0. Premessa
"Esperto al di sopra delle parti, chiamato a dare un parere su una
questione controversa".
Così il dizionario definisce il saggio.
Non so se noi, che "saggi" siamo stati designati non dall'amministrazione
ma dall'opinione pubblica e da chi la fa, ci siamo comportati coerentemente
con tale immagine.
Ma una cosa è certa: "cosa insegnare ai bambini e ai ragazzi
delle prossime generazioni" (l'interrogativo postoci dal Ministro
Berlinguer) è questione assai controversa, rispetto alla quale l'esperto
non può non essere una collettività senza limiti, destinata
a coincidere con la scuola, ovviamente, ma in prospettiva con la società
tutta, e con le dinamiche della sua attuale, profonda trasformazione. La
risposta a questo interrogativo non potrà mai trovare un punto fermo.
Il lavoro dei saggi si è concluso. Ma non è terminato certamente
il confronto, per il quale, al di là delle considerazioni affidate
alla presente sintesi l'impegno della Commissione fornisce comunque un'indicazione
di metodo.
Essa consiste in due scelte di fondo.
Quando si affrontano temi di questo tipo, ogni singola competenza, e di
conseguenza la tentazione di far centro attorno al relativo ambito di esperienza,
deve essere subordinata all'esigenza di "pensare in generale":
solo così si può contribuire alla delineazione di una quadro
complessivo di competenze e conoscenze irrinunciabili per tutti coloro
che escono dalla formazione scolastica. Non è solo lo storico che
deve sostenere l'importanza di una formazione storica, la dovranno sostenere
il fisico, il musicista, il tecnologo, il linguista, e lo faranno (l'hanno
fatto nell'ambito della Commissione) rinforzando una cornice generale di
considerazioni di carattere filosofico, sociale, ideologico, epistemologico:
in questo quadro di complessità (che significa non più pensare
alle articolazioni di una scuola liceale, ma alla costruzione di una solida
base educativa per la scuola di tutti) il problema della singola area di
formazione perde il suo carattere locale, e diventa elemento di un tessuto
complessivo.
Seconda scelta. E' opportuno che si consideri programmaticamente aperta
l'interpretazione del significato di un simile impegno di elaborazione,
cominciando dalla parte che vi hanno giocato i singoli membri della Commissione.
Per questo occorrerà prendere in considerazione l'intero tragitto
fatto, e le tracce via via depositate. Al di là della sintesi, inevitabilmente
parziale, i saggi della Commissione si riconoscono nel complesso del lavoro
fatto. E nei materiali che lo documentano: vale a dire nelle circa cinquecento
cartelle - le decine di contributi personali, i verbali delle cinque riunioni
tenute dallo scorso gennaio ad oggi, gli impegni redazionali in vista della
presente sintesi - che vengono oggi consegnate al Ministro Berlinguer,
anche nella forma di un Ipertesto (su floppy disk). L'auspicio è
che di questo complesso di materiali si voglia dare la più ampia
divulgazione. La decisione, assunta fin dall'inizio dei lavori dal coordinatore
e condivisa dalla Commissione, di realizzare e mettere a dispo
sizione di tutti un ipertesto risponde appunto a questo intento: non indulge
alle suggestioni di una moda tecnologica, ma fa sua un'esigenza di massima
democratizzazione dell'informazione e del confronto.
L'Ipertesto, infatti:
consente la riproduzione e la diffusione del complesso del materiale accumulato
dalla Commissione;
agevola, in chi se ne vorrà servire, modalità di interrogazione
selettiva di tale materiale: per temi, autori, cronologia, ed anche con
collegamenti (operati dal coordinatore) tra la sintesi e i contributi forniti
dai membri della Commissione;
dare il senso di un confronto in movimento, non riducibile alle ristrette
considerazioni di un testo di sintesi.
1. Quadri di riferimento
1.0 E' parere del coordinatore che, relativamente all'esigenza di individuare
dei quadri generali di riferimento entro i quali far maturare e collocare
una serie di proposte di revisione degli orientamenti didattici (punto
2 del presente documento) e culturali (punto 3) della nostra scuola, la
Commissione abbia centrato la sua attenzione prevalentemente su sette nodi
problematici.
Si tratta di nodi, appunto, che tali restano anche alla conclusione dei
lavori: non potrebbe essere altrimenti, considerando la loro ampia portata
"filosofica" e la composizione della Commissione stessa.
