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Sulle Indicazioni per il II biennio di un Istituto tecnico o
professionale
di Gabriele Boselli, consigliere CNPI 0.
Proiezioni pedagogiche
Un
Istituto tecnico o professionale è una scuola ad alta tensione verso il
futuro impegnata in un percorso di
specializzazione a carattere scientifico-tecnico utile, una volta
concluso il percorso, a immersioni felici nel mondo del lavoro o alla
prosecuzione degli studi. Per questo le indicazioni devono riguardare i
saperi, le conoscenze, le capacità, le competenze e le abilità, con una
chiara distinzione tra le varie proiezioni pedagogiche, spesso anche nei
documenti ufficiali confuse tra loro.
Abilità:
da habeo, possesso di conoscenze pratiche, maestria nell’esercizio delle
pratiche di competenza.
Ambiti
da
ambire , andare intorno, zona costellata da relazioni epistemologiche
interne costanti, luogo di giochi di conoscenza consolidati
Assi
(costellazioni di riferimento, fulcri, punti intorno cui il resto si
gioca)
Capacità
da
capio, prendere, comprendere in forma potenziale un ampio volume di
conoscenza, atto del saper tradurre in fatto un costrutto teorico.
Competenze:
capacità di servirsi di conoscenze strumentali pre-strutturate in
situazioni pratiche di lavoro
Conoscere:
Il verbo essenziale nella scuola, quello onde cui tutto si genera; il
processo attraverso cui un soggetto produce il suo sapere in sintonia e
ulteriorità con la cultura di appartenenza, configurazione teorica
produttiva di eventi creata dal soggetto del conoscere, gli atti
cognitivi puri (non strumentali).
Conoscenze:
i prodotti del conoscere, i fatti cognitivi
Saperi:
la
sedimentazione attiva della conoscenza umana in costellazioni di senso,
l’assommarsi e il consolidarsi in testualità e vettorialità disciplinare
degli infiniti atti del conoscere.
Nesso:
dal conoscere i saperi e i loro ambiti e assi culturali e dall’
apprendere le conoscenze si sviluppano le capacità, le abilità e le
competenze. Questi sviluppi portano a un riconfigurarsi del conoscere a
livelli più elevati. 1. Una
scuola in cui non si insegnano solo conoscenze e competenze ma,
essenziale, la capacità di conoscere e di condurre un'esistenza felice
Mutamenti profondi (non solo trasformazioni) della cultura, della
scienza (e conseguentemente della tecnologia), dell’economia. Queste
cambieranno la nostra vita, incrementando la qualità della vita o
abbassando o contenendo l’abbassamento, ovvero i vissuti (il reale così
come percepito) dell’esistenza. Esistere è essere-al-mondo e il
benessere o il malessere di questo confrontarsi dipendono anche da chi
ci offre occasioni per impostare esperire (da ex perior, passare da,
attraverso) questa relazione.
Gli
studenti IT e IP dovranno essere preparati ad affrontare queste
problematiche così come probabilmente si configureranno domani, non oggi
poiché l’oggi, domani, non sarà più. Le
istituzioni che hanno responsabilità verso il futuro non possono essere
dominate dalla necessità della contingenza ma devono essere aperte sul
possibile anche non immediato. Quella che i lavoratori della scuola e
dell’IT e IP in particolare disegneranno e costruiranno ogni giorno è
una nuova forma-educazione, aperta alla complessità e alla
iper-fluidità, resistente alla precarietà e costruttiva di altri modi di
sapere e operare sulle strutture della produzione materiale e
immateriale. Il
pensare e il conoscere delle scuole e delle università devono essere
trasmesse ai giovani in modo che questi siano capaci di conservare quel
che va conservato (il grande patrimonio materiale e immateriale italiano
ed europeo) e creare quel che è possibile per favorire la qualità della
vita. Scopo
dell’ IT e dell'IP è dunque formare “tecnici qualificati e competenti”
in grado non solo di apprendere e adattarsi, ma di accompagnare
il progresso della scienza e della tecnologia e contribuirvi
creativamente. Formerà persone dal solido carattere, capaci non solo di
desiderare ma anche di volere, dotate di fiducia in se stesse e di
speranza nel domani. Dalla
scuola dell’infanzia all’università, al mondo dell’economia, si produce
ad alti livelli qualitativi quando chi ne fa parte sente di avere
qualcosa di importante in comune con gli altri; quando sussistono
relazioni positive che portano a ulteriorità le persone e il loro agire
pratico; quando elevate capacità di conoscere e di collaborare portano a
innovare conoscenze e prodotti, assicurando un successo non effimero.
