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COMUNITA’ EDUCATIVE LOCALI di Andrea Torrente Premessa Le comunità educative locali sono costituite da docenti e da alunni, ma anche da personale non docente dei servizi tecnici ed amministrativi, da genitori e, sempre più spesso, da animatori delle istituzioni sociali e culturali con le quali la scuola coopera. Tutte queste persone e tutti questi gruppi si organizzano in cerchi concentrici attorno all’istituzione scuola la quale, a sua volta, ospita le classi nelle quali si svolge l’interazione pedagogica che costituisce il fondamento dell’educazione istituzionalizzata. Noi tutti conosciamo bene il contributo delle Tecnologie Informatiche della Comunicazione Educativa ed in particolare di Internet alla comunicazione allargata, delocalizzata e desincronizzata, quella che mette in relazione gli elementi dei cerchi più lontani o che appartengono a delle comunità educative diverse e distanti. Ma le T.I.C.E hanno anche un effetto fondamentale sul loro centro comune: la scuola, la classe, il gruppo ristretto dei docenti e degli alunni che si incontrano ogni giorno. In che cosa la tecnologie della comunicazione a distanza possono essere utili a coloro che sono, in fondo, così vicini? Esiste il rischio di vedere la moltiplicazione degli scambi interpersonali al di fuori della comunità di appartenenza locale rendere fragili i legami di prossimità? Fra gli strumenti che favoriscono rapporti conviviali e scambi di esperienze il primo posto spetta alla macchinetta del caffè. Se essa è collocata in sala professori, sicuramente favorisce lo scambio d’idee, l’approfondimento di situazioni particolari, la ricerca di soluzioni didattiche più confacenti alle realtà delle classi, ecc., ecc. D’altronde, se vi è un gruppetto di docenti che installa la macchinetta del caffè nel proprio laboratorio, è fortemente presente il rischio d’isolamento rispetto agli altri colleghi; al contrario, il Dirigente Scolastico che prenda il caffè in sala professori percepisce più facilmente l’emergere delle tensioni o dei problemi.
Dalla parte dei Docenti Contrariamente alla macchinetta del caffè, il Personal Computer ha la fama di isolare l’utente dal suo ambiente fisico prossimo. Ma se si installano dei P.C. nella sala dei professori, non lo si fa certamente per migliorarne la convivialità… Il P.C., oggetto tecnologico nuovo e complesso, suscita quasi sempre, fra i colleghi posti di fronte alle difficoltà di utilizzazione, un sentimento di solidarietà che sfocia sovente in consigli, informazioni, aiuto nei casi di blocco della macchina; tutte occasioni, queste, di conoscersi e di comunicare. Come pure i Laboratori di Informatica, che accolgano un docente con la sua classe, un gruppo di allievi che preparano un lavoro o dei docenti in formazione, sono dei luoghi di lavoro animati dove gli scambi sono sereni ed intensi. Questa convivialità naturale e spontanea attorno alle macchine rischia di sparire in quelle scuole dove i P.C., pur numerosi, sono dispersi in una molteplicità di laboratori collegati fra loro da una rete locale? Le testimonianze raccolte non confermano affatto questa idea. Anzi, le reti d’istituto non sono degli spazi in cui ciascuno possa isolarsi a suo piacimento, ma, al contrario, sono dei luoghi di cooperazione dove testi, schede per le ricerche, lavori pratici, eserciziari circolano con maggiore intensità che attorno alle fotocopiatrici. Delle comunità di docenti della stessa disciplina costituite all’interno di una stessa scuola, attorno ad un progetto pedagogico comune, hanno tutto l’interesse a mettere in rete i loro lavori che sono, quindi, direttamente utilizzabili ma anche adattabili alle esigenze della propria classe. E ciò tanto più volentieri se le persone che si dedicano a questa attività si conoscono bene: esse si incontreranno ogni giorno davanti alla macchinetta del caffè in sala professori e potranno scambiarsi giudizi, impressioni, ecc….. E non è tutto…. Con Internet le frontiere della scuola sono superate. Esso ha consentito di arricchire gli scambi, particolarmente grazie alla possibilità d’invio di documenti allegati alle e-mail. Ovviamente sono i gruppi più solidi che ne fanno maggior uso, ad iniziare da quelli che si sono formati prima dell’irrompere della tecnologia nella scuola. Possiamo fare degli esempi concreti: due docenti che lavorano su di un progetto didattico comune, potranno scambiarsi, grazie alla posta elettronica, il materiale preparato a casa in maniera tale che il primo che arriverà a scuola l’indomani mattina potrà stampare per tutti la scheda risultante da un lavoro condiviso; dei docenti formatori che co-animano uno stage di formazione, si scambiano le risorse che ciascuno di essi ha identificato come le più adatte allo scopo. Questi gruppi di docenti e di formatori trovano, grazie all’utilizzo delle reti, delle facilitazioni che arricchiscono e rinforzano i loro scambi.