I nodi sono:
le questioni relative alla sfera dell'identità: dell'individuo che
si intende formare, del nostro paese (e delle sue tradizioni storiche,
rilette in chiave internazionale), dei processi in atto di globalizzazione
(vale a dire europeizzazione e mondializzazione) della cultura, della comunicazione,
dell'economia, della politica;
l'esigenza di dare un significato etico ed empirico all'obiettivo di "educare
nella e alla democrazia": l'ultima riforma complessiva dell'istruzione,
in Italia, è avvenuta più di settant'anni fa; sia il contenuto
di tale riforma, sia la sua distanza temporale dall'Italia e dal mondo
contemporanei continuano in varie forme a far sentire il loro peso;
la dialettica che, in ordine all'organizzazione dei contenuti della formazione
scolastica, si apre tra un'impostazione curricolare, affidata alla solidità
dei quadri disciplinari di base (gli elementi istituzionali delle materie
d'insegnamento), e una visione di tipo "reticolare", orientata
ad individuare criteri più mobili di aggregazione delle future conoscenze
e competenze dei giovani;
il problema della sostenibilità sociale, culturale e ambientale
delle dinamiche dello sviluppo, in ordine all'esigenza di coniugare le
risorse disponibili con il bisogno di sicurezza e di aspettativa individuale
e collettiva nel futuro;
la messa in discussione di una visione esclusivamente "conoscitiva",
"verbale" e "acorporale" dell'esperienza individuale
e collettiva, e la conseguente promozione di elementi basilari di un sapere
pratico, manuale e operativo;
la questione del ruolo della cultura del lavoro nello sviluppo di un nuovo
modello educativo;
la sfida che l'innovazione tecnologica e la moltiplicazione delle fonti
di informazione e di conoscenza pongono all'azione scolastica e all'individuo
in crescita.
Su questi terreni, inevitabilmente, le opinioni dei membri della Commissione
non sono state sempre concordi.
Ma concorde è il loro considerarle espressioni di "emergenze"
alle quali l'azione politica dovrà dare ascolto e risposte.
1.1 Molto si è discusso di identità, e lo si è fatto
il più delle volte usando il termine al plurale. Nella società
del presente, ampiamente differenziata e aperta a un mutamento costante,
l'individuo deve orientarsi sulla base di un gran numero di modelli, talvolta
anche contrastanti e, lungo tutto il corso della sua vita, deve assumere,
di volta in volta, ruoli diversi, a seconda dei contesti di esperienza
e di attività. E' dunque assai più difficile, oggi, proporre
e far sì che un individuo mantenga una sua identità definita:
i suoi quadri di riferimento saranno forniti dalla mediazione delle forme
sociali e culturali, ma anche da processi centrifughi rispetto a queste,
basati sulla possibilità di far leva su una elaborazione cosciente
della sua personale esperienza di vita.
In questo senso, il problema dell'identità individuale e delle forme
di appartenenza dovrà essere al centro dell'attenzione di una scuola
rinnovata. E ciò lo si potrà ottenere sia concedendo un'importanza
fondamentale agli aspetti metodologici della conoscenza (si tratta fornire
gli strumenti linguistici, interpretativi, operativi che meglio rispondono
alle esigenze attuali di un'alta mobilità tra le diverse forme di
specializzazione culturale e professionale) sia lavorando a promuovere
un fondamento di solidarietà universale che si anticipi alla definizione
delle identità particolari e favorisca il riconoscimento reciproco
delle differenze.
1.2 Ci si deve rendere conto di quanto sia ancora grande, in Italia, la
diseguaglianza delle opportunità educative. L'articolo 3 della Costituzione
italiana aveva impegnato la repubblica a "rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana". Ma secondo alcuni dei più importanti indici internazionali
sullo sviluppo dell'educazione, risulta che la produttività formativa
del scolastico italiano è ancora arretrata rispetto a quella di
buona parte dei paesi europei. Famiglia, ricchezza e cultura di provenienza
determinano in forme non più accettabili la riuscita scolastica
di moltissimi individui.
1.3 La scuola è l'unica sede in cui si presentano in forma ordinata
e relativamente completa le "istituzioni" dei vari saperi, diversamente
da quanto accade per le informazioni più o meno occasionali e scoordinate
che vengono fornite da altre sedi. Ma questo stesso "disordine",
che è proprio della società dell'informazione, agisce come
specchio e generatore di una costante revisione dei quadri istituzionali
delle conoscenze. La scuola non può assistere inerte a questo fenomeno.
Le si potrà chiedere di darsi un assetto culturale all'interno del
quale la dimensione disciplinare e quella reticolare (dei saperi trasversali
e dei collegamenti fra le diverse aree) costituiscano i poli di un campo
di tensioni costruttive, sostenute da un costante impegno di ricerca e
di proposizione.