Non servono giovani che sappiano operare solo secondo istruzioni.
Dunque IT e IP come comunità di insegnanti/Maestri, alunni,
rappresentanti del mondo delle
istituzioni e dell’economia impegnata sul terreno del conoscere e
del porre le premesse al fare. 2.
Conoscere, conoscenze, saperi, competenze, abilità Perché
spesso il ragazzo non vuole aprirsi alla possibilità di conoscere e
anche molti che potrebbero fare di più si limitano ad acquisire
competenze che gli fruttino buoni voti e certificazioni? I motivi sono
molteplici e certo influisce potentemente la svalorizzazione mediatica
della scuola e della cultura in genere. Peraltro la rappresentazione
prevalente nella società presenta un quadro di conoscenze epi-stemiche,
che stanno sopra il fluire degli eventi e dell’attività intellettuale
dei soggetti individuali e collettivi.
L’atteggiamento epistemico
-non
epistemologico-
fa smarrire coscienza e conoscenza; non rimane allora che il risucchio
nel gorgo di un apprendimento meramente competenziale. Non è così
infrequente che il ragazzo sia indotto a dimenticare il se stesso più
autentico per apprendere senz’altro la verità senza soggetto delle
discipline pensate "etsi discipulus non daretur".
2.1
“Sbocciare da se stessi”…..e qualche volta appassire precocemente
Conoscere é inteso dal pensiero fenomenologico come lo
“sbocciare da se stessi” a un mondo che non è solo un prodotto
dell’attività rappresentativa dell’io, ma che tale non sarebbe se l’io
non fosse. E’ conoscenza
essenziale quel sapere
che avvicina il soggetto all”argomento fino al rendersi presente di quel
che è remoto, quel che porta all’apparire, al generarsi in evidenza
autentica dell’ignoto entro l’ambito di ciò che è noto. Un IT
o IP può/deve offrire un orizzonte storico affidabile per l’intelligenza
dell’essere: offrire dunque occasioni al formarsi di una coscienza
che sappia volgersi a conoscenze e saperi (costellazioni di
conoscenza) essenziali in quanto lasciano essere anziché
trasmettere statuti di ciò che la cultura dà per acquisito. Se il
conoscere che si impara a scuola non fosse in primo luogo interpretativo
dell’essenziale, del gratuito sarebbe chiacchiera, introduzione al culto
del Nulla.
Le
discipline sono atti di costruzioni del sapere di lungo respiro; portano
a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e
probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato
e prossimo venturo. Laddove la competenza (parente impoverita
della conoscenza) risiede nella pur indispensabile cultura dell’
“utile”, l’essenziale abiti in quella della “fondazione”; dove la
competenza é ri-saputa, la conoscenza
è sapere in-finitamente in atto. Se l'
attenzione è rivolta ad un soggetto intero che vive ed esperisce
in un ambiente culturale, allora
l'intero del soggetto va collegato
all'Intero della cultura. Certo la cultura è tutt'altro che
unitaria; proprio per questo vanno ricercate trame di conoscenza non
analitiche, nè specialistiche,
che sappiano connettere i saperi tra loro.
Le
competenze da sole non servono a “dominare” l’ambiente scolastico o di
lavoro, lo promettono soltanto;
da
sole sono il sapere del servo anche perchè la complessità del mondo non
è governabile con logiche lineari e deterministiche. Ogni autentico
sapere è sapere della libertà, trova la sua più alta attuazione nel
pensiero critico e creativo; è lasciar essere i soggetti e le cose; se
non c’è apertura essenziale (originale) l’altro-dall’io non esiste se
non come mero oggetto.
