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QUALI DIRIGENTI SCOLASTICI DOPO LA MANOVRA?
“La costituzione di istituzioni scolastiche
autonome con un numero di alunni non inferiore a 1000………. si traduce, di
fatto, in un’ulteriore limitazione della
leadership educativa del Dirigente
Scolastico, sempre più impegnato in attività e funzioni di natura
amministrativa e obbligato, in particolari contesti territoriali, a
gestire scuole distribuite su più Comuni ed a relazionarsi con Enti
Locali con differenti politiche scolastiche;”
Così recita il documento dell’ANDIS a
proposito della manovra e, di primo acchitto, non posso che
sottoscriverlo. Ma …. Mi chiedo e chiedo a tutti, almeno agli iscritti
all’ANDIS, è possibile contrastare questa “deriva” che porta non alla
“limitazione” ma alla scomparsa, a mio parere, della leadership
educativa? La questione del dimensionamento, partita già 13 anni fa (DPR
331/98) e che si associò alla Dirigenza scolastica prevista dall’art. 21
della famosa L. 59/97 (Bassanini1) e attuata con il Dlgs 59/1998 in
effetti prefigurava, a mio parere, quello che si sta ora, in parte,
realizzando e che l’ANDIS giustamente denuncia: una progressiva
scomparsa della figura “storica” del Direttore Didattico (che d’ora in
poi scomparirà definitivamente non solo nominalmente, anche se lo era
già in parte
con la “Dirigenza”) e dei Presidi. Ma
l’ANP lo aveva in qualche modo sollecitato quando parlava di
“equiparazione” (non solo stipendiale) della Dirigenza scolastica alle
altre Dirigenze pubbliche e che a questo punto non vedo come possa
essere contrastata. Perché a dirigere una Scuola non potrebbe essere un
ingegnere gestionale, che non provenga dal mondo della scuola, come
avviene già nelle ASL?
E
di questo passo, credo che occorra rassegnarsi. A questo punto
l’equiparazione anche stipendiale non potrebbe essere più negata.
Siamo sicuri che il processo di
“concentrazione” degli Istituti in strutture sempre più ampie e diffuse
sul territorio si arresterà o bisogna prevedere che, non solo per una
spinta di tipo economicistico, si proporrà in un prossimo futuro la
creazione di mega-Istituti con più di 2000 alunni e magari con 20/30
sedi? Già oggi tali Istituti esistono e, a sentire qualcuno, funzionano
eccome! “Funzionano” dal punto di vista amministrativo e gestionale
indubbiamente, ma quale è il ruolo del Dirigente?
Vista la penuria di D. S., specie al
Nord, con l’Istituto della “reggenza” alcuni Dirigenti sono già oggi dei
mega-dirigenti e non mi pare si lamentino più di tanto, almeno la
maggioranza. So di alcuni colleghi che avanzano proposte di questo tipo:
creiamo una “rete” di istituti, a capo della quale ci mettiamo un solo
Dirigente.
E la leadership educativa? Credo che sia ora di porsi il problema, ma
non solo di porselo, bensì di avanzare delle proposte. Ammesso che esso
sia veramente un problema, cosa che a me pare indubitabile.
Chi scrive ebbe modo di affrontare la questione in un intervento, non
molto condiviso a dire il vero dai colleghi, nell’ultimo Congresso
nazionale dell’ANDIS, svoltosi a Jesolo nel 2009.
Mi si perdonerà se mi permetto di trascrivere questa parte non per
autocitazione, ma perché mi sembra attuale, alla luce proprio di quanto
la manovra ultima lascia prefigurare
…………….
Si è parlato spesso di autonomia incompleta o incompiuta e se ne sono
ricercate le cause senza però trovare una spiegazione esaustiva; ed in
effetti le cause sono tante e attengono in parte al livello centrale,
poco propenso a spogliarsi dei poteri fin qui detenuti e gestiti con una
visione centralistico-burocratica, ma anche a livello di base, dove le
Scuole, e ci metto innanzitutto i Dirigenti, non hanno saputo cogliere i
limiti di una autonomia “octroyée” e non conquistata dal basso. Io
ritengo che nel nostro Documento si individui una possibile via di
uscita qualora si prenda atto di quanto ci ha illustrato
approfonditamente il prof. Tagliagambe nel Convegno di S. Antioco
“L’esperienza internazionale dei paesi dove l’autonomia scolastica è
praticata da anni e in misura ampia (Inghilterra, Catalogna, Finlandia,
paesi anglosassoni in generale) evidenzia con chiarezza che l’autonomia
diventa più efficace quando le scuole superano il proprio ambito e
si mettono in rete a beneficio comune
di un insieme più grande Questo
“insieme più grande” in cui l’autonomia delle singole istituzioni
scolastiche va collocata deve essere un
territorio omogeneo sotto il profilo
culturale e delle esigenze formative .
