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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

QUALI DIRIGENTI SCOLASTICI DOPO LA MANOVRA?

 di Pasquale D’Avolio

“La costituzione di istituzioni scolastiche autonome con un numero di alunni non inferiore a 1000………. si traduce, di fatto, in un’ulteriore limitazione della leadership educativa del Dirigente Scolastico, sempre più impegnato in attività e funzioni di natura amministrativa e obbligato, in particolari contesti territoriali, a gestire scuole distribuite su più Comuni ed a relazionarsi con Enti Locali con differenti politiche scolastiche;”

Così recita il documento dell’ANDIS a proposito della manovra e, di primo acchitto, non posso che sottoscriverlo. Ma …. Mi chiedo e chiedo a tutti, almeno agli iscritti all’ANDIS, è possibile contrastare questa “deriva” che porta non alla “limitazione” ma alla scomparsa, a mio parere, della leadership educativa? La questione del dimensionamento, partita già 13 anni fa (DPR 331/98) e che si associò alla Dirigenza scolastica prevista dall’art. 21 della famosa L. 59/97 (Bassanini1) e attuata con il Dlgs 59/1998 in effetti prefigurava, a mio parere, quello che si sta ora, in parte, realizzando e che l’ANDIS giustamente denuncia: una progressiva scomparsa della figura “storica” del Direttore Didattico (che d’ora in poi scomparirà definitivamente non solo nominalmente, anche se lo era già in parte  con la “Dirigenza”) e dei Presidi. Ma l’ANP lo aveva in qualche modo sollecitato quando parlava di “equiparazione” (non solo stipendiale) della Dirigenza scolastica alle altre Dirigenze pubbliche e che a questo punto non vedo come possa essere contrastata. Perché a dirigere una Scuola non potrebbe essere un ingegnere gestionale, che non provenga dal mondo della scuola, come avviene già nelle ASL?  E di questo passo, credo che occorra rassegnarsi. A questo punto l’equiparazione anche stipendiale non potrebbe essere più negata.

Siamo sicuri che il processo di “concentrazione” degli Istituti in strutture sempre più ampie e diffuse sul territorio si arresterà o bisogna prevedere che, non solo per una spinta di tipo economicistico, si proporrà in un prossimo futuro la creazione di mega-Istituti con più di 2000 alunni e magari con 20/30 sedi? Già oggi tali Istituti esistono e, a sentire qualcuno, funzionano eccome! “Funzionano” dal punto di vista amministrativo e gestionale indubbiamente, ma quale è il ruolo del Dirigente?  Vista la penuria di D. S., specie al Nord, con l’Istituto della “reggenza” alcuni Dirigenti sono già oggi dei mega-dirigenti e non mi pare si lamentino più di tanto, almeno la maggioranza. So di alcuni colleghi che avanzano proposte di questo tipo: creiamo una “rete” di istituti, a capo della quale ci mettiamo un solo Dirigente.

E la leadership educativa? Credo che sia ora di porsi il problema, ma non solo di porselo, bensì di avanzare delle proposte. Ammesso che esso sia veramente un problema, cosa che a me pare indubitabile.

Chi scrive ebbe modo di affrontare la questione in un intervento, non molto condiviso a dire il vero dai colleghi, nell’ultimo Congresso nazionale dell’ANDIS, svoltosi a Jesolo nel 2009.

Mi si perdonerà se mi permetto di trascrivere questa parte non per autocitazione, ma perché mi sembra attuale, alla luce proprio di quanto la manovra ultima lascia prefigurare.

……………. Si è parlato spesso di autonomia incompleta o incompiuta e se ne sono ricercate le cause senza però trovare una spiegazione esaustiva; ed in effetti le cause sono tante e attengono in parte al livello centrale, poco propenso a spogliarsi dei poteri fin qui detenuti e gestiti con una visione centralistico-burocratica, ma anche a livello di base, dove le Scuole, e ci metto innanzitutto i Dirigenti, non hanno saputo cogliere i limiti di una autonomia “octroyée” e non conquistata dal basso. Io ritengo che nel nostro Documento si individui una possibile via di uscita qualora si prenda atto di quanto ci ha illustrato approfonditamente il prof. Tagliagambe nel Convegno di S. Antioco “L’esperienza internazionale dei paesi dove l’autonomia scolastica è praticata da anni e in misura ampia (Inghilterra, Catalogna, Finlandia, paesi anglosassoni in generale) evidenzia con chiarezza che l’autonomia diventa più efficace quando le scuole superano il proprio ambito e si mettono in rete a beneficio comune di un insieme più grande Questo “insieme più grande” in cui l’autonomia delle singole istituzioni  scolastiche va collocata deve essere un territorio omogeneo sotto il profilo culturale e delle esigenze formative . Non può essere  dunque lo Stato, ma neppure un’intera Regione, né può  corrispondere a contesti individuati sotto il profilo puramente  amministrativo (province, comunità montane o altro), ma deve essere  individuato ad hoc Questa dimensione territoriale intermedia potrebbe essere individuata in particolare nei CIS (Centri Intermedi di Servizio) che possono configurarsi come un ambito progettato e promosso dall’Ente Regione e gestito a livello territoriale, con compiti di erogazione di servizi, quali quelli di progettazione e di sostegno delle reti di scuole e delle reti del privato sociale in funzione della realizzazione di un sistema di ricerca applicata e di forme di condivisione di politiche territoriali che, investendo soggetti diversi ma operanti in modo coordinato, possono dare valore aggiunto al territorio interessato”.