Conoscere è attuare un discorso che é animato da tensori interni
ed esterni e si attua come percorso indagante, consapevole della
prossimità a molteplici radici degli eventi, allocabili nella pluralità
degli spazi e dei tempi, che ci sono ignote.
Un curriculum (tra
le conoscenze) é essenzialmente un vettore
che attraverso porte talora semichiuse e proponendo sistemi
simbolici unitari riprende il carattere organico e armonico ma sempre
incompiuto del pensiero.
I
saperi (costellazioni di
conoscenze) dunque
costituiscono la condizione necessaria per pensare e per educare la
mente a conoscere il mondo. La
scuola, luogo di cultura,
forma negli alunni e consolida nei maestri menti critiche,
autonome, creative, interroganti,
menti che hanno memoria
e dunque sanno
guardare avanti.
2.
2.2
Sulla competenza (la cassetta degli strumenti del robot) Al di
là degli delle Indicazioni o dei Programmi “storici”
esiste una perenne teleologia programmatica che assegna alla scuola
finalità di alto profilo, importanti in tutti gli ordini di scuola: la
promozione di una nuova e buona qualità della vita, la maturazione
dell’identità, la conquista dell’autonomia. Sarà
adesso importante tutelare
le discipline dall’approccio efficientista di un’azione mirata
soloal raggiungimento di obiettivi e traguardi e che tende a far
emergere solo la capacità prestazionale senza
curarsi troppo di aiutare la formazione del pensare il mondo, di
interrogare gli eventi.
Quel che conta non è per molti l’andare ma il raggiungere traguardi,
possibilmente prima degli altri.
Sarebbe il trionfo dei
risultati, della non
considerazione dei princìpi.
L’enfasi sulle competenze -disancorate dalle conoscenze- esprime una
subalternità della scuola al mondo dell’economia; si tratta per alcuni
solo di far sì che i soggetti siano messi nelle migliori condizioni per
rispondere alle esigenze del settore produttivo che chiede alla scuola
di formare individui che sappiano adattarsi alle sempre mutevoli
esigenze del mercato (vedi la stessa accentuazione su alcuni valori
quali la flessibilità, che avviene non a favore dello sviluppo
intrinseco della persona ma in funzione dell’economia).
La
centrazione sulle competenze (con messa in silenzio dei saperi e delle
conoscenza) appare fortemente riduttiva perché enfatizza un aspetto
periferico e strumentale del sapere;
la competenza -sia pur impropriamente estesa e stiracchiata
al massimo nel significato- non può collocarsi al centro e rappresentare
l’unica prospettiva di
impegno pedagogico. La
competenza viene proposta da alcuni documenti ministeriali quale
prestazione misurabile e certificabile.
Le conoscenze sono in questa prospettiva “apparati serventi”;
asservite pertanto alla produzione di risultati. Conta l’esito, il
raggiungimento del traguardo…..
“Traguardi”? A nostro parere,
il rischio è quello di offrire una traccia pretenziosa ma nel
contempo molto debole del
processo di crescita, soprattutto nelle età più intensamente evolutive
della vita. Decisamente parziale e miope soffermare l’attenzione solo su
ciò che è osservabile. Il processo di crescita non sempre è graduale e
progressivo; i tempi possono essere lunghi, differenziati e i
sanzionamenti rischiano di ridurre le motivazione ad apprendere.
Pensiamo all’ educazione quale apertura al possibile; va allora
data importanza, attraverso
un atteggiamento di attesa attiva, anche a ciò che ancora non c’è. E’ la
cultura e il modo in cui si interagisce con essa che consente alla mente
di formarsi. Si tratta di aiutare il ragazzo a costruirsi
modi di guardare il mondo che abbiano valore di tipo generativo.
Sul
piano epistemologico, conta
la costruzione della conoscenza,
contano i saperi: le competenze sono loro effetti secondari
, assai importanti in un IT o in un IP ma secondari, in quanto
capacità di uso e di applicazione dei saperi.
