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Il ritardo mentale. Cos’è e cosa bisogna fare
di Giusy Rao
Se l’involuzione cerebrale investe solitamente la fascia composta da soggetti anziani, il ritardo mentale di contro, colpisce i minori di diciotto anni. Il DSM4 è un manuale diagnostico di tipo sintomatologico che tende a delineare i disturbi che esordiscono per la prima volta nell’infanzia, nell’adolescenza e nella fanciullezza, motivo per cui, per inserirli in un quadro quanto più chiaro possibile, risulta necessario menzionare in linee generali i disturbi messi in risalto dal DSM4 qui di seguito esposti. Disturbi dell’apprendimento: in tale categoria rientrano i soggetti che presentano notevoli difficoltà per quanto concerne l’acquisizione dei concetti basilari del calcolo, della lettura e della scrittura. Il disturbo dell’apprendimento, può generare mutamenti anche a livello comportamentale. Inizialmente, il bambino non possiede una vera organizzazione logica per affrontare le operazioni, poiché nel momento in cui egli vive un determinato stadio evolutivo, è soddisfatto da questo. La precedente osservazione è da supporto ai fini di giustificare il fatto che lo sviluppo umano è diviso in tre stadi (Sviluppo senso-motorio: da 0 a 2 anni; sviluppo delle operazioni concrete: da 5 a 11 anni; sviluppo delle operazioni formali: nel periodo adolescenziale). Disturbi motori: in tale categoria, va menzionato il “disordine di coordinazione”: il soggetto presenta difficoltà di deambulazione, disarmonia e goffaggine. Disturbi della comunicazione: il soggetto pare sterile da un punto di vista comunicativo, i suoi gesti, la sua mimica, le sue capacità verbali sembrano essere ridotti al minimo. Disturbi generalizzati dello sviluppo: in tale categoria va inserito l’Autismo caratterizzato da un’alterazione qualitativa di interazione sociale, da un’alterazione qualitativa di capacità comunicative e da varie forme di stereotipie. In tale categoria rientrano inoltre :il Disturbo di Rett, il Disturbo disintegrativo della fanciullezza e il Disturbo di Asperger. Per quanto concerne il Disturbo di Rett, va detto che in tale ambito vi è una compromissione a livello motorio. Il Disturbo disintegrativo della fanciullezza, lo possiamo diagnosticare allorché il soggetto presenti disorganizzazione nel modo di rapportarsi con la realtà. Il Disturbo di Asperger invece, potremmo anche definirlo un tipo di “Autismo intelligente”, il soggetto infatti, possiede ottime capacità esplicative e comunicative ma pecca da un punto di vista di interazione che avviene solo a fine strumentale. Disturbi di deficit d’attenzione e di comportamento dirompente: in tale categoria vanno inseriti i Disturbi della condotta: il soggetto si presenta instabile ed iperattivo. Allorché il comportamento di un soggetto vìola i diritti fondamentali degli altri e le norme o regole di vita appropriate alla sua età, si rientra nel suddetto ambito; vanno naturalmente escluse le dispettosità e le monellerie che caratterizzano un po’ tutti i soggetti che percorrono la via dell’infanzia. Disturbi ticcosi: il tic è un movimento involontario, rapido, ripetitivo e non ritmico, ovvero una vocalizzazione con gli stessi caratteri. Esordisce nella fanciullezza o nell’adolescenza e colpisce soprattutto il sesso maschile. Disturbi dell’evacuazione :enuresi notturna e/o diurna, incapacità di controllare gli sfinteri. Disturbi d’ansia di separazione: il soggetto è caratterizzato da mutismo selettivo e da movimenti