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Storie di ordinaria follia: una riflessione
critica a proposito dei PON-FSE, FESR
Per i non addetti ai lavori, si fornisce qualche chiarimento: questi acronimi riguardano il Programma Operativo Nazionale che consente alle scuole delle Regioni meridionali, con una attenta programmazione, di ottenere i Fondi Europei. Con i Fondi FESR si implementano le dotazioni scientifico- tecnologiche; con i Fondi FSE si dovrebbe corrispondere agli obiettivi di Lisbona, promuovere il successo scolastico e l’inclusione sociale, migliorare le conoscenze e le competenze dei giovani e dei docenti. I Fondi sono cospicui, le scuole programmano. I fondi FESR per le dotazioni tecnologiche non portano problemi, sono utilissimi. Per i fondi FSE si può programmare di tutto: approfondimenti di Italiano e Matematica, che ben vengano, viste le basse competenze dei giovani nelle rilevazioni internazionali; corsi per docenti perché impostino meglio l’attività didattica; corsi di Inglese per le Certificazioni; corsi per l’uso dei Computer, attività per promuovere il successo scolastico e così via. La procedura è complessa: le scuole devono autoanalizzarsi, immettere i dati di autoanalisi, stendere un piano di attività che non configga con l’autoanalisi. Un lavoro pesante che spesso toglie agli insegnanti e ai presidi il tempo per dedicarsi a quello cui prioritariamente devono dedicarsi, l’insegnamento e la cura dell’ambiente di apprendimento. Dispiace tuttavia perdere i fondi. Le scuole programmano con fatica tra ottobre e novembre. Si programma di tutto: approfondimenti in Italiano e Matematica, Latino nella scuola Media (perché?), e poi attività di vario genere, non solo teatro o attività corali – benemerite - ma anche danza e yoga, e paccottiglia varia per cui gli studenti difficili socializzano il pomeriggio per venire sistematicamente bocciati al mattino. Ma i fondi sono tanti, i piani delle Scuole sono approvati quasi totalmente, anche quelli con paccottiglia.
L’autorizzazione è pervenuta alle scuole dal Ministero a fine dicembre. Di fatto le scuole hanno avviato il lavoro di gestione operativa dal 7 gennaio, al meglio, dopo il rientro dalle vacanze. La procedura è complessa. Tra bandi, ricerca degli esperti, riunioni e quanto richiesto dalla normativa, le attività per gli studenti non iniziano se non a febbraio inoltrato per concludersi entro maggio. Nel frattempo le scuole svolgono scrutini, si lavora sulle nuove indicazioni, sull’obbligo; nelle scuole superiori si sperimenta la procedura complessa dei Debiti. Ora, un corso di 50 ore, per esempio, che consenta la certificazione nelle lingue straniere, avviato in febbraio, con due ore alla settimana, uniche sopportabili per gli studenti, sfora i tempi e non consente che le certificazioni possano svolgersi in maggio, data prevista dai vari Enti Certificatori. Non c’è il tempo per una programmazione distesa, considerando i tempi ristretti del secondo quadrimestre, le vacanze pasquali, i viaggi di istruzione, le votazioni- sempre nelle scuole - la fase finale di chiusura dell’anno scolastico.
Dove si trovano esperti qualificati in uno stesso periodo? Dove sono gli albi? Un intrecciarsi di telefonate convulse tra i dirigenti scolastici: hai un buon formatore per l’italiano? Un buon animatore di gruppo? Telefonate alle Associazioni Professionali. Non si trovano i formatori per italiano, matematica, scienze e per le tante attività proposte. Rischi gravissimi. Ha ragione Bersani: I fondi europei rischiano di essere inefficaci, di perdere la loro ragion d’essere se l’attuazione è convulsa e l’obiettivo di non perdere i finanziamenti prevarica la reale capacità di incidere sulle questioni per cui sono stati previsti. E’ difficile avere il coraggio di perdere i fondi perché sui Fondi Europei ci guadagnano tutti: i presidi, i segretari, i tutor, i bidelli. Come si fa a far passare la linea che non vi sono i tempi tecnici per attuarli seriamente e quindi i fondi si rinviano al mittente? Perché non far slittare la chiusura delle attività e la rendicontazione a fine anno 2008 in modo tale da consentire, alla ripresa del nuovo anno scolastico il termine dei percorsi con tempi possibili e distesi? La nuova programmazione tenga conto dei tempi della scuola. Si decida finalmente che progettiamo in maggio per cominciare a settembre, distesamente.