Sono derivati della conoscenza,
conseguenti a un percorso di conoscenza. Costituiscono il
positivo esito di processi di comprensione. Non si dà competenza
senza conoscenza (la terra), senza cultura. Un soggetto che tende
alla conoscenza costruisce un quadro teorico in grado di render ragione
dei fenomeni culturali e fisici
nella loro complessità
e interezza; e si troverà meglio anche sul piano dell’operatività
concreta, acquistando agilità per acoompagnarsi nelle grandi
trasformazioni dell’economia che ci attendono. La
competenza non può essere posta come valore di per
sé; va pensata nei
suoi rapporti con la conoscenza e con la globalità dell’esistere del
ragazzo e della comunità educante perché altrimenti diventa valore
insensato in quanto interessato a un accumulo di risultati che
potranno anche essere immediatamente spendibili sul piano economico ma
che non aiutano la formazione di un soggetto autonomo, dunque non
“suddito”, asservito alle varie province della globalizzazione,
ma cittadino.
Competenza è invero una parola usata impropriamente usata come una
fisarmonica; può infatti usata per designare anche molti aspetti
attribuibili al termine “conoscenza”: -
capacità di trasferire le abilità in contesti diversi -
capacità del soggetto di entrare in rapporto con il mondo,
con gli altri, con se stesso
avendo acquisito abilità e
strumenti che gli
consentono di effettuare questa operazione.
Educare alle competenze (espressione impropria, alla competenze non si
educa, vi si istruisce) può voler dire vincolare come liberare. Dipende
dallo spirito. Allora –ma solo quando sia esito di un percorso di
conoscenza- aiutare qualcuno a divenire competente vuol dire aiutarlo a
diventare più libero, certo a sopravvivere con minori difficoltà. In
questo studio ho cercato di dare una definizione più rigorosa del
termine.
3.
I docenti. Chi (idealmente) sono?
L’insegnante
IT o IP è persona consapevole di essere nella condizione di impiegare
parte del suo tempo nel processo di generazione della cultura e
dell’economia. Contribuisce all’evolversi della società e delle
strutture produttive, apre spazi e offre agli alunni metodo per
conoscere. Insegnare significa saper accettare anche di essere
illuminati dalla curiosità, dall’intuizione, dall’impeto e dall’intelligenza
delle nuove, multicolorate generazioni.
L’insegnante IT o IP è persona di cultura che ama studiare, porsi in
relazione e creare e che ha accettato questo lavoro come occasione di
espansione della propria professionalità. Si è formato su una disciplina
e su un mestiere; ma è capace di trasformare il proprio conosce e il
proprio lavorare. Ha pubblicato gli esiti delle sue esperienze e/o
ricerche teoriche. E’
costruttivo e creativo di pensiero. Offre situazioni di apprendimento
delle discipline in cui ciascuno studente possa prendersi cura di sé e
del mondo, sa essere autore di un invito rivolto a
ciascuno a trovare una via
personale alla conoscenza e al lavoro. Porta
in dono agli alunni una disciplina rigorosamente studiata, fedelmente
ricostruita, personalmente frequentata, ripensata,
interpretata, reinventata, messa in opera. Cura
insieme ai colleghi la documentazione non solo come archivio di atti
didattici. Documentare è auto-testimonianza e
testimonianza di
quanto l’alunno e la sua scuola hanno elaborato; è proiezione
all’esterno di un’immagine adeguata e autentica. Il valore del
documentare non è temporaneo; con gli anni, verrà riletto e ci farà
intendere meglio il valore di ciò che si è insegnato e imparato.
L'insegnante/Maestro è protagonista di un cammino continuo, sia sul
piano umano che culturale, per conoscere e aiutare anche i ragazzi con
difficoltà (disagio sociale, disturbi dell’apprendimento, handicap).
Cerca dunque di capire l'altro nelle sue fragilità ma anche nelle
sue capacità. Il suo percorso é in gran parte frutto di autocoscienza,
ma anche di impegno, dialogo, dialettica; aiuta a
intendere quello che l’alunno può diventare. -La
disciplina, sapere intrinsecamente incompiuto, colma la sete per farla
divenire più forte. Non sazia, non stufa e a tale scopo è necessaria una
certa misura e i modi giusti (piacevolezza del discorso). In particolare
occorre che anche l'insegnante abbia sete di conoscenze e
continui a interrogarsi su come meglio risistemare le proprie per
offrirle agli alunni. Si
vuole un lavoratore della conoscenza che abbia davvero qualcosa da
dire e da dare.