prettamente stereotipati. Disturbi dell’alimentazione: in tale categoria rientra l’Anoressia nervosa, la Bulimia nervosa, il Pica e il Disturbo di ruminazione. Dopo questa breve carrellata intorno le patologie che interessano l’area infantile, è d’obbligo spostarsi verso l’ambito di nostro interesse, vale a dire il contesto del Ritardo mentale patologia che per definizione insorge durante l’età evolutiva. Tre sono le etichette che permettono di diagnosticare il Ritardo mentale, vediamo di esporle e di esplicarle all’atto conclusivo. Ci troviamo di fronte al Ritardo mentale, quando assistiamo alla presenza dei tre fattori qui di seguito esposti: 1. Un funzionamento intellettivo al di sotto della media: un quoziente intellettivo (Q.I.) di circa 70 o inferiore, misurato mediante un test di Q.I. somministrato individualmente. Naturalmente, con la misurazione del Q.I. si vuole indagare nell’ambito della difficoltà cognitiva. 2. Concomitanti deficit o compromissioni del funzionamento adattivo attuale (vale a dire la capacità del soggetto di adeguarsi agli standard tipici della sua età e del suo ambiente culturale) in almeno due delle seguenti aree: Comunicazione, cura di sé, vita in famiglia, capacità sociali ed interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità del funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute e sicurezza. Quando due delle suddette aree risultano intaccate, ecco che possiamo diagnosticare una difficoltà di tipo adattivo. 3. L’esordio risale a prima dei 18 anni. Nel momento in cui diagnostichiamo una difficoltà di tipo cognitivo, è d’obbligo indagare anche nell’ambito del funzionamento adattivo poiché spesso e volentieri, il disturbo adattivo è correlato a quello cognitivo e viceversa. Nonostante i passi in avanti compiuti negli ultimi anni, purtroppo, secondo la statistica, il 30%-40% dei soggetti colpiti dal Ritardo mentale, presenta un’eziologia sconosciuta. I fattori etiologici possono essere primariamente biologici o primariamente psicosociali, o una combinazione di entrambi. In circa il 30-40% dei soggetti giunti all'osservazione clinica, non può essere determinata un'etiologia chiara per il Ritardo Mentale nonostante gli intensi sforzi diagnostici. I principali fattori predisponenti includono: · ereditarietà (circa il 5%): questi fattori includono errori congeniti del metabolismo trasmessi soprattutto per via autosomica recessiva (per es., malattia di Tay-Sachs), altre anomalie di un singolo gene a trasmissione mendeliana e ad espressività variabile (per es. sclerosi tuberosa), e aberrazioni cromosomiche (sindrome di Down dovuta a traslocazione, sindrome dell'X fragile); · alterazioni precoci dello sviluppo embrionale (circa il 30%): questi fattori includono mutazioni cromosomiche (per es., sindrome di Down dovuta a trisomia 21) o danni prenatali dovuti a sostanze tossiche (per es., uso di alcool da parte della madre, infezioni); · problemi durante la gravidanza e nel periodo perinatale (circa il 10%): questi fattori includono la malnutrizione del feto, la prematurità, l'ipossia, infezioni virali o altre infezioni, e traumi; · condizioni mediche generali acquisite durante l'infanzia o la fanciullezza (circa il 5%): questi fattori includono infezioni, traumi, e avvelenamenti; · influenze ambientali e altri disturbi mentali (circa il 15-20%): questi fattori includono la mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali, o di altre stimolazioni, e disturbi mentali gravi (per es., Disturbo Autistico).
