I VALORI IN GIOCO:
il diritto di tutti alla
cultura
di Giancarlo Cerini
La scuola vive il generale clima di incertezza che
sembra avvolgere le vicende pubbliche e private di ciascuno di noi in
questo autunno così lungo da "passare". Non è facile dar
seguito alla impegnativa indicazione di Umberto Eco, dalle pagine di
"Repubblica", quando richiama l’insostituibile ruolo della
scuola nel "dare forza" alla "ragione":
"E’ proprio nei momenti di smarrimento – afferma
Eco – che bisogna saper usare l’arma dell’analisi e della
critica, delle nostre superstizioni come di quelle altrui. Spero che
di queste cose si discuta nelle scuole e non solo nelle conferenze
stampa".
E’ da
queste speranze che dobbiamo ripartire per dare un senso all’impegno
quotidiano nella scuola ma anche alle prospettive di riforma e
cambiamento. Agire localmente (nella propria classe), pensare
globalmente (per la propria scuola, per il proprio paese e oltre) è
un binomio che sta al centro dell’azione professionale degli
insegnanti e che oggi appare sempre più indispensabile.
E’ quanto mai necessario riprendere il dibattito
sul ruolo della scuola nel nostro paese, per capire in quale direzione
si vuol fare evolvere il nostro sistema formativo. E’ pur vero che
sono al lavoro commissioni di studio (dal gruppo dei 6 saggi
coordinati da Bertagna, al gruppo "valutazione" presieduto
da Elias, al recente mini-gruppo sulla deontologia professionale), ma
l’elaborazione appare alquanto esoterica e comunque ristretta ad una
cerchia troppo limitata di addetti ai lavori (ma non era questa una
delle critiche più stringenti mosse al "metodo Berlinguer"?).
Le prime indiscrezioni, poi, sembrano poco rassicuranti, Ma,
soprattutto, manca la voce della scuola: quando sarà possibile
intervenire in maniera chiara e aperta sulle nuove ipotesi?
Le preoccupazioni non mancano. Perché, di fronte
alle dichiarazioni di principio del nuovo Ministro (che sembrano
"volare alto", sul ruolo "strategico" della
formazione, sull’efficienza e qualità della scuola, sulla
valorizzazione del merito, per ragazzi ed insegnanti) sta la
pesantezza degli atti concreti (il "blocco" di curricoli e
riforme, la critica al "monopolio" (!?) dello Stato, il
ridimensionamento delle risorse e l’appesantimento delle condizioni
di lavoro degli insegnanti, nella legge "finanziaria").
E poi, anche sull’idea di scuola, le ipotesi che
stanno affiorando non convincono. Il rischio è quello, ben visibile
nelle anticipazioni della Commissione Bertagna (sui nuovi cicli), di
una scuola che torna a dividere precocemente, che torna indietro a
separare a 14 anni i destini sociali dei cittadini e imbocca la
scorciatoia della canalizzazione precoce (mediante una "selezione
orientativa" già negli ultimi anni delle medie). Avremo due
modelli di scuola, e quindi, di società, di cittadino: da un lato,
quelli con strumenti culturali, gli alfabetizzati che hanno
frequentato una scuola seria (non più del 15-20 % che
"decide"); dall’altro, i futuri consumatori inconsapevoli,
i lavoratori a bassa professionalità, quelli che la scuola la
frequenteranno –tutt’al più- per socializzare. Si dice che
bisogna tenere insieme "eccellenza e solidarietà" : ottima
idea, ma la solidarietà può tramutarsi facilmente in opera di
contenimento e di socializzazione, quando non in "carità
pelosa" per "chi è rimasto indietro". La solidarietà
può nascondere un atteggiamento di disimpegno sul piano della
proposta culturale e didattica della scuola, con riflessi deprimenti
sul versante dell’apprendimento dei ragazzi. Tanto potranno bastare
le 3 miracolose "i" per la "formazione del capitale
umano", una formazione schiacciata sull’"utile", ma
allora:
l’inglese potrebbe ridursi alla
"educazione di futuri acquirenti on line …limitandosi…a
impartire rudimenti di basic english illetterato";
l’informatica sarebbe vista come
"capacità di utilizzare un computer e di navigare in rete tra
una pubblicità e l’altra";
l’impresa come orizzonte, quasi con
"la pretesa che la scuola possa e debba garantire competenze
immediatamente e automaticamente spendibili sul mercato del
lavoro".
Le frasi virgolettate di critica le abbiamo desunte
dal documento (luglio 2001) di Nova Spes, un gruppo che pure si
dichiara vicino alle posizioni del nuovo ministro. Possiamo
condividere di quel documento l’idea di una formazione che assicuri
"cultura generale, flessibilità dell’intelligenza e acume
critico", lontana dalle assillanti pressioni del mercato, capace
di "trasmettere il piacere della conoscenza disinteressata, la
gioia profonda che una scoperta intellettuale offre nell’avventura
dell’apprendere".
