Infanzia
e adolescenza: indagine sulla Campania
(
Il Mattino 27/02/02 )
Qual è la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza
in Campania? Saranno presentati oggi nella Casina del Boschetto in
Villa Comunale, dalla 9,30 in poi, i dati della ricerca svolta dalla
facoltà di Sociologia dell’Ateneo federiciano e dalla facoltà di
Scienze della Formazione dell’Università di Salerno. L’indagine
ha coinvolto tutti i 551 Comuni della regione e si è focalizzata
soprattutto sul lavoro minorile e sui ragazzi immigrati. I minori
seguiti dai servizi sociali sono oltre 30mila, di cui 4883 in
condizioni di disagio familiare; 3331 quelli che hanno abbandonato
la scuola; 2797 i disabili. Quello di oggi è il primo appuntamento
di un ciclo di tre seminari e un convegno conclusivo del progetto
«La pianificazione delle politiche per i minori: dai territori alla
regione», promosso dalla Regione e gestito da Formez e Fondazione
italiana per il volontariato (FIVOL). Alla giornata di studio,
moderata dal giornalista Antonio Troise, partecipano Adriana
Buffardi assessore alle politiche sociali, Maria Grazia Falciatore,
dirigente settore politiche sociali, Maria Vittoria Magli del Formez,
Enrica Amaturo della Federico II, e Pina Boggi Cavallo dell’Università
di Salerno.
Dal
Redattore Sociale
Da area di transito a residenza stabile: così cambia
l'immigrazione in Campania. Lo dimostrano gli oltre 7mila bambini
stranieri
La presenza di minori in Campania, se non sembra molto
significativa dal punto di vista numerico, rappresenta però,
secondo gli osservatori, uno degli aspetti di maggiore novità. In
una fase iniziale dell'immigrazione la Campania si caratterizzava
come "area di transito" e accoglieva soprattutto immigrati
giunti per lavorare. La presenza di minori oggi è, invece, secondo
i ricercatori un indice di stabilità e segnala come l’immigrazione
nella regione vada sempre più consolidandosi.
La ricerca svolta dalla Facoltà di Sociologia dell'Università
degli Studi di Napoli "Federico II" e dalla Facoltà di
Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Salerno su
"La condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Campania”
indica la presenza di circa 7300 minori stranieri residenti nella
regione. La provincia in cui viene registrata la maggiore presenza
di bambini immigrati è quella di Napoli con più di 4mila iscritti
all’anagrafe, pari al 57% del totale regionale. Napoli risulta
anche il comune maggiormente interessato, con 2.110 residenti.
Seguono poi le province di Caserta con 1.473 minori residenti, dove
tra l’altro l’incidenza dei minori stranieri sul totale della
popolazione residente è la più elevata, Salerno con 942 e Avellino
con 526. Benevento con 205 minori è la meno interessata.
Si stima tuttavia che il loro numero sia superiore a quello
ufficiale, in quanto vi sono diverse circostanze in cui il minore
non viene registrato all’anagrafe: bambini nati in Italia da
genitori stranieri privi di permesso di soggiorno minori non
accompagnati o “in transito”, per i quali i genitori o i tutori
di fatto non prevedono una permanenza nella regione se non
temporanea. Inoltre vi sono anche casi di minori iscritti all’anagrafe
che in realtà sono rimpatriati e per i quali il permesso di
soggiorno e l’iscrizione all’anagrafe viene mantenuta per “acquisire
il diritto” ad una futura cittadinanza italiana. Le nazionalità
di provenienza dei minori variano a seconda delle province.
Integrazione scolastica: le scuole etniche “autogestite”
L’inserimento scolastico dei figli di lavoratori immigrati può
essere considerato secondo i ricercatori uno dei principali
indicatori della stabilità della presenza straniera sul territorio
e del livello di integrazione delle comunità. Nell’anno
scolastico 1998-1999, risultavano inseriti 1.457 alunni stranieri.
La provincia che presenta il maggior numero di iscritti è quella di
Napoli con 824 alunni stranieri, pari al 56% del totale dei minori
stranieri iscritti nelle scuole della regione. Accanto agli alunni
italiani significativa la presenza di bambini cinesi e una elevata
percentuale di alunni rom. Il 62% di minori stranieri secondo la
ricerca è iscritto nelle scuole elementari, il 25% in quelle medie
e il 12% nelle scuole materne; quest’ultimo dato è il più basso
rispetto alla media regionale che risulta essere pari al 14%.
Per gli osservatori le cause del mancato inserimento di bambini
stranieri nelle scuole, dipendono spesso dal fatto che i bambini
rimangono con i genitori soltanto nei primi anni di vita, ma anche
per un atteggiamento di diffidenza di molti stranieri nei confronti
delle istituzioni e servizi pubblici italiani. Ciò vale soprattutto
per i genitori irregolari che, nonostante esista una normativa
italiana che tutela il diritto del minore di andare a scuola
indipendentemente dalla condizione di regolarità o meno dei
familiari, preferiscono non inserire i propri figli nel normale
ciclo scolastico.