4,
Gli studenti IT e IP : chi
(idealmente) sono Sono
ragazzi che, nel profondo, hanno, oggi come ieri, desiderio di
avventurarsi nel conoscere, d’imparare, di trovare un lavoro che non sia
solo vendita del proprio tempo di vita. Il profilo si fonda su una
solida cultura tecnica, forte propensione all’innovazione, su un sapere
esperto, sulla capacità di valorizzare la cultura del territorio in
un’ottica internazionale.
Si tratta di accentuare il valore della ricerca, dell’innovazione, della
capacità di gestire tali aspetti.
Con
l’aiuto dei genitori, degli insegnanti, degli ambienti di lavoro, i
ragazzi pervengono a uno stadio evoluto di consapevolezza disciplinare
(capiscono il valore di ciò che studiano). Sono maggiormente consistenti
e conquistano, quindi, solidità per affrontare la prosecuzione degli
studi o il mondo del lavoro.
Imparano
un metodo per sviluppare il proprio conoscere;
intendono utilizzare la scuola come
spazio di autorealizzazione;
si danno significative premesse per contribuire all’evolversi della
società. Il
giovane che frequenterà l’IT o l’IP è augurabilmente non plagiato dai
media ma è contraddistinto dalla curiosità, dall’intelligenza critica e
creativa, dalla voglia di fare. Se non lo è, può diventarlo e occorre
che l’insegnante ne sia convinto: dal docente/Maestro il ragazzo
apprenderà ad avere una visione del mondo alta (capacità astrattiva),
larga (estensione di campo), si sarà appropriato della metodologia e
della logica delle varie discipline, della tipologia di lavoro
intellettuale e pratico che ogni disciplina singolarmente sollecita.
Acquisirà un’ educazione intellettuale complessiva (intenzione di
conoscenza verso il mondo, interesse genuino nei confronti dello
studio come del lavoro).
5.
A cosa fondazionalmente si educa in un IT o in un IP. -L’Intero:
si insegnano bene le strutture fondanti di un mestiere per la vita
quando si ha presente l’Intero della vita (la Cultura, l’economia, le
relazioni umane, le arti). Il ragazzo non dovrà entrare nel mondo della
matematica o della chimica ma nel mondo nella sua interezza: non vivrà
solo in laboratorio anche in una fabbrica, in un’officina.
-Coscienza
critica e autocritica:
si è padroni di un mestiere e di una disciplina quando si avvertono le
precarietà delle conoscenze e delle competenze, i limiti della propria
preparazione/impreparazione, insieme a una sicurezza di fondo intorno
alle proprie capacità.
-Continua inter-rogazione: la disciplina va interrogata (va messo
in questione l'ordine precostituito delle conoscenza) e inter-rogata
(cercata fra noi e gli altri, nel tempo e nel luogo in cui ci si
ritrova). Non si mira a verificare la corrispondenza delle conoscenze
del maestro e dello studente ma a cercare meglio la verità che consiste
in discorsi e pratiche, anche diversi, ma che si ha la capacità di far
convergere.
-Fine dell' insegnamento IT o IP é dare profondità alla visione del
mondo e insegnare a muovervisi con buone probabilità di successo. Ma
la direzione in cui vanno i nostri sforzi la
possiamo anche vedere nella ricostituzione intellettuale e operativa
dell'unità tra soggetto e mondo e nelle varie visioni del
mondo. Si potrebbe anche aver successo nella professione ma non essere
felici.
Le
discipline dei saperi
In
questa prospettiva le discipline come officine di senso stanno
nell’attività di conoscenza del mondo nei suoi fenomeni intellettuali,
fisici e nelle attività economiche, più che nelle pagine dei libri di
testo che li mettono su carta. La disciplina non mostra ma indica,
indica qualcosa che non sta al suo interno, che non le appartiene; fa
familiarizzare, con pratiche di conoscenza e competenza.