1.4 Un sistema formativo contribuisce allo sviluppo di un paese quando
sa anticipare le domande, i bisogni, i vincoli di un futuro possibile.
Di fronte alla crisi del rapporto qualità della vita - qualità
del lavoro - qualità dello sviluppo, alla scuola si chiede di operare
in vista della promozione di una "cittadinanza attiva": un obiettivo,
questo, al perseguimento del quale concorrono, oltre la domanda di lavoro,
le caratteristiche qualitative del "sistema Italia", della cittadinanza,
dell'organizzazione ambientale e culturale, dello sviluppo, della Pubblica
Amministrazione. In questo quadro va dato un opportuno rilievo formativo
al problema della sostenibilità ambientale dello sviluppo, inteso
come complesso intreccio di elementi scientifici, di innovazione tecnologica,
di mentalità e di cultura, di approccio sistemico ai problemi, di
coerenza tra conoscenze, valori e comportamenti, di nessi tra locale e
globale e tra presente e futuro, di capacità di gestione delle risorse
naturali e di rispetto per le altre forme di vita.
1.5 Sviluppo fisico, manipolazione, operatività minima volta a costruire
oggetti sono state fondamentali capacità umane suggerite, imposte,
garantite anzitutto nell'extrascuola, dalle condizioni ambientali e dai
modi di vita delle società preindustriali e industriali, e solo
assai secondariamente dall'istituzione scolastica. La loro acquisizione,
con quella della parola, ha consentito agli individui e ai gruppi umani
di muoversi nelle articolazioni dello spazio delle culture, dalle forme
più concrete alle più astratte, dalle più private
e locali alle più universali. La scuola, in quelle condizioni, ha
potuto essere scuola di verbalità e di saperi postverbali. Ma ormai
le condizioni sono cambiate. La scuola della verbalità e dei saperi
postverbali gira a vuoto se non recupera le previe dimensioni della manualità
e dell'operatività, dai livelli elementari del gioco e della quotidianità
su su fino ai livelli più impegnativi dello sviluppo di capacità
di controllo e comprensione di tecniche e tecnologie, anche com
e risorsa per educare a un costume di collaborazione, recuperare l'etica
del lavoro e della produzione, preparare ai necessari rapporti col mondo
complesso dell'organizzazione sociale e produttiva
1.6 Far sì che la scuola metabolizzi progressivamente una nuova
cultura del lavoro significa investire su due fronti: l'orientamento e
la proposta formativa. Per il primo fronte, si tratta di introdurre nella
didattica alcuni contenuti innovativi propri di questo nuovo approccio:
il superamento della "cultura del posto" a vantaggio di una nuova
visione delle opportunità e delle professioni; la cultura della
flessibilità attraverso la conoscenza delle nuove forme di organizzazione
dei processi lavorativi; le nuove forme del lavoro, da quello autonomo
a quello artigianale, a quello atipico; la preparazione all'autoimprenditorialità.
Per il secondo, considerata la maggiore velocità di trasformazione
dei processi strutturali rispetto a quelli culturali, il problema più
urgente è di por mano all'impianto metodologico della scuola: è
in gioco non solo una questione di contenuti, ma anche e soprattutto una
questione di metodo di studio e di impegno umano. Si tratta allora di utilizzare
e valorizzare le forme dell'apprendere proprie del mondo esterno alla scuola,
sviluppando il senso di responsabilità e di autonomia che richiede
il lavoro, le capacità etiche ed intellettuali di collaborazione
con gli altri, la pianificazione per la soluzione di problemi concreti
e la realizzazione di progetti significativi (competenze di tipo trasversale
da promuovere nella scuola e nell'educazione permanente). In questo quadro
andrà particolarmente valorizzato il rapporto costruttivo fra scuola,
comunità locali, mondo produttivo.
1.7 Le tecnologie possono essere viste come veicoli. Oppure come ambienti
di formazione dell'esperienza e della conoscenza. Nel primo caso il loro
apporto alla formazione sarà puramente strumentale: permettono di
risparmiare tempo (e talvolta denaro), ma non incidono sulla qualità
culturale dell'insegnamento e dell'apprendimento. Nel secondo caso il ruolo
che svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche
e soprattutto sul piano epistemologico.
2. Le coordinate metodologiche della nuova scuola
2.1 Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di ambienti
idonei all'apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione
- studio individuale - interrogazione per dar vita a comunità di
discenti e docenti impegnati collettivamente nell'analisi e nell'approfondimento
degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi.
