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PROGRAMMI E RISORSE "LIBERI"

di Andrea Torrente

Premessa

Il "libero" ha dei ferventi sostenitori, ma non dei veri oppositori …. Coloro che non lo utilizzano lo guardano con una certa benevolenza, oppure con diffidenza o indifferenza, una filosofia che rifiuta istintivamente il monopolio e promuove la mutualizzazione delle competenze e la libera diffusione delle fonti.

I "programmi liberi", generalmente gratuiti, si affermano più stabilmente dei sistemi proprietari, ci si domanda per quale motivo non sono generalizzati, particolarmente nelle scuole dove la questione economica non può essere ignorata?

E’ senza dubbio perché la loro espansione è impedita da ostacoli più potenti della forza insopprimibile della libera circolazione. Tuttavia, i "programmi liberi" hanno portato una ventata di libertà nel campo delle tecnologie dell’educazione; tale circostanza diviene il cuore di un dispositivo di formazione; i programmi di tipo pedagogico si moltiplicano e sorgono parecchie distribuzioni LINUX per l’educazione. Sicuramente il problema gira attorno al sistema d’utilizzazione, poiché i programmi più ricercati sono finalmente dei "programmi liberi"…. che funzionano sotto Windows.

Ma che cos’è un "programma libero"?

Un "programma libero" è un programma il cui codice-generatore è aperto a tutti; ma esso è dapprima una filosofia, con i suoi principi ed i suoi ragionamenti.

Qualsiasi programma è scritto in un "linguaggio evoluto" e comporta delle istruzioni che ne costituiscono il "codice-generatore"; questo codice è immediatamente trasformato in "codice-oggetto", che è costituito da una serie incomprensibile di 0 e di 1, in maniera da poter essere eseguito da qualsiasi computer. Mentre i cosiddetti "programmi proprietari" sono forniti soltanto sotto la forma del loro codice-oggetto, i "programmi liberi" sono dei programmi il cui codice-generatore è accessibile. Si può, così, studiare il loro funzionamento, li si può modificare, adattare ai propri bisogni, copiarli e diffonderli a volontà.

Queste libertà sono accordate a condizione di farne beneficiare il maggior numero d’utenti possibile, in maniera tale che la "catena della virtù" non sia mai interrotta, come quando un programma di dominio pubblico diviene oggetto d’appropriazione privata. La "General Public License", la licenza di gran lunga la più diffusa, traduce sul piano giuridico questo genere di contratto.

La nozione di programma libero, si oppone, quindi, a quella di programma proprietario del quale l’utente acquisisce soltanto il diritto d’utilizzazione.

Dalla ricerca all’insegnamento

I meccanismi motori dei programmi liberi sono esattamente come quelli che prevalgono nella ricerca scientifica e, precisamente:

La libera circolazione dell’informazione – il ruolo della sua libera diffusione è talmente importante da costituire un obiettivo in sé – alla quale corrisponde la pubblicazione del codice-generatore;

Il giudizio e la validazione dei pari; il punto forte dell’approccio al libero risiede nel "debugging", ossia la ricerca degli errori in un programma, effettuato da migliaia di sviluppatori ed utilizzatori;

La libertà di riutilizzare, riprendere, emendare, deformare, riformulare, estendere i contributi esistenti.

E’ emblematico il primo posto di "Linux" nell’utilizzazione dei programmi liberi; esso ha conosciuto in questi ultimi anni uno sviluppo significativo, particolarmente nel sistema educativo. L’obiettivo non è di sostituire un monopolio ad un altro, ma di instaurare una situazione di pluralismo tecnologico, più conforme alla cultura dei docenti ed alla missione del servizio pubblico d’istruzione.