Ma giunti a questo punto, urge la soluzione “statistica” di un interrogativo: quali sono i fattori predisponenti del Ritardo mentale? Le analisi statistiche hanno fornito delle percentuali pressoché approssimative: eziologia sconosciuta (30%-40%); ereditarietà (5%); alterazioni precoci dello sviluppo embrionale come la Sindrome di Down (30%); problemi insorti durante la gravidanza e nel periodo perinatale (10%); condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza (5%); influenze mentali ed altri disturbi (15%-20%). Il Ritardo mentale è caratterizzato da uno scarso adattamento all’ambiente, il soggetto presenta un incompleto sviluppo della psiche nonché un mancato raggiungimento del pensiero logico-astratto, inoltre, colui che risulta ritardato mentalmente, ha scarsa coscienza di sé e poco senso di responsabilità. Il Ritardo mentale inoltre, può essere generato anche da fattori genetici, per via di alterazioni poligenetiche, per via di aberrazioni cromosomiche o a causa di alterazioni dei singoli geni, motivo per cui, detto ciò, è possibile notare come la conduzione dell’analisi cromosomica eseguita su neonati o su feti di 16 settimane, può fornire valide informazioni per quanto riguarda il Ritardo mentale. Per quanto concerne l’incidenza del Ritardo mentale sulla popolazione, va presto detto che sebbene le cifre siano approssimative, la stima più accreditata è di circa dell’1%, quindi su una popolazione composta da 100 soggetti, uno, solitamente di sesso maschile, risulta colpito da Ritardo mentale. Nonostante il più delle volte il Ritardo mentale risulti una patologia cronica, esso è guaribile se è di tipo lieve. I gradi del ritardo mentale li esplicherò avviandomi verso la conclusione. Non possediamo inoltre un visus o un identikit del ritardato mentale, non esistono infatti qualità specifiche che possono indicare un soggetto ritardato, né usufruiamo di strumenti clinici da applicare al Ritardo mentale. Gli unici strumenti clinici a nostra disposizione sono i Test di intelligenza e le Scale adattive ed in più va detto che il Ritardo mentale può colpire differenti personalità. Trovandoci dinanzi ad un soggetto estroverso non possiamo diagnosticare il Ritardo mentale così come non lo si può diagnosticare su un soggetto introverso, pertanto è palese la dimostrazione che non possiamo trovare una tipica personalità con Ritardo mentale. Statisticamente parlando, le persone colpite da Ritardo mentale vanno incontro a forme di psicopatologia 3 o 4 volte in più rispetto alle persone non ritardate. Spesse volte, possiamo trovarci nella situazione in cui è necessario stilare una doppia diagnosi. Il Ritardo mentale infatti, è caratterizzato da una disturbata comunicazione, esso è deficit del funzionamento cognitivo accompagnato da disturbi che intaccano l’attenzione e la memoria; quando ad esempio i livelli di attenzione sono particolarmente bassi, diagnosticheremo un tipo di ritardo mentale lieve. Quattro possono essere le patologie associate al Ritardo mentale: disadattamento con iperattività, disturbi dell’umore (atteggiamenti depressivi, maniacali o bipolari), disturbi della sfera motoria, disturbi generalizzati dello sviluppo. Il Ritardo mentale si suddivide in quattro gradi: lieve, medio, grave e profondo. Inizialmente esisteva un quinto grado, vale a dire il borderline, oggi definito Funzionamento intellettivo minimo il quale non è propriamente un Ritardo mentale nella vera accezione della parola poiché il soggetto con Funzionamento intellettivo limite, ha un quoziente intellettivo che tende ad avvicinarsi alla norma. Il Ritardo mentale lieve1 solitamente è rappresentato dall’85% dei soggetti, esso ha origini ambientali e organiche, il quoziente intellettivo è di circa 50%-70%, il soggetto dimostra un’età mentale pari a quella di un bambino di 8 o 11 anni. Il soggetto colpito da ritardo mentale lieve presenta difficoltà di comprensione, minima compromissione sensomotoria e un vocabolario povero. Tali soggetti risultano educabili e se adeguatamente sostenuti possono vivere in seno alla società. Ai livelli scolastici, essi sono in grado di svolgere compiti di quinta elementare. Il Ritardo mentale medio2 invece, colpisce circa il 10% dei soggetti ed ha una eziologia prettamente organica, tali soggetti hanno un quoziente intellettivo pari al 49% e la loro età mentale corrisponde a quella di un bambino di età compresa fra i 6 e gli 8 anni. I soggetti con Ritardo mentale medio hanno una discreta capacità comunicativa, sono capaci di svolgere semplici compiti e presentano una relativa autonomia nei