Ma queste erano, magari dette con altre parole, le
medesime affermazioni più volte esposte nei documenti dei
criticatissimi saggi "dell’Ulivo", quando essi ricordavano
ai docenti "il gusto per l’insegnamento, il senso morale, il
piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire
sapere" e chiedevano che la scuola diventasse "un luogo di
vita e di apprendimento per docenti e studenti" (Documento
Maragliano,1997).
Questa idea di scuola ricca, come laboratorio di
ricerca, come ambiente di benessere e di relazioni, è per noi il
parametro su cui commisurare le scelte concrete su:
l’autonomia (che oggi rischia di
fermarsi, per mancanza dei curricoli, dell’organico funzionale,
della riforma degli organi collegiali);
la valorizzazione della professionalità
(che è palesemente contraddetta dalla richiesta di un servizio
sempre più "sociale" agli insegnanti e dalla assenza di
ogni idea sulla loro crescita e promozione, se non la minaccia di
una "valutazione" punitiva);
il federalismo, che deve tradursi in
decentramento, in responsabilità, in trasparenza, e non in una
"devoluzione" che assomiglia troppo al localismo, alla
privatizzazione, all’impoverimento di risorse e di valore della
scuola per tutti.
A ben vedere si tratta di rischi che contraddicono
palesemente i principi fondamentali della nostra Costituzione, là ove
si afferma (all'art. 3) l'impegno delle istituzioni a rimuovere gli
ostacoli che si frappongono ad una piena uguaglianza tra i cittadini.
Altro che monopolio dello Stato! E’ invece necessario richiamare la
Repubblica (in tutte le sue articolazioni, a partire dal Ministro all’istruzione)
ai compiti costituzionali di assicurare il più alto livello di
formazione a tutti i cittadini, in tutti i contesti territoriali, con
ampie garanzie di pluralismo culturale e di libertà.
Molti di questi temi sono stati ripresi in un
documento di discussione sul futuro della scuola ("Il
diritto di tutti alla cultura") diffuso dal CIDI (Centro di
Iniziativa Democratica degli Insegnanti) il 15 ottobre 2001, che ci
piace riportare integralmente.
IL DIRITTO DI TUTTI ALLA CULTURA
La scuola che vogliamo contribuire a costruire
Il difficile passaggio che oggi tutti noi, donne e
uomini di questo Paese, dell’Europa, del mondo, stiamo percorrendo,
impone a ciascuno di ripensare ai possibili sviluppi dei sistemi di
istruzione cui è affidato il compito di educare le future
generazioni.
È questo un pensare impegnativo - che non può
risolversi in un discorso tra soli addetti ai lavori né soggiacere a
logiche e a interessi di parte - chiamato a orientarsi a un disegno di
alto respiro culturale e politico.
Non è impresa facile occuparsi con coerenza e
competenza di uno dei nodi più complessi, complicati ed essenziali
della moderna società.
È una impresa alla quale vogliamo portare anche il
nostro contributo che nasce da una esperienza trentennale di lavoro
individuale e collettivo, nella scuola e per la scuola, e che
sottoponiamo al vaglio e al contributo degli insegnanti e di quanti,
singoli cittadini, organismi, enti, associazioni, intendono occuparsi
del futuro del sistema di istruzione e di formazione del nostro Paese;
con nessun altro intento che di porre sul tappeto, nel rilievo che
meritano, le questioni -certamente non tutte- e le possibili
soluzioni, forti dei principi di democrazia quali sono espressi nella
nostra Costituzione e nella Carta dei diritti universali.
Il documento che segue si rivolge a tutti coloro
che ritengono che la scuola debba continuare a rappresentare un
fattore attivo nel «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese».
Vuole essere una base per un lavoro da costruire insieme
1. Per una scuola
della cittadinanza e della democrazia
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Non vi può essere
democrazia senza donne e uomini che possiedano gli strumenti e
la consapevolezza necessari per farla vivere e crescere
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· Cresce
il bisogno di scuola. In una società sempre più complessa e
mondializzata, l’aumento straordinario delle conoscenze in
ogni settore del sapere, lo sviluppo delle tecnologie,
incrementano, per i singoli e per la comunità, il bisogno di
istruzione e formazione e pongono la necessità di rafforzare
quei valori su cui si fonda la convivenza democratica: libertà,
uguaglianza, giustizia, solidarietà, diritti, partecipazione,
condivisione, responsabilità.
Cresce dunque il
bisogno di scuola: non vi può essere democrazia senza donne e
uomini che possiedano gli strumenti e la consapevolezza
necessari per farla vivere e crescere. |
La scuola deve
formare persone in grado di pensare criticamente, di conquistare
una disciplina mentale che rifiuti le certezze affrettate e il
pensiero semplificato |
· La
cultura è sempre più una risorsa indispensabile per il singolo
e per la società. La scuola rappresenta l’istituzione a cui
il patto costituzionale affida una rilevante responsabilità nel
compito di elevare il livello culturale del Paese.
