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Tutela dell’ambiente e della salute
solo con leggi efficienti che scaturiscano dalla collaborazione tra cittadini ed amministratori

di Gianni Rinaudo

 

Riflettendo sull’attuale situazione ambientale (inquinamento atmosferico, elettromagnetico, idrico, mucca pazza, ecc..) ci si rende conto che tutta questa drammatica situazione, lo sarà soprattutto per le generazioni future, ha origine anche nella lentezza legislativa che non riesce a rispondere speditamente al bisogno di salute del cittadino. Leggi sulle problematiche ambientali ve ne sono a dismisura, ma sovente questi provvedimenti sono condizionati, e se non, anche surclassati, da chi persegue i propri guadagni nella sola logica del profitto.

Oggi le nuove tecnologie, di qualsivoglia genere, pongono alle singole amministrazioni problematiche inaspettate e a ciò si risponde legislativamente in ritardo o a volte si promulgano leggi nella totale incertezza scientifica. La stessa ricerca scientifica è sovente contraddittoria sugli effetti positivi e negativi che le nuove tecnologie possono arrecare all’ambiente e conseguentemente alla vita umana.

Il Parlamento, i consigli regionali, provinciali e comunali per dipanare tale groviglio si affidano alle istituzioni scientifiche (Arpa ecc..) o ad esperti indicati da questa o quella università. I primi in genere si riferiscono alla normativa esistente che sovente è lacunosa, sorpassata o a volte fondata solo su ipotesi scientifiche; dei secondi invece bisogna solo augurarsi che siano oggettivamente onesti.

Certo è che quando vediamo elenchi di ricercatori supportare alcuni nuovi prodotti tecnologici, il dubbio ci assale.

Il problema ambientale è soprattutto un problema di salute e questa è di stretta competenza di ogni cittadino, di ogni persona, di ogni famiglia.

Un filosofo del diritto -Luhmann - afferma che la legge non è solo prodotta (cioè scelta) mediante una decisione, ma vale anche in forza d’una decisione (quindi è contingente e mutabile): le leggi possono mutare, cambiare.

Nell’ oggi la legislazione ambientale ha bisogno di evolvere e procedere rapidamente anche perché e per fortuna la tecnologia cresce in modo vertiginoso.

Il legislatore, a livelli diversi, dovrebbe sempre prevedere la regolamentazione sanitaria delle nuove tecnologie, nella prospettiva cautelare e prima ancora del loro utilizzo, non "giocare continuamente di rimessa". Rincorrere la tecnologia dal punto di vista normativo può provocare irreparabili disagi alla salute e sollecitare sempre più le proteste dei cittadini .

Un altro autore - Weber - ritiene che gli ordini legali valgano come legittimi non soltanto in base al concetto di legalità, presupposto per via razionale, ma anche in virtù di un’imposizione fondata su un dominio legittimo di uomini su altri uomini, e su una corrispondente disposizione ad obbedire. Obbedire quando è a rischio la salute propria o dei propri figli non è facile per nessuno.

Una ricerca Datamedia, fonte non sospetta d’integralismo ambientale, afferma che il 40% degli italiani teme che il cibo sia inquinato, il 30% ritiene grave il problema ambientale, l’11% ha paura delle catastrofi.

La conservazione dell’ambiente e della salute è un’urgenza prioritaria per tutti e qualsiasi politico, responsabile della cosa-pubblica, non deve e non può trincerarsi dietro un "legislatore superiore", torinese, romano, europeo o americano che sia, lento e distante, non sempre disinteressato.

Nella prospettiva di Luhmann e Weber anche un Consiglio Comunale di una piccola città può ardire e cogliere le richieste dei suoi cittadini, in merito alla tutela della salute, compiendo degli atti legislativi coraggiosi.

Per Jurgen Habermas la democrazia ha due livelli: alla società civile tocca il compito di identificare i problemi d’affrontare; ai corpi parlamentari (e agli altri organi costituiti) la responsabilità di risolvere questi problemi con una tempestiva produzione e implementazione giuridica.

E’ certo però che l’influenza politica esercitata dall’opinione pubblica può trasformarsi in potere politico (cioè nel potenziale di assumere decisioni vincolanti) soltanto dopo aver modificato le convinzioni di membri legittimi del sistema politico e dopo aver determinato il comportamento di elettori, parlamentari, funzionari ecc..

E già.

Diventa indispensabile, se si vuole garantire un minimo di futuro ai giovani di domani costringere, attraverso petizioni, dibattiti, scioperi, ecc. al cambiamento tecnologico alcune fonti di grave inquinamento. Si tratta, ad esempio, di stimolare, costringere i governi,locali e nazionali, affinché legiferino in modo da orientare in tempi brevi le grandi aziende produttrici di automobili e non solo a sviluppare tecnologie non inquinanti.

Il problema ambientale è grave.

Per governare i diversi rischi ambientali, i futuri sconvolgimenti che provocherà l’effetto serra, i nostri governanti devono avere coraggio, anche "d’andare oltre" le leggi attuali, se queste non impongono la drastica riduzione degli inquinanti atmosferici.