rapporti interpersonali. Le loro competenze scolastiche corrispondono circa alla seconda elementare, una loro peculiarità è la memoria sensibilmente sviluppata. Il Ritardo mentale grave3 colpisce il 45% dei soggetti che presentano un quoziente intellettivo pari al 20%, esso ha origini organiche e i soggetti che ne sono colpiti presentano un’età mentale pari ad un bambino di 4/6 anni. Tali soggetti presentano un eloquio molto povero, conoscono solo semplici parole per esprimere i bisogni primari, peccano ai livelli di autonomia e da adulti potranno condurre attività molto semplici sotto supervisione. Il Ritardo mentale profondo4 invece, colpisce l’1% dei soggetti con quoziente intellettivo minore del 20%, l’origine di tale ritardo è prettamente organica e l’età mentale corrispondente è quella di un bambino minore di 4 anni. In tale caso, il soggetto presenta una compromissione a livello di funzionamento sensomotorio, il suo linguaggio risulta incomprensibile e a causa della non autonomia, necessita di assistenza infermieristica e di supervisione costante. Come è stato precedentemente detto, il Ritardo mentale è diagnosticabile mediante la misurazione del quoziente intellettivo ottenibile tramite una divisione fra Età Mentale (E.M.) ed Età Cronologica (E.C.) e moltiplicando il risultato per 100, l’Età Cronologica è l’effettiva età del soggetto, l’Età Mentale invece, è quella che viene attribuita al soggetto dopo che questi ha risolto dei problemi o delle prove attitudinali risolti già con esito positivo dai soggetti della sua stessa età. Detto ciò, il Ritardo è un concetto da intendersi come qualcosa in “ritardo” (si voglia scusare il gioco di parole) rispetto alla stessa età cronologica. Per misurare le capacità intellettive, solitamente facciamo uso delle c.d. Scale di sviluppo fra le quali trovano lecito posto la WPPS, la WISC-R (uno dei test principali usati per una misura globale dell’intelligenza, uno dei suoi maggiori pregi e’ quello di indagare e di testare una per una tutta una serie di abilita’ cognitive considerate di base, fornendo sia una misura generale dell’intelligenza, il QI globale, sia una serie di misure singole grazze alle quali e’ possibile avere un profilo generale delle abilita’ psicologiche del soggetto.) applicabile fino ai 16 anni e la WAIS5 solitamente applicata alla fascia adulta. Per quanto concerne invece, le competenze adattive e l’uso del sé, viene di norma utilizzata la Scala Wineland o la Scala AAMT. Giunti a questo impasse, pare opportuno fare una distinzione fra menomazione, disabilità ed handicap. Nell’ambito delle evenienze inerenti alla salute, è menomazione qualsiasi perdita o anormalità a carico di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Definiamo invece disabilità ogni sorta di limitazione o perdita conseguente e menomazione delle capacità di compire nel modo e nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. L’handicap è invece una condizione di sviluppo conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un dato soggetto limita o impedisce l’adempimento ad un ruolo normale in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali. Detto ciò ed esplicati i tre termini è utile sostenere che quando in un soggetto si verifica qualcosa di anomalo come i cambiamenti patologici ad esempio, vi sono manifestazioni ai livelli di salute; le menomazioni a livello fisiologico, saranno tali quando la malattia clinica è visibile e i sintomi emergono. Quando le attività di un soggetto appaiono fortemente limitate, si può parlare di disabilità a livello personale generata dalla menomazione, infine la situazione di handicap la notiamo quando l’individuo viene posto in una situazione di svantaggio rispetto agli altri, e, la società è vigile a conferire numerose restrizioni al soggetto. In caso di disturbo o malattia, vi è una compromissione delle funzioni e delle strutture corporee, dell’attività e della partecipazione. L’educatore in tal contesto, è chiamato a stilare programmi di intervento per ridurre la disabilità e la menomazione riducendo così lo svantaggio sociale. Otto sono le attività utilizzate nel campo del Ritardo mentale: autonomia di base, autogestione personale e ambientale, attività di socializzazione e interazione, attività cognitiva e metacognitiva, attività occupazionale (ad esempio l’abilità nella produzione di oggetti), attività espressive (capacità di riproduzioni pittoriche o altro attinente all’arte), attività ludiche, riduzione dei comportamenti problematici. Per fronteggiare il Ritardo mentale, ammortizzandolo lì dove è possibile, è