DOPO IL CONCORSONE:

…PAGATECI IN NATURA…

IDEE E IPOTESI PER LA VALORIZZAZIONE DELLA PROFESSIONE DOCENTE

di Giancarlo Cerini

 

Non è facile riprendere il filo del discorso della valorizzazione della professione docente, dopo le polemiche connesse con la vicenda del cosiddetto "concorsone". Voglio però provare a cimentarmi con la questione, non solo a titolo personale, ma dopo averne parlato con parecchie centinaia di docenti, in tante scuole del nostro paese. E’ però tempo di promuovere qualche riflessione.

Una premessa di metodo

Una proposta per la valorizzazione della professione docente deve rispondere ad alcuni requisiti di merito e di metodo che possono essere così riassunti:

  1. svilupparsi con la partecipazione attiva ed il consenso della grande maggioranza dei docenti interessati;
  2. distinguere una prima fase sperimentale, che potrebbe consentire di affrontare il problema della gestione della coda contrattuale (il post-concorsone ed i 1.200 miliardi disponibili entro il 31 dicembre 2000), da una seconda fase da rinegoziare in sede di rinnovo contrattuale (a far tempo dal 2001);
  3. promuovere una effettiva visibilità delle diverse caratteristiche della professione (condizioni di lavoro, tempo dedicato, qualità, ecc.), tali da consentire ad ogni insegnante un riconoscimento "personalizzato" del proprio status professionale;
  4. essere associato ad una prospettiva di incremento qualitativo della professione, potenzialmente aperto a tutti i docenti italiani (questo significa evitare meccanismi assimilabili a procedure concorsuali di selezione);
  5. essere rivolta a promuovere comportamenti professionali innovativi (ricerca, formazione, documentazione, ecc.) proiettati sul "futuro", piuttosto che limitarsi a sanzionare comportamenti del "passato";
  6. non essere giocata solo sulla monetarizzazione dei benefici, ma su riconoscimenti di incentivi e crediti professionali (borse di ricerca, attività formative, periodi di esonero);

In prospettiva, con il prossimo contratto

E’ molto avvertita dai docenti la richiesta di "pesare" le diverse caratteristiche della professione, in modo da poter "riconoscere" e valorizzare le reali condizioni di lavoro e di insegnamento.

  1. Una prima categoria da considerare riguarda il contesto di esercizio della professione (aree a rischio, scuole connotate da tur-over, particolari modelli organizzativi con più amplia flessibilità di impiego; nello stesso novero di indicatori potrebbero rientrare - anche se di più difficile quantificazione- il numero delle classi/plessi di impiego; il numero degli allievi da seguire; la diversa tipologia dell’insegnamento; ecc.
  2. Un secondo blocco di indicatori riguarda il tempo effettivamente prestato all’attività professionale, che può riferirsi sia allo svolgimento di compiti aggiuntivi all’insegnamento (sull’esempio delle funzioni obiettivo o assimilabili) o la scelta opzionale di un diverso regime orario di insegnamento (a tempo parziale, a tempo normale, a tempo potenziato);
  3. Un terzo elemento dovrebbe considerare la capacità di realizzare progetti di lavoro innovativo, in termini di imprese collegiali (team docente, consiglio di classe, plesso, gruppo di disciplina, gruppo di miglioramento) con la definizione concordata di obiettivi di qualificazione dell’insegnamento, e la verifica del raggiungimento degli stessi;
  4. Infine, anche la "maturità professionale" conseguita a seguito di una esperienza di lavoro in classe, di ricerca didattica, di partecipazione a contesti innovativi e di ricerca, di documentazione e socializzazione delle conoscenze acquisite, potrebbe essere oggetto di un apprezzamento, mediante l’individuazione  - in ogni scuola - di un quadro intermedio di docenti "accreditati" ai quali assegnare compiti di supervisione e validazione scientifica della progettualità di istituto (nell’ambito dei dipartimenti disciplinari, dei nuclei di valutazione, dell’accoglienza dei neo-insegnanti, di tutoraggio e consulenza didattica). A tali docenti andrebbe richiesta la garanzia di una permanenza pluriennale nell’istituto di appartenenza.

La concreta individuazione del peso delle diverse variabili dovrebbe essere oggetto di specifica contrattazione, come pure l’assegnazione concreta dei diversi tipi di incentivo. La proposta dovrebbe prevedere criteri precisi di carattere nazionale, ma la sua gestione dovrebbe essere affidata alle singole unità scolastiche, sia per snellire e deburocratizzare le procedure, sia per incrementare la responsabilità e l’autogoverno delle singole unità scolastiche autonome.