Dalla parte degli alunni I foglietti di carta, rapidamente spiegazzati e passati di mano in mano in classe costituiscono, da tempo immemorabile, una maniera di scambiarsi suggerimenti, informazioni o appunti preziosi per lo svolgimento di un compito in classe. Anche il telefono sembra a molti adolescenti una maniera naturale di prolungare a casa le conversazioni iniziate a scuola o sulla strada del ritorno. Il telefono cellulare con i suoi SMS, ed i più recenti MMS, offre una maggiore discrezione e confidenzialità, aggiungendo una nuova dimensione agli scambi interpersonali, relegando la carta al settore dell’antiquariato. Ormai un sempre maggior numero di famiglie possiede un P.C. che è a disposizione dei ragazzi, per cui le conversazioni cui accennavo precedentemente, serie o frivole che siano, possono continuare grazie alla posta elettronica o alle chat. Per coloro che non dispongono di un P.C. personale, si verifica che durante il tempo-scuola, la rete locale d’Istituto consente lo scambio di messaggi da un P.C. all’altro. Sicuramente cambia il supporto ma la comunicazione continua. Se la forza e la coesione di una comunità si potessero misurare attraverso la quantità di messaggi scambiati dai propri membri, senza dubbio alcuno si potrebbe affermare che il contributo delle Tecnologie Informatiche della Comunicazione alle comunità educative è largamente positivo.
Dalla parte della classe Nella cellula classe, luogo privilegiato per lo svolgimento delle lezioni, l’interazione fra il docente ed i suoi alunni è, innanzi tutto, verbale. Lo scritto che circola in classe si limita a qualche rigo tracciato sulla lavagna, alla presentazione di esercizi ed alla loro correzione, ecc. In questo contesto, l’essenziale passa attraverso la parola ed il gesto, talvolta attraverso una proiezione audiovisiva o multimediale. Ma qual’è l’apporto delle T.I.C alla relazione pedagogica? Si tratta di un miglioramento di facciata, di un semplice complemento illustrativo dell’esposizione del docente? Oppure il cambiamento della relazione, dovuto all’introduzione di risorse esterne in linea, è più profondo? Questa questione deve essere trattata con prudenza poiché tocca quella parte dell’educazione, identificata come “lavoro dell’uomo sull’uomo”, che non si lascia affatto rinchiudere nei ristretti limiti della razionalità tecnologica. Le osservazioni delle buone pratiche didattiche non bastano per rispondere alla domanda, ma esse ci mostrano che le tecnologie, lungi dall’allontanare le persone, spezzando così i legami stabiliti nella prossimità, li accompagnano e li rinforzano. Dapprima in classe, dove il docente può mettere a disposizione dei suoi alunni delle risorse complementari e può assegnare a ciascuno gli esercizi più rispondenti ai suoi bisogni; egualmente all’esterno della classe poiché, attraverso la rete d’istituto, il docente può mantenere i contatti con tutti i suoi alunni e può rispondere a tutte le loro domande, al di là dello stretto quadro spazio-temporale delle lezioni, della classe e, anche, dell’istituto e del tempo scolastico ordinario Se gli strumenti sono veramente disponibili, tutta l’équipe docente della classe, concorre a formulare ed a condividere una scheda delle competenze di ciascun alunno ed a stabilire un collegamento con l’alunno e con la sua famiglia. Certamente, in tal caso l’investimento individuale dei docenti supera di gran lunga l’obbligo contrattuale, così come ora appare codificato dalle norme vigenti. Sarà opportuno rivedere con le relative associazioni di categoria, nelle sedi opportune, i termini dello stato giuridico del personale docente e quelli relativi alle prestazioni che potranno essere richieste a detto personale. Tuttavia, resta percepibile una tendenza profonda all’allargamento della relazione pedagogica nello spazio e nel tempo ed, inoltre, tutti gli attori di detta relazione (alunni, genitori, docenti) ne percepiscono l’importanza.
