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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

I “nuovi” D.S.

di Pasquale D’Avolio

Devo ringraziare la Cinzia Mion per aver voluto rispondere alla mia “provocazione” sul ruolo dei Dirigenti scolastici a seguito della manovra di luglio e non posso non condividere il fatto che quanto previsto dal Decreto 98 (art 19, comma 4 e 5) è solo uno delle tappe di un percorso iniziato ormai da quasi vent’anni  che sta portando pian piano a mutare profondamente la funzione e il ruolo del Capo di istituto (lo chiamo così in maniera neutra proprio per spogliare il termine  da ogni accezione qualitativa) nella Scuola italiana. Devo tuttavia rilevare che non corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale il sottoscritto “tifa per una organizzazione bulimica”, anche se la sovrapposizione di due discorsi (l’uno attuale, l’altro riferito al Congresso ANDIS del 2009)  può aver indotto la Cinzia all’equivoco. Da tempo, come la Mion sa bene, mi batto contro la deriva “amministrativista” dei Presidi e Direttori didattici e, già ai tempi della Bassanini 1 e delle norme berlingueriane sulla Dirigenza, avevo manifestato i timori  di uno stravolgimento della figura “direttiva” nella scuola; è stato uno dei motivi del mio allontanamento a metà degli anni 90 dall’ANP (cui avevo aderito inizialmente, vista l’inerzia del mio Sindacato sulle questioni dei Presidi) ed è stata la ragione della mia successiva adesione all’ANDIS dieci anni fa. Anche se devo riconoscere che questa Associazione, di cui faccio ancora parte, non ha mai sciolto il “nodo gordiano” sul ruolo dei Presidi.  Per questo rimando ai miei ripetuti interventi su questo e su altri siti. Cito “DIRIGENTI SULL’ORLO DI UNA CRISI ….. DI NERVI” e “DIRIGENTI: QUALE FORMAZIONE PER QUALE RUOLO

Nel primo denunciavo la situazione insostenibile dei Presidi di fronte alle nuove incombenze dell’autonomia, parlando di burn-out, e paventavo la scomparsa dei Vicari e collaboratori concludendo “Come si può immaginare che un Istituto autonomo con le attuali dimensioni possa reggersi con "un uomo solo al comando"? Ora ci siamo arrivati e, pare, senza grandi proteste! La Cinzia stessa lo riconosce quando dice “sollecito i colleghi in servizio a lanciare a Roma “un grido di dolore “per il sovraccarico disumano di lavoro che da dieci anni viene riversato sulle loro spalle.  Però non sento nessuno elevare segnali di dolore. Anzi…

Nel secondo articolo il ragionamento era più complesso e mi riferivo alla formazione in servizio dei Dirigenti. Mi si permetta ancora una autocitazione “Oggi (mi riferivo al 2006) leggo i progetti dell'Amministrazione sulla formazione in servizio dei dirigenti scolastici e vedo che riguardano quasi esclusivamente aspetti gestionali (il Regolamento contabile) e le relazioni sindacali, per non parlare della fatidica 626! E gli aspetti educativi, relazionali (con alunni, docenti e famiglie, il famoso 'territorio' di cui tanto si parla nei POF, e non con la RSU!), le problematiche dell'apprendimento e della dispersione, temi come la continuità o l'orientamento, i valori, i comportamenti e le pratiche giovanili? Siamo sicuri che i dirigenti scolastici non abbiano bisogno di aggiornarsi su queste tematiche o riteniamo che le stesse non rientrino più nella professionalità del Dirigente?….. Eppure nell’ultimo bando di concorso si prevede lo svolgimento di un saggio scritto su tematiche relative a:

  • sviluppo della conoscenza in una società globale,
  • progettualità formativa nel contesto politico ed economico, scientifico e tecnologico, culturale e sociale,
  • valori, comportamenti, pratiche giovanili
  • principi dell’apprendimento,
  • efficienza ed efficacia dell’azione formativa
  • criteri di valutazione
    Sono temi di grande valenza. Si pensi solo a quello della globalizzazione con riferimento alle problematiche educative (immigrazione, politiche scolastiche europee e rapporto con i paesi emergenti, di cui ci parlano le indagini OCSE o IEA), o all’impatto delle nuove tecnologie nella scuola. Si crede che il Dirigente scolastico debba occuparsi di multimedialità solo per organizzare i corsi per docenti o mettere in rete gli istituti? Il valore culturale della multimedialità, le nuove forme di pensiero ad essa collegate, le conseguenze sul piano didattico sono o non sono aspetti che interessano un Dirigente scolastico?”

Questo avveniva solo pochi anni fa. Se andiamo a leggere oggi i corsi di preparazione al Concorso per Dirigenti promossi dalle varie associazioni (tra cui l’ANDIS o Proteo), cosa ci troviamo? Ben poco di quanto sopra detto, ma tanta “amministrazione” e tanta “gestione” delle risorse umane e strumentali. Persino nell’ultima prova preselettiva per il Concorso ispettivo mi risulta che occorresse più una laurea in giurisprudenza o economia che una preparazione sul versante culturale e pedagogico.