Impatto finanziario ed educativo

Il "programma libero", considerato un fattore di regolazione dell’industria informatica, contribuisce ad uscire da una situazione di tariffe proibitive e di rendite, conseguenza della situazione di quasi monopolio che prevaleva nell’informatica destinata al grande pubblico. Inoltre, esso presenta delle caratteristiche di duttilità che sono un atout importante in campo educativo. E’ risaputo che è più importante insegnare i fondamenti di una disciplina, piuttosto che delle ricette preconfezionate; ciò presuppone nelle scuole una situazione di pluralismo culturale, che si ritrovi anche in ambito tecnologico. Nelle scuole in cui l’informatica è oggetto d’insegnamento, quando bisogna comprendere i principi ed il funzionamento dei sistemi, l’accesso al "codice-generatore" è indispensabile.

In maniera generale, esiste una reale convergenza fra la cultura del docente ed i principi del "libero": accesso ai saperi, diffusione universale, comprensione delle cose, attività in comune.

I "programmi liberi", grazie al diritto di copia non limitato con le licenze di tipo "General Public License", contribuiscono al principio d’uguaglianza degli alunni e degli insegnanti, i quali devono disporre a casa degli strumenti con cui lavoreranno in classe. Accanto a questi programmi, ovviamente, vi sono le risorse pedagogiche.

Esiste, infatti, un grado di trasferibilità dell’approccio del "libero" alla produzione di queste risorse. Si trova sul WEB una vera pletora di schede, documenti, scenari messi liberamente e gratuitamente in linea dagli insegnanti e dalle Associazioni di docenti. Queste risorse, prodotte in maniera cooperativa, danno luogo a delle pratiche di mutualizzazione e di scambio che sono possibili soltanto se sono state prodotte, come si dice in termini economici, a costo zero.

Il diritto, il commercio e la scuola

Il clima che circonda il "programma libero" non è sicuramente dei più tranquilli. Vi sono delle implicazioni, riguardo ai diritti derivanti dalla proprietà intellettuale (*), che possono sintetizzarsi come segue:

Quelle relative ai diritti di brevetto;

Quelle della durata e dell’intensità della protezione delle opere (diritto d’autore, diritto di citazione);

Quelle delle procedure civili e penali applicate per difendere questi diritti.

Si tratta, quindi, di questioni di carattere giuridico. Gli autori ed i diffusori di "programmi liberi" non dimenticano le disposizioni legali esistenti, in particolare quelle concernenti il diritto della proprietà intellettuale. Essi si oppongono a certe disposizioni nuove quali, ad esempio, quelle relative alla brevettabilità dei programmi informatici, che essi giudicano come tutela monopolistica (si veda il caso giudiziario della Microsoft davanti all’Antitrust).

Passiamo, ora, alle questioni di carattere economico. Esistono delle industrie che producono e diffondono i loro programmi secondo delle regole che non sono quelle del "libero". I creatori di "programmi liberi" non contestano la loro esistenza e non hanno come scopo prioritario quello di soppiantarle nel mercato. Essi denunciano, invece, dei comportamenti commerciali che giudicano irregolari, particolarmente, quando arrivano a privare gli utenti dell’informatica di uno dei diritti essenziali: la libertà di scelta.

Che la scuola voglia o no, deve interessarsi ai "programmi liberi", farsene un’idea e, se occorre, trarne partito. Gli insegnanti e gli allievi costituiscono, infatti, uno dei gruppi sociali che consuma informatica. D’altronde, la scuola è il luogo centrale dove sono presentate, studiate e trasmesse le opere dell’ingegno, questi beni comuni di cui i programmi informatici non sono che gli ultimi arrivati: la loro disponibilità e la loro libera circolazione sono indispensabili alla fondazione ed alla trasmissione di una cultura.

Le difficoltà dell'informazione

Per un momento dimentichiamo queste questioni e diamoci un po’ di respiro, ritornando alle fonti. La fonte dell’informatica, come il suo nome indica, è proprio l’informazione. Da molto tempo ci s’interroga sulla natura così particolare di questa nozione.

Per Gregory Bateson essa é: "Differenza che fa la differenza." Per il matematico Claude Shannon, invece, é: "Segnale che si propaga lungo un canale posto fra un emittente ed un ricevente".