Non può essere
dunque lo Stato, ma neppure un’intera
Regione, né può
corrispondere a contesti individuati
sotto il profilo puramente
amministrativo (province, comunità
montane o altro), ma deve essere
individuato ad hoc Questa dimensione
territoriale intermedia potrebbe essere individuata in particolare nei
CIS (Centri Intermedi di Servizio)
che possono configurarsi come un ambito progettato e promosso dall’Ente
Regione e gestito a livello territoriale, con compiti di erogazione di
servizi, quali quelli di progettazione e di sostegno delle reti di
scuole e delle reti del privato sociale in funzione della realizzazione
di un sistema di ricerca applicata e di forme di condivisione di
politiche territoriali che, investendo soggetti diversi ma operanti in
modo coordinato, possono dare valore aggiunto al territorio interessato” Ho voluto fare questa ampia citazione perché penso che non si sia riflettuto abbastanza se non in Convegni da cui tuttavia non si è sviluppato un dibattito conseguente. Di ambiti
territoriali omogenei parlava già il D.Lgl. 112/98 che le Regioni
avrebbero dovuto individuare, ma che mi risulta pochissime hanno fatto.
L’esperienza dei CIS di berlingueriana memoria è stata un’altra sfida
persa, anche se in qualche zona essi continuano a funzionare e con buoni
risultati. Qualcuno li chiama “osservatori scolastici”, altri Centri
servizi scolastici e tra questi mi piace citare quello realizzato
proprio in Carnia da più di 4 anni, sostenuto dalla Regione e gestito
dalla Provincia di Udine, ma che opera in una zona più limitata che è
l’Alto-Friuli. Qual è l’elemento importante di queste strutture? Il
fatto che esse consentono una sinergia e un confronto costante tra le
Scuole fra di loro e fra Scuole ed EELL. Esse sono per il momento
“volontarie” ed è questo il loro limite, limite presente nelle
esperienze più recenti, come le “reti” o le associazioni tipo ASA. Il senso del mio discorso è che le Scuole non acquisiscono una vera autonomia isolandosi e interagendo solo tra loro su specifici Progetti, ma mettendo insieme risorse che provengono da più soggetti pubblici ( e perché no? Privati se fosse possibile), in cui l’autonomia si rafforza e si sostanzia in azioni ben più pregnanti delle singole istituzioni. Con il Titolo V e il passaggio delle competenze organizzative e gestionali alle Regioni sarà questo il terreno di crescita e di confronto, oggi appena avviato con le ASA, i cui limiti sono ben noti e sui quali non mi soffermo. 10.000 autonomie non si sommano, ma si elidono e finiscono per incidere molto poco nella gestione complessiva del servizio. In sostanza mi sento di affermare che le reti non sono una scelta, ma una necessità e in fin dei conti un obbligo, come sostengono ormai non pochi esperti di governance scolastica.
Dirò ancora una cosa che so troverà molti
dissensi specie tra i D.S., ma a me sembra che altrettanto si dovrebbe
dire del numero delle Dirigenze così come sono state concepite dalla L.
59/97 e dal DPR 59/98.
Non servono 10.000 Dirigenti, potrebbe
bastarne un terzo. Il discorso
sarebbe troppo lungo, ma mi limiterò a dire che a mio modesto parere
Leadership educativa e leadership manageriale sono due espressioni che
mal si conciliano nella realtà. Si finisce con il non far bene né l’una
né l’altra. Man mano che aumentano le dimensioni dell’Istituto, un
processo inevitabile se si vuole garantire una gestione efficiente ed
efficace (tra parentesi una scuola autonoma deve avere una struttura
amministrativa non inferiore a 10 assistenti amministrativi),
diminuiscono gli spazi e i tempi ( e direi anche la competenza) per una
vera leadership educativa. Lo riconosce la stessa Aprea nella premessa
al suo ddl e ne siamo convinti forse in tanti. Lo stesso messaggio
inviato al Congresso da Berlinguer solleva non pochi dubbi sulla
coesistenza di leadership educativa e leadership manageriale. La
leadership educativa andrebbe affidata a figure intermedie non apicali;
in sostanza io prevedo un ritorno al Direttore Didattico per ogni scuola
di qualsiasi dimensione (come avviene, se non sbaglio, in Francia). In
sostanza un modello alternativo di governante dal lato amministrativo ed
educativo
So che il discorso
incontra notevoli resistenze e
opposizioni, specie nel nostro contesto, ma è una riflessione che lascio
a questo congresso e chissà che fra qualche anno non diventi patrimonio
diffuso” |
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