necessario condurre un’analisi di osservazione valutando ciò che è emerso e stilando un programma di intervento specificandone gli obiettivi, i mezzi, i metodi e i tempi utilizzati. Gli obiettivi a medio, lungo e breve termine, naturalmente devono essere adeguati alle capacità del soggetto la cui performance dev’essere espressa in termini osservabili tenendo in considerazione le patologie che gravano sul soggetto. La fase di verifica infine, non è da considerare una fase che ha un compimento poiché essa deve essere periodica di modo che si possa indagare sull’andamento svolto dal bambino. Tuttavia, da circa trenta anni in molti Paesi è in corso un processo di progressivo inserimento degli allievi con ritardo mentale in seno alle scuole normali. In Italia circa il 97% degli allievi con ritardo mentale è inserita nella scuola normale; nel nostro Paese difatti, è molto diffusa la convinzione che senza l'inserimento in scuola normale l'obiettivo di una sufficiente integrazione risulta scarsamente raggiungibile. Molteplici sono infine le iniziative volte a raggiungere una sufficiente integrazione sociale. Ci si riferisce all'inserimento lavorativo, al tempo libero, alle comunità alloggio, alle case famiglia, ecc. Pur in un contesto di inserimento nelle normali realtà familiari, scolastiche e sociali le persone con ritardo mentale hanno comunque bisogno di interventi abilitativi e riabilitativi. L’educatore professionale che si trova ad interagire col soggetto colpito da ritardo mentale, dovrebbe prefiggersi una meta: l’educazione del soggetto in questione all’autonomia. L’intero sviluppo e la crescita del bambino può essere visto come un graduale passaggio dalla dipendenza verso l’autonomia che diviene completa quando il bambino diviene adulto e cittadino a tutti gli effetti, soggetto e oggetto di diritti, capace di lavorare e di avere rapporti paritari con gli altri.
Nella crescita verso l’autonomia, un bambino con disabilità incontra due
tipi di ostacoli: da un lato le difficoltà legate al suo deficit,
dall’altro gli atteggiamenti di paura e le ambivalenze dell’ambiente che
interferiscono con il suo grado di autonomia potenziale, raggiungibile
pur nella situazione di svantaggio. Solitamente i genitori e talvolta
gli stessi operatori e insegnanti, sviluppano nei confronti del soggetto
con ritardo mentale un atteggiamento assistenziale e protettivo che ne
limita l’acquisizione delle nozioni base utili per approdare
all’indipendenza. Tra coloro che si occupano di ritardo mentale si è fatta però strada in questi anni la sempre più radicata convinzione dell’importanza dell’educazione all’autonomia per lo sviluppo di una persona con handicap mentale e per il suo inserimento sociale.
“Non sfugge a nessuno come sia più facile, già in scuola materna,
inserire un bambino con disabilità, se questi ha una propria autonomia
nell’andare in bagno o nel mangiare, se sa rispettare delle regole e
come spesso la conquista di queste abilità sia indipendente dalle
difficoltà che egli ha su apprendimenti più didattici. Molte conquiste però, soprattutto nell’ambito dell’autonomia esterna, sono difficilmente raggiungibili in ambito familiare soprattutto quando tale problema viene posto in adolescenza, momento in cui i ragazzi con disabilità, così come gli altri adolescenti, iniziano a manifestare desiderio di distacco dei genitori e mal sopportano le loro richieste. La figura dell’educatore in tal contesto appare di prioritaria importanza. Il professionista in questione facendo leva sulle sue conoscenze pedagogiche e psicologiche, dovrebbe “mettersi in situazione” magari portando avanti delle attività di animazione tenendo presente che con un bambino, adolescente, adulto ritardato si può fare di tutto (o quasi): alla base ci vogliono solo delle idee e degli accorgimenti. Secondo il punto di vista di diversi esperti, per attuare la regola del “si può far tutto”, bisogna tener conto di tre elementi: attività6, partecipazione7 e animazione8. Concludendo, pare opportuno citare Donatella Oggier- Fusi la quale sostiene “Possiamo vedere che dietro all'atto di fare un disegno, costruire un burattino, giocare a nascondino si ritrovano delle risposte a diversi bisogni; spesso l'importanza di permettere l'esercizio della socializzazione, della cooperazione è offuscata dalla ricerca del risultato tangibile dell'attività. Uno stesso gioco può assumere dei significati diversi se presentato in maniera da far risaltare un elemento piuttosto che l'altro.(giochi di fiducia, giochi di cooperazione, giochi di rilassamento, giochi di conoscenza)”.
