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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Il Progetto sperimentale per la valutazione delle scuole e per il premio agli insegnanti

 

La proposta

Ecco la proposta sperimentale del MIUR, come al solito epocale: scuole e professori valutati e premiati in quattro città, con un percorso che appare velocissimo (prima di fine anno scolastico 2010.11 i primi risultati). Un comitato scientifico al Ministero, il ricorso agli Ispettori (dove trovarli? non ve ne sono quasi più e il concorso bandito ormai da anni, con prove di accesso svolte, non si espleta con rinvii ripetuti), una veloce sperimentazione, cosa positiva, un po' di danaro in più ai  bravi insegnanti e alle scuole.

È il governo del fare, bellezza!.

Rispunta  il Merito. È una parola di successo.  Un guru del Merito e consigliere del Ministro,  l’ing. Roger Abravanel, che discute in TV di regole e merito, ha tenuto recentemente un dibattito a Montecitorio sulle regole. Luogo improponibile, vista l’atavico vizio della casta di non darsi una regola principe, quella di diminuirsi le prebende.

 

Il merito, sane diffidenze

Questa parola, merito, mi procura, a pelle, una immediata diffidenza.

Diffidenza perché parliamo di merito in una società’ come la nostra, definita densa da vari rapporti CENSIS per la scarsissima mobilità sociale, in cui vale più il censo e i rapporti sociali della famiglia di origine per un giovane in cerca di lavoro, altro che il merito; diffidenza perché anche nella riforma universitaria così contestata dagli studenti, vi sono scarsissimi fondi per il diritto allo studio e per le borse di studio, e il merito non potrà scardinare baronie e i familismi se gli studenti non verranno sostenuti economicamente. Meriti di caste e poteri nelle banche, nelle aziende, nella politica. E tanto altro, compresa la vicenda delle assunzioni immeritevoli nelle municipalizzate del Comune di Roma.

Insomma, i nostri giovani cervelli all’estero, le veline diventate deputate, le curatrici dentarie e le trote diventate consiglieri regionali, mi scoraggiano a riflettere sulle proposte ministeriali.

 

Etimi meritevoli

Quando mi prende la diffidenza, per ricominciare a ragionare con mente libera, ricorro agli etimi, al latino e greco, le mie antiche materie di professione.

Il verbo mereo/merere (o mereor/mereri), significa guadagnare, e come vox  media, può avere connotazione positiva o negativa, meritarsi una pena da colpevole o rendersi benemerito, guadagnare il  soldo militare o guadagnare impudicamente.

Anche la meretrice, meretrix, ha lo stesso etimo, merita anche lei, nel senso che guadagna  impudicamente (è impudica la meretrice o il cliente?).

Non dimentichiamo quindi che la questione del merito, anche etimologicamente, ha sfaccettature pericolosissime e, soprattutto nel campo della formazione, pone questioni di acquiescenza, di conformismo. Se un insegnante sarà valutato anche per i progressi dei suoi studenti nelle risposte alle prove INVALSI, non  limiterà forse la  serenità di un curricolo disteso e formativo ( che probabilmente ne faceva un buon insegnante) in funzione di un obiettivo strettamente valutabile id est la risposta corretta alle prove? Chi  bazzica i sistemi scolastici stranieri in cui le esperienze di valutazione e rendicontazione hanno più lungo e diversificato approccio, può ricavarne osservazioni e far tesoro delle esperienze altrui.

 

La memoria serve (se qualche idea, qualche idea non sovviene <E.Gadda, l’Adalgisa)

Lasciando da parte l’ironia, sappiamo tutti che il discorso sulla valutazione e sul merito nella scuola, nelle amministrazioni, nella società è di grandissimo momento e proprio per questo non si può trattare con elusiva specificità, tante sono le variabili coinvolte.

So soltanto che le esperienze fin qui condotte nella scuola italiana non hanno dato esiti che abbiano consentito un percorso per  una valutazione più rifinita e funzionale al miglioramento della scuola. Anche se ne abbiamo bisogno.

