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Pedagogia dell’arroganza e dell’opportunismo di Stefano Stefanel
Ogni stagione ha la sua pedagogia e ogni stagione ha la sua arroganza e il suo opportunismo. Il Gruppo di lavoro di Giuseppe Bertagna e quello dell’Università di Bergamo (Bertagna, Puricelli, Vaj, Cannarozzo, ecc.) che ha lavorato sull’applicazione della Riforma, integrati dall’intelligenza e dalla cultura di Silvano Tagliagambe, hanno licenziato uno esempio molto profondo di “arroganza” ed “opportunismo” pedagogico. Delegati dal Ministro Letizia Moratti hanno cavalcato lo Zeitgeist (spirito del tempo) dell’era berlusconiana e hanno confezionato uno studio preparatorio alla Riforma e documenti successivi a questa che la spiegavano e la interpretavano, prediligendo solo una parte del possibile spettro pedagogico. Inoltre hanno messo in circolo troppi strumenti complicati e farraginosi, che si sono infranti anche davanti alla buona predisposizione delle scuole. La Riforma Moratti è nata debole anche nelle sue parti migliori e le grandi migrazioni dal pensiero europeo di Edgar Morin, di Edgar Faure, di Jacques Delors e dal pensiero anglosassone di Jerome Bruner e Howard Gardner a quello italiano sono state oggettivamente limitate dall’avere queste come unico “garante” scientifico un centro universitario periferico e “provinciale” come l’Università di Bergamo. Messa alla prova la Riforma Moratti assomma però ad elementi imbarazzanti quali i troppi e troppo contenutistici e disciplinari Obiettivi Specifici di apprendimento, un Profilo Educativo Culturale e Professionale vago e pretestuoso con quel concetto di “professionale” che dovrebbe accompagnare la vita di un bambino dai 6 anni in poi, uno stridore tra richieste di trandisciplinarietà e classi di concorso cristallizzate, ad elementi che vanno al cuore del problema della scuola italiana, come lo spostamento dell’attenzione dall’insegnamento all’apprendimento, come la nascita di un ragionamento sui Livelli essenziali delle prestazioni e sugli Obiettivi Formativi, come l’introduzione della figura del Tutor essenziale per una nuova didattica ma davanti a cui la scuola italiana si è dimostrata completamente impreparata, come la messa in discussione di un compromesso tra buone pratiche e vecchie visioni, come l’introduzione del Portfolio e l’azzeramento della valutazione tradizionale e a-scientifica della scuola italiana. Forse, però, il merito maggiore dell’”arroganza” morattiana sta nell’aver dimostrato che i Programmi dalle Scuole dell’Infanzia (Orientamenti del 1991) alle Superiori (che hanno origini gentiliane) passando per quelli delle elementari (Programmi del 1985) e medie (Nuovi Programmi del 1979) sono datati, fuori dal tempo e rispondono forse alle esigenze degli insegnanti, ma non a quelle degli studenti, che dovrebbero apprendere se non qualcosa di utile almeno qualcosa di interessante (India, Cina, Internet, Tic, problem solving, cittadinanza, pari opportunità, multiculturalismo, ecc. dove sono in quei Programmi?) . Il Regolamento dell’autonomia, “testo sacro” del mondo della scuola, classe 1999, ha messo l’accento sulla Ricerca e sull’Innovazione delle scuole, sulla nascita di Curricoli che non siano Programmi, sull’assegnazione allo Stato della definizione di soli Obiettivi specifici di apprendimento e su tutto quello che servirebbe per svecchiare, approfondire, studiare. Il Ministro Berlinguer aveva pienamente compreso come solo una revisione della pedagogia, che partisse dalle scuole autonome, avrebbe potuto togliere la scuola italiana dall’imbuto in cui si stava andando a cacciare per permetterle di perseguire quel “successo formativo” che sta alla base di ogni scuola europea che si rispetti. Il suo successore Tullio De Mauro era stato impietoso nel disegnare una scuola italiana capace di avvitarsi nella difesa dei suoi privilegi e della sua storia e non attenta alle esigenze dei ragazzi e delle famiglie (La cultura degli italiani, Laterza, Bari 2004). Ma quel DPR 275/99 faceva un’altra cosa: al Titolo III, Capo I, art. 17 (Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate) cancellava, tra gli altri, i seguenti articoli del D.lgs 297/94: Ø Art. 123 – Programmi didattici (della scuola elementare) Ø Art. 124 – Verifica e aggiornamento dei programmi didattici (della scuola elementare) Ø Art. 165 – Piani di studi (scuola media) Ø Art. 166 – Programmi e orari di insegnamento (scuola media) E’ ovvio che ci sarà sempre un giudice (non a Berlino, ma al Tar del Lazio o a quello di Bari o di Bolzano) che spiegherà come quell’abrogazione mantenesse in vigore i Vecchi Programmi fino all’emanazione degli Osa ministeriali e che poiché gli Osa stanno nelle Indicazioni nazionali eliminate quelle si elimina tutto il resto e si ritorna ai Vecchi Programmi. Ma è altrettanto ovvio che con i Legulei e gli Azzeccagarbugli non si fa niente di utile e di nuovo, neppure se si è di sinistra e si ha la verità in tasca (Iosa, Tiriticco, De Anna e tutta la coda che si sta formando ora). L’arroganza della destra governativa e pedagogica ha tagliato fuori chi voleva lavorare seriamente e non accettava i preconcetti sindacali, ma neppure parte dell’impostazione familistica e spezzettata della Riforma Moratti. Ora l’arroganza della sinistra si appresta a fare piazza pulita di quello che giudica dannoso e inutile, dall’alto delle sue certezze, arroganti e opportuniste come le precedenti e che non intende mettere a dibattito. Chi è disponibile a lavorare lo farà come sempre da solo, magari ricevendo sberleffi perché ha applicato la Riforma Moratti nella scuola che dirige e ora per applicare la “distruzione” della Riforma Moratti deve fare i salti mortali (o buttare 750 Portfolio nel cassonetto della raccolta differenziata, con tutti i lavori selezionati degli alunni e le osservazioni delle famiglie). Un piccolo avvertimento noi Dirigenti scolastici studiosi e studenti, ottimisti e combattivi, sinceri e trasparenti (le iscrizioni sono aperte) lo mandiamo: dovete convincerci, non minacciarci. La pedagogia arrogante e opportunista della destra non ci ha sconvolto la vita e non ha sconvolto la vita delle scuole in cui lavoriamo. La pedagogia arrogante e opportunista della sinistra che sta avanzando non ci farà cambiare atteggiamento. Non faremo la fine di Banquo, perché comunque siamo allenati a doverci difendere da soli dagli opportunisti e dagli arroganti. |
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