Nel
diritto/dovere alla cultura di tutti e di ciascuno la scuola
fonda il suo principio basilare: quello di formare persone in
grado di pensare criticamente, di avere conoscenze e strumenti
di interpretazione, di conquistare una disciplina mentale che
rifiuti le certezze affrettate e il pensiero semplificato.
Coerentemente con i principi che lo ispirano, tale progetto
educativo dovrà porsi l’obiettivo di formare i
"cittadini del mondo", vale a dire donne e uomini
capaci di confrontarsi costantemente con gli altri, di mettere
in comune i vari punti di vista, di valorizzare le differenze,
nel dialogo e nel rapporto con altre storie e altre culture.
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È fondamentale
sostenere una scuola in cui le condizioni socio-culturali di
partenza risultino sempre meno determinanti per il
raggiungimento dei più alti livelli di istruzione: un sistema
di istruzione non può essere assistenziale per alcuni ed
elitario per altri
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· Diventa
fondamentale che al diritto/dovere all’istruzione possa
corrispondere realmente, per tutti, il raggiungimento di quel
livello di formazione culturale profonda e duratura,
indispensabile oggi per vivere, lavorare, continuare ad
apprendere nel corso della vita.
Affinché questo
obiettivo risulti possibile è necessario che non si interrompa
l’esperienza scolastica nell’età in cui il consolidamento
culturale non sia ancora pienamente realizzato.
La formazione
specialistica anticipata è caratteristica di profili
professionali rigidi; ma nella società della conoscenza il
lavoro tende a incorporare sempre più competenze culturali di
base, senza le quali le professionalità raggiunte risultano
deboli e sfavorevoli per i singoli e per lo stesso mondo
produttivo.
Il differenziare
precocemente i percorsi formativi, inoltre, metterebbe in
discussione il ruolo della scuola come luogo di "decondizionamento
sociale". Al contrario resta fondamentale che le
istituzioni del nostro Paese si impegnino per sostenere una
scuola pubblica in cui le condizioni socio-culturali di partenza
risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei
più alti livelli di istruzione.
Così come è
fondamentale garantire l’attendibilità della certificazione
dei risultati raggiunti attraverso esami di stato svolti con
modalità tali da renderli riconoscibili anche a livello
europeo. |
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2. Al centro della
scuola
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La scuola guarda
alla persona nella sua identità, con i suoi ritmi di
apprendimento e le sue peculiarità cognitive e affettive |
· La
centralità del soggetto che apprende, il dare a tutti
conoscenze durevoli sono aspetti decisivi su cui si misura la
qualità e l'efficacia del sistema di istruzione.
La centralità
del soggetto che apprende, con la sua individualità e con la
rete di relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi
ambienti sociali, culturali, territoriali è un principio
educativo della scuola. La scuola guarda alla persona nella sua
identità, con i suoi ritmi di apprendimento e le sue
peculiarità cognitive e affettive, per farsi capace di portarla
il più vicino possibile alla acquisizione piena delle
competenze da raggiungere attraverso il percorso di istruzione.
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e sviluppa l’acquisizione
di cognizioni essenziali con effetti durevoli attraverso il
coinvolgimento consapevole di chi apprende
E’ una sfida che
ridisegna i confini del sapere della scuola |
· La
scuola è chiamata prioritariamente a sviluppare l’acquisizione
di cognizioni essenziali che durino nel tempo e a far
comprendere la loro importanza.
E’ una sfida
che ridisegna i confini del sapere della scuola. Un sapere
essenziale e scientificamente fondato che sappia essere
"contemporaneo" senza perdere lo spessore della
memoria. Un sapere capace di confrontarsi con nuove discipline e
con le tecnologie dell’informazione; capace, al tempo stesso,
di vivere della forza e della ricchezza della nostra tradizione
culturale.
Un sapere,
infine, che interpreti ogni dimensione della riflessività,
creatività, espressività umana.
Saperi e
conoscenze che diventano efficaci e persistenti proprio perché
vengono proposti in modo che chi apprende ne sia coinvolto, ne
percepisca la rilevanza in vista delle scelte e degli studi
successivi, per costruire il proprio progetto di esistenza, per
essere in grado di tornare al patrimonio consolidato di
conoscenze utilizzandole e ampliandole nel corso della vita.
La scuola deve
proporsi come luogo della consapevolezza in cui l’esperienza
quotidiana, il senso comune, l'apprendimento spontaneo,
televisivo, elettronico, si incontrino con la valenza formativa
delle discipline: è questa una lunga, lenta e fondamentale
esperienza conoscitiva che tutti devono poter incontrare e
percorrere in modo compiuto, per consolidare gli alfabeti, i
linguaggi e quelle competenze culturali che possono sorreggerli
e renderli soggetti attivi della democrazia.