Queste comunità dovranno essere caratterizzate dal ricorso a metodi
di insegnamento capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi
e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento.
2.2 Elemento cruciale per l'apprendimento e per la motivazione all'apprendimento
è dato dalla qualità delle esperienze che insegnanti e studenti
realizzano in relazione alle aree di studio. I saperi offrono i materiali
dell'imparare, ma acquistano significato (e praticabilità, anche
operativa) in rapporto a come vengono collocati dentro il tessuto delle
diverse forme linguistiche e delle strutture teoriche: di qui la centralità
dell'epistemologia propria di ogni area di sapere, che fornisce alcune
delle coordinate di riferimento per l'approccio didattico.
Le "discipline di studio" vanno dunque pensate come campi di
significato che debbono fornire un orizzonte intersoggettivo ma anche acquistare
un senso personale e tradursi in operatività, non solo in verifiche
scolastiche.
L'istruzione non può e non deve mirare ad essere enciclopedica.
Sezioni diverse del sistema scolastico hanno livelli e scopi diversi, ma
in ognuno di esse la regola dovrebbe essere l'insegnamento di alcune cose
bene e a fondo, non molte cose male e superficialmente: si deve avere il
coraggio di scegliere e di concentrarsi.
2.3. Si deve sviluppare una nuova modalità di organizzazione e stesura
dei programmi, che preveda l'indicazione dei traguardi irrinunciabili e
una serie succinta di tematiche portanti.
E' necessario operare un forte alleggerimento dei contenuti disciplinari.
2.4. Tutto ciò comporta un forte investimento negli insegnanti:
nel gusto per l'insegnamento, nel senso morale, nel piacere che viene dal
far conoscere, far discutere, far costruire sapere.
La scuola deve diventare un luogo di vita e di apprendimento per docenti
e studenti: per far questo ci vogliono spazi e tempi adeguati e vivibili.
Va progettato un grande lavoro collaborativo imperniato sull'interazione
nei due sensi fra scuola da un lato e università e centri di ricerca
dall'altro. Gli obiettivi di questo sforzo consisteranno nella riqualificazione
culturale dei docenti (accompagnata dalla drastica eliminazione dell'attuale
cumulo di inutili procedure burocratiche) e nella riapertura delle vie
di passaggio tra scuola e università. La professione dell'insegnamento
dovrà tornare ad essere culturalmente e socialmente desiderabile,
grazie anche a nuovi profili di carriera e adeguati riconoscimenti economici.
2.5 Maggiore attenzione, nell'ambito della didattica, dovrebbe essere data
alla utilizzazione di una pluralità di strumenti educativi, quali:
testi di buona divulgazione, per tutti gli ambiti disciplinari, scritti
con abilità narrativa e capaci di attrarre l'interesse degli allievi;
attività di ricerca, individuale e di gruppo, che insegnino a bambini
e ragazzi a responsabilizzarsi, organizzare il pensiero, preparare relazioni
scritte: tutte capacità cruciali nel moderno mondo della comunicazione
e del lavoro;
pratiche di gioco, e non solo a livello elementare. Il vero gioco e' vivace,
lieve, ma anche appassionato, e quindi serio. L'esigenza di alleggerire
il carico culturale e materiale della nostra scuola va inteso anche in
questo senso: vale a dire come invito a proporre, tutte le volte che ciò
sia possibile, contesti didattici all'interno dei quali apprendere sia
esperienza piacevole e gratificante;
impiego delle macchine della conoscenza e dell'elaborazione di informazioni
e problemi. In particolare, gli strumenti multimediali sono estremamente
motivanti per bambini e ragazzi, perché non hanno affatto odore
di scuola, danno loro il senso di disporre di risorse per il saper fare
e consentono di non disperdere, ma valorizzare, in un quadro intellettuale
più strutturato, forme di intelligenza intuitiva, empirica, immaginativa,
assai diffuse tra i giovani.
2.6 Bisogna intervenire sull'editoria scolastica, sollecitandola a (e fornendole
le condizioni per) maturare nuove scelte produttive, a favore di testi
essenziali (per gli studenti) e più ampi e documentati (per i docenti).
Si tratta di un impegno gravoso per l'editoria, ma il sacrificio potrebbe
esser compensato:
da un investimento collettivo su biblioteche di istituto (assai più
ricche ed efficienti delle attuali), necessarie se si vuole davvero giungere
ad una costante utilizzazione degli edifici scolastici al di fuori dell'orario
delle lezioni e si intende puntare seriamente sulla riqualificazione permanente
dei docenti;
dalle opportunità offerte da un mercato interno e internazionale
in cui si fa sempre più forte la domanda di prodotti di divulgazione
di elevato profilo culturale e che utilizzino al meglio le risorse della
tecnologia.