-Le
discipline sono in generale discipline del lasciar essere, del
lasciar vedere, dell'esortare all'intersoggettività, alla
collaborazione.
Non
del far diventare, del far vedere, del mostrare.
Si
tratta di capire quali saperi e quale loro articolazione
possano aiutarci a interpretare il
nostro tempo
e a pensare al futuro. Quali sono i saperi che ci consentono di
assumere decisioni
ponderate in uno scenario
di vita in cui fare previsioni a lunga scadenza sta diventando
impossibile? Quali saperi
consentono di orientarci nel mondo e nella vita? Quale curriculum tra i
saperi può sviluppare non tanto le competenze o le conoscenze, ma la
pura capacità di conoscere?
Va
scelto l’essenziale (e non il minimo) perché nell’essenziale c’è il
nucleo generativo del
conoscere.
L’essenziale è essere in potenza e si coglie alla partenza, non al
traguardo; è chicco di
grano che contiene in germe la piantina;
è destinato a crescere, il minimo a estinguersi.
Il
dibattito sui saperi (estensioni del campo di possibilità del conoscere)
avviato qualche tempo fa, pare aver subito una battuta d’arresto; adesso
la questione generale parrebbe essersi ristretta a quella della
“competenza” e alla misurazione del raggiungimento dei relativi
“traguardi”. Il
conoscere essenzialmente è
-tensione a costruire significati culturali e esistenziali nella
relazionalità intesa sia quale intersoggettività
che interconnessione con la totalità dei fenomeni
-tensione, radicata nella
memoria, a interpretare,
rivedere, inventare,
progettare
-tensione a creare
significati condivisibili entro contesti e storie differenti e diverse
-precario possesso di strumenti
che amplificano,
senza asservirle,
assorbirle,
depersonalizzarle, le
possibilità intellettuali e pratiche del soggetto.
6.
Note intorno ad alcune discipline
6.1Religione La
teologia – filosofia ancorata alla fede che è ritenuta derivante da un
messaggio di origine divina – è la struttura storica di tutte le
discipline elaborate in Occidente, in particolare di quelle che tendono
a dimenticare di venire da una storia.
L’insegnamento della religione dovrebbe mirare a volgere l’attenzione
delle persone all’Intero (l’universo come unità assoluta, Dio)
attraverso lo studio delle Scritture, sia la Bibbia sia la teologia
successiva. La teologia è stata per 1600 anni la regina delle scienze.
Il pensiero occidentale (dunque ogni forma di sapere) ha una matrice
teologica.
6.2
Filosofia
La
filosofia -nelle forme più adeguate- andrebbe studiata anche negli
istituti tecnici e professionali poiché intrinsecamente educativa.
E’ il ponte principale che unisce intenzionalmente (tensione verso ma,
allo stesso tempo, comprensione della distanza permanente) l'uomo al
mondo degli eventi nella sua interezza anziché ad una sua frazione, come
ordinariamente fanno gli altri saperi. Gli eventi sono per qualcuno e
cambiano in base al punto di vista che non è solo uno. E’ una
forma di sapere non epistemica (scienza immobile che sovrasta) ma
epistemologica (scienza dialettica e dialogante), un discorso su
qualcosa condotto da qualcuno, che è influenzato dal contesto storico e
dal suo cambiare. La filosofia è destinata ad evolversi con il mutare di
tutti i suoi soggetti e contesti. La
filosofia è critica ma si pone pure il problema dei valori da additare
ai giovani e ai loro
maestri. È un approccio che investe tutte le discipline. È il
luogo che lascia spazio al comprendere, attività dello spirito che verte
non su quello che è acquisito ma anche su quello che potrà venire. È
connessione autentica e non artificiosa di eventi. Non
pretende di registrare i fatti o di coglierne il significato
indipendentemente dalle relazioni col soggetto ma, ascolta le voci dei
ragazzi e di grandi maestri per trarne narrazioni, sintesi e nuclei di
orientamento nel pensare e nel vivere.
