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TESTO E TECNOLOGIE INFORMATICHE DELLA COMUNICAZIONE EDUCATIVA di Andrea Torrente La riflessione sulle tecnologie digitali si dovrebbe trovare oggi al centro della formazione letteraria, poiché queste Tecnologie Informatiche della Comunicazione comportano nuove pratiche di scrittura e di lettura e favoriscono il sorgere di nuove impostazioni intellettuali. Premessa Che i docenti di lettere integrino le nuove tecnologie nel loro insegnamento per convinzione, per obbligo o per necessità, non vi è alcun dubbio che si assiste ad uno sviluppo lento, ma progressivo, dell’uso delle T.I.C nel quadro dell’insegnamento delle materie letterarie. Che si tratti di ricorrere alle risorse multimediali per documentarsi ed informarsi nell’ottica della preparazione di una sequenza didattica, di disporre di testi “grezzi” o di immagini sfruttabili per la preparazione di lezioni, di ricercare o di scambiare degli esempi di pratiche didattiche, o molto semplicemente di utilizzare le potenzialità del trattamento dei testi per introdurre gli allievi negli apprendimenti fondamentali (leggere, scrivere, parlare, scambiare, pubblicare, ecc.), sembra che i docenti siano sempre più propensi a far uso delle tecnologie digitali e che le reticenze constatate fino a qualche anno addietro tendano oggi a scomparire o, quanto meno, ad attenuarsi. Se la necessità di adeguarsi ad un nuovo ambiente tecnologico e sociale ha avuto senza dubbio la sua parte importante in questa evoluzione, ha giocato un ruolo fondamentale nell’ammodernamento dell’insegnamento delle Materie Letterarie la riconosciuta necessità di acquisire la padronanza delle Tecnologie Informatiche della Comunicazione, intesa come uso ragionato o virtuoso di questi nuovi supporti d’informazione e di comunicazione.
Quale legittimità intellettuale? Nessuno obbliga a priori il docente di Materie Letterarie ad insegnare con le T.I.C, cioè ad utilizzare i supporti e gli strumenti digitali per far lezione, anche se il ricorso a queste tecnologie può migliorare ed arricchire considerevolmente la prassi didattica dei docenti e l’accesso degli alunni agli apprendimenti, particolarmente per gli allievi in difficoltà. D’altra parte, nessuno obbliga il docente ad insegnare le T.I.C, cioè insegnare agli allievi a servirsi, tecnicamente s’intende, di questi nuovi strumenti tecnologici ed a comprenderne il funzionamento. Egli, per contro, deve dare agli allievi una prassi che integri una vera riflessione su ciò che questi nuovi supporti procurano, inducono e modificano nel nostro approccio ai testi ed alla letteratura. <il docente di Materie Letterarie non può evitare di fare questa riflessione, non soltanto perché essa è nell’aria da molto tempo, ma perché essa è parte integrante della sua disciplina: comprendere (e far comprendere all’allievo) che leggere, scrivere, parlare, informarsi o comunicare, sono delle azioni condizionate dai supporti e dalle tecniche che le sottendono, che un testo non può avere senso se non quando esso è inscritto in un quadro e su di un determinato tipo di supporto, poiché esso è prodotto e percepito sotto una forma ed una situazione che lo configurano, che ne determinano i codici ed i modi di ricezione ….. Non siamo qui al nocciolo della formazione letteraria, che sia intesa come “padronanza della Lingua”, “formazione del Pensiero” o “formazione del Cittadino”? Sappiamo tutti che la lettura e la scrittura di testi diversi consentono agli allievi di meglio percepire come qualsiasi testo si inscriva in degli insiemi, ma che presenti anche delle particolarità legate alla situazione in cui esso è elaborato, al progetto del suo autore ed alle condizioni della sua ricezione. Gli allievi possono così discernere come il significato sia influenzato dalla situazione, ma anche può cogliere l’originalità e l‘apporto delle opere letterarie maggiori, in ciò che esse si distinguono dalle usuali costrizioni. Se si riflette su ciò che l’uso delle T.I.C induce dal punto di vista della situazione in cui il testo è elaborato e si tiene conto delle condizioni della sua ricezione, si rileva immediatamente