Ora il nodo sta venendo al pettine. Trovo perciò illusorio quello che la Cinzia propone e cioè  “il ripristino dell’opportunità per il D.S. di occuparsi delle finalità per cui ha intrapreso la carriera dirigenziale nella scuola” Domanda: quando l’ha intrapresa? Ancora per pochi anni i dirigenti scolastici proverranno dagli anni 90! Dopo il 2000, lo sappiamo, le cose sono cambiate. E’ ancora possibile, cara Cinzia, o bisogna prendere atto che la battaglia non ha un futuro? E’ quello che affermavo nel mio ultimo intervento, anche se in forma interrogativa: “ Mi chiedo e chiedo a tutti, almeno agli iscritti all’ANDIS, è possibile contrastare questa “deriva” che porta non alla “limitazione” ma alla scomparsa, a mio parere, della leadership educativa?” Cinzia ci crede quando afferma “Siamo infatti all’interno del paradigma della complessità che ospita la multilogica. (Ciò vale caro D’Avolio anche per coniugare leadership educativa e manageriale)  e porta a di ciò le sue esperienze personali “Le decisioni più significative e difficili che io personalmente ho preso nella mia carriera di dirigente scolastica le ho sempre prese alla luce di chiavi di lettura e lenti  psicopedagogiche, per il resto
bastava la DSGA)
. Cinzia è stata “Dirigente scolastica” solo per un anno, mi risulta, prima che si verificasse quello che lei denuncia come “sovraccarico disumano di lavoro”. Lei era una vera “Direttrice Didattica”, come il sottoscritto ha sempre cercato di essere un “Preside”, finché mi è stato consentito.

In questo la Mion sembra d’accordo con Stefanel il quale (vedi intervento su Edscuola di pochi giorni fa “Il Dirigente scolastico: tra rimpianti e possibilità”) ritiene che le due figure, quella “amministrativa gestionale” e quella “pedagogico-didattica”, possano convivere; non solo, ma si conciliano meglio con dimensioni di istituti molto più ampi di quella attuale. Tutto dipende dalle persone, a suo parere. E può darsi che abbia ragione. Bisogna riconoscere a Stefanel la coerenza nel sostenere le sue tesi e, per quanto riguarda il “suo” caso, lo dico senza piaggeria, credo che lui ci riesca. Ma quanti Stefanel abbiamo in Italia? Io personalmente ho fatto la scelta di “mollare” tre anni fa (avendo anche raggiunto i requisiti della pensione). La stessa Mion ritiene che ciò sia possibile, aggiungendo che“questo richiede tempo, risorse per la formazione dei docenti e, perché no, anche dei dirigenti, organizzazioni non bulimiche (sott. mia)  e competenze adeguate” Quali sono le “organizzazioni non bulimiche”? A mio parere potevano essere quelle richieste dal DPR 331/98 che parlava di Scuole con un numero di alunni “di norma” tra 500 e 900. Si pensa di tornare a quei numeri? Io non credo che un prossimo Governo di centro-sinistra o di centro-destra torni indietro rispetto a quanto sta già avvenendo e avverrà sempre più in futuro: megaistituti di 2/3000 alunni e forse più!

E allora la situazione da me proposta (la distinzione dei due compiti e quindi delle due figure) è quella allo stato attuale più “realistica”, anche se di difficile attuazione. Mi risulta che alla fine degli anni 80 l’ANDIS proponeva più o meno la stessa cosa (chiedere a Vittorio Zedda, “storico” Presidente dell’ANDIS in quegli anni). Non condivido l’affermazione, sfuggita forse inconsapevolmente dalla penna di Cinzia, secondo la quale avremmo così una “sottospecie di “direttori didattici”. Pestalozzi, dice la sua biografia, quando gli proposero di fare il Ministro dell’Istruzione in Svizzera, dichiarò di voler fare il “maestro elementare”!!! E, conoscendo la Cinzia, so di certo che si glorierebbe di essere definita una “Direttrice Didattica” anche oggi.

Trovo interessante infine anche il collegamento tra modello di direzione e mission della scuola, ma se fosse vero quanto ella afferma, ciò dovrebbe essere attribuito non tanto al duo Tremonti-Gelmini, quanto a Bassanini-Berlinguer. E la cosa non mi pare  sostenibile. Berlinguer non puntava solo a una Scuola dei meriti, ma voleva coniugare efficienza ed efficacia, una scuola di qualità, che fosse  anche “inclusiva”, (ma non nel senso che si poteva dare all’espressione 30 o 40 anni fa), ma anche del “merito”, che non è una parolaccia. Trenta/quaranta anni fa si trattava di “scolarizzare” la totalità della popolazione, di far sì che tutti potessero proseguire nei gradi dell’istruzione, come afferma la nostra Costituzione (art. 34). Allora non si parlava ancora di “successo formativo” che abbiamo scoperto dopo. Tu pensi che l’aver realizzato la “scolarizzazione di massa” almeno fino a 16 anni (ci stiamo avvicinando ai 18), abbia prodotto quel “progresso”  che tutti auspicavamo? La destra ha un suo disegno (ancora una volta concordo con Stefanel “Anticipare il declino” in Edscuola e “Pavonerisorse”), ma quale è il disegno della sinistra? Vorrà attardarsi ancora con gli slogan di 30 anni fa? Io non lo credo e sono convinto che anche Cinzia abbia riflettuto sul tema. Ma lei ha ancora tanta “nostalgia” e una visione ideale apprezzabilissima, ma difetta forse (perdonami, Cinzia) di un po’ di realismo. Il mio non vuole essere semplicemente un “rimpianto”. Con affetto!

 

P.S. Spero di aver gettato un sasso nello stagno. Mi auguro che soprattutto dalle associazioni professionali “vere” (ANDIS, DISAL) vengano interventi sulla questione


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