Gli antropologi attirano la nostra attenzione su di un’altra caratteristica dell’informazione, importantissima per le nostre argomentazioni: "L’individuo che detiene l’informazione, trae di solito più vantaggi a trasmetterla che a conservarla". Di questa regola si possono dare innumerevoli esempi. Il fatto che l’informazione, contrariamente a tutti i beni tangibili, resta in possesso di chi la dà, gioca, evidentemente, un ruolo molto importante che, però, non è il solo: "La circolazione dell’informazione è alla base della costruzione sociale, essa accresce la sicurezza dei gruppi, è il motore della cultura, essa spiega in particolare la rapidità del progresso scientifico e tecnologico nell’epoca moderna.".

Le eccezioni alla regola generale esistono; è assai facile trovarne degli esempi, i famosi segreti ed informazioni confidenziali, ma essi sono poco numerosi e non rimettono in causa la legge generale che si applica in proporzioni schiaccianti.

L’informazione tende, in maniera generale, a diffondersi, a spandersi attraverso tutti i mezzi che trovano o inventano gli uomini che li detengono. Da questo punto di vista, l’informazione si comporta come l’acqua che sorge dalla fonte, cerca il pendio, l’anfrattuosità nella quale va ad infiltrarsi e dalla quale deborderà per scorrere di nuovo verso altri pendii, altre fenditure, altri bacini.

La regola antropologica che spiega la propensione dell’informazione a diffondersi, è equivalente alla legge fisica che fa infiltrare l’acqua dovunque sia possibile.

Se dobbiamo stupirci e interrogarci, non è, quando l’informazione circola ma, al contrario, quando non lo fa: c’è qualcosa o qualcuno che vi si oppone.

Alla stessa maniera, come non è facile impedire all’acqua di scorrere, non è facile impedire ad un’informazione di circolare. Per poterlo fare, bisogna costruire dei dispositivi complicati che interdicono la comunicazione fra le persone. Si tratta, per lo più, di dispositivi morali e giuridici completati da sistemi tecnologici di criptaggio.

Il ricorso a tali dispositivi e sistemi è talvolta giustificato, come nel caso dei dispositivi che proteggono la proprietà delle opere dell’ingegno, la vita privata dei cittadini, i segreti della difesa del paese.

L’applicazione di una misura che limita la circolazione dell’informazione, deve essere sempre giustificata e la sua portata deve essere limitata. Ciò suppone una posizione contraddittoria fra tutte le persone e tutti i gruppi interessati da vicino o da lontano dalla misura di restrizione prefigurata. Sono, in generale, le leggi dello Stato che devono regolamentare con chiarezza e precisione i vincoli alla libera circolazione delle informazioni.

Vantaggi della libera circolazione

L’informatica ed Internet hanno introdotto grandi facilitazioni nella circolazione dell’informazione.

Infatti, gli informatici occupano dei posti di tutto rilievo non soltanto perché sono i creatori dei programmi necessari al funzionamento dei computer e delle reti ma anche perché hanno trovato nella Rete uno strumento grazie al quale essi lavorano più velocemente e meglio. I sistemi tecnologici che essi hanno concepito e sfruttato si sono dimostrati di un’efficacia eccezionale, superiore a quella di tutti i sistemi di comunicazione esistenti in precedenza. Gli informatici sono stati i primi a trarne profitto, seguiti dagli scienziati, dagli amanti della musica, dai genealogisti, dagli insegnanti, per non citare che alcuni esempi.

Il "programma libero", di cui uno degli emblemi è il sistema operativo Linux, costituisce un episodio che segna questa storia e le sfide di cui essa è teatro.

Gli informatici che operano sotto il sistema della "General Public License", non abdicano ai loro diritti di proprietà né alla possibilità di trarne degli utili finanziari. Essi si accontentano di far circolare, oltre allo stesso programma, ciò che gli autori ed editori di "programmi proprietari" nascondono: il seguito delle istruzioni logiche di cui è costituito il programma, ciò che essi chiamano "codice-generatore".

(*) A tal proposito sono essenziali i due testi di P. Aigrain "Droits intellectuels et echange d’information" (www.freescape.eu.org) e "Où en sont les droits intellectuels positifs?" (www.sopinspace.com)

 


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