6.3
Storia e geografia Gli
eventi e i pensieri del presente o di qualunque altro tempo derivano da
una storia e da una geografia, dai luoghi e dai tempi in cui lo spirito
dell’umanità ha condotto i suoi passi. Gli
stessi eventi materiali, gli stessi fatti non sarebbero accaduti se il
vento del pensiero non li avesse sospinti: è l’idea, più che i fatti,
che muove la storia e disegna il mondo. Sono le intenzioni degli uomini
che, in lotta con la situazione che si trovano davanti, ne mutano il
corso. Anche
la geografia vede mutare il suo oggetto, particolarmente da quando la
tecnica ha amplificato la potenza trasformatrice della specie umana.
6.4
Lingua italiana,
straniera Una
lingua, in particolare la lingua materna, non è solo strumento
per comunicare nel mondo: è un mondo e un profilo singolare e totale del
mondo. È singolare perché ciascuno di noi parla e scrive in lingue
diverse; è totale perché tutti parliamo, pensiamo ed ascoltiamo la
lingua madre. È una luce, un suono (Dante) e ridisegna - a livello
mentale - la globalità dei fenomeni sia culturali sia naturali.
L’italiano è la nostra lingua-madre in quanto ha generato il modo di
pensare e di conoscere di ciascuno di noi.
6.5
Matematica La
matematica è un processo astrattivo che, attraverso propri linguaggi
e strutture formali riconosciute dalla comunità dei matematici, consente
di ordinare i fenomeni presenti alla coscienza del soggetto individuale
o collettivo. Si capisce la matematica quando chi insegna parte da
qualcosa che può far vedere, dal concreto. La
matematica “pura” viene generalmente pensata come scienza assolutamente
astratta (tratta fuori dai fenomeni); è proposta come teoria che non ha
bisogno di soggetti né di costante correlazione a dei dati di
esperienza. Ma
forse non è così dato che la matematica è scritta da esseri che
condividono la nostra storia, il nostro ambiente fisico, il nostro tipo
di cervello e di corpo. Anch’essa come gli altri saperi è il frutto di
una particolare epoca della sua storia ed è segnata dalle circostanze
dell’ambiente, sta dentro i limiti del pensare e del conoscere di tutta
la conoscenza umana ed è piegata dalla personalità dei suoi autori e dei
loro relazioni con altri studiosi. E’ una
scienza storica che non ha forme obbligate di svolgimento
ma che costituisce semplicemente il particolare modo di pensare che
l’uomo ha sviluppato nel corso della sua storia. Ritengo, cioè, che
avrebbe potuto anche svilupparsi in modi diversi. Del resto ci sono
matematici che amano cambiare postulati e sviluppare da questi nuove
teorie, diverse da quelle precedenti. Quel
che distingue la matematica da altre scienze e in particolare dalle
scienze umane non è dunque la sospensione dall’esperienza ma un rapporto
meno diretto e vincolante con l’esperienza. La riduzione delle
oscillazioni di significato è meno ampia rispetto ad altre discipline e
in particolare alle scienze umane. La
soggettività non è qualcosa da evitare sul piano scientifico, ma è
elemento prezioso: i matematici non vedono e non ragionano tutti allo
stesso modo ma sono soggettivi. La conoscenza matematica, così come le
altre, nasce dall'incontro dell'io con il mondo entro il campo della
cultura e delle tradizioni di ricerca scientifica. (Gadamer). Il
secondo Husserl, un matematico poi divenuto filosofo, ha ritenuto nella
Crisi delle scienze europee che la matematica abbia un maggior
grado di universalità, sia il linguaggio più generale e
comune per cui si costituisce la relazione tra gli uomini, in cui questi
si volgono al mondo, cercano di conoscerlo e studiare come intervenirvi.
6.6
Scienze In un
istituto di questo tipo quella scientifica non é attività di neutrale
riproduzione di un oggetto ma conoscenza teorica, pratica e…poetica
condotta da un soggetto consapevole di essere/esser-ci e di stare dentro
un campo di storie e di intenzionalità (Zanarini). Con il
sapere scientifico si entra in una dimensione quantitativo/qualitativa.