Questo atteggiamento trova un riscontro nella nascita di alcune “scuole
etniche”, non sempre ufficiali, che vanno dagli asili nido alle
scuole superiori e sono gestite da membri appartenenti alla
comunità di origine e con insegnanti qualificati madrelingua.
Distribuzione
dei minori stranieri residenti per nazionalità: Napoli e
totale provincia
|
|
Comune
di Napoli
|
Provincia
di Napoli
|
%
minori Napoli su provincia
|
Tot.
|
di cui minori
|
%
|
Tot.
|
di cui minori
|
%
|
Albania
|
312
|
101
|
32,4
|
1.054
|
210
|
19,9
|
48,1
|
Algeria
|
258
|
20
|
7,8
|
2.300
|
223
|
9,7
|
9,0
|
Brasile
|
164
|
20
|
12,2
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Capo Verde
|
839
|
177
|
21,1
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Cina
|
294
|
82
|
27,9
|
1.479
|
322
|
21,8
|
25,5
|
Costa D'Avorio
|
96
|
16
|
16,7
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Eritrea
|
115
|
17
|
14,8
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Etiopia
|
185
|
35
|
18,9
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Ex Jugoslavia
|
157
|
69
|
43,9
|
396
|
136
|
34,3
|
50,7
|
Filippine
|
1.039
|
176
|
16,9
|
1.161
|
186
|
16,0
|
94,6
|
Ghana
|
30
|
5
|
16,7
|
317
|
15
|
4,7
|
33,3
|
Macedonia
|
43
|
23
|
53,5
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Marocco
|
149
|
23
|
15,4
|
2.583
|
228
|
8,8
|
10,1
|
Nigeria
|
106
|
4
|
3,8
|
512
|
32
|
6,3
|
12,5
|
Perù
|
339
|
57
|
16,8
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Polonia
|
254
|
16
|
6,3
|
798
|
36
|
4,5
|
44,4
|
Rep. Dominicana
|
522
|
86
|
16,5
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Romania
|
65
|
10
|
15,4
|
230
|
30
|
13,0
|
33,3
|
Russia
|
55
|
25
|
45,5
|
137
|
73
|
53,3
|
34,2
|
Senegal
|
187
|
19
|
10,2
|
255
|
28
|
11,0
|
67,9
|
Somalia
|
390
|
62
|
15,9
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
N.D.
|
Sri Lanka
|
2.569
|
464
|
18,1
|
2.768
|
488
|
17,6
|
95,1
|
Tunisia
|
362
|
59
|
16,3
|
1.325
|
167
|
12,6
|
35,3
|
|
Totale
|
10.874
|
1.697
|
15,6
|
18.008
|
2.667
|
14,8
|
631
|
Note:
(ND) Dato non disponibile
Fonte: Prefettura di Napoli - Consiglio territoriale per
l'immigrazione del 25/3/2000
Minori
e adulti stranieri residenti nei capoluoghi di provincia
della Campania sul totale della popolazione -
Dati al 31/12/2000
|
|
Tot.
popolazione
|
Popol.
straniera
|
%
pop. str. su tot. pop.
|
%
min. str. su tot. str.
|
%
min. str. su tot. min.
|
Tot.
|
di
cui minori
|
Tot.
|
di
cui minori
|
Avellino
|
440.482
|
90.951
|
2.748
|
526
|
0,6
|
19,1
|
0,6
|
Benevento
|
293.413
|
59.837
|
1.276
|
205
|
0,4
|
16,1
|
0,3
|
Caserta
|
855.693
|
209.231
|
12.238
|
1.473
|
1,4
|
12,0
|
0,7
|
Napoli
|
3.099.365
|
762.988
|
32.453
|
4.197
|
1,0
|
12,9
|
0,6
|
Salerno
|
1.091.959
|
238.531
|
7.481
|
942
|
0,7
|
12,6
|
0,4
|
|
Campania
|
5.780.912
|
1.361.538
|
56.196
|
7.343
|
1,0
|
13,1
|
0,5
|
Fonte: Istat
Minori
stranieri non accompagnati
Per paese di provenienza
- Dati al 15/09/2001
|
Paese
|
Segnalazioni
|
%
|
Albania
|
8.513
|
62,1
|
Marocco
|
1.446
|
10,5
|
Romania
|
967
|
7,1
|
F.