- La valutazione degli allora presidi per accedere alla dirigenza (SIVADIS), ormai quasi dieci anni fa, un meccanismo anche costosissimo, portò spesso alla conseguenza  che furono valutati positivamente soprattutto quei presidi, in pectore Dirigenti scolastici, che compresero il difficilissimo modello di valutazione e lo compilarono con sottile attenzione; tanti  presidi riconosciuti e stimati bravi, ebbero valutazioni basse;  

-  l’abortito concorsone che fece cadere Berlinguer, ha sospeso per dieci anni qualsiasi iniziativa per riprendere la questione della valutazione per la paura di tutti, sindacati e ministri, di toccare fili ad alta corrente;

- il MONIPOF, condotto dagli IRRE,  che verificava la neonata Autonomia e il novello Piano dell’Offerta Formativa, che doveva spingere le scuole verso sorti progressive, pur con tanti report e osservazioni interessanti, non ha avuto seguito, cambiata la legislatura, secondo l’inveterata pratica del nostro Ministero che ricomincia sempre da meno che tre, se non da zero; la cosa principale che si leggeva nelle relazioni finali, cioè che le scuole richiedevano di veder potenziate e sostenute le pratiche didattiche più che le incombenze burocratiche è stata totalmente inascoltata e le scuole  sono state caricate di tutte le peggiori pratiche  burocratiche che le hanno allontanate dall’ Autonomia di Ricerca e Sviluppo, come recitava il DPR 275/99;

-  le fasce di posizione delle Istituzioni scolastiche, quattro fasce individuate attraverso indicatori su cui viene valutata una scuola ( dal numero degli studenti ai plessi, dall’adesione ad alcuni progetti a dati di contesto),  che hanno come esito una diversa posizione economica dei Dirigenti, determinano squilibri non sempre razionali (in prima fascia sono soprattutto professionali e tecnici) e i Dirigenti Scolastici tengono  presenti gli indicatori per corrispondervi e scegliere l’attività e il progetto che tra gli indicatori ha più punteggio, per scalare le fasce. Non prevalgono certo gli interessi reali della scuola e degli studenti.

Questa rassegna per ribadire l’estrema attenzione che è necessaria per intraprendere i percorsi di valutazione, sperimentando e ragionando sui risultati.

E allora? Tutti fermi?  Non credo.

La scuola ha necessità di inserirsi in un percorso virtuoso di responsabilità e miglioramento. Dobbiamo trovare gli strumenti e aver chiari gli obiettivi, occorre capire bene dove si va a parare, oltre gli slogan.

 

La valutazione e il premio agli insegnanti

Sappiamo tutti che per al momento delle iscrizioni i genitori  si informano sulla scuola, sugli insegnanti, chiedono che il figlio/a sia inserito in una buona sezione, sappiamo che l’assegnazione dei docenti alle classi è un gioco ad incastro che mette a dura prova un buon dirigente scolastico per spalmare sulle classi e contemperare gli insegnanti bravi - o considerati bravi - e quelli meno bravi.

Quindi nella scuola si conoscono i bravi insegnanti. Il problema è se sia possibile trovare meccanismi per  individuare proprio i bravi, con quali obiettivi, oltre la  retribuzione; se sia possibile inoltre diffondere e rendere partecipato il modello di buon insegnante e far traghettare verso questo modello il numero più alto possibile degli insegnanti.

La proposta ministeriale prevede una Commissione formata da due docenti, votati con voto segreto dal Collegio, dal Preside, dal presidente del Consiglio di Istituto come osservatore senza diritto di voto, che esamina il curriculum dell’insegnante, un documento di autovalutazione proposto dall’insegnante, formula alcuni indicatori  per reperire notizie sul feedback di studenti e genitori rispetto all’azione di insegnamento.

 Mi sembra un modello autoreferenziale,  che sicuramente va meglio tarato, soprattutto perché scatenerà nelle scuole rancori e inimicizie, come spesso nel gruppo dei pari,  per altro senza individuabili prospettive al di là di una ricompensa economica.

Quando, esaminati i curricula degli insegnanti che si autopropongono, svolte le altre difficilissime indagini su alunni e insegnanti, quando si sia formulata una graduatoria, cosa ne deriva alla scuola? Abbiamo trovato due o tre insegnanti che abbiamo dichiarato bravi e li abbiamo pagati di più. E poi?  Corse all’iscrizione nelle classi dell’ insegnante col bollino?  Si prevedono possibili  responsabilità collegiali per il bravo insegnante o il percorso si esaurisce?

È solo un incentivo, come dice lo stesso testo ministeriale, per premiare gli insegnanti che godono apprezzamento professionale nelle scuole, per porre le basi per della carriera degli insegnanti e attirare alla carriera insegnanti i migliori?

Possono essere indubbiamente degli obiettivi su cui discutere, ma non sono di certo esaurienti.