1 Il Ritardo Mentale Lieve equivale all'incirca a ciò a cui si faceva riferimento con la categoria educazionale di "educabili". Questo gruppo costituisce la parte più ampia (circa l'85%) dei soggetti affetti da questo disturbo. Come categoria, i soggetti con questo livello di Ritardo Mentale tipicamente sviluppano capacità sociali e comunicative negli anni prescolastici (da 0 a 5 anni di età), hanno una compromissione minima nelle aree sensomotorie, e spesso non sono distinguibili dai bambini senza Ritardo Mentale fino ad un'età più avanzata. Prima dei 20 anni, possono acquisire capacità scolastiche corrispondenti all'incirca alla quinta elementare. Durante l'età adulta, essi di solito acquisiscono capacità sociali e occupazionali adeguate per un livello minimo di autosostentamento, ma possono aver bisogno di appoggio, di guida, e di assistenza, specie quando sono sottoposti a stress sociali o economici inusuali. Con i sostegni adeguati, i soggetti con Ritardo Mentale Lieve possono di solito vivere con successo nella comunità, o da soli o in ambienti protetti .
2 Il Ritardo Mentale Moderato è all'incirca equivalente a ciò a cui si faceva riferimento con la categoria educazionale di "addestrabili". Questo termine ormai sorpassato non dovrebbe essere usato perché implica erroneamente che i soggetti con Ritardo Mentale Moderato non possono beneficiare di programmi educazionali. Questo gruppo costituisce circa il 10% dell'intera popolazione di soggetti con Ritardo Mentale. La maggior parte dei soggetti con questo livello di Ritardo Mentale acquisisce capacità comunicative durante la prima fanciullezza. Essi traggono beneficio dall'addestramento professionale e, con una moderata supervisione, possono provvedere alla cura della propria persona. Possono anche beneficiare dell'addestramento alle attività sociali e lavorative, ma difficilmente progrediscono oltre il livello della seconda elementare nelle materie scolastiche. Possono imparare a spostarsi da soli in luoghi familiari. Durante l'adolescenza, le loro difficoltà nel riconoscere le convenzioni sociali possono interferire nelle relazioni con i coetanei. Nell'età adulta, la maggior parte riesce a svolgere lavori non specializzati, o semispecializzati, sotto supervisione in ambienti di lavoro protetti o normali. Essi si adattano bene alla vita in comunità, di solito in ambienti protetti.
3 Il gruppo con Ritardo Mentale Grave costituisce il 3-4% dei soggetti con Ritardo Mentale. Durante la prima fanciullezza essi acquisiscono un livello minimo di linguaggio comunicativo, o non lo acquisiscono affatto. Durante il periodo scolastico possono imparare a parlare e possono essere addestrati alle attività elementari di cura della propria persona. Essi traggono un beneficio limitato dall'insegnamento delle materie prescolastiche, come familiarizzarsi con l'alfabeto e svolgere semplici operazioni aritmetiche, ma possono acquisire capacità come l'imparare a riconoscere a vista alcune parole per le necessità elementari. Nell'età adulta, possono essere in grado di svolgere compiti semplici in ambienti altamente protetti. La maggior parte di essi si adatta bene alla vita in comunità, in comunità alloggio o con la propria famiglia, a meno che abbiano un handicap associato che richieda assistenza specializzata o altre cure.
4 Il gruppo con Ritardo Mentale Profondo costituisce circa un 1-2% dei soggetti con Ritardo Mentale. La maggior parte dei soggetti con questa diagnosi ha una condizione neurologica diagnosticata che spiega il Ritardo Mentale. Durante la prima infanzia, essi mostrano considerevole compromissione del funzionamento sensomotorio. Uno sviluppo ottimale può verificarsi in un ambiente altamente specializzato con assistenza e supervisione costanti, e con una relazione personalizzata con la figura che si occupa di loro. Lo sviluppo motorio e le capacità di cura della propria persona e di comunicazione possono migliorare se viene fornito un adeguato addestramento. Alcuni possono svolgere compiti semplici in ambienti altamente controllati e protetti.