2.7 L'istruzione e la vita famigliare dovrebbero essere maggiormente connesse
che nel passato. Al momento non poche famiglie entrano nella scuola quasi
solo per ricevere notizie sul rendimento e sul comportamento dei figli.
La formale "democratizzazione" della scuola, attraverso la partecipazione
dei rappresentanti dei genitori, ha mostrato, nella forma attuale, molti
e preoccupanti elementi di debolezza.
E' dunque necessario ripensare il legame fra scuola, famiglia e società
civile, in termini più concreti, dove la scuola sia parte attiva
delle moderne collettività urbane. Il mondo del lavoro, del volontariato,
delle religioni, dei gruppi ambientalisti, della cultura, dovrebbero tutti
penetrare nella scuola, ed essa a sua volta dovrebbe volgersi verso l'ambiente
esterno attraverso associazioni scolastiche, e iniziative varie. Dibattiti
e discussioni, rigorosamente preparati, sono strumenti cruciali, anche
all'interno del gruppo classe, per la creazione di quel "mettere in
questione" e di quella autonomia intellettuale che idealmente formano
le basi di una moderna società civile.
2.8 E' necessario operare un serio riconoscimento della profonda mancanza
di obbiettività riguardo al "genere" nella maggior parte
del materiale attualmente in uso nelle scuole italiane: il fatto che più
ragazze che ragazzi perseguano attualmente la loro istruzione non significa
affatto che sia stata eliminata la parzialità riguardo alla posizione
preminente del soggetto maschile nel materiale scolastico e in parte delle
attività didattiche. Un analogo atteggiamento dovrebbe essere esercitato
tutte le volte che, volontariamente o no, emergono pratiche e culture di
discriminazione nei confronti delle diversità umane.
3. Le aree di sapere della nuova scuola
3.1 Una particolare attenzione va dedicata alla comprensione e alla produzione
del discorso parlato e scritto, in tutta la pluralità di testi possibili,
sollecitando sia l'efficacia della comunicazione sia il controllo della
validità delle argomentazioni.
La pratica degli usi funzionali più diversificati della lingua parlata
e scritta significa familiarizzare con i diversi generi di discorso: un'esperienza
da iniziare presto nella scuola di base, ma che andrà continuata,
ripresa e approfondita ai livelli ulteriori.
Dunque, un'assoluta priorità deve essere accordata al "controllo
della parola", e in particolare una nuova enfasi e urgenza va riposta
sulla capacità di scrivere correttamente ed efficacemente in italiano.
La tradizione orale e retorica dell'istruzione e della cultura italiana
non sono buone basi per una moderna educazione. Né lo è l'acritica
accettazione delle attuali tendenze comunicative dei mass media. L'educazione,
a qualunque livello, non può essere basata sul ricalco orale di
un concetto o di un'informazione, dentro un arco di tempo estremamente
ridotto. E' necessario andare controcorrente, ed insistere sul valore insito
nelle attività di ricezione-produzione di lingua scritta, e sull'allenamento
mentale che esse comportano.
In questo quadro, l'approccio del giovane alla dimensione letteraria dovrebbe
essere sviluppato secondo le caratteristiche di una pratica di lettura
disinteressata, libera, avventurosa. La lettura va intesa e sollecitata
come emozione immediata e come bisogno-piacere inesauribile, come scoperta
di un libro e continua ricerca di altri libri, come esperienza che può
sembrare irripetibile e che può invece durare all'infinito, e perciò
anche come uso imprevedibile e imponderabile dei testi. La didattica, anche
con la sua strumentazione storica, critica, filologica, dovrebbe tendere
a questo risultato, svolgendo un ruolo ausiliario e ritirandosi al momento
opportuno. Dovrebbe inoltre saper integrare l'esperienza tradizionale del
lettore "catturato" dal testo, e l'esperienza moderna del lettore
partecipe e cooperante, del lettore-lettore e del lettore-autore.
3.2 Quanto alle discipline scientifiche, è essenziale puntare sul
lavoro didattico di scoperta e di esperienza diretta a livello di scuola
di base, dove c'è spazio e tempo per attività libere di laboratorio
e dove i bambini possano mettere le mani e gli occhi su oggetti, materiali
ed eventi. Mediante l'identificazione concreta e la classificazione di
fenomeni e processi, di materiali e delle loro proprietà, verrà
gradatamente sviluppata una positiva "conoscenza del mondo naturale",
e, con essa, l'interiorizzazione dei valori del rispetto e della conservazione
della risorse e dell'ambiente (inteso come res publica e non più
res nullius): con un tale approccio, maturerà negli allievi un adeguato
linguaggio di base e sarà favorita l'intersoggettività di
congetture interpretative non ancora formalizzate.