Eppure, se si vuole veramente elevare la qualità didattica di molti, è necessario che gli insegnanti e le scuole entrino in programmi coordinati di ricerca e sperimentazione,  per un attento lavoro didattico,  per la messa in atto di meccanismi virtuosi di riflessione e di attenzione al lavoro svolto con impulso ai docenti meno forti per migliorare.   Chi sviluppa progressivamente tra gli insegnanti compiti di coordinamento, di ricerca, di impulso al miglioramento potrebbe accedere a un incentivo economico che serve alla scuola e al singolo.

I recenti risultati OCSE - PISA che hanno visto i nostri studenti scalare in positivo le graduatorie nelle competenze di Literacy,  indicano che si sono avuti miglioramenti più sensibili nei territori come la Puglia, in cui l’amministrazione scolastica si è maggiormente impegnata in azioni di Ricerca e Formazione degli insegnanti.

L’obiettivo della valutazione degli insegnanti quindi va coniugato con gli obiettivi di promozione e incremento positivo delle pratiche didattiche del maggior numero degli insegnanti.

 

La valutazione delle scuole

Una serie di rilevazioni dal miglioramento degli apprendimenti attraverso le prove INVALSI, una serie di indicatori, dall’abbandono scolastico ai rapporti con le famiglie, una graduatoria e un po' di danaro in premio alle scuole. Un team di Osservatori esterni tra cui un ispettore.

   Gli obiettivi della proposta ministeriale, i risultati attesi, declinati nella proposta, indicano:

-  l’esigenza di testare e mettere a punto protocolli di misurazione e valutazione da porre poi a regime;

-  l’incremento dei processi di autovalutazione nelle scuole;

-  l’induzione di meccanismi di stimolo alle scuole verso processi di miglioramento.

Mi sembrano obiettivi che meritano attenzione se non fosse per qualche voce dal sen fuggita che altera fortemente la mission della proposta.

Qual è l’obiettivo nello stabilire per graduatoria le scuole migliori?

Lo ha rivelato il Ministro,  in una conferenza stampa:

rafforzamento del sistema di valutazione, estensione del sistema   di valutazione a vari aspetti della scuola, pubblicazione dei risultati, in modo che a breve i genitori possano scegliere su dati oggettivi la scuola in cui far frequentare i propri figli e, nella scuola, scegliere gli insegnanti più bravi.

Anche un  membro del Comitato Scientifico, Andrea Ichino, in una intervista a una associazione professionale, spera in un percorso di miglioramento progressivo delle  scuole,  che possano assumere gli insegnanti  più bravi, che si distinguano per prestazioni e meriti, diventando sempre più appetibili per gli utenti.

Insomma, la disarticolazione del sistema pubblico di istruzione che, con tutti i difetti, ha sorretto in questi anni il progresso e la cultura della nazione.  

Tutti alle scuole migliori. Come? Sulla base del merito? Se figli di ministro?

Non dobbiamo  cercare di rendere tutte le scuole migliori? Se premiamo solo le scuole migliori, abbandoniamo le altre scuole  che andranno sempre peggio? Con quali risorse migliorano?

Sempre spulciando i dati dell’indagine OCSE-PISA emergono fortissime le differenze  tra scuola e scuola, come sappiamo, l’influenza che una buona scuola ha  nello sviluppo delle capacità degli studenti nel corrispondere alle varie indagini sulle competenze. Lasciamo allora aumentare la forbice delle differenze?

Se certificheremo e sosterremo economicamente  le buone scuole, basterà l’aspirazione a scalare le graduatorie per mettere in moto meccanismi virtuosi nelle altre?

Suggerisco di invertire i termini:

Si proceda ad alcune analisi sulle scuole. Si premino anche le migliori  per indurre meccanismi di stimolo nelle altre.

Nel contempo, e in massima parte, si individuino le scuole in difficoltà per strutture, difetti organizzativi, demotivazione degli insegnanti, cattiva dirigenza, livelli bassi di competenze degli studenti, scarsi finanziamenti; si indichi loro un percorso, si diano a queste le risorse per migliorare, con attento monitoraggio e sostegno, si giunga anche a chiuderle se non migliorano.

Forse a queste scuole non andranno i figli del ministro o degli Ichino, ma se vogliamo l’innalzamento della qualità anche per le scuole anche dei figli di nessuno e progredire insieme, non dobbiamo fare in modo che i sistemi di valutazione abbiano gli esiti di scardinamento del sistema nazionale di istruzione.

16 dicembre 2010 

Beatrice Mezzina


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