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Il Progetto
sperimentale per la valutazione delle scuole e per il premio agli
insegnanti
La proposta Ecco la
proposta sperimentale del MIUR, come al
solito
epocale: scuole e
professori valutati e premiati in quattro città, con un percorso che
appare velocissimo (prima di fine anno scolastico 2010.11 i primi
risultati). Un comitato scientifico al Ministero, il ricorso agli
Ispettori (dove trovarli? non ve ne sono quasi più e il concorso bandito
ormai da anni, con prove di accesso svolte, non si espleta con rinvii
ripetuti), una veloce sperimentazione, cosa positiva, un po' di danaro
in più ai
bravi insegnanti e alle scuole.
È il governo del fare,
bellezza!. Rispunta
il
Merito. È una parola di successo.
Un
guru del Merito e consigliere del Ministro,
l’ing.
Roger Abravanel, che discute in TV di regole e merito, ha tenuto
recentemente un dibattito a Montecitorio sulle
regole.
Luogo improponibile, vista l’atavico vizio della
casta
di non darsi una regola principe, quella di
diminuirsi le prebende.
Il merito,
sane diffidenze Questa parola, merito, mi procura, a pelle, una
immediata diffidenza. Diffidenza perché parliamo di
merito in una società’ come la nostra, definita
densa
da vari rapporti CENSIS per la scarsissima
mobilità sociale, in cui vale più il censo e i rapporti sociali della
famiglia di origine per un giovane in cerca di lavoro, altro che il
merito; diffidenza perché anche nella riforma universitaria così
contestata dagli studenti, vi sono scarsissimi fondi per il diritto allo
studio e per le borse di studio, e il merito non potrà scardinare
baronie e i familismi se gli studenti non verranno sostenuti
economicamente. Meriti di caste e poteri nelle banche, nelle aziende,
nella politica. E tanto altro, compresa la vicenda delle assunzioni
immeritevoli nelle municipalizzate del
Comune di Roma. Insomma, i nostri giovani
cervelli all’estero, le veline diventate deputate, le curatrici dentarie
e le
trote diventate consiglieri regionali,
mi scoraggiano a riflettere sulle proposte ministeriali.
Etimi
meritevoli Quando mi prende la diffidenza, per ricominciare a
ragionare con mente libera, ricorro agli etimi, al latino e greco, le
mie antiche materie di professione. Il verbo
mereo/merere
(o
mereor/mereri),
significa
guadagnare,
e come
vox
media, può
avere connotazione positiva o negativa,
meritarsi
una pena da colpevole o rendersi benemerito, guadagnare il
soldo militare o guadagnare impudicamente.
Anche la meretrice,
meretrix,
ha lo stesso etimo, merita anche lei, nel senso che guadagna
impudicamente (è impudica la meretrice o il
cliente?). Non dimentichiamo quindi che la
questione del merito, anche etimologicamente, ha sfaccettature
pericolosissime e, soprattutto nel campo della formazione, pone
questioni di acquiescenza, di conformismo. Se un insegnante sarà
valutato anche per i progressi dei suoi studenti nelle risposte alle
prove INVALSI, non
limiterà forse la
serenità di un curricolo disteso e formativo
( che probabilmente ne faceva un buon insegnante) in funzione di un
obiettivo strettamente valutabile
id est
la risposta corretta alle prove? Chi
bazzica i sistemi scolastici stranieri in
cui le esperienze di valutazione e rendicontazione hanno più lungo e
diversificato approccio, può ricavarne osservazioni e far tesoro delle
esperienze altrui.
La memoria serve
(se
qualche idea, qualche idea non sovviene <E.Gadda,
l’Adalgisa) Lasciando da parte l’ironia, sappiamo tutti che il
discorso sulla valutazione e sul merito nella scuola, nelle
amministrazioni, nella società è di grandissimo momento e proprio per
questo non si può trattare con elusiva specificità, tante sono le
variabili coinvolte. So soltanto che le esperienze fin
qui condotte nella scuola italiana non hanno dato esiti che abbiano
consentito un percorso per
una
valutazione più rifinita e funzionale al miglioramento della scuola.