Ho voluto fare questa ampia citazione perché penso che non si sia riflettuto abbastanza se non in Convegni da cui tuttavia non si è sviluppato un dibattito conseguente.

Di ambiti territoriali omogenei parlava già il D.Lgl. 112/98 che le Regioni avrebbero dovuto individuare, ma che mi risulta pochissime hanno fatto. L’esperienza dei CIS di berlingueriana memoria è stata un’altra sfida persa, anche se in qualche zona essi continuano a funzionare e con buoni risultati. Qualcuno li chiama “osservatori scolastici”, altri Centri servizi scolastici e tra questi mi piace citare quello realizzato proprio in Carnia da più di 4 anni, sostenuto dalla Regione e gestito dalla Provincia di Udine, ma che opera in una zona più limitata che è l’Alto-Friuli. Qual è l’elemento importante di queste strutture? Il fatto che esse consentono una sinergia e un confronto costante tra le Scuole fra di loro e fra Scuole ed EELL. Esse sono per il momento “volontarie” ed è questo il loro limite, limite presente nelle esperienze più recenti, come le “reti” o le associazioni tipo ASA.

Il senso del mio discorso è che le Scuole non acquisiscono una vera autonomia isolandosi e interagendo solo tra loro su specifici Progetti, ma mettendo insieme risorse che provengono da più soggetti pubblici ( e perché no? Privati se fosse possibile), in cui l’autonomia si rafforza e si sostanzia in azioni ben più pregnanti delle singole istituzioni. Con il Titolo V e il passaggio delle competenze organizzative e gestionali alle Regioni sarà questo il terreno di crescita e di confronto, oggi appena avviato con le ASA, i cui limiti sono ben noti e sui quali non mi soffermo. 10.000 autonomie non si sommano, ma si elidono e finiscono per incidere molto poco nella gestione complessiva del servizio. In sostanza mi sento di affermare che le reti non sono una scelta, ma una necessità e in fin dei conti un obbligo, come sostengono ormai non pochi esperti di governance scolastica.

Dirò ancora una cosa che so troverà molti dissensi specie tra i D.S., ma a me sembra che altrettanto si dovrebbe dire del numero delle Dirigenze così come sono state concepite dalla L. 59/97 e dal DPR 59/98. Non servono 10.000 Dirigenti, potrebbe bastarne un terzo. Il discorso sarebbe troppo lungo, ma mi limiterò a dire che a mio modesto parere Leadership educativa e leadership manageriale sono due espressioni che mal si conciliano nella realtà. Si finisce con il non far bene né l’una né l’altra. Man mano che aumentano le dimensioni dell’Istituto, un processo inevitabile se si vuole garantire una gestione efficiente ed efficace (tra parentesi una scuola autonoma deve avere una struttura amministrativa non inferiore a 10 assistenti amministrativi), diminuiscono gli spazi e i tempi ( e direi anche la competenza) per una vera leadership educativa. Lo riconosce la stessa Aprea nella premessa al suo ddl e ne siamo convinti forse in tanti. Lo stesso messaggio inviato al Congresso da Berlinguer solleva non pochi dubbi sulla coesistenza di leadership educativa e leadership manageriale. La leadership educativa andrebbe affidata a figure intermedie non apicali; in sostanza io prevedo un ritorno al Direttore Didattico per ogni scuola di qualsiasi dimensione (come avviene, se non sbaglio, in Francia). In sostanza un modello alternativo di governante dal lato amministrativo ed educativo.

So che il discorso  incontra notevoli resistenze e opposizioni, specie nel nostro contesto, ma è una riflessione che lascio a questo congresso e chissà che fra qualche anno non diventi patrimonio diffuso”.


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