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L’esperienza dell’apprendere
rappresenta il fondamento dell’esperienza scolastica |
· Apprendimento
e socializzazione, conoscenza riflessiva ed emozioni non sono
elementi da contrapporre: c’è uno specifico scolastico,
significativo ma non totalizzante, che li fa dialogare in un
equilibrio continuamente ricostruito.
L’esperienza
conoscitiva, infatti, non è una delle tante funzioni della
scuola da affiancare ad altre o, talmente forte, da escludere le
altre: rappresenta il fondamento dell’esperienza scolastica
attorno al quale si costruiscono e si intrecciano le altre
dimensioni dello stare a scuola.
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3. Dal programma al curricolo
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Le discipline di
studio vanno pensate come "campi di significato" per
acquistare un senso personale e tradursi in operatività |
· L’elemento
cruciale per l'apprendimento e per la motivazione
all'apprendimento è dato dalla qualità delle esperienze che
insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di
studio. I saperi offrono i materiali dell'imparare, ma
acquistano significato (e praticabilità, anche operativa) in
rapporto al loro collocarsi dentro il tessuto delle diverse
forme linguistiche e delle strutture teoriche: di qui la
centralità dell'epistemologia propria di ogni area di sapere,
che fornisce alcune delle coordinate di riferimento per
l'approccio didattico.
Le discipline di
studio vanno dunque pensate come "campi di
significato" che debbono fornire un orizzonte
intersoggettivo ma anche acquistare un senso personale e
tradursi in operatività, diventando l’elemento portante dei
curricoli. È un processo che cerca di mettere a sistema
variabili e risorse dell’insegnare e dell’apprendere (da
quelle umane a quelle culturali, a quelle materiali) cercando di
leggere l'intreccio non lineare che le connette e rispettandone
gli elementi distintivi e le qualità specifiche.
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Al centro della
scuola si pone il processo di insegnamento/ apprendimento per
evitare che vengano privilegiati gli aspetti
"aggiuntivi" dell’offerta formativa e per promuovere
l’idea di una scuola che ricerca, sperimenta, lavora sui
percorsi curricolari |
· Al
centro della scuola si pone il processo di insegnamento/
apprendimento per evitare che vengano privilegiati gli aspetti
marginali e aggiuntivi dell’offerta formativa.
Per promuovere,
in questa direzione, il rinnovamento della scuola e dei suoi
contenuti, è importante sostenere l’idea di una scuola che
ricerca, sperimenta, riflette, lavora sui percorsi curricolari.
La scuola del
curricolo è una istituzione capace
-di costruire un
ambiente didattico (con una adeguata combinazione di tempi,
spazi, strumenti) che aiuti bambine e bambini, ragazze e ragazzi
a incontrare gradualmente (passando dai campi di esperienza,
agli ambiti, alle discipline), il sapere "adulto";
-di entrare nel
merito delle scelte culturali e didattiche che connotano i
compiti formativi essenziali per ogni scuola;
-di ricercare il
percorso curricolare adeguato, di analizzare il rapporto fra i
contenuti culturali e i ritmi e gli stili di apprendimento di
bambini e ragazzi;
-di guardare i
loro interessi e le loro esperienze, di scegliere le metodologie
e gli strumenti più efficaci;
-di valutare i
risultati, di riconoscere difficoltà e progressi.
È una scuola che
matura competenze riflettendo e confrontandosi sul lavoro che
svolge e che non perde di vista lo scopo per cui esiste: quello
di promuovere il più alto livello di apprendimento per ciascun
allievo.
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Si devono definire
le specificità e i traguardi che caratterizzano i diversi
livelli di scuola e costruire gli elementi di raccordo che ne
garantiscano l’unitarietà: il percorso scolastico come lungo
viaggio-avventura "dai problemi ai problemi" |
· La
coerenza del curricolo progressivo è determinante per
prefigurare un percorso di istruzione che, definendo le tappe
relative allo sviluppo formativo, accompagni l’allievo dalla
scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo
scolastico.
I rischi della
frantumazione e della non sufficiente significatività di tale
percorso possono essere superati attraverso il potenziamento
della dimensione unitaria del progetto di scuola dai tre ai
diciotto anni.
Ciò
comporta la definizione delle specificità e dei traguardi che
caratterizzano i diversi ordini di scuola: i livelli di
apprendimento relativi alle fasce di età e le "tappe"
del curricolo verticale e progressivo (dall’arricchimento dell’esperienza
del bambino fino alla conquista graduale del mondo organizzato
dalle discipline); e comporta la definizione degli elementi di
raccordo che ne garantiscano l’unitarietà: il percorso
scolastico come lungo viaggio-avventura "dai problemi ai
problemi", utilizzando come veicolo i saperi disciplinari.
Un percorso che costruisca l’enciclopedia di ogni studente, e
in cui la "scomposizione" del sapere venga
continuamente "ricomposta" nella problematicità dell’esperienza
stessa; in modo tale che la scoperta delle discipline avvenga
contemporaneamente alla costruzione della consapevolezza della unitarietà
del sapere.