Anche se ne abbiamo bisogno. - La valutazione degli allora
presidi per accedere alla dirigenza (SIVADIS), ormai quasi dieci anni
fa, un meccanismo anche costosissimo, portò spesso alla conseguenza
che furono valutati positivamente
soprattutto quei presidi,
in pectore
Dirigenti scolastici, che compresero il difficilissimo modello di
valutazione e lo compilarono con sottile attenzione; tanti
presidi riconosciuti e stimati bravi, ebbero
valutazioni basse;
-
l’abortito concorsone che fece cadere
Berlinguer, ha sospeso per dieci anni qualsiasi iniziativa per
riprendere la questione della valutazione per la paura di tutti,
sindacati e ministri, di toccare fili ad alta corrente; - il MONIPOF, condotto dagli
IRRE, che
verificava la neonata Autonomia e il novello Piano dell’Offerta
Formativa, che doveva spingere le scuole verso
sorti
progressive, pur con tanti report e
osservazioni interessanti, non ha avuto seguito, cambiata la
legislatura, secondo l’inveterata pratica del nostro Ministero che
ricomincia sempre da meno che tre, se non da zero; la cosa principale
che si leggeva nelle relazioni finali, cioè che le scuole richiedevano
di veder potenziate e sostenute le pratiche didattiche più che le
incombenze burocratiche è stata totalmente inascoltata e le scuole
sono state caricate di tutte le peggiori
pratiche
burocratiche che le hanno allontanate dall’
Autonomia di Ricerca e Sviluppo, come recitava il DPR 275/99; -
le
fasce di posizione delle Istituzioni scolastiche, quattro fasce
individuate attraverso indicatori su cui viene valutata una scuola ( dal
numero degli studenti ai plessi, dall’adesione ad alcuni progetti a dati
di contesto),
che hanno come esito una diversa posizione
economica dei Dirigenti, determinano squilibri non sempre razionali (in
prima fascia sono soprattutto professionali e tecnici) e i Dirigenti
Scolastici tengono
presenti gli indicatori per corrispondervi e
scegliere l’attività e il progetto che tra gli indicatori ha più
punteggio, per scalare le fasce. Non prevalgono certo gli interessi
reali della scuola e degli studenti. Questa rassegna per ribadire l’estrema attenzione che
è necessaria per intraprendere i percorsi di valutazione, sperimentando
e ragionando sui risultati. E allora? Tutti fermi?
Non credo. La scuola ha necessità di
inserirsi in un percorso virtuoso di responsabilità e miglioramento.
Dobbiamo trovare gli strumenti e aver chiari gli obiettivi, occorre
capire bene dove si va a parare, oltre gli slogan.
La valutazione
e il premio agli insegnanti Sappiamo tutti che per al momento
delle iscrizioni i genitori
si
informano sulla scuola, sugli insegnanti, chiedono che il figlio/a sia
inserito in una buona sezione, sappiamo
che l’assegnazione dei docenti alle classi è un gioco ad incastro che
mette a dura prova un buon dirigente scolastico per spalmare sulle
classi e contemperare gli insegnanti bravi - o considerati bravi - e
quelli meno bravi. Quindi nella scuola si conoscono
i bravi insegnanti. Il problema è se sia possibile trovare meccanismi
per
individuare proprio i bravi, con quali obiettivi,
oltre la retribuzione;
se sia possibile inoltre diffondere e rendere partecipato il modello di
buon insegnante e far traghettare verso questo modello il numero più
alto possibile degli insegnanti. La proposta ministeriale prevede
una Commissione formata da due docenti, votati con voto segreto dal
Collegio, dal Preside, dal presidente del Consiglio di Istituto come
osservatore senza diritto di voto, che esamina il curriculum
dell’insegnante, un documento di autovalutazione proposto
dall’insegnante, formula alcuni indicatori
per reperire notizie sul feedback di
studenti e genitori rispetto all’azione di insegnamento. Mi
sembra un modello autoreferenziale,
che
sicuramente va meglio tarato, soprattutto perché scatenerà nelle scuole
rancori e inimicizie, come spesso nel gruppo dei pari,
per
altro senza individuabili prospettive al di là di una ricompensa
economica. Quando, esaminati i curricula
degli insegnanti che si autopropongono, svolte le altre difficilissime
indagini su alunni e insegnanti, quando si sia formulata una
graduatoria, cosa ne deriva alla scuola? Abbiamo trovato due o tre
insegnanti che abbiamo dichiarato bravi e li abbiamo pagati di più. E
poi? Corse
all’iscrizione nelle classi dell’ insegnante col bollino?
