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Quali dirigenti scolastici per una scuola destinata alla meritocrazia? di
Cinzia Mion Con questo mio intervento intendo rispondere sia
all’Onorevole Aprea (intervenuta recentemente
alla tavola rotonda organizzata dall’A.N.DI.S. a Torino nel
convegno per i 150 anni dell’unità d’Italia) sia al collega D’Avolio che
proprio in questo sito ieri è intervenuto con un testo sulla dirigenza
scolastica, tifando per la
sua organizzazione “bulimica”. Sarà che io provengo dai ranghi dei Direttori
Didattici, concorso 1970,
l’ultimo con la doppia prova scritta, sarà che ho la memoria lunga, ma
non sono d’accordo con la tesi espressa dall’amico Pasquale. Proverò a
dire perché. Anticipo che da parecchio tempo io sollecito i
colleghi in servizio (io sono in quiescenza naturalmente,
data l’età) a lanciare a Roma “un grido di dolore “per il
sovraccarico disumano di lavoro che da dieci anni viene riversato sulle
loro spalle, erodendo senza tregua tempo ed impegno che potrebbe essere
riservato alla qualità di una Istituzione nata per garantire
l’apprendimento e la formazione delle giovani generazioni,
di tutti gli aventi diritto, nessuno escluso. Ma la categoria dei Dirigenti Scolastici, salvo
rare eccezioni, è una
categoria adusa alla fatica ed anche , per me un po’ troppo, a tollerare
e spesso anche a piegare la schiena. L’ultimo intervento legislativo, chiamata manovra
economica, ha passato il segno. Però non sento nessuno elevare segnali di dolore.
Anzi… Ma andiamo per ordine: - l’Onorevole Aprea alla tavola rotonda ebbe a
dire “che ormai la scuola ha terminato il suo compito di
inclusione, ora è il tempo
del merito”.
- il sovraccarico di lavoro
giuridico-amministrativo e la grandezza e complessità degli Istituti,
comportano ineludibilmente già
da ora una grande difficoltà da parte dei D.S. a seguire come
desidererebbero l’aspetto peculiare della scuola che sono i ragazzi e la
loro formazione; - la proposta di D’Avolio,
invece di andare verso il ripristino dell’opportunità per il D.S.
di occuparsi delle finalità per cui ha intrapreso la carriera
dirigenziale nella scuola, opta
tout court per la deriva di tale dirigenza verso quella
amministrativa, osservando che man mano che i tagli procedono,
il numero delle dirigenze diminuisce,
tanto vale accorpare ancora di più e creare dei “superdirigenti”
che abbiano come quadri intermedi delle sottospecie
di “direttori didattici” che si
occupino degli aspetti psicopedagogici; - qui interviene la mia memoria : verso la fine
degli anni ottanta l’ANDIS
si è trovata in disaccordo con il progetto dell’ANP che proprio a questo
stava pensando (allora l’ANP era formata soprattutto da presidi della
scuola superiore che naturalmente si sentivano molto “predestinati” a
diventare i supermanager
anche di quelli che loro consideravano i “cugini poveri”, vale a dire i
direttori didattici., fra l’altro onestamente molto più ferrati in
competenze psicopedagogiche…)Fu così che nacque il loro sogno
manageriale che evidentemente è duro a morire! - c’è stato un momento più avanti , negli anni
novanta, in cui questo progetto per poco non è stato di soppiatto
approvato se l’ANDIS non avesse
vigilato e non fosse intervenuta per bloccare questo disegno,
denunciando la manovra e coinvolgendo tutti gli iscritti (era
consigliere del Ministro di allora un esponente di spicco
dell’ANP).Anche l’Onorevole Aprea , dovrebbe ricordarselo: era allora
molto più vicina all’ANDIS che all’ANP!!! Ed ora veniamo alla questione del merito: Cara
Aprea , chi dice che la scuola debba obbedire alla vecchia logica
binaria della cultura della linearità : o inclusione o merito? Oggi
possiamo continuare a lavorare per l’inclusione (finalità nobile e
costituzionale della scuola statale) ed anche curare il cosiddetto
merito. Siamo infatti all’interno del paradigma della complessità che
ospita la multilogica. (Ciò
vale caro D’Avolio anche per coniugare leadership educativa e
manageriale; le decisioni più significative e difficili che io
personalmente ho preso nella mia carriera di dirigente scolastica le ho
sempre prese alla luce di chiavi di lettura e lenti psicopedagogiche,
per il resto bastava la DSGA) Questo però richiede tempo, risorse
per la formazione dei docenti e , perché no,
anche dei dirigenti, organizzazioni non bulimiche e competenze
adeguate. Allora caro D’Avolio si è capito qual è il disegno
politico?(All’Aprea non lo chiedo perché lo sa meglio di tutti, insieme
alla Gelmini, Tremonti, Brunetta, Sacconi,
ecc.) Il disegno si sta materializzando sotto i nostri
occhi : premiare pochi superdirigenti
per una scuola che sta andando verso una deriva sempre più
elitaria (ed in fondo ineludibilmente classista) per cui per “scremare
le eccellenze” non servono particolari competenze dirigenziali di
spessore psicopedagogico, basta far funzionare l’azienda secondo
parametri solo di “efficienza” . “L’efficacia” della scuola infatti così
sarebbe tutta da dimostrare e dipenderebbe dalla
vision del cosiddetto
dirigente che, una volta intascato lo stipendio da
supermanager, potrebbe venire
a patti benissimo anche con il dettato di “Cittadinanza e Costituzione”,
in un paese in cui la doppia
etica è di casa. |
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