1. ULTIMISSIME
FAQ 1.1: Dopo il parere
negativo espresso dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI)
sulla bozza di nuovi curricoli per la scuola di base, ci sarà un rinvio
nell’attuazione della riforma che era prevista dal 1° settembre 2001
per le classi prime e seconde?
L’avvio della riforma dei cicli per la scuola di
base è stato previsto con decorrenza dal 1° settembre 2001 dal Piano
quinquennale di attuazione della legge 30/2000 (riordino dei cicli)
approvato dal Parlamento nel mese di dicembre 2001. Il CNPI ha espresso
parere sfavorevole all’avvio della riforma da tale data, ritenendo non
ancora adeguate le condizioni operative approntate dal Governo (organici
del personale, formazione, strutture, ecc.). Va ricordato che il parere
del CNPI, benché obbligatorio, non è vincolante per il Ministro.
Inoltre, al momento del voto, la metà circa dei consiglieri ha
abbandonato la seduta, ritenendo improprio che il Consiglio esprimesse
un parere su una materia (la data di avvio della riforma) oggetto di una
precedente delibera del Parlamento. Esistono quindi dubbi sulla
legalità della votazione e queste mette in dubbio anche la possibilità
di acquisire una serie di emendamenti sul testo dei curricoli che erano
stati formulati all’unanimità dal Consiglio. Il Ministro della
Pubblica Istruzione Tullio De Mauro ha comunque affermato che intende
dare attuazione alla legge nei tempi previsti dal Parlamento. Sull’ultima
versione del decreto attuativo della scuola di base e sui relativi
indirizzi curricolari (il documento, appunto, esaminato dal CNPI) dovrà
esprimersi il Consiglio di Stato, prima di diventare operativo con la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Esistono, dunque, ancora alcune
incertezze circa i tempi di avvio effettivo della riforma.
FAQ 1.2: Nel caso di successo elettorale della Casa
delle Libertà (Polo) è possibile che la riforma dei cicli venga
accantonata ?
L’approvazione della riforma dei cicli scolastici
(Legge n. 30 del 10 febbraio 2000) costituisce uno degli atti più
rilevanti della legislatura che sta per concludersi. Il riordino dei
cicli rappresenta, per molti aspetti, il "fiore all’occhiello"
della politica scolastica dei governi dell’Ulivo; è quindi scontato
che su di esso si concentri lo scontro tra i diversi schieramenti
durante la competizione elettorale. Gli uni (il governo) saranno
interessati ad accelerare l’attuazione della riforma, nella
convinzione di metterla al sicuro; gli altri (l’opposizione) faranno
di tutto per dimostrare che la riforma è sbagliata e che finirà per
sfasciare la scuola. Si tratta di una polemica eccessiva, al di sopra
delle righe, dovuta alle caratteristiche di una campagna elettorale
particolarmente accesa. E’ pur vero che l’attuale opposizione non
approvò il testo della legge 30/2000, anzi uscì dall’aula al momento
del voto. Inoltre, anche alcune organizzazioni sindacali di peso, si
pensi alla Cisl, allo Snals ed alla Gilda, non hanno mai
"digerito" l’impostazione data alla riforma dei cicli, pur
ritenuta necessaria. Siamo quindi in presenza di una divisione nel paese
su un aspetto importante della vita sociale (la scuola) e questo rende
certamente più fragile l’itinerario della riforma. Comunque, la
riforma può essere "riformata" solo dall’approvazione di
una nuova e diversa legge; potrebbe, invece, essere disposto un rinvio
della sua applicazione, oppure un avvio più graduale e sperimentale.
FAQ 1.3. Come si sono
espresse, in merito alla riforma dei cicli, le diverse forze politiche
attualmente all’opposizione ?
Alcuni esponenti della Casa delle Libertà hanno
parlato di "azzeramento" della riforma, in caso di successo
elettorale del Polo; altri –più prudentemente- di una "pausa di
riflessione" per acquisire ulteriori pareri dal mondo della scuola
e dall’opinione pubblica. Sono state ipotizzate anche soluzioni
alternative (ad esempio, un modello 8+4 invece che il previsto 7+5), ma
sembrano piuttosto proposte avanzate a titolo personale da alcuni
rappresentanti dell’opposizione. Il progetto di legge presentato nel
1997 da Forza Italia optava per il modello francese (5+4+3), ma poi non
è stato sostenuto con convinzione. Il fatto è che i modelli di
ingegneria scolastica, anche in Europa, sono molto diversi e ciascuno
presenta vantaggi e svantaggi. La vera differenza tra i diversi
schieramenti non si può misurare solo sugli schemi numerici (7+5, 6+6,
4+4+4, 8+4, ecc.), ma sull’impostazione culturale, sui valori di
riferimento, sul "senso" da dare alle riforme: si vuole una
scuola più selettiva o più socializzante ? più rigorosa o più
accogliente ? più attenta alle domande del mercato o ai saperi
disinteressati ? più o meno autonoma ? federale, regionale o statale ?
quale il rapporto tra sistema statale e scuola privata ? quale il ruolo
attribuito ai genitori e, in generale, agli utenti/clienti ? quale il
trattamento da riservare ai docenti (in merito al loro numero, al
reclutamento, ai livelli retributivi, all’eventuale differenziazione
in base al merito) ? Come si può notare, le questioni di politica
scolastica sono assai più complesse della semplice "segmentatura"
dei diversi cicli.