tutta la ricchezza del campo di domande che si apre e tutta la diversità di utilizzazione pedagogica che ne può derivare. Ai nostri occhi, una delle modificazioni più importanti indotta dalle tecnologie digitali nella nostra relazione con il testo è relativo all’insieme dei gesti che esse implicano e, di conseguenza, alle nostre attitudini ed alle nostre pratiche di scrittura e di lettura. Leggere sul supporto monitor del PC., scrivere con una tastiera, navigare nella Rete, in effetti, è effettuare tutta una serie di operazioni manuali (cliccare sui collegamenti, aprire delle finestre, fare apparire o defilare delle pagine, mettere in relazione dei documenti …), ma anche visive ed auditive, che comportano il sorgere di posizioni intellettuali nuove – in cui il lettore è ad un tempo un esploratore, uno spettatore, un attore o un autore – e che implicano delle nuove responsabilità. Sembra che siano riattivate in tal caso delle operazioni del pensiero che hanno presieduto all’invenzione della scrittura: rendere visibile l’invisibile, comunicare con chi è assente, mettere in relazione degli elementi sparsi per elevarli allo statuto di “segni” e scoprire così, ricostruendoli, i significati presenti dietro il monitor. Lo schermo del PC consente di metaforizzare e di far rivivere tutte le potenzialità di ciò che Jack Goody ha chiamato una “tecnologia dell’intelletto”, in tal caso la scrittura. Non si tratta di uno schermo passivo come quello della televisione, che ci consegna un’informazione lineare ed univoca, ma di una superficie che è un luogo da cui si può, grazie alla propria azione, fare emergere dei segni, delle informazioni che si vanno a cercare ed organizzare secondo delle procedure codificate e socializzate per dar loro significato, pubblicarle e trasmetterle.
Quale “efficacia pedagogica”? Questi cambiamenti osservabili da coloro che si interessano dei rapporti fra le T.I.C ed il testo spiegano assai bene le modificazioni osservate nei comportamenti degli allievi in classe, questa “efficacia pedagogica” dello strumento che non può semplicemente riferirsi al suo lato ludico né ad un fenomeno di moda. Gli alunni, ed i loro docenti, sono proiettati in un nuovo spazio in cui essi devono cambiare atteggiamento, in cui scrivere vuol dire coinvolgersi fisicamente ed attivamente in un apprendimento, ritornare sul proprio lavoro, dove i rovesciamenti, le esitazioni, i tentativi sono consentiti, integrati ad un progresso, accettati dalla comunità che scrive, nella quale si possono prendere dei rischi senza tuttavia commettere l’irreparabile, dove l’azione di ciascuno è sotto gli occhi di tutti e quella di tutti è trasferibile e traducibile in esperienza costruttiva per ciascuno. Far vedere il cammino di un pensiero, di un ragionamento, è ciò che permette prima di tutto l’iscrizione/apparizione progressiva sullo schermo: non si è più nella situazione di leggere un testo che si dà come opera compiuta, opera chiusa, ma sempre in quella di produrre un testo in divenire, insieme ed individualmente, di farlo evolvere, circolare, rinascere, di negoziarne la forma ed i significati – è proprio di ciò che si tratta, di un testo di cui si fa “commercio”, che lo si produca o che lo si legga, e che è sempre possibile ri-valutare. Si può lavorarlo come un artigiano, scavarlo, costellarlo, metterlo in scena, decomporlo e ricomporlo, farlo brillare o annientarlo – ciò che apre delle possibilità infinite di situazioni pedagogiche e consente agli alunni di appropriarsi di questo scritto fino a poco tempo addietro sacro ed inviolabile, di riconciliarli con questo strano oggetto, di dar loro la voglia di scoprirlo o di meglio comprenderlo, investigando nei suoi meandri, in breve di far loro ritrovare il piacere ed il significato della scrittura e della lettura. C’è, in definitiva, migliore maniera di far rispettare ed ammirate il testo – inizio e termine di qualsiasi lavoro scolastico – e, quindi, di insegnare la letteratura? Lungi dall’uscire impoveriti da questa nuova avventura, lo scritto ci mostra che non ha ancora detto la sua ultima parola.
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