebbe di no. Dico sembrerebbe in quanto si legge che vorrebbe (è vero?) addirittura che fosse assegnato al posto del giudizio un voto, con cui fare media, a chi sceglie facoltativamente di frequentare l’ora di religione… A chi, rispetto alla proposta di Urso, si lancia in elucubrazioni sia per dire sì come per dire no, dico che sfuggono alcuni importanti distinzioni che qui ho provato a dipanare C’è poi chi ha preso le distanze non nel merito ma nel metodo , impantanandosi poi nella dimostrazione della non realizzabilità di tale proposta, come fa Messori oggi nel Corriere della sera. Messori, che io stimo molto, altre volte ha dimostrato equilibrio ed attenzione alla laicità della scuola ma oggi, sempre secondo me, ha sbagliato il tiro.
- per la questione dell’orario è presto detto: come si fa a sostenere che una disciplina facoltativa, i cui programmi sono realizzati non dallo Stato italiano ma dalla Cei, che quindi non riguarda, come tutti i programmi scolastici, l’ambito della conoscenza ma quello delle scelte confessionali, e quindi attiene ai dati sensibili, venga lasciata dentro all’orario obbligatorio delle lezioni? Non mi si venga a dire che si tratta solo di cultura religiosa aconfessionale (perché allora i docenti devono avere l’approvazione del vicario diocesano?) Nessuno si è posto la questione della disparità di trattamento nei confronti di chi non si avvale? E non mi si venga a dire che ci sono le attività alternative, attività quasi subito svalorizzate , ridotte a qualcosa di insignificante o addirittura sparite senza che nessuno invochi più la par condicio come è avvenuto, nel senso contrario però all’inizio, (vedi la circolare ministeriale che negli anni successivi alla revisione del concordato diffidava dall’assegnare queste attività a docenti della classe per timore che gli studenti che le sceglievano venissero avvantaggiati rispetto a quelli che avevano invece optato per la religione cattolica, dimenticando che alla scuola elementare spesso erano gli stessi insegnanti di classe che con il benestare della Curia potevano farlo, senza che nessuno gridasse che non c’era par condicio!!!) Il problema grosso consiste nel fatto che è stato addirittura il Consiglio di Stato, con una decisione come spesso avviene prona ai voleri del governo di turno, a sua volta timoroso del Vaticano, (nessuno si salva!), a legittimare la scelta di tenere dentro all’orario obbligatorio questa disciplina facoltativa. Secondo me sta qui il bubbone ma si capisce che ciò tocca interessi macroscopici di potere economico e di consenso politico. Se fin dall’inizio si fosse presa la decisione onesta : conoscenza dei fatti religiosi, obbligatoria per tutti nell’orario curricolare, e scelta invece facoltativa sui relativi programmi confessionali fuori dall’orario obbligatorio, oggi potremmo parlare con più serenità dell’opportunità o meno di garantire anche altre confessioni religiose , all’interno della scuola pubblica statale. Ricordiamo che la garanzia di mantenere l’opportunità dell’insegnamento della religione cattolica, f a c o l t a t i va nelle scuole statali italiane è nei Patti Lateranensi, revisionati nel 1984, dove però non si parla di collocazione oraria..
- l’ultima riflessione riguarda l’alibi dell’integrazione..Chi per avvalorare la bontà di creare un’ulteriore separatezza a scuola: cattolici da una parte, musulmani da un’altra, agnostici o altre religioni nei corridoi, invoca l’integrazione o è in malafede oppure ignora appunto cosa avviene a scuola. Noi sappiamo che l’integrazione avviene solo attraverso l’i n t e r a z i o n e che offre l’opportunità della conoscenza reciproca per mezzo del confronto che rivela aspetti che accomunano e aspetti che differenziano. Solo la conoscenza dissipa il pregiudizio e il timore: i veri nemici dell’ integrazione. Se invece di far capire all’interno della comunità di apprendimento che la spinta religiosa accomuna l’uomo nel tempo e nello spazio, sia pur approdando a fedi diverse oppure ad agnosticismi diversi, si separano i ragazzi togliendo loro tutte le opportunità di interazione in questo campo- che sembra ancora una volta nel mondo il maggiore argomento di inconciliabile divisione e scontro- che avvenire prepariamo ai nostri ragazzi che abiteranno un futuro, che almeno io auspico, diverso e migliore del nostro? |
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