5 Trattasi del reattivo per la valutazione del livello intellettivo più conosciuto ed utilizzato è sicuramente il Wechsler Bellevue Intelligence Scale, pubblicato nel 1939 e poi presentato in versione aggiornata e più accurata nel 1955 (WAIS: Wechsler Adult Intelligence Scale). Questo test fornisce una misura del deterioramento mentale del soggetto, così come l’individuazione del tipo di intelligenza prevalente (pratica o verbale), oltre a rilevare eventuali carenze di base. Il test WAIS è indirizzato ad adulti ed adolescenti dai 16 anni in poi, e consiste in 11 prove (ognuna con quesiti di difficoltà progressivamente crescente): 6 prove di tipo verbale, che richiedono una risposta orale (Cultura generale, comprensione generale, ragionamento aritmetico, analogie, memoria di cifre, definizione di vocaboli) 5 prove pratiche o di performance, che richiedono un’esecuzione manuale (riordinamento di figure, completamento di figure, ricostruzione di figure, disegno con cubetti, associazione di simboli e numeri)
6 L'attività innanzitutto può essere: manuale, ludica, sportiva ,sociale, culturale. Può inoltre coinvolgere e stimolare i cinque sensi, provocare delle sensazioni tattili, visive/uditive, olfattive e gustative
7 Possiamo differenziare dei ruoli diversi: Attivo, quando il soggetto fa effettivamente qualcosa, disegna, gioca, corre,...
Ma non dimentichiamo che anche nei casi
dove il bambino è fisicamente passivo, non si muove, non corre, non
ha una Il fatto di proporre dei giochi e delle attività che
domandino l'intervento di più sensi permette al bambino di avere un
ruolo attivo, cioè di partecipare. Passivo è invece
l’atteggiamento del soggetto seduto in disparte nella sala. Anche
questo ruolo ha la sua importanza: stare nello stesso luogo degli
altri (sala, bar, furgone) permette alla persona di sentirsi parte
di un gruppo, di un insieme. Il soggetto "respirerà" inoltre
l'atmosfera che regna nel luogo, sentirà le risate, le frasi. Quindi
partecipare ad un'attività non vuol dire semplicemente fare qualcosa
seguendo le direttive del monitore, produrre un oggetto da portare a
casa, ma essere da qualche parte, con delle altre persone, provare
delle sensazioni, ricevere e rispondere a degli stimoli, passare da
uno stato d'animo all'altro.
8 Un pericolo che si riscontra spesso nel mondo dell'handicap è l’attivismo : per raggiungere l'integrazione si pensa spesso che bisogna fare molte cose, organizzare molte attività. L'animazione deve tener conto del ritmo del soggetto, dei suoi desideri, delle sue aspirazioni. Durante lo svolgimento dell'attività, che sia manuale o un gioco all'aperto, non bisogna dimenticare che siamo coinvolti emotivamente: importante è il piacere che il partecipante prova e le emozioni diverse che può risentire: paura, gioia, spavento, sorpresa, rabbia. Le può esprimere a suo modo, magari non in maniera subito comprensibile per i monitori. Se l'emozione è forte e può destabilizzare il bambino è importante che si senta protetto, accompagnato dal monitore. Anche la persona che propone l'attività deve trovare il piacere di farlo: se un'attività è fatta contro voglia, anche se organizzatissima, non avrà molto successo! Un'attività non la si fa solo per l'ospite, ma soprattutto con lui. Un altro elemento importante è il luogo dove si svolge l'attività: le decorazioni, lo scenario la posizione dei mobili, del materiale. Il fatto di sentirsi bene in un posto è fondamentale per la riuscita dell'attività. La disposizione del luogo è legata al discorso della partecipazione, attiva o passiva: fare attenzione che per esempio anche il bambino in carrozzella possa vedere l'attività, i suoi compagni, giocare. ( Il suo punto di visione è diverso dal nostro e spesso disponiamo il materiale troppo distante ).
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