Si
prevedono possibili
responsabilità
collegiali per il bravo insegnante o il percorso si esaurisce? È solo un incentivo, come dice lo stesso testo
ministeriale, per premiare gli insegnanti che godono apprezzamento
professionale nelle scuole, per porre le basi per della carriera degli
insegnanti e attirare alla carriera insegnanti i migliori? Possono essere indubbiamente degli obiettivi su cui
discutere, ma non sono di certo esaurienti. Eppure, se si vuole veramente
elevare la qualità didattica di molti, è necessario che gli insegnanti e
le scuole entrino in programmi coordinati di ricerca e sperimentazione,
per
un attento lavoro didattico,
per
la messa in atto di meccanismi virtuosi di riflessione e di attenzione
al lavoro svolto con impulso ai docenti meno forti per migliorare.
Chi sviluppa progressivamente tra gli
insegnanti compiti di coordinamento, di ricerca, di impulso al
miglioramento potrebbe accedere a un incentivo economico che serve alla
scuola e al singolo. I recenti risultati OCSE - PISA
che hanno visto i nostri studenti scalare in positivo le graduatorie
nelle competenze di Literacy,
indicano che si sono avuti miglioramenti più
sensibili nei territori come L’obiettivo della valutazione degli insegnanti quindi
va coniugato con gli obiettivi di promozione e incremento positivo delle
pratiche didattiche del maggior numero degli insegnanti.
La valutazione
delle scuole Una serie di rilevazioni dal miglioramento degli
apprendimenti attraverso le prove INVALSI, una serie di indicatori,
dall’abbandono scolastico ai rapporti con le famiglie, una graduatoria e
un po' di danaro in premio alle scuole. Un team di Osservatori esterni
tra cui un ispettore.
Gli obiettivi della proposta ministeriale, i
risultati attesi, declinati nella proposta, indicano: -
l’esigenza di testare e
mettere a punto protocolli di misurazione e valutazione da porre poi a
regime; -
l’incremento dei processi
di autovalutazione nelle scuole; -
l’induzione di meccanismi di stimolo alle scuole verso processi di
miglioramento. Mi sembrano obiettivi che
meritano attenzione se non fosse per qualche
voce dal sen
fuggita che altera fortemente la
mission della
proposta. Qual è l’obiettivo nello stabilire per graduatoria le
scuole migliori? Lo ha rivelato il Ministro,
in una conferenza stampa:
rafforzamento del sistema di valutazione,
estensione del sistema
di valutazione a vari aspetti della scuola,
pubblicazione dei risultati, in modo che a breve i genitori possano
scegliere su dati oggettivi la scuola in cui far frequentare i propri
figli e, nella scuola, scegliere gli insegnanti più bravi. Anche un
membro del Comitato Scientifico, Andrea
Ichino, in una intervista a una associazione professionale, spera in un
percorso di miglioramento progressivo delle
scuole,
che possano assumere gli insegnanti
più
bravi, che si distinguano per prestazioni e meriti, diventando sempre
più appetibili per gli utenti. Insomma, la disarticolazione del
sistema pubblico di istruzione che, con tutti i difetti, ha sorretto in
questi anni il progresso e la cultura della nazione.
Tutti alle scuole migliori. Come? Sulla base del
merito? Se figli di ministro? Non dobbiamo
cercare
di rendere tutte le scuole migliori? Se premiamo solo le scuole
migliori, abbandoniamo le altre scuole
che andranno sempre peggio? Con quali
risorse migliorano? Sempre spulciando i dati
dell’indagine OCSE-PISA emergono fortissime le differenze
tra scuola e scuola, come sappiamo,
l’influenza che una buona scuola ha
nello sviluppo delle capacità degli studenti
nel corrispondere alle varie indagini sulle competenze. Lasciamo allora
aumentare la forbice delle differenze? Se certificheremo e sosterremo
economicamente
le buone scuole, basterà l’aspirazione a
scalare le graduatorie per mettere in moto meccanismi virtuosi nelle
altre? Suggerisco di invertire i termini: Si proceda ad alcune analisi
sulle scuole. Si premino anche le migliori
per indurre meccanismi di stimolo nelle
altre. Nel contempo, e in massima parte, si individuino le
scuole in difficoltà per strutture, difetti organizzativi, demotivazione
degli insegnanti, cattiva dirigenza, livelli bassi di competenze degli
studenti, scarsi finanziamenti; si indichi loro un percorso, si diano a
queste le risorse per migliorare, con attento monitoraggio e sostegno,
si giunga anche a chiuderle se non migliorano. Forse a queste scuole non andranno i figli del
ministro o degli Ichino, ma se vogliamo l’innalzamento della qualità
anche per le scuole anche dei figli di nessuno e progredire insieme, non
dobbiamo fare in modo che i sistemi di valutazione abbiano gli esiti di
scardinamento del sistema nazionale di istruzione. Beatrice Mezzina |
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