Il fiore violato
La comunicazione sessuale come ponte tra il
desiderio di parlare del bambino e la volontà di tacere dell'adulto
a cura del dott. Domenico Giuseppe Bozza
"I bambini sono testimoni e maestri.
Sono l'eterna domanda della vita che chiede risposta…"
(Maria Rita Parsi, in Ascoltando
le piccole vittime di abuso sessuale)
Negli ultimi anni, il problema dell'abuso all'infanzia ha assunto
un'importanza sempre maggiore divenendo di grande attualità. L'argomento
è antico anche se solo di recente ha assunto una forte risonanza sia in
ambito scientifico che culturale e sociale. Anche se alcune osservazioni
hanno fatto testo all'inizio del secolo, esso è diventato, in realtà,
soggetto di preoccupazione dei pediatri solo dopo il 1950.
Quello che qui vogliamo trattare non è tanto una presentazione del
concetto di pedofilia o dei contesti in cui essa si realizza. Siamo
fortemente convinti della necessità, dell'urgenza di partire dall'abuso,
ma per effettuare un percorso a ritroso e per soffermarci sulle tappe che
hanno sensibilmente influito sul perpetrarsi della violenza.
"Spesso, sia nella famiglia che nella scuola, si constata un
sistema di comunicazione in cui l'adulto, in quanto soggetto 'ricevente',
riesce a cogliere solo alcuni segni, non riuscendo a percepirne altri […].
Gli adulti dovrebbero avere la capacità di comprendere, di decodificare i
segni attraverso i quali il bambino (emittente) trasmette i propri
messaggi inerenti la sessualità […]. Per una comunicazione efficace tra
emittente e ricevente il messaggio non solo deve arrivare completo al
ricevente, ma deve anche essere correttamente decodificato." […]
(Roccia, Foti, 1997)
Come si evince da quanto appena detto, per poter avere una
comunicazione fluida e lineare tra due persone, è necessario l'utilizzo
di un "codice" che entrambe utilizzino ed entrambe comprendano;
anche nelle forme più complesse che potremo definire
"sottocodici". Nel caso di un rapporto tra adulto e minore, sia
che si parli di un genitore che si parli di un insegnante, sono questi
ultimi ad avere l'oneroso, e per niente facile compito, di imparare a
comprendere ed utilizzare tali sottocodici: se riusciranno in questo
intento, la sessualità dei minori potrà essere compresa non solo con
"gli occhi della mente", ma anche vissuta con tutto il carico
emotivo che il bambino trasmetterà.
E' la comprensione ed il riconoscimento dei sottocodici della
curiosità sessuale, del disagio, della vitalità sessuale, fino a quelli
dell'abuso, il vero obiettivo che si dovrebbe raggiungere.
Perché, infatti, quando la realtà dell'abuso sessuale sui minori si
affaccia, l'evidenza di un fallimento della loro codifica non può che
costituire il bilancio dell'adulto che si sentirà impotente di fronte a
ciò che mai immaginava potesse accadere. Per tanti anni alla parola sesso
è stato associato un significato di sporcizia, di qualcosa di
peccaminoso, la cui trattazione era assolutamente da posticipare al
"quando sarai grande". Ma tenere nascosta una verità ad un
bambino equivale ad alimentare in lui l'elemento trasgressione che lo
porterà a conoscere, a suo modo e con suoi strumenti, ciò che l'adulto
gli ha negato.
Vale sempre di più la tendenza al "far finta di non vedere"?
Perché fa così paura farsi carico della sessualità del bambino, invece
che dare spazio a situazioni di confronto, di ascolto, di condivisione?
Nel caso specifico dell'insegnante, di fronte a "casi
difficili", questi si trova spesso a dover sciogliere i propri dubbi
quali: "cosa posso fare adesso?", "in che modo devo e posso
affrontare il problema?", "qual è il modo giusto di agire in
questi casi?", "c'è qualcuno che può aiutarmi e sostenermi se
decido di affrontare il problema?", "a chi posso
rivolgermi?"