FAQ 1.4. Come mai la riforma dell'Università proposta dall'Ulivo (il cosiddetto modello 3+2) sarà attuata a partire dall'anno accademico 2001/2002, mentre la riforma dei cicli (il cosiddetto modello 7+5) è stata rinviata sine die? Non sono, forse, il frutto della medesima stagione politica e della medesima impostazione culturale?
(14 luglio 2001)
Occorre riconoscere che nei confronti della riforma universitaria, avviata con i lavori della commissione Martinelli e poi sviluppata dal tandem Berlinguer (Guerzoni)-Zecchino, si è manifestato nel paese un consenso maggiore rispetto alla parallela riforma dei cicli scolastici (predisposta dal tandem Berlinguer-De Mauro).
Basti pensare, nel primo caso, all'apprezzamento manifestato dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e, da ultimo, al via libera espresso dal rettore del prestigioso Politecnico di Milano, Adriano De Maio.
Sull'altro lato, invece, il mondo della scuola è apparso incerto e diviso, con alcuni sindacati (Cisl, Gilda, Snals) fieramente avversi alla legge 30/2000 (anche se non sempre sono apparse chiare le motivazioni) e con il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione posizionato su un imbarazzante parere negativo (a fronte di un orientamento positivo delle associazioni professionali storiche dei docenti: AIMC, CIDI, MCE).
La riforma dell'università è sembrata una via obbligata per far fronte alla scadente produttività degli attuali corsi (solo il 30% dei laureati, tempi medi di completamento degli studi di 7-8 anni, scarsa corrispondenza tra i profili formativi e le nuove esigenze del mondo produttivo e della ricerca).
La soluzione del doppio livello di uscita (laurea triennale di base, laurea specialistica quinquennale ed eventuali master successivi) è assai diffusa negli altri paesi europei ed è apparsa una soluzione praticabile e migliorativa del modello precedente (laurea "secca" di 4 o 5 anni). Inoltre, le singole università (ormai largamente autonome) hanno avuto almeno due anni di tempo a disposizione per misurarsi concretamente con l'elaborazione dei nuovi curricoli di studio.
Se si guarda a questi stessi passaggi sul versante della riforma scolastica si potranno meglio capire le differenze e le difficoltà incontrate:
- non sempre è stata condivisa la diagnosi sui punti deboli dell'attuale sistema (intervenire a fondo sulla scuola di base, quando
- almeno in apparenza - i nodi maggiori si riscontrano nel settore secondario?);
- non è apparsa chiara la matrice culturale del progetto, che qualcuno ha considerato foriero di un abbassamento di profilo culturale (la scuola della socializzazione) ed altri tutto piegato sulle ragioni del mercato e delle nuove tecnologie;
- sono sembrati incerti e vaghi i riferimenti ai modelli europei (quello inglese? quello scandinavo? quello spagnolo?) e la proposta "forte" di una uscita a 18 anni dal sistema scolastico (largamente condivisa a livello sociale) ha fatto intravedere una quantità enorme di problemi pratici (riduzione del percorso scolastico, soprannumero di docenti, "onda anomala");
- i tempi di attuazione della riforma, a partire dalla scuola di base, sono risultati troppo affrettati (con curricoli appena definiti, senza una proposta sugli organici funzionali del personale docente, con un piano di formazione tutto da attuare).
Così, la scuola è rimasta a guardare lo scontro strumentale tra chi voleva accelerare i tempi (per realizzare un "utile" politico) e chi intendeva buttare tutto all'aria (per lucrare sul malessere dei docenti).
Ma, soprattutto, le scuole non sono state messe nelle condizioni (con un piano di attuazione graduale e relativi incentivi) di entrare in una logica di tipo operativo e progettuale (quali curricoli predisporre, come organizzare i team dei docenti, come migliorare gli ambienti di apprendimento), come nel frattempo ha fatto l'Università.
Discutere teoricamente sulla migliore riforma possibile, si sa, non ha mai portato a nessun risultato concreto. Di questo dovrà essere consapevole il nuovo ministro all'istruzione Letizia MORATTI, quando deciderà di muovere qualche pedina importante sullo scacchiere del sistema formativo e di coinvolgere (come è stato preannunciato) insegnanti, genitori, studenti ed esperti nella elaborazione di nuove proposte.
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