In relazione all’inquinamento atmosferico non possiamo certo negare che il nodo centrale è il tipo di combustibile utilizzato dai mezzi di trasporto. Il problema non è soprattutto "si usa troppo l’auto" come la maggioranza di noi pensa. La sospensione del traffico domenicale riduce momentaneamente l’inquinamento, ma non risolve, rimanda. Le domeniche ecologiche sono un palliativo, anzi spostano il problema sul cittadino quando invece il problema è "essenzialmente economico", riguarda le politiche del profitto. I combustibili come i pure motori, non inquinanti in grado di garantirci la mobilità necessaria, esistono.

La riduzione dei gas di scarico in atmosfera richiede la prevenzione primaria: "pulire" i combustibili alla fonte, utilizzare combustibili biologici ed innovare il motore.

Il presidente onorario della Fiat affermò mesi fa che la riduzione a zero dei fumi da traffico avverrà tra venti anni. Nessuno gli ha domandato: "perché non è possibile prima? ".

Ci si sta dando da fare per trovare l’origine della materia, per leggere la mente di Dio (vedasi anello di Ginevra) e la soluzione al problema più urgente del pianeta come il petrolio, in quanto fonte di energia, o il motore a scoppio, come produttore mondiale d’inquinamento, non si è mossa di un millimetro, è ancora tutto fermo ad un secolo fa. E’ normale tutto ciò?

Luciano Maiani, direttore generale del Cern, afferma a tal proposito che costando troppo poco il petrolio non si investe nella ricerca appropriata.

Per Eliano Pessa , docente intelligenza artificiale dell’ Università di Pavia, invece "chi detiene il potere (sono i politici?) cerca d’impedire gli sviluppi delle tecnologie, infatti è proprio per questo che il motore a scoppio dura così tanto e le tecnologie del motore rimangono più o meno sempre le stesse. Non c’è nessun interesse alla messa in opera di una nuova tecnologia. Certo è che se qualcuno preparasse una reale alternativa al motore a scoppio o al petrolio farebbe miliardi, ma forse se per caso ci fosse una tecnologia di questo genere non farebbero altro che far fare all’inventore la stessa fine che ha fatto Diesel, cioè sopprimerebbero lui e la sua invenzione sparirebbe".

Condividere la visione pessimistica del professore di Pavia, non credere nella possibilità orientativa del diritto, vuol dire rinunciare a far in modo che le stagioni si susseguano, che la corrente del Golfo scaldi l’Europa…

Deve scendere in campo la società civile e costringere o convincere il Legislatore, anche locale, a formulare leggi che orientino direttamente il campo della ricerca delle tecnologie e delle fonti combustibili.

Anche i nostri piccoli comuni possono operare in tal senso, a livelli diversi.

Perché l’Ente Turismo, i comuni di ... non istituiscono un premio, un concorso per stimolare la ricerca nel campo dei motori non inquinanti, anche in collaborazione con le aziende che operano nel settore (Fiat ecc)?

Non è forse questa, in prospettiva, la miglior salvaguardia dell’ambiente e del suo sviluppo turistico?

Molto dipende dall’atmosfera. Se questa impazzisce…

Società civile e potere politico possono allearsi per contrastare i poteri forti e spregiudicati ed in particolare formulare leggi di maggior cautela della salute dei cittadini.

Se il principio di cautela ambientale avesse sempre ispirato il Legislatore non ci troveremmo nella condizione che Giovanni Paolo II ha delineato nell’udienza del 17 gennaio 2001: "…Purtroppo, se lo sguardo percorre le regioni del nostro pianeta, ci si accorge subito che l’umanità ha deluso l’attesa divina. Soprattutto nel nostro tempo, l’uomo ha devastato senza esitazioni pianure e valli boscose, inquinato le acque, deformato l’habitat della terra, reso irrespirabile l’aria, sconvolto i sistemi idro-geologici e atmosferici, desertificato spazi verdeggianti, compiuto forme di industrializzazione selvaggia, umiliando - per usare un’immagine di Dante Alighieri (Paradiso, XXII, 151) - quell’"aiuola" che è la terra, nostra dimora. Occorre, perciò, stimolare e sostenere la ‘conversione ecologica’, che in questi ultimi decenni ha reso l’umanità più sensibile nei confronti della catastrofe verso la quale si stava incamminando. L’uomo non più ‘ministro’ del Creatore. Ma autonomo despota, sta comprendendo di doversi finalmente arrestare davanti al baratro. È, allora, da salutare con favore l’accresciuta attenzione alla qualità della vita e all’ecologia, che si registra soprattutto nelle società a sviluppo avanzato, nelle quali le attese delle persone non sono più concentrate tanto sui problemi della sopravvivenza quanto piuttosto sulla ricerca di un miglioramento globale delle condizioni di vita (Evangelium vitae, 27). Non è in gioco, quindi, solo un’ecologia ‘fisica’, attenta a tutelare l’habitat dei vari esseri viventi, ma anche un’ecologia ‘umana’ che renda più dignitosa l’esistenza delle creature, proteggendone il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e preparando alle future generazioni un ambiente che si avvicini di più al progetto del Creatore…."


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