Di fronte a tali circostanze, molto spesso, è comprensibile se la
reazione che ne consegue è il cercare di non vedere o far finta di niente
per il timore di sbagliare. Ed è proprio questa la reazione che bisogna
combattere aiutando a conoscere e a capire meglio il problema.
Innanzitutto occorrerebbe che, nella diade adulto/minore, quest'ultimo
avesse piena libertà di espressione: ricordiamoci che il modellamento è
una delle risorse facilmente attuabili ed evidenziabili nel bambino. Va da
sé, quindi, che se quest'ultimo avvertirà una forma di ostracismo verso
la parola sesso, si adatterà al volere dell'adulto, uniformando le sue
azioni alle esigenze di silenzio del genitore/insegnante, ma a livello non
manifesto, alimenterà il suo desiderio di conoscenza 'trasgredendo' ai
suoi voleri.
E invece qui si vuole puntualizzare che per "farsi ascoltare"
il presupposto primo è il puro e semplice "saper ascoltare". E
il non saper ascoltare risulta pericolosissimo anche nel caso, non poco
diffuso, delle false denunce di abuso che il minore presenta come ' conto'
all'adulto che non ha saputo leggere la richiesta di aiuto.
Volendo essere operativi, nel nostro tentativo di offrire validi
strumenti per avvicinarsi delicatamente al mondo della sessualità,
proponiamo il "disegno del corpo umano" come prima modalità per
trattare la diversità sessuale tra maschio e femmina. Si invita tutti i
bambini a disegnare il corpo nudo così come loro lo immaginano e dopo
aver dato loro circa venti minuti per l'esecuzione del disegno, si chiede
di iniziare un dibattito dove ciascuno potrà esporre quale è stata la
parte del corpo che ha sortito una maggiore difficoltà nel disegnarla e
quale invece quella che ha sortito una difficoltà minore. Ovviamente è
proprio in questa situazione che l'insegnante potrà e dovrà manifestare
una capacità di "ascolto attivo" così come il Metodo Gordon
suggerisce (Gordon, 1979).
L'utilizzo del disegno ha in genere una doppia funzione: diagnostica e
terapeutica. I bambini di solito si mostrano sollevati quando si chiede
loro di disegnare e talvolta l'espressione grafica può diventare l'unica
forma di comunicazione efficace quando l'ansia raggiunge livelli tali da
bloccare la capacità verbale del minore. (Oliverio Ferraris, Graziosi,
1999)
Dare al bambino la possibilità di disegnare, significa trasmettergli
almeno tre messaggi: che si comprende il suo bisogno di essere trattato
come un bambino; che si riconosce il valore di ciò che egli esprimerà
attraverso il disegno; che può difendersi dall'esperienza che ha vissuto
rifugiandosi nella fantasia e nel gioco, senza dover precocemente
ricorrere alle strategie difensive del mondo adulto. (Ib, 1999)
Ecco, ciò che alle volte non è possibile raggiungere con il
linguaggio verbale può ottenersi con forme di metalinguaggio come il
disegno: che è comunicazione al servizio dell'ascolto, dell'accettazione
del desiderio di conoscenza del bambino.
Questa modalità rappresenta la 'conditio sine qua non' c'è assenza di
informazione, educazione e prevenzione o, come affermava Jung, che
"non si può mutare nulla che non sia accettato" (Jung, 1932).
Bibliografia essenziale
- Gordon T., (1979), "Parents efficaces": la mèthode
Gordon expèrimentèe et vècue, Belfond, Paris
- Jung C.G., (1932), "Psicoterapie e cure d'anime" in Opere,
Vol XI; Boringhieri, Torino
- Oliverio Ferraris A, Graziosi B., (1999), Il volto e la maschera.
Il fenomeno della pedofilia e l'intervento educativo, Casa
Editrice Valore Scuola, Roma
- Roccia C., Foti C., (1997), L'abuso sessuale sui minori.
Educazione sessuale, prevenzione, trattamento, Edizioni Unicopli,
Milano