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Riforma della scuola e promesse elettorali di
Enrico Maranzana
Le tre “i”
che hanno caratterizzato tutti i programmi elettorali dell’attuale
maggioranza di governo prefiguravano la modernizzazione della scuola
attraverso la valorizzazione dell’informatica, della cultura d’impresa e
dell’inglese.
In questo
scritto la promessa elettorale sarà accostata alle indicazioni nazionali
relative agli obiettivi specifici dell’apprendimento che il ministero ha
consegnato alle scuole nel maggio 2010 per vagliare la loro rispondenza
agli impegni assunti.
Ø
L’informatica è una disciplina che
VIVE
nello spazio intercorrente tra i problemi e le risorse tecnologiche.
Ø
Si
MANIFESTA nella
percezione e definizione di problemi, nell’ideazione e nell’utilizzo di
strutture, nella formulazione d’ipotesi di
strategie risolutive, nella ideazione, nella formalizzazione e nella
gestione di processi, nel controllo dei risultati.
Ø
Il suo
insegnamento promuove e potenzia la capacità d’assumere un’ottica
sistemica, la capacità di gestire la complessità, la capacità di
progettare, la capacità di modellare, la capacità di documentare e
giustificare le scelte compiute, la capacità di comunicare.
Cosa
dicono le indicazioni nazionali?
Ø
“Lo
studente diverrà familiare con gli
strumenti
informatici, al fine precipuo di rappresentare e manipolare oggetti
matematici e studierà le modalità di rappresentazione dei dati
elementari testuali e multimediali”.
Ø
“L’insegnamento
di informatica deve contemperare diversi obiettivi: comprendere i
principali fondamenti teorici delle scienze dell’informazione, acquisire
la padronanza di
strumenti
dell’informatica, utilizzare tali
strumenti
per la soluzione di problemi significativi in generale, ma in
particolare connessi allo studio delle altre discipline, acquisire la
consapevolezza dei vantaggi e dei limiti dell’uso degli
strumenti
e dei metodi informatici e delle conseguenze sociali e culturali di tale
uso”. [All. F - liceo scientifico
scienze applicate] Lampante il
travisamento della cultura informatica.
Gli obiettivi
specifici dell’apprendimento che il ministero ha formulato per
indirizzare il lavoro delle scuole rinforzano la critica:”
Al termine del percorso liceale lo studente
padroneggia i più comuni
strumenti software
per il calcolo, la ricerca e la comunicazione in rete, la comunicazione
multimediale, l'acquisizione e l'organizzazione dei dati, applicandoli
in una vasta gamma di situazioni, ma soprattutto nell'indagine
scientifica, e scegliendo di volta in volta lo
strumento
più adatto”.
Delle tipiche, qualificanti competenze informatiche non c’è traccia!
La banalizzazione dell’ insegnamento delle nuove
tecnologie dell’informazione appare evidente anche dalle trionfanti
dichiarazioni che hanno accompagnato l’introduzione delle
Lavagne
Interattive
Multimediali:
“Da
oggi diamo il via alla scuola digitale in Italia. Una cosa importante e
non un gesto simbolico, l'inizio di un cambiamento che porteremo avanti
a tappe forzate per ovviare al grave ritardo in cui abbiamo trovato la
scuola italiana”. Lo ha detto
Berlusconi, sostenendo che
“rimane
valido il progetto delle tre “i”, che ha segnato il passo negli ultimi
due anni a causa delle politiche sbagliate che la sinistra ha seguito”.
L’inconsistenza dell’annuncio deriva dal fatto che
la scuola digitale, intesa come luogo in cui si fa uso della tecnologia
per migliorare l’efficacia della comunicazione
didattica unidirezionale, non ha alcun punto
di contatto con l’informatica e con il suo insegnamento!
La seconda “I”: cos’è l’impresa?
In ambito formativo/educativo “impresa” è sinonimo
di imprenditorialità, il che implica la promozione della capacità di
compiere scelte consapevoli.
In una società in cui “bisogna correre con tutte le
proprie forze solo per rimanere fermi” compito primario della scuola è
quello di formare giovani capaci di governare processi attraverso la
loro ideazione e il costante confronto tra obiettivi e risultati.