Più avanti questa linea d'azione andrà integrata con pratiche
di narrazione storico-divulgativa degli eventi significativi dello sviluppo
delle scienze, con lo scopo di mostrare anche i contrasti con altre forme
del pensiero e l'effetto dirimente delle prove dimostrative (comunemente
intese come frutto di "metodo").
A livello superiore si condivide l'esigenza di immettere negli insegnamenti
delle scienze fisico-naturali una prospettiva critica, di natura storico-epistemologica,
che ne consenta l'integrazione nel sistema dei saperi sociali e permetta
anche di accogliere la tecnologia come ambito e strumento di conoscenza,
e come tramite con le attività di produzione di beni e servizi.
Su un piano più generale, si dovrà operare al fine di mettere
gli allievi nelle condizioni di far fronte all'incertezza, intesa come
istanza epistemologica propria delle scienze contemporanee, e come ambito
entro il quale far esercitare le dimensioni di responsabilità della
scelta e il coinvolgimento etico che essa comporta.
Va tenuto conto che gli insegnamenti scientifici sono ancora oggi legati
in gran parte ad un apprendimento dai testi. E' quindi essenziale un profondo
ripensamento dei modi, spesso pedanti, con cui sono esposte le scienze
in simili strumenti: si tratta insomma di lavorare a rendere meno labile
il linguaggio scientifico evoluto, almeno nei suoi aspetti più elementari.
In questa operazione possono essere utili i sistemi multimediali di simulazione,
il cui ruolo e le cui funzioni andranno chiaramente identificati e promossi,
particolarmente in rapporto all'esigenza di disporre di rappresentazioni
mentali efficaci e operative.
Un'attenzione particolare e profondamente innovativa sul piano metodologico
va riservata all'insegnamento della matematica, che attualmente registra,
soprattutto a partire dall'attuale scuola media, il maggior numero di fallimenti
a cui si aggiungono un gran numero di esiti al limite dell'accettabilità.
La ricerca sulla matematica non scolastica indica la necessità di
insegnare agli studenti ad usare idee e tecniche di tipo matematico nella
soluzione di problemi diversi (sia di scienze fisico-naturali sia di scienze
sociali). Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi non
perdano il piacere del matematizzare, non siano demotivati da eccessi di
formalismo e siano aiutati dagli insegnanti e dagli stessi compagni a pensare
a percorsi alternativi di soluzione e ad utilizzare in positivo le dinamiche
degli eventuali errori.
3.3 Si auspica una generalizzazione di modi nuovi di "fare storia"
nella scuola di tutti. Una volta abbandonato il vincolante impianto storicistico
di tutti i nostri attuali programmi umanistici, non si può più
intendere la storia solo in senso politico, e come sequenza cronologica
di avvenimenti. Occorre un profondo ripensamento che investa i criteri
delle periodizzazioni, e tenga conto del fatto che ci sono tanti "tempi"
quante sono le logiche dei fenomeni che si esaminano.
Sono parte della storia come ambito disciplinare, a livello della scuola
per tutti, le grandi trasformazioni culturali che riguardano la storia
della mentalità e delle idee, la letteratura, l'arte, la musica.
Non si possono riproporre tante "storie" differenziate, soprattutto
all'interno dell'obbligo scolastico (diverso è il discorso per gli
indirizzi superiori), ma si deve coraggiosamente puntare ad una "storia
integrata", innovando le attuali pratiche.
Gli attuali strumenti di studio vanno revisionati ed integrati con l'uso
di testi di alta divulgazione e con l'impiego di nuovi strumenti (repertori
di dati e di immagini, fonti orali, materiali cinematografici e audiovisivi,
ricostruzioni virtuali, giochi di ruolo, ecc.).
