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Il
“Ministro” Boscaino
Sull’ultimo
numero di
MicroMega
(7/2011) dedicato al
“Programma dell’AltraItalia”
è uscito un interessante e completo contributo
di Marina Boscaino dal titolo
“Un
programma per la scuola”.
Marina Boscaino collabora a
Pavone
Risorse ed ha un’idea molto lucida
sulla scuola e sul suo futuro. La distanza dalle mie posizioni in alcuni
punti del suo articolo è molto ampia, ma credo sia un contributo che
vada letto attentamente perché frutto di una lucida intelligenza e di
una preparazione puntuale. Diciamo che è uno dei rari casi di contributo
propositivo e non oppositivo che viene dal mondo della scuola, per cui
potrei anche dire che in questo caso sono molto d’accordo con chi non la
pensa come me.
L’articolo è
molto interessante perché permette di evidenziare alcuni punti
controversi che costituiscono gli elementi di maggiore criticità
dell’attuale sistema scolastico. Redatto da Marina Boscaino il
contributo probabilmente è condiviso anche dagli altri collaboratori di
MicroMega e questo apre molti
spiragli in riferimento ad alcuni luoghi comuni sul conservatorismo,
anche perché dalle pagine della Boscaino si percepisce l’idea che la
scuola così com’è non funziona e comunque va cambiata. La colpa maggiore
della crisi della scuola italiana che traspare dalle sue pagine, la
Boscaino la attribuisce ai Governi di centrodestra, ma riconosce che da
molto tempo non c’è un reale pensiero costruttivo neppure a sinistra. E
certamente i risultati negativi delle rilevazioni internazionali
sull’Italia – che datano dal 2000 – non possono essere tutti attribuiti
a Ministri che hanno esercitato dopo tale data.
La Boscaino
inoltre ripropone l’unificazione del primo ciclo dell’istruzione e alla
memoria ritorna il “riordino dei cicli” dei Ministri Berlinguer e De
Mauro, vissuto in maniera negativa dai docenti e dall’opinione pubblica,
forse anche perché declinato con una legge (la 30 del 2000) che aveva
alcuni tratti di confusione a cominciare da quelli relativi all’onda
anomala. Dove debba stare la scuola
“di mezzo” (Scuola secondaria di primo grado o media) è però un tema
affascinante, perché in base a quello che si decide cambia anche
l’architettura del
resto
del sistema (pag. 191).
Terminologia traditrice.
Ci sono tre elementi linguistici che “tradiscono” Marina Boscaino:
Questione economica.
Il problema non è di
poco conto. Scrive la Boscaino a pag. 183:
“la
premessa è la necessità di investimenti culturali ma anche e soprattutto
economici”. E conclude a pag. 196:
“Qualsiasi proposta di sviluppo della scuola (…) deve essere resa
coerente con una visione complessiva delle politiche di bilancio dello
Stato”. Le due frasi mostrano la
complessità del problema: io non penso che si debbano dare più soldi
alla scuola, ma che li si debbano dare meglio invece lo penso. Il
passaggio è molto interessante se si mettono in relazione “investimenti”
e “visione
complessiva”: il punto è centrale
perché finora si è tagliato in forma orizzontale (io sono d’accordo
sull’entità dei tagli, non sull’orizzontalità degli stessi), ma non si
sono fatti investimenti. La Boscaino ne propone uno massiccio
sull’edilizia scolastica e questo penso sarebbe un punto importante su
cui cercare una compatibilità finanziaria, perché i nostri edifici
scolastici sono in molti casi vetusti e poco funzionali, soprattutto nel
Centro Sud. In questo caso serve proprio una visione complessiva per
fare degli investimenti, non una semplice immissione di denaro per
ristrutturare o mettere a norma le scuole dei centri dove quei soldi
arrivano.
Il Governo di Centro-destra ha tagliato
molto, ma io non sono convinto lo abbia fatto solo per fare cassa: io
penso lo abbia fatto anche perché voleva favorire il rafforzamento del
sistema dell’istruzione privata. Questo è un progetto forse non
condivisibile, ma non privo di legittimità, perché in molte parti del
mondo la scuola privata eroga un servizio pubblico migliore di quello
statale.
Reclutamento e valutazione.
I due paragrafi sul reclutamento e la valutazione (pagg. 192-194)
mostrano un vero cantiere aperto. Il contributo giustamente riconosce
che così non si può andare avanti, ma struttura la sua proposta in
maniera che mi sembra un po’ contraddittoria.