Forza centripeta e centrifuga Portiamo ora lo sguardo al di là delle comunità educative di scuola, allontanandoci dal loro centro. Su Internet, la sala dei professori s’ingrandisce, diventa immensa: essa si delocalizza e si disincronizza. La sala professori con la macchinetta per il caffè diviene “caffè pedagogico”…. (grazie ad una comunità in linea di insegnanti particolarmente dinamica). Ogni docente vi trova la possibilità, ogni giorno, di entrare in contatto con migliaia di colleghi appartenenti ad altre comunità educative, in altre città, in altre regioni, in altri Paesi…. Ma anche gli alunni sono presi, fuori dal loro ambiente prossimo, dallo stesso movimento centrifugo. Essi non hanno atteso la corrispondenza scolastica o il gemellaggio con una scuola straniera per poter praticare la comunicazione a distanza attraverso le reti elettroniche: download di brani musicali in formato MP3, giochi in rete, chat sono delle attività abbastanza diffuse anche nelle famiglie provviste di un P.C. e di una connessione ad Internet. Una simile moltiplicazione di interazioni fra i componenti di una comunità e la moltitudine di quelli di altre comunità molto più lontane, non rischia di rompere i legami di vicinanza e di condurre i docenti e gli alunni a ricercare gli scambi con altri docenti e con altri alunni piuttosto che con quelli del proprio istituto e della propria classe? Sono le stesse reti elettroniche, delle quali ci siamo in un primo tempo rallegrati, che possono concorrere a riavvicinare i membri di una comunità educativa i quali, in un primo tempo, sembravano aver perso i contatti fra di loro. Ci sarebbe in questi due movimenti, l’uno centripeto e l’altro centrifugo, come una specie di lotta, di opposizione. In tal caso, quale dei due prenderà il sopravvento sull’altro? E, comunque, quale che sia il risultato, non sarà mai foriero di buone pratiche. Né la scuola ripiegata su se stessa, né quella aperta a tutte le correnti didattiche e non, è la scuola che vogliamo. In realtà, come in meccanica, le due forze, centripeta e centrifuga, si alimentano l’una con l’altra e tutte e due concorrono allo stesso ed unico movimento. L’ipotesi può essere formulata così: l’apertura delle comunità educative grazie alla comunicazione pedagogica in linea ha come effetto indiretto il rinforzo della cooperazione interna. Si osserva un paradosso della stessa natura nel fenomeno della cosiddetta mondializzazione: l’apertura delle culture alle culture “diverse”, nel mentre provoca degli effetti di uniformizzazione, comporta, egualmente degli effetti, più profondi, di rinforzo delle identità culturali. Il gruppo che si apre agli altri prova immediatamente il bisogno di affermare la propria identità. E’, indubbiamente, un dato antropologico di base: lungi dall’essere uno spazio di diluizione e di uniformizzazione, l’universale sarebbe al contrario il quadro privilegiato di espressione dei particolarismi. Non si cercherà evidentemente di dimostrare una simile ipotesi, ci si accontenterà soltanto di illustrare con un esempio che stigmatizza chiaramente l’effetto mutuo rinforzo del locale e del globale. Si conoscono numerosi casi di comunità distanti fra loro che apprendono grazie ad un lavoro condotto in comune: sull’ambiente, sul corso di un fiume particolare, su di un determinato fenomeno scientifico, sulla storia di un particolare monumento, su di un avvenimento particolare. Le comunità che apprendono rappresentano, forse, un modo ancora poco esplorato, ma sicuramente degno di interesse: in un simile progetto ogni comunità locale è investita, con i suoi particolarismi ed i suoi apporti specifici. Questi ultimi si arricchiscono grazie al confronto con gli altri e vengono meglio valorizzati grazie ad una produzione collettiva di più ampio spessore. |
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