Il percorso
verticale dell’istruzione potrebbe essere anche riletto come
il lento e lungo percorso dalla sicurezza del bambino, centrata
sulla certezza semplificatrice, fino alla sicurezza dell’adulto,
centrata sulla capacità di convivere e governare spazi di
incertezza.
L’itinerario
dell’istruzione come itinerario della consapevolezza.
È questo un
lungo lavoro di mediazione culturale, avviato da decenni dal
mondo della scuola e della ricerca, che ha bisogno di essere
riconosciuto, valorizzato e sostenuto da un quadro di certezze
istituzionali.. |
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4. Gli insegnanti
come risorsa fondamentale
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Comportamenti
professionali e trasformazioni dei sistemi di istruzione si
influenzano vicendevolmente |
· Non
vi può essere rinnovamento della scuola senza coinvolgimento
pieno dei docenti: comportamenti professionali e trasformazioni
dei sistemi di istruzione si influenzano vicendevolmente. È
fondamentale quindi che le riforme siano condivise dentro e
fuori la scuola, così come è fondamentale investire nella
professione docente attraverso scelte politiche coerenti con le
riforme che si vogliono attuare.
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La partecipazione
dei docenti ai processi di riforma passa attraverso la
valorizzazione della loro professione
Gli insegnanti sono
i professionisti dell’insegnamento-apprendimento che operano
per un progetto formativo condiviso, all’interno di un
progetto generale, nazionale
La deontologia
della professione docente si definisce nell’intreccio tra
libertà, responsabilità e norme
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· La
partecipazione dei docenti ai processi di riforma passa in primo
luogo attraverso la valorizzazione della loro professione.
Sul
"mestiere" dell’insegnare va superata la
contrapposizione tra una idea di «libera professione» e una
opposta di "attività impiegatizia". Entrambi gli
approcci non colgono la specificità di un lavoro, difficilmente
confrontabile con altri.
Come in tutte le
professioni, il lavoro degli insegnanti presenta
forti tratti di autonomia decisionale e progettuale e un
alto grado di responsabilità. Ma gli insegnanti
esercitano la loro libertà all’interno di un progetto
condiviso e sulla base di regole, indicazioni, finalità
stabilite da leggi, regolamenti, ordinamenti, e dalla stessa
Costituzione. È da questo insieme di norme che viene definito l’ambito
della autonomia professionale e della libertà di insegnamento.
L’insegnante è
un professionista libero (di manifestare il proprio
pensiero, di fare scelte culturali, di decidere i percorsi di
apprendimento più adeguati per gli allievi, di ricercare gli
strumenti e le strategie di insegnamento più efficaci), ma deve
tener conto, per la funzione che svolge, delle indicazioni,
degli obiettivi e delle finalità stabilite, appunto, da leggi,
ordinamenti, Costituzione.
È dunque nell’equilibrio,
sempre da ricostruire, tra libertà, responsabilità e norme che
va individuata la deontologia della professione docente.
L’idea che l’insegnante
sia professionista all’interno di un progetto fa
emergere, del lavoro, sia la dimensione intellettuale, legata
alla qualità della prestazione, sia la dimensione collegiale:
gli insegnanti sono i professionisti dell’insegnamento-apprendimento
che operano insieme –individualmente e collegialmente - per un
progetto formativo condiviso, all’interno di un progetto
generale, nazionale.
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I criteri e i
meccanismi di selezione e di reclutamento degli insegnanti
dovranno corrispondere ai principi generali cui si ispira il
nostro sistema scolastico |
· I
criteri e i meccanismi di selezione e di reclutamento
degli insegnanti dovranno corrispondere ai principi generali cui
si ispira il nostro sistema scolastico: principi generali che
garantiscono la tenuta democratica e unitaria del sistema stesso.
Tali criteri e meccanismi non possono essere stabiliti dalle
singole Regioni o da un principio di "affinità" o di
"appartenenza" a un particolare progetto formativo: l’offerta
formativa della scuola si costruisce, infatti, attraverso un
delicato intreccio di interessi e motivazioni – per l’appunto
di famiglie, studenti, territorio – ma sempre in coerenza con
le finalità e gli obiettivi del sistema di istruzione e dentro
paradigmi culturali definiti a livello nazionale.
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Il profilo
professionale si costruisce nell’incrocio di grandi aree di
competenza |
· Il
profilo professionale così delineato si costruisce nell’incrocio
di quattro grandi aree di competenza:
-competenze disciplinari
aggiornate alla cultura del novecento: padronanza del
proprio sapere disciplinare, consapevolezza dei nuclei centrali
delle discipline e delle loro aree di confine;
-competenze
relative alla mediazione culturale: capacità di
utilizzare le discipline a seconda dei livelli di scolarità,
capacità di progettazione educativa e metodologico-didattica;
-competenze psicopedagogiche
e relazionali;
-competenze organizzative
che si esprimono da un lato nelle attività relative al progetto
educativo e dall’altro nel loro coordinamento.