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Reclutamento:
la Boscaino propone tre categorie per una fomazione post laurea (anche
se qui andrebbe affrontata la questione della laura in scienze della
formazione):
disciplinare,
didattica,
relazionale; però poi aggiunge
che queste tre voci dovrebbero avere un “riconoscimento
a livello di punteggio nelle diverse graduatorie”.
Io credo che il metodo di reclutamento proposto dalla Boscaino sia
estremamente corretto ma deve coincidere con l’eliminazione di tutte le
graduatorie, che di fatto oggi cancellano proprio le tre voci che lei
propone per il reclutamento. O la qualità o l’anzianità, non ritengo
possibile avere un sistema che le tuteli allo stesso modo entrambe.
-
Valutazione:
la Boscaino scrive che vanno valutati
“il
sistema scolastico nel suo insieme, il singolo istituto, i docenti”
(i dirigenti forse sono impliciti nella valutazione del singolo
istituto) e propone che sia un’autonomia indipendente ad occuparsene.
Trovo l’idea veramente intelligente. Però poi scrive: “bisogna
sgomberare il campo da una visione della valutazione come strumento
punitivo o premiante”. Ma come si
fa? Se io valuto comunque qualcuno sta in alto e qualcuno in basso e se
io non premio e non punisco nessuno vanifico la valutazione che in modo
così intelligente e indipendente ho costruito. In varie occasioni
nell’articolo la Boscaino “disegna” un docente che è piuttosto lontano
da moltissimi che attualmente insegnano nella scuola e questo presuppone
una ridefinizione radicale di tutta la professionalità della categoria
(si leggano le bellissime pagine dedicate ai “Contenuti
disciplinari, conoscenze, competenze”
(pagg. 186-189) o quelle sull’innovazione
e l’inclusione a pag. 194).
Le troppe gambe dell’istruzione secondaria.
I Paesi dell’Ocse si sono quasi tutti strutturati su un sistema binario:
da una parte i
Licei
deputati all’istruzione accademica e teorica, dall’altra il
Vet
System (Vocational
Education & Training) che racchiude
l’istruzione tecnica e professionale, la formazione professionale,
l’educazione per gli adulti (Lifelong
Learning che non coincide con i
nostri CTP, ma semmai con le Università della Terza e LiberaEtà e con
altre agenzie private di formazione) e la formazione tecnica post
diploma. L’enfasi e gli esempi della Boscaino sono quasi tutti di
matrice liceale e umanistica e credo che qui si apra il grave problema
che ha consegnato la formazione professionale e il
Lifelong Learning a segmenti
esterni all’istruzione. Quando propone che l’obbligo scolastico a 16
anni sia tutto interno all’istruzione dà per scontato che ci sia
qualcosa di esterno e professionalizzante cui si può accedere dopo i 16
anni. Io credo che tutta l’istruzione e la formazione debbano stare (dai
3 ai 93 o 103 anni) dentro un unico sistema (come in Finlandia, ad
esempio). E credo che il peso delle materie umanistiche debba scendere
in tutti gli ordini di scuola, per dare più peso a quelle tecniche e
scientifiche. Ma l’impianto proposto dalla Boscaino rimane stimolante
(soprattutto quando propone il biennio unico), anche se comunque di
matrice fortemente liceale.
Tempo scuola.
Questo è forse il punto di mio massimo dissenso dalla proposta della
Boscaino. Nel contributo si dà per scontato che serva più tempo scuola,
senza tenere in alcun conto che noi abbiamo il tempo scuola più lungo
dell’area Ocse con risultati non molto esaltanti. Il problema del tempo
pieno nella scuola primaria è all’ordine del giorno e la discussione
sulla valenza didattica delle due ore giornaliere di mensa e dopo mensa
rimane una questione molto complicata da affrontare in due parole.
L’estensione oraria della scuola in controtendenza con tutta l’area Ocse
a fronte di risultati modesti credo rimanga un vero e proprio problema
aperto. E la contestata Riforma Gelmini del secondo ciclo comunque
modifica un ordinamento che le rilevazioni internazionali stanno
giudicando severamente. Avrei dei dubbi a legare il miglioramento di
apprendimenti e competenze degli alunni all’alto tempo scuola, perché
noi lo abbiamo e siamo dove siamo. La stanchezza di docenti e alunni a
maggio dovrebbe forse farci riflettere sulla durata e
sull’organizzazione della nostra scuola. Un programma come
quello proposto da
MicroMega
dovrebbe essere verificato sul campo. Non so
se sarà possibile. Ma sarebbe interessante vederlo alla prova dei fatti.
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