A
tal fine gli operatori scolastici devono avere idee certe sui risultati
da ottenere e, procedendo per raffinamenti successivi, individuare e
esplicitare i sottoproblemi da affrontare e risolvere. La scomposizione
del traguardo “imprenditorialità” produce il seguente schema:
1
-
Effettuare
scelte e prendere decisioni
1.1
- Assumere
punti di vista differenti
1.2
- Definire
l’obiettivo
1.3
- Analizzare,
selezionare dati
1.4
- Formulare
ipotesi
1.4.1
-
Aggregare e mettere in
relazione i dati selezionati con l’obiettivo
1.4.2
- Valutare la
consistenza della congettura
1.5
- Elaborare
strategie
1.5.1
- Reperire i
dati
1.5.2
- Esplicitare
i passi del processo risolutivo
1.6
- Applicare
la strategia, ottenere risultati
1.7
- Gestire
l’errore
1.7.1
- Confrontare
l’obiettivo con il risultato
1.7.2
- Estrarre le
informazioni contenute nello scostamento osservato
1.7.3
- Ritornare
sui passi compiuti per migliorare il procedimento.
Cosa dicono
le indicazioni nazionali? Nulla che possa
concretizzare la parola data agli elettori. Gli obiettivi specifici
dell’apprendimento sono stati espressi in termini di abilità e
conoscenze e, quindi, hanno travisato il dettato della legge: la
strumentazione è stata sovrapposta alle finalità, sostituendole [CFR.
art. 2 legge Moratti del 2003].
La mancanza d’imprenditorialità si può scorgere
anche nell’affermazione del ministro Gelmini: «Apriamo ancora di più il
nostro sistema scolastico allo scenario internazionale anche perché non
possiamo rassegnarci a veder scendere la nostra scuola nelle classifiche
dell’Ocse»; asserzione del tutto conforme allo spirito delle indicazioni
nazionali che sono state concepite per uniformare le prestazioni dei
nostri studenti a quelle rilevabili nelle scuole degli altri stati
europei.
Nel decreto interministeriale si legge: “Le
Indicazioni nazionali sono state calibrate tenendo conto delle strategie
suggerite nelle sedi europee ai fini della costruzione della “società
della conoscenza”, dei quadri di riferimento delle indagini nazionali e
internazionali e dei loro risultati”.
Le finalità del sistema formativo di educazione e
istruzione sono state depennate: tale assenza motiva il giudizio
espresso sulla capacità imprenditoriale del ministero. [Per approfondire
-
La riforma delle superiori: un buco nell’acqua]
La terza “I”
Per apprezzare l’azione del governo in relazione
alla lingua straniera
si rifletta su quanto ha detto il ministro
Gelmini che, in riferimento a una legge appena approvata, ha annunciato:
"Alcune materie saranno insegnate in inglese" nei licei, dal 2012.
Un giudizio sulla dichiarazione può essere
formulato se si considera che
Ø
L’italiano non è più utilizzato per l’insegnamento
delle lingue straniere:
l’innovazione consisterà, preminentemente,
nella sostituzione dell’oggetto delle lezioni;
Ø
L’efficacia di un flusso informativo deriva dall’eliminazione di tutte
le interferenza dal canale in cui scorre la comunicazione : enunciare i
nodi concettuali delle diverse discipline in lingua inglese produce un
aumento dei rumori di linea;
Ø
Un corretto insegnamento delle lingue straniere presuppone dialogo,
partecipazione, coinvolgimento: lo scenario che si apre, invece,
prefigura comunicazioni unidirezionali e intransitive, tipiche di una
didattica versativa e passivizzante;
Ø
Il legislatore ha riconosciuto la complessità del lavoro scolastico e ha
sostituito l’espressione “scuola” con “sistema educativo di formazione e
istruzione”.
Si ricorda che l’abbattimento della complessità
richiede il costante ricorso a rigorosi e consolidati metodi che danno
vita a un processo che inizia con la “elaborazione
e l’adozione di indirizzi generali”
volti a identificare la finalità del servizio, da esprimere attraverso
gli obiettivi formativi. La relativa analisi conduce all’esplicitazione
delle capacità necessarie al loro conseguimento: la sostanza degli
obiettivi educativi. La terza fase avrà inizio solo quando il quadro
generale sarà stato definito; essa mira all’individuazione delle forme e
delle modalità per la progettazione dell’istruzione.
Decontestualizzare l’insegnamento della lingua
inglese è indice di scarsa considerazione per il lavoro scolastico,
mortifica la professionalità dei docenti , umilia l’autonomia delle
scuole. |
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