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Unicità della
funzione docente significa che la specificità della professione
è quella dell’insegnamento-apprendimento |
· L’insieme
di tali competenze identificano una figura professionale cui va
riconosciuta l’unicità della funzione.
Ciò significa
che la specificità della professione è quella dell’insegnamento-apprendimento.
Specificità che, in rapporto ai diversi ordini di scuola, si
arricchisce e si articola per corrispondere ai bisogni e alle
caratteristiche delle diverse tappe di scolarità.
Nel quadro dell’unicità
della funzione è importante riconoscere un aspetto dinamico
della professione docente rappresentato dalle varie
articolazioni del lavoro e dall’assunzione di responsabilità,
determinanti per la qualità del "fare scuola", e
finalizzate al miglioramento dell’attività di
insegnamento/apprendimento.
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Le istituzioni
scolastiche come centri autonomi di ricerca, sperimentazione,
progettazione
Alle scuole servono
servizi e supporti sul territorio |
· Il
terreno da privilegiare per il lavoro individuale e collegiale
è quello della ricerca e della sperimentazione metodologica,
disciplinare e didattica, in funzione delle quali andrebbero
pensati l’assetto organizzativo, gli spazi e i tempi della
scuola: le istituzioni scolastiche come centri autonomi di
ricerca, sperimentazione, progettazione.
Questo dovrebbe
essere il criterio anche per ripensare la formazione in
servizio. Agli insegnanti, per crescere professionalmente, non
servono i grandi piani nazionali di aggiornamento costruiti con
logiche che non rispondono ai loro bisogni. Servono servizi e
supporti di vario tipo: centri di documentazione, biblioteche e
laboratori, luoghi di coordinamento e raccordo della ricerca e
della riflessione sulla didattica dove possano avvenire scambi,
confronto tra scuole, dove si possano trovare consulenze
qualificate. |
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5. L’integrazione
dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale
per garantire un
pieno diritto/dovere alla cultura
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· Negli
ultimi anni è cresciuta l’esigenza di garantire a tutti,
"lungo l’arco della vita", il diritto/dovere alla
istruzione e alla formazione.
È in corso un
complesso dibattito sulla funzione dell’istruzione e della
formazione professionale e sul loro rapporto.
Tra istruzione e
formazione professionale esistono differenze tali da rendere non
alternativi questi percorsi; essi rappresentano semmai
esperienze formative complementari. Non quindi formazione alternativa
ma formazione in alternanza (in copresenza/intreccio e/o
in successione).
In questo senso
va ribadita la centralità della scuola nella fascia del
diritto/dovere all’istruzione, mentre il periodo appena
successivo a tale età (16÷18 anni) costituisce il tempo del
"confine", dell’intreccio e della contaminazione tra
i sistemi formativi. In questi anni si aprono varie
possibilità: alcuni ragazzi proseguono gli studi; altri possono
interrompere o "sospendere" il percorso di istruzione
(da riprendere magari in età successiva) per iniziare una
esperienza lavorativa, completando il diritto/dovere formativo o
attraverso la formazione professionale o nell’istituto dell’apprendistato;
altri possono scegliere di intrecciare i percorsi.
Nella formazione
per tutto l’arco della vita, nel "tempo del lavoro",
occorre costruire un ruolo attivo della scuola rispetto alle
esigenze di rialfabetizzazione e riqualificazione/riconversione
professionali.
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· Alla
scuola spetta la responsabilità di garantire a tutti un’esperienza
conoscitiva compiuta per costruire e consolidare le basi e le
competenze culturali che, in quanto persistenti, consentono a
tutti l’apprendimento lungo il corso della vita.
La scuola
presuppone tempi lunghi, affinché vengano raggiunte quelle
competenze culturali che solo secondariamente hanno
finalità professionalizzanti; il concetto di studio disinteressato
(nel senso di "non preventivamente finalizzato a una
immediata spendibilità sul lavoro") definisce bene la
cultura della scuola.
Per questo motivo
la scuola rappresenta un'esperienza insostituibile.
È fondamentale
che tutti i ragazzi raggiungano un livello di istruzione alto.
Non ci sono scorciatoie.
È questa una
difficile sfida per la scuola: ai ragazzi in difficoltà si deve
proporre una scuola che, senza rinunciare alla propria funzione,
sia in grado di intercettare la loro esperienza conoscitiva,
evitando la suggestione di un percorso rinunciatario che
"salti" alcune tappe formative, in nome del rispetto
di ipotetiche e precoci "vocazioni" al lavoro.
|
· In
questa prospettiva la formazione professionale non rappresenta
più la scuola di serie "B", per "quelli
che non sono in grado di seguire un corso scolastico".
La formazione
professionale, attraverso una profonda riforma, deve essere
messa in condizione di sviluppare la sua vocazione istituzionale
di raccordo con il "tempo" del lavoro (senza supplire
a compiti propri della scuola), per concentrarsi sugli
interventi che le sono specifici: dalla qualificazione iniziale
successiva all’obbligo, alle forme di professionalizzazione e
di perfezionamento successive al diploma di maturità, al
sistema di rientri nella scuola secondaria, alla riconversione e
riqualificazione della forza-lavoro in mobilità.