Fino a febbraio le scuole avviano i corsi secondo le vecchie “Linee guida”. Bandi formulati, Esperti individuati sia pure con le difficoltà di cui sopra. Le nuove “Disposizioni e Istruzioni ed. 2008” sono pubblicate in rete il 20 febbraio 2008. Panico. Nella misura F, ad esempio, per le attività di recupero della dispersione scolastica, si nega la facoltà per le scuole di affidare incarichi ai dipendenti del Ministero della Pubblica Istruzione. Molte scuole hanno già affidato gli incarichi a docenti di altre scuole, riconosciuti competenti per ottimi currricula. Perché tale punizione per i docenti? Capisco se le attività riguardano moduli teatrali, musicali, in cui le competenze esterne sono più necessarie. Ma se un insegnante ha competenze certificabili per il tipo di attività proposta, lo escludiamo solo perché è insegnante? Che fare? Recedere dai contratti? Ripensare la progettazione esecutiva? Dove è il rispetto per le scuole e per un lavoro serio?
Qualche scuola seria – ce ne sono – programma per tempo: a settembre decide sulla base dei fondi che ha e nella previsione di quelli ipotizzabili sulla base dell’anno precedente. Elabora il proprio piano, insomma il POF, decide pochissime attività pomeridiane e tutte ben meditate e consentanee al curriculum di scuola. Per altro si sa bene che se vogliamo valutare se una scuola funziona, lo vediamo dalla qualità e dal numero ridotto dei progetti accessori. Vuol dire che si lavora bene al mattino, sul curriculum. La scuola decide, per esempio che si continua un progetto teatrale pluriennale di qualità. Impegna l’esperto/regista, destina i pochi fondi, comincia subito. Mal gliene incolse. Ad ottobre/novembre si dà la possibilità di accedere ai Fondi Europei. Siccome la scuola è seria, non si scervella per un altro progettino in quanto persiste nell’idea che le attività pomeridiane devono essere compatibili con la reale sopportabilità e la coerenza didattica di queste. Allora richiede i fondi per continuare a fare teatro con qualche finanziamento in più. Quando arrivano le autorizzazioni e, a gennaio inoltrato, si deve svolgere la procedura complessa prevista, che fa la scuola? dice grazie e rimanda i fondi indietro o fa qualche passo di accomodamento? Allora, pur nella legalità del bando, sollecita l’esperto già operante a partecipare allo stesso bando, spera che non rispondano altri e, se è fortunata, nonostante le attività siano state avviate in ottobre, imposta un nuovo registro presenze da cui devono risultare 50 ore fino a maggio. L’accomodamento tuttavia consente di ricavare un buon finanziamento, di sopportare meglio le spese di gestione. Insomma, si trova la forma adatta: pur con qualche marchingegno burocratico la scuola seria continua a perseverare nei suoi obiettivi di limitazione dei progetti e fa in modo che le carte risultino a posto.
A dicembre il Ministero chiama le scuole a elaborare altri progetti per aprire le scuole al pomeriggio. Altro Collegio docenti, tanti bravi insegnanti impegnati su una progettazione che li distoglie dal fare quello che dovrebbero fare, prepararsi per insegnare bene al mattino. Anche in questo caso, le scuole serie hanno indicato le attività che già facevano. La scuola di cui sopra, pervicacemente, non sapendo ancora se avrà i fondi europei, indica sempre il teatro, insieme con altre attività già programmate. Le scuole in questi giorni conoscono i risultati dei finanziamenti. A cose fatte. Si dovrà fare ancora qualche burocratico slalom di rendicontazione? Che farà la scuola pervicace di cui sopra?
In conclusione Verrà il giorno in cui sapremo a giugno di quanto potremo disporre nell’anno scolastico successivo per decidere con chiarezza in relazione ai finanziamenti? Verrà il giorno in cui le scuole avranno tempi e spazi distesi per programmare seriamente? Siamo sicuri che gli interventi straordinari consentano di migliorare le competenze e rispondere ai bisogni formativi che emergono durante le attività curricolari? Siamo sicuri che i docenti, le segreterie, i presidi, persi dietro le procedure complesse della progettazione europea, non perdano di vista la relazione serena con gli studenti e il clima di lentezza produttiva e seria che è il meglio della scuola? Cambia veramente la scuola se puntiamo sulle attività pomeridiane? La rivoluzione vera della scuola non passa forse da una diversa articolazione del tempo scuola, dalla qualità degli spazi, da una organizzazione delle attività didattiche dei docenti funzionali davvero ai bisogni degli studenti? Lo rileviamo nella gestione dei corsi di recupero: non funzionano quelli pomeridiani dopo sei ore di lezione. Funzionano se lavoriamo con qualche piccolo esempio di flessibilità che consenta agli studenti più fragili di essere guidati meglio sul metodo di studio, sulle capacità di lettura, con un tutoring curriculare più attento. Invece le scuole fibrillano dietro ogni proposta, senza momenti per riflettere, senza cambiare realmente. Non giova la fibrillazione nelle scuole. Ci lascino un po’ in pace
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