Dove qualità è interrogazione perpetua sul qual-essere degli argomenti
di studio e quantità è studio del replicarsi di fenomeni
qualitativamente configurabili come analoghi (mai identici). Fare
scienza è interagire teoreticamente con il mondo entro un quadro
epistemologicamente fondato e sistematicamente correlato a un campo di
esperienze incentrato consapevolmente sul soggetto umano (Husserl). Ogni
affermazione e ogni confutazione son provvisorie statuizioni
del livello di affidabilità di una teoria, qualcosa che appare
migliore di quel che precede (teoria antagonista) o comunque del nulla
(Popper, Antiseri) Noi
vediamo quel che entra nella nostra struttura pre-comprensiva, quel che
siamo intenzionati a vedere dato il nostro orizzonte di attese
(Heidegger, Heisenberg,). Non
esistono esperimenti che non facciano agire e non siano agiti da una
teoria. Questa trans-forma il campo e ne è trans-formata (Bordoni,
Zanarini).
-L'atto tecnico e/?/o scientifico deve prendere in esame la relazione
con il soggetto dell'atto scientifico e i contesti (Bertolini). I
soggetti non sono un prodotto ma dovrebbero essere il fine dell'attività
scientifica e didattica. Il contesto è senz'altro fondazionale per
comprendere i soggetti e il sapere che ne viene.
-L'atto tecnico deve accogliere la complessità e dominarla, l'atto
scientifico può anche ridurla strumentalmente (Ceruti) -Se
pur relate da elementi comuni (agire entro un campo di esperienze e
fondazione epìistemologica) vi sono legittime differenze di metodo tra
scieze umane e sc dello spirito. Tra queste, il vivere circondati da
apparati, la limitata tolleranza statistica della non riproducibilità
(Bordoni, Zanarini). Tra
esperienze e criteri di scientificità opera la teorizzazione vera e
propria e vi disegna un continnum teoria-nonteroria -Nella
ricerca come nell'insegnamento scientifici, noi costruiamo un'immagine
del mondo e dell'altro più o meno consapevolmente collegata alle nostre
(dell'umanità o più spesso della comunità dei ricercatori) attese, al
nostro progetto, alla nostra linea di intervento, al nostro mondo
estetico, cognitivo. Occorre rendersene conto ed esplicitare agli
interlocutori la formazione intersoggettiva (trascendentale) della
conoscenza scientifica come storia di atti ermeneutica (Antiseri). -La
soggettività intellettualmente, moralmente, esteticamente consapevole,
esplicita, responsabile, non è qualcosa da evitare sul piano
scientifico, ma è elemento prezioso (Bertolini). La conoscenza nasce
dall'incontro dell'io con il mondo entro il campo della cultura e delle
tradizioni di ricerca scientifica (Gadamer, Bordoni). Senza la
compresenza efficace di questi tre termini non vi è conoscenza né
insegnamento. -Il
mondo si dà ma non è un dato (Mancini); rappresenta una sorta di "testo"
da interpretare. Come testo andrebbe letto liberamente senza griglie
fisse o schemi precostituiti di lettura perchè gli schemi precostituiti
impediscono di prestare attenzione al singolo soggetto e annullano la
capacità di stupirsi (Cavallini). E solo dallo stupore, come ci insegna
una cultura bimillenaria, può nascere la conoscenza. -La
tecnica e la scienza devono fare il possibile per sottrarsi forzose
semplificazioni del pensare ed esplorare l’universo entro tavole di
navigazione più profonde e ampie, estese nei millenni e nella pluralità
della fisionomia dell'Occidente (Ceruti). -Le
fondazioni dell'attività tecnica e scientifica si esprimeranno allora
nell' attenzione (autoreferenziale no, ma autonoma si) al "qual essere"
degli eventi come "qual essere a": alla storia, all'epoca e costruzione
di scenari (Heidegger); in ambiente scolastico soprattutto ai soggetti
individuali in formazione .
-E'
importante mantenere nella scienza e nel suo insegnamento un senso
dell'intensità intenzionale e nel contempo della ristrettezza dei limiti
generali (lo scientismo e l'economicismo riconoscono solo limiti interni
al proprio testo) perché il mondo e l'altro sono anche alterità
tenuemente conoscibili, spesso lontane dalla radice degli eventi .
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