La formazione
professionale deve, insomma, far emergere la sua peculiarità:
tempo "breve" che si integra/alterna con la scuola e
con il lavoro.
Al percorso di
formazione professionale va garantita, dalla scuola, una base
adeguata di formazione culturale altrimenti esso stesso
introdurrà, in modo fittizio e con difficoltà, elementi di
istruzione, come di fatto succedeva nei corsi di formazione
professionale rivolti ai ragazzi sotto i quindici anni. Non c’è
quindi rivendicazione di una presunta "superiorità
formativa" della scuola sulla formazione professionale,
bensì il riconoscimento della vicendevole non sostituibilità
nel percorso di formazione alla cittadinanza.
Diventa inoltre
importante che il mondo del lavoro si proponga come luogo di
formazione: l'impresa che oggi sta enfatizzando il ruolo
strategico dei processi formativi come fonte primaria della
qualità delle risorse umane deve risultare impegnata a
investire nella formazione e a raccogliere e valorizzare lo
sforzo educativo-formativo della scuola e della formazione
professionale.
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6. La scuola come
"istituzione attiva" nel territorio
|
L’autonomia
scolastica rappresenta un elemento fondamentale del sistema dell’istruzione
e della formazione a livello sia nazionale sia territoriale |
· L’autonomia
scolastica rappresenta un tassello fondamentale nella
ridefinizione del sistema dell’istruzione e nella prospettiva
del più ampio sistema della formazione a livello sia nazionale
sia territoriale; propone un quadro equilibrato tra le diverse
istanze del governo della scuola:
- un centro
"strategico" che definisce pochi ma solidi punti di
riferimento e svolge funzioni di garanzia, di perequazione e di
controllo;
- uno
"snodo" regionale che orienta in termini qualitativi
il governo e la gestione del sistema formativo, e che dialoga
attivamente con il territorio e gli Enti locali;
- le
singole unità scolastiche responsabili dell’offerta formativa
per meglio adattarla alle esigenze degli allievi, nel confronto
con le comunità locali, nel rispetto di indirizzi programmatici
nazionali e di standard di funzionamento.
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La scuola è una
"istituzione attiva" nel territorio capace di
costruire un’offerta formativa che tiene conto delle istanze
nazionali, territoriali e locali
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· La
scuola dell'autonomia è il luogo in cui il progetto di
formazione, delineato su scala nazionale, si traduce in concreto
"fare scuola", e dove si misura la sua efficacia
educativa.
Il carattere di
"istituzione attiva" nel territorio consiste proprio
nella capacità di ciascuna scuola di far maturare, al suo
interno, convogliando istanze nazionali, territoriali e locali,
una costante equilibrata azione di progettazione dell’offerta
formativa, di ricerca didattica e di valutazione. Costruire un
piano dell’offerta formativa, lavorare al curricolo di scuola,
scommette in primo luogo sulla capacità degli insegnanti e dei
dirigenti scolastici di essere autonomi nel progettare e
responsabili nel costruire apprendimento.
In questa
prospettiva, l’autonomia si pone come quell’insieme di
innovazioni organizzative e di decentramento pensante in grado
di rendere ciascuna scuola capace di utilizzare nel modo più
efficace ed efficiente le risorse disponibili per poter
corrispondere meglio ai propri compiti istituzionali.
Gestire e
coordinare la complessità del sistema scuola, salvaguardando e
indirizzando ogni fattore di dinamicità e di flessibilità
verso obiettivi di qualità, è compito specifico del dirigente
scolastico. Per la tenuta e lo sviluppo del sistema stesso è
essenziale definire e rispettare ruoli e funzioni dei vari
soggetti individuandone le responsabilità.
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La scuola dell’autonomia
scommette in primo luogo sulla capacità degli insegnanti e dei
dirigenti scolastici di essere autonomi nel progettare e
responsabili nel costruire apprendimento.
Servono strumenti
di governo e di organizzazione (organi collegiali e servizi sul
territorio) per promuovere la partecipazione dei soggetti, la
collaborazione tra gli insegnanti e la cooperazione tra le
scuole
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· L’autonomia
porta con sé l’esigenza della collaborazione e della
cooperazione.
Per far crescere
questa dimensione occorre innanzi tutto una riforma degli organi
collegiali di istituto pensata e articolata in funzione di una
organizzazione che veda al centro lo sviluppo formativo di
ciascun soggetto. Ciò richiede strutture di governo a livello
di istituto in grado di attivare la partecipazione di tutte le
componenti e di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nell’attività
scolastica; una partecipazione che sia di arricchimento e di
apertura ai bisogni espressi senza indurre a logiche
autoreferenziali, localistiche o comunque estranee alle
finalità istituzionali.