3.4 E' indispensabile dare un opportuno spazio culturale (anche nell'ultimo
biennio dell'obbligo) alle "scienze sociali" e alle risorse che
esse forniscono in vista della comprensione dei meccanismi di fondo dell'agire
individuale e collettivo. A titolo di esempio, temi come: il PIL e il deficit;
i sistemi politici e quelli elettorali; i condizionamenti "naturali"
e lo sviluppo economico-sociale, il formarsi della personalità,
il funzionamento dei gruppi, il linguaggio, la comunicazione e i suoi strumenti
(in particolare i media), andranno affrontati con adeguati riferimenti
tecnici, teorici e concettuali. Non si tratta di introdurre un ventaglio
sconsiderato di nuove e vecchie "materie", ma di sviluppare un
insegnamento delle scienze sociali per blocchi tematici, attorno ai diversi
rapporti tra natura e società, economia e società, potere
e società, cultura e società. Su questo terreno esistono
già esperienze consolidate, in alcune scuole sperimentali, ma in
vista di una generalizzazione dell'esperienza è nec
essario pensare ad una chiara identificazione culturale dei docenti, in
un'area d'insegnamento per definizione multidisciplinare.
In tale contesto si colloca una revisione complessiva dell'educazione civica,
che si dovrà sviluppare sia con i blocchi tematici delle scienze
sociali sia con lo studio comparativo di testi di grande importanza civile
(filosofici, giuridici, religiosi), favorendo nei ragazzi una sorta di
"navigazione mobile" attraverso le molte visioni su cui la società
potrebbe, o dovrebbe essere organizzata. Qualunque siano i suoi contorni,
la nuova educazione civica dovrebbe:
avere più peso nella valutazione scolastica;
introdurre forti elementi di libero pensiero;
procedere, almeno in parte, per dibattiti e discussioni.
3.5 La tradizione classica costituisce un patrimonio importante per il
nostro paese: è necessario che gli italiani sentano come propri
e conoscano i monumenti fra cui vivono per stabilire un proficuo rapporto
con il loro ambiente storico e geografico.
Naturalmente il nostro passato greco-latino non dovrà essere necessariamente
noto a tutti attraverso la diretta conoscenza delle due lingue: l'approfondimento
delle condizioni di vita, delle culture, dei mondi fantastici e istituzionali
dei due popoli potrà essere affidato a resoconti in chiave moderna
che sappiano utilizzare anche nuovi e novissimi strumenti di comunicazione.
Altro discorso va fatto per uno specifico percorso scolastico destinato
alla formazione dei futuri antichisti. Questo percorso classico (o comunque
lo si voglia chiamare) dovrà fornire anche la conoscenza delle due
lingue antiche, che potrà utilmente maturare a partire dagli ultimi
anni della formazione obbligatoria , sotto forma di opzione non vincolante,
e proseguire fino al completamento del periodo della scolarità,
tenendo comunque presente che la finalità dell'apprendimento delle
lingue antiche è tutta e solo nella possibilità che essa
consente di accedere direttamente alle due civiltà e, per il latino,
nella comprensione storica dell'italiano.
3.6 Per coloro che amano la cultura e la storia di un certo secolo è
sempre eretico il suggerimento che un altro potrebbe essere educativamente
più importante.
Tuttavia, nessuna riforma culturale del sistema scolastico italiano può
lasciare il Novecento nell'attuale stato di abbandono o di rimozione. La
storia e la cultura recenti devono trovare adeguato spazio negli insegnamenti.
Il Novecento può essere affrontato in assoluta serenità se
ci si rende conto che nessun insegnante è al di sopra delle parti,
qualunque sia l'argomento o il secolo, ma che tutti gli insegnanti hanno
l'obbligo (è la loro versione del giuramento di Ippocrate) di presentare
idee avverse alle loro, nel modo più intellettualmente onesto possibile.
Va comunque tenuto presente che il Novecento non si caratterizza solo per
un insieme notevolmente complesso di avvenimenti ma anche per l'affermarsi
di ottiche, teorie, linguaggi assai diversi da quelli tradizionalmente
adottati dalla scuola. La rilevanza scientifica, tecnologica ed epistemologica
del Novecento andrà quindi riferita alle dimensioni di "crisi"
e alle tradizioni conflittuali che stanno all'origine delle esperienze
contemporanee.
3.7 Quanto all'insegnamento della filosofia - positiva specificità
della scuola italiana - non ha giustificazione la proposta di estenderlo,
nella sua forma attuale di ricostruzione storica, alle scuole non liceali.
Bisogna pensare a qualcosa che sia valido per tutti (ma non prima dei 15-16
anni), quindi anche (e sono la maggioranza) per i giovani degli attuali
istituti tecnici e professionali: dovrà essere una rassegna di idee
portanti e servirà alla costruzione delle loro identità e
alla riflessione sul loro stare nel mondo.