Se si opta per questa ipotesi l’individuazione della fascia dei docenti "accreditati" dovrebbe essere affidata ad una commissione a composizione mista (colleghi, dirigente scolastico, 1 esperto esterno) sulla base di un esame comparato dei curricoli e della produzione didattica e scientifica.

Nel medio periodo:
con le risorse disponibili si potrebbe…

Posto l’obiettivo politico di recuperare pienamente le risorse accantonate nel Contratto Nazionale 1998-2001 per il riconoscimento e lo sviluppo della professionalità (Lire 1.200 miliardi), si tratta di adottare una soluzione condivisa che consenta di anticipare sperimentalmente alcune delle ipotesi di prospettiva, ma che dia un segnale di responsabilità ed attenzione alle scuole in relazione allo sviluppo dell’autonomia.

L’avvio dell’autonomia dovrebbe essere accompagnato dalla disponibilità in loco (sul bilancio di ogni singola scuola) di un fondo per la valorizzazione e lo sviluppo della professionalità docente (pari a circa lire 100 milioni per ogni istituzione scolastica). Tale fondo dovrebbe essere finalizzato a promuovere iniziative di ricerca e formazione, di crescita professionale, di impegno collegiale, di maggiori oneri connessi all’avvio dell’autonomia (progettazione, gestione della flessibilità, forme di autovalutazione e verifica). I criteri di utilizzo del fondo dovrebbero essere fissati nazionalmente, per garantire una gestione degli incentivi coerente con le finalità individuate (promuovere l’impegno e la maturazione di competenze professionali).

Tra i criteri da porre a livello nazionale dovrebbero figurare una equa ripartizione del fondo (1/3 per ogni area di incentivazione), per far fronte a diverse esigenze:

  1. riconoscere e incrementare le attività progettuali;
  2. promuovere misure di sostegno individuale allo sviluppo professionale;
  3. consolidare uno staff per la supervisione scientifica e didattica.
  1. Incremento del fondo di istituto: Nella scuola dell’autonomia aumentano i margini di discrezionalità nella progettazione dell’azione formativa, nella gestione di più ampi spazi di flessibilità organizzativa, nell’allestimento di azioni di verifica interna. Tali impegni richiedono una più consistente disponibilità di tempi e di energie progettuali dei docenti (singolarmente o in gruppi) che va riconosciuta anche sotto il profilo economico. E’ da valutare se è il caso di porre qualche forma di ulteriore criterio nazionale per la distribuzione delle risorse finanziarie (ad esempio, tipologie delle azioni da ammettere al finanziamento, per incentivare alcuni comportamenti locali: es. progettazione didattica e curricolare piuttosto che progetti accoglienza o viceversa, ecc.);
  2. Attivazione di un fondo per lo sviluppo professionale. Si tratta di rendere disponibile in ogni scuola un fondo che renda possibile l’attivazione di misure di sostegno individuale alla formazione dei docenti. Il fondo dovrebbe consentire di: finanziare la partecipazione a stage e corsi esterni (iscrizione, soggiorni, supplenze, ecc.); di erogare borse di ricerca didattica, in relazione a progetti di ricerca proposti da docenti in collaborazione con istituzioni scientifiche e centri di ricerca accreditati; di finanziare le supplenze per coprire esoneri brevi (1-2 mesi) per la partecipazione a momenti di formazione; di erogare finanziamenti a docenti per l’acquisto di attrezzature informatiche, dotazioni librarie, iscrizioni a corsi ecc. ed altre misure assimilabili. Resta da stabilire la sede per il vaglio delle richieste e la decisione sul loro accoglimento.
  3. Individuazione di uno staff di docenti (5-6 insegnanti per ogni istituto scolastico) con il compito di promuovere e sviluppare la ricerca sui curricoli disciplinari, in relazione al progressivo avvio dell’autonomia curricolare della scuola (rilettura dei programmi in termini di curricoli per competenze e obiettivi formativi). L’assegnazione di un compenso (da rapportare all’analoga figura della "funzione docente") dovrebbe stimolare funzioni di consulenza, documentazione, produzione di materiali, allestimento di prove di verifica formativa, ecc. L’attività non dovrebbe essere quantificata in termini temporali, ma di autorevolezza e supervisione scientifica.

Le procedure di scelta dei docenti dovrebbero essere affidate ad un meccanismo interno ad ogni scuola sulla base però di criteri nazionali (composizione della commissione, in cui va valutata la presenza del dirigente scolastico; i criteri per la valutazione del curriculum e della produzione didattica; le garanzie per la trasparenza ed il controllo). La permanenza nella funzione didattica dovrebbe essere pluriennale (es. 3 anni) e accompagnata dall’analogo obbligo di permanenza in sede.