Occorrono,
altresì, servizi in comune, consorzi, reti di scuole; ma tutto
questo non nasce spontaneamente, come sembra invece emergere da
un’idea "liberista" circa la riforma dell’amministrazione
scolastica e il ruolo delle scuole autonome. Tale processo va
sostenuto riqualificando l’intervento dell’Amministrazione
scolastica che dovrà mettere a disposizione servizi di tipo
tecnico: ricerca, formazione, documentazione, consulenze. Anche
gli Enti locali sono chiamati a nuovi compiti, come attenti
interpreti dei bisogni educativi della comunità e altrettanto
solleciti verso i "bisogni professionali" espressi
dalle scuole (in fatto di ambiente, servizi, strutture,
condizioni materiali del fare scuola). La scuola si configura
come istituzione attiva nel territorio anche per questa sua
funzione di sollecitazione e di cooperazione con le altre
autonomie e realtà territoriali, con gli Enti locali in primo
luogo.
Il rapporto con
gli Enti locali e il territorio non può configurare una
posizione di sudditanza della scuola; il rapporto è positivo se
è reciproco e forte: se la scuola ha una sua identità, un suo
pensiero, un suo progetto disinteressato da offrire allo
"sviluppo" (civile e sociale, e non solo produttivo)
della comunità.
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L’autonomia del
"sistema" scuola è una garanzia costituzionale da
valorizzare per evitare di soggiacere a logiche di parte.
L’autonomia delle
singole scuole è finalizzata a tradurre gli obiettivi di
carattere generale in un’offerta formativa che tenga conto dei
contesti territoriali
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· L’autonomia
del "sistema" scuola è una garanzia costituzionale
poiché esplicita l’idea di un sistema di istruzione capace di
una sua vita interna e quindi di un suo autosviluppo, che non
soggiace a logiche e interessi di parte: è a ciò estranea ogni
visione riduttiva, corporativa e autoreferenziale.
L’autonomia del
sistema scuola mira a sviluppare in modo unitario i fattori più
dinamici di crescita del sistema stesso attivando al suo interno
canali possibili di trasmissione della ricerca e della
elaborazione didattica tra le singole scuole, tra le reti di
scuole e tra le scuole e i luoghi della ricerca disciplinare e
della produzione culturale.
L’autonomia
delle "singole" unità scolastiche è il diritto delle
oltre 10.000 scuole italiane, nella loro libertà e
responsabilità, a tradurre gli obiettivi formativi di carattere
generale in un’offerta formativa che tenga conto dei contesti
territoriali.
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Il processo di
regionalizzazione non deve rompere l’equilibrio dei poteri tra
centro e periferia, tra i vari soggetti istituzionali, grandi e
piccoli, entro cui si situa l’autonomia scolastica
Solo il carattere
pubblico della scuola (laico, pluralista, libero, accogliente)
può garantire il diritto di tutti alla cultura
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· Le
nuove prospettive di federalismo e di consolidamento dei
processi di autonomia e di decentramento, per affermarsi, non
possono contrastare con un principio fondamentale della nostra
democrazia, che la formazione è un bene unitario del nostro
Paese, perché promuove il senso dell’identità e dell’appartenenza
a uno spazio culturale e costituzionale comune.
Il processo di
regionalizzazione non deve rompere l’equilibrio dei poteri tra
centro e periferia, tra i vari soggetti istituzionali, grandi e
piccoli, entro cui si situa l’autonomia scolastica.
Anche in un
processo di regionalizzazione ogni singolo istituto scolastico
dovrà poter operare in autonomia, con certezza istituzionale e
progettuale, sia per quanto riguarda la sua collocazione
giuridica all’interno del sistema statale sia la sua
partecipazione attiva a un progetto nazionale di istruzione. L’esperienza
regionale di questi anni in tema di diritto allo studio, ha
suscitato non poche incertezze proprio per quanto riguarda la
definizione di chiari confini istituzionali tra le varie istanze
istituzionali della Repubblica e tra queste e le singole scuole:
la natura a volte iniqua sul piano sociale, e strumentale per
motivi ideologici o di potere, dei provvedimenti presi da alcune
Regioni sul "buono scuola" richiede una rapida
definizione di ruoli e funzioni di ciascun soggetto
istituzionale. Certamente tale confusione e incertezza non
possono essere una via per finanziare le scuole private -male
interpretando sia il diritto allo studio, espresso senza alcuna
possibilità di fraintendimento nella Costituzione, sia la legge
di parità- né per dar luogo a una surrettizia privatizzazione
della scuola statale, le cui caratteristiche di pluralismo,
laicità, libertà, accoglienza esercitate in oltre cinquanta
anni di storia repubblicana ne hanno fatto, e tuttora ne fanno,
il principale motore del processo di alfabetizzazione e di
crescita culturale del popolo italiano, un luogo insostituibile
per costruire e far crescere la democrazia.
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CIDI
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Roma, 15 ottobre 2001 |