Nella fase successiva all'obbligo si deve dunque pensare a un insegnamento
di "elementi di filosofia" (per tutti, qualunque sia l'indirizzo
prescelto) che potrebbe trattare, esemplificativamente: questioni di etica,
necessarie per comprendere le forme di validazione e di argomentazione
in materia di valore, giustizia, ecc. a partire dai temi dei diritti/doveri,
della cittadinanza, della bioetica, della medicina; questioni di logica,
di verità e plausibilità, in relazione ai problemi epistemologici
e alle diverse forme di linguaggi convincenti e persuasivi. E' un impegno
didattico che si può realizzare agevolmente muovendo da testi filosofici
accessibili, anche classici.
3.8 L'apprendimento di un inglese veicolare finalizzato alla comprensione
di "istruzioni per l'uso" ed alla comunicazione quotidiana con
persone di altre nazionalità, oltre a rispondere alle esigenze del
tempo, consentirebbe di avviare su una nuova e più solida base una
politica complessiva delle lingue nella scuola.
Accanto all'italiano come lingua madre per i più (ma anche come
lingua straniera per gli immigrati), e assieme al francese, il tedesco,
lo sloveno, ecc., propri delle aree di bilinguismo del nostro paese, sarebbe
opportuno proporre per tutti, fin dai primi anni di scuola, l'apprendimento
e l'uso di un inglese essenziale, non letterario (da utilizzare anche con
i compagni immigrati, spesso bi o trilingui), e poi, negli anni successivi,
lo studio, avanzato sul piano produttivo e culturalmente articolato di
una o più lingue della comunità europea.
3.9 Va apertamente denunciata e conseguentemente rimossa la condizione
marginale alla quale sono relegate, nella nostra scuola, le arti sonore
e visive, e tutto ciò che le integra (come il teatro e cinema).
Ciò è per un verso scandaloso, per un altro verso è
espressione di un più generale atteggiamento autolesionistico, considerata
l'immagine europea e mondiale della nostra cultura e delle nostre tradizioni:
si pensi, per fare un solo esempio, a quanto poco si investe sulla circolazione
internazionale e sull'insegnamento di una lingua, quella italiana, praticata
da tutti quanti nel mondo si occupano o si interessano di musica vocale.
Occorre reagire con coraggio e inventività a questo stato di cose:
in caso contrario, l'Italia rischia la svendita o l'alienazione del suo
patrimonio storico più prezioso.
Occorre dare legittimità scolastica alle forme di sapere che sono
proprie degli spazi acustici, investendo in primo luogo sull'ascolto, inteso
come espressione di un modo diretto e partecipato di stare in rapporto
con le cose.
La musica parla al mondo e parla del mondo, e si fa intendere anche da
chi non dispone di una specifica alfabetizzazione musicale: la logica,
il movimento, la retorica sono continuamente ed efficacemente azionate
dai suoni e dalle voci.
Non si tratta di fare della scuola un luogo di informazione sulla musica.
Si tratta invece di farne una sede di esperienza acustica e musicale.
Praticare e realizzare musica, prima e dopo - ma non necessariamente con
- il supporto tecnico della notazione, significa riconoscere, gustare ed
inventare strutture di suoni e di silenzi, e ciò lo si può
fare anche attraverso forme di riflessione che nascano dall'agire e quindi
dall'intelligenza del corpo. In questa prospettiva, la composizione musicale
andrà integrata con l'improvvisazione, che è un modo per
"andare al di là di ciò che si sa", per dare parola,
attraverso il gesto sonoro, al non detto delle emozioni.
I riferimenti storici e ambientali alle diverse espressioni musicali acquisteranno
senso e diventeranno patrimonio dei giovani solo se ad essi non verrà
mai negata questa possibilità di intendere le arti sonore come "luogo
del saper essere e del saper fare".
La scuola dovrà essere anche la sede per un incontro tra i giovani
e la civiltà figurativa, intesa come espressione di un fare dotato
di una sua specifica identità. E' inevitabile legare questa identità
al linguaggio "visivo", ma l'esigenza di conoscerlo e praticarlo
consapevolmente può essere considerata fondamentale, contribuendo
così a dare una base alla formazione complessiva dell'individuo,
solo attraverso una lettura coordinata del suo complesso costituirsi, nel
tempo storico e negli spazi d'uso, in forma, immagine, oggetto, territorio.
In questo senso le arti figurative offrono opportunità enormi e
non sostituibili allo sviluppo dell'inventiva, dell'operatività,
della comunicazione, del giudizio. Un'auspicabile promozione scolastica
del complesso delle attività legate alla conservazione e alla valorizzazione
dei beni culturali porterebbe anche alla maturazione del senso storico
e di una più compiuta responsabilità ambientale, nonché
allo sviluppo di sofisticate competenze tecnologiche.