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Ha solo 12 anni
A dodici anni vende le sue foto nuda. "Volevo comprare vestiti alla moda". Sorpresa nei bagni di una media a scattarsi immagini piccanti con il videofonino. Inviava mms ai compagni in cambio di 5-10 euro. Il provveditore: "Sono preoccupata". Treviso, 28 giugno 2008. E’ solo un episodio sporadico, raro, anzi unico e irripetibile? O è la punta di un grosso iceberg che naviga minaccioso sotto il livello del mare? Quanti genitori avranno pensato: ma che fanno gli insegnanti a scuola
se non riescono nemmeno a dare un po’ di educazione. Che tristezza non riuscire a sottrarsi al rito inconcludente della caccia al responsabile, in cui ognuno trova il colpevole, che è sempre l’altro, trova la ricetta, buona sempre per gli altri e alla fine, tacitata la propria buona/falsa coscienza, lascia che tutto vada per il suo verso. Ognuno torna alle proprie importanti occupazioni perché poi, in fondo, la questione riguarda sempre gli altri; perché mia figlia non è così, le ho dato una buona educazione, se facesse così l’ammazzerei, i suoi insegnanti sono bravi, sono buone le sue amicizie, e così via di (auto) rassicurazione in rassicurazione. Ecco allora pronta la ricetta che risolve in modo radicale tutti i problemi: severità, durezza delle sanzioni, punizioni esemplari! Allontanare le mele marce affinché le altre non siano contaminate! Io mi chiedo: li conosciamo davvero i nostri ragazzi? Quante volte nella mia esperienza di docente quando riferivo ai genitori come si comportavano i loro figli mi guardavano con aria attonita come se stessi parlando di un altro ragazzo/ragazza. Quante volte li ho sentiti attribuire i loro comportamenti “strani” alle non buone amicizie, alle non buone influenze. Quante richieste di spostamento di banco, di classe. Forse dovremmo smetterla di rimpallarci le “colpe” ognuno delimitando con paletti e filo il campo di competenza altrui, cercando di far ricadere nel campo avverso tutto ciò che non si riesce ad affrontare e risolvere. La tragedia educativa del nostro tempo è che la maggior parte delle
ragazze/i sente e pensa come quella di cui si sono occupati i giornali.
E d’altronde perché gli altri compagni si sono prestati al gioco?
Evidentemente perché ritenevano “normale” il comportamento della
dodicenne. Anche se gli altri ragazzi non ricorrono alle stesse
strategie, la maggior parte delle loro attenzioni non ricade certo sulle
regole della grammatica, sui grandi eventi della storia, sulle regole
della matematica. Le loro attenzioni, meglio le loro ossessioni,
riguardano il proprio corpo e la propria immagine. E intanto i ragazzi affidano le loro speranze esistenziali non allo studio, non al lavoro, non alla fatica dell’imparare, sempre, tutti i santi giorni, bensì ai concorsi per fare le veline, le miss qualche cosa, a ballare e farsi notare in televisione, a intervenire in qualche trasmissione, a farsi vedere accanto a qualche famoso/a, a fare cubiste, tronisti in attesa di… successo, denaro e bella vita. E spesso sono i genitori che li accompagnano a queste passerelle di concorsi e sono i loro agenti. Non parliamo poi di ciò che accade nel mondo dello sport. Bambini di 6,7, 8 anni “venduti” alle società sportive di calcio, consegnati alla competizione, al rampantismo e sostenuti in questo da adulti interessati. Allora c’è qualcuno che può fornire la risposta a questo gravissimo problema? Si faccia avanti, prego. Ma… non si dica per favore che il problema dell’emergenza educativa si risolve cacciando dalla scuola 150.000 insegnanti, aumentando gli alunni per classe, diminuendo il tempo scuola, abolendo il tempo pieno, diminuendo il sostegno, mortificando la scuola dell’infanzia, tornando al maestro unico. Certo la famiglia è in crisi, la scuola vive un momento di crisi, ma questa non è una buona ragione per dare loro ulteriormente addosso, semmai di aiutarle agendo a supporto, ma anche intervenendo sul contesto che, evidentemente, è sempre meno a misura di bambini, ragazzi, giovani. A un mio alunno, figlio di una famiglia per bene, colta, bene
educata, il padre aveva un ruolo importante nel mondo imprenditoriale
cittadino, anni fa chiesi cosa volesse fare da grande. Mi rispose: il
contrabbandiere. Erano gli anni in cui imperversavano questi tipi nella
mia città, con macchine di lusso, moto potenti con belle ragazze in
sella, tasche piene di denaro, temuti e “rispettati”. La ragazzina ha sbagliato e nemmeno lei si rende conto di quanto. Per lei la firma di un capo di vestiario vale più della vendita dell’immagine del proprio corpo. La famiglia per necessità o per condotta educativa le ha negato lo strumento della sua felicità, del suo riconoscimento, accettazione e affermazione nel gruppo di pari. Lei ha risposto con la cosa oggi più naturale, accettata, santificata, eretta a valore assoluto dalla società e dai media: il mercimonio dell’immagine (meno male solo quella!) del proprio corpo di adolescente. Non sono forse poco più che adolescenti le ragazze che sfilano sulle passerelle di moda, riempiono i calendari con i propri corpi nudi, vendono servizi fotografici? Un tempo avrebbe forse venduto le sue bambole, la piccola bici regalo di compleanno o qualcos'altro. Oggi vende l’immagine del proprio corpo. Come risponde il mondo adulto a questo? Non ho letto nessun commento, nessuna reazione indignata da parte di coloro che sono soliti puntare l’indice accusatorio contro il buonismo degli insegnanti. Silenzio. Si registra solo il commento del provveditore: “Sono preoccupata”. Un po’ poco, forse, e in preoccupante ritardo. Le coscienze del mondo adulto esorcizzano l’evento rimuovendolo, i
media lo hanno già metabolizzato. La bambina, che ancora tale è, toglie il disturbo della sua
imbarazzante presenza. Della sua “malattia” si occuperà lo psicologo al
quale sarà affidata. Con buona pace di tutti.
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