Yugolslavia
|
516
|
3,8
|
Turchia
|
267
|
1,9
|
Bangladesh
|
247
|
1,8
|
Iraq
|
147
|
1,1
|
Algeria
|
201
|
1,5
|
Bosnia
E.
|
93
|
0,7
|
Moldavia
|
138
|
1
|
Cina
|
107
|
0,8
|
Croazia
|
68
|
0,5
|
Etiopia
|
32
|
0,2
|
Macedonia
|
43
|
0,3
|
Bulgaria
|
36
|
0,3
|
Colombia
|
26
|
0,2
|
Tunisia
|
45
|
0,3
|
Equador
|
35
|
0,3
|
Nigeria
|
28
|
0,2
|
Polonia
|
21
|
0,2
|
Altri
|
738
|
5,4
|
Totale
|
13.714
|
100
|
Fonte: CAI
(Commissione per le Adozioni Internazionali) - Banca dati "Comitato
per i minori stranieri"
Minori
immigrati a Napoli
Alla fine del 2000, i minori stranieri residenti nella
città partenopea erano 2110 nella sola città e 2087 nel resto
della provincia; complessivamente secondo i dati registrati dall’Istat
rappresentano il 13,1% dell’insieme di stranieri regolarmente
soggiornanti. Vi era inoltre una presenza, non sempre regolare,
dovuta in parte ai minori in transito, in parte ai minori arrivati
clandestinamente, non contemplata nelle statistiche ufficiali.
Dal punto di vista quantitativo i minori immigrati a Napoli
rappresentano una realtà modesta, se paragonata alle altre città
italiane. La scarsa consistenza numerica della presenza di minori
immigrati a Napoli si spiega secondo gli esperti con la
caratteristica di "area di transito" che assume per gli
stranieri l''area napoletana, e più in generale, la regione
Campania. Le comunità straniere tendono dunque a subordinare
l''arrivo dei figli o la loro eventuale nascita ad una maggiore
stabilità abitativa e lavorativa che possono ottenere con un loro
trasferimento al Nord.
Una delle aree a più forte insediamento della popolazione immigrata
in presenza di minori, nella città di Napoli, è rappresentata dal
centro storico e per la precisione la zona compresa tra il “Rione
Sanità” ed i “Quartieri spagnoli”. In questi quartieri sono
concentrate le famiglie srilankesi ma anche della Somalia, della
repubblica Dominicana, di Capo Verde e di altre comunità. Molte
famiglie sono andate a vivere in queste zone negli anni ’90,
soprattutto nei cosiddetti “bassi” (monolocali umidi e bui a
livello di strada), lasciati liberi dalle famiglie locali a cui sono
state assegnate abitazioni di edilizia popolare o che per motivi di
ascesa sociale hanno cambiato abitazioni. Nella zona circostante la
stazione centrale di Napoli si concentrano invece prevalentemente
famiglie di cinesi, senegalesi, di nordafricani e di immigrati dell’est
Europa (ucraini, polacchi, rumeni, ecc). Per quel che riguarda la
componente di minori è proprio nella comunità di più recente
insediamento, cioè quella cinese, che in questa zona ne troviamo il
numero più elevato sia in valori assoluti che in valori
percentuali. Durante la ricerca è stata infatti stimata una
presenza di bambini e ragazzi cinesi di oltre centinaio di unità.
Un''altra area di concentrazione è rappresentata dal quartiere di
Ponticelli dove vivono la maggior parte di famiglie albanesi, di
ivoriani e dove vi è tra l’altro anche una significativa presenza
di famiglie rom che risultano molto numerose anche nei quartieri di
Secondigliano e Scampia, dove esistono due campi del Comune di
Napoli in cui vivono 50 famiglie (circa 600 rom) ed alcuni
insediamenti abusivi nei pressi dei cavalcavia dell’Asse Meridiano
e di altre strade nel quartiere di Scampia dove vivono altre 400-500
persone. Nel complesso la presenza di minori nei campi è stata
stimata da operatori che lavorano nei campi intorno alle 400 unità.
Fonte: "La condizione dell''infanzia e
dell''adolescenza in Campania"
Come vivono gli immigrati in Campania? ''Le differenze
dipendono dalla comunità di appartenenza''
Etnie e culture diverse da cui nascono differenti stili di
vita. La ricerca delle Università di Salerno e Napoli dedica ampio
spazio all'analisi delle caratteristiche specifiche che le
distinguono.
Albania
Risultano residenti nel comune di Napoli 101 minori albanesi e altri
109 nei comuni della provincia. I primi sono arrivati a Napoli
clandestinamente con la famiglia in due ondate successive, con la
nave del 7 marzo ‘91 e nel ’93, ed hanno poi ottenuto il
permesso di soggiorno per asilo politico. Negli ultimi anni la
presenza di bambini e ragazzi albanesi è in aumento, sia per la
possibilità del ricongiungimento familiare sia attraverso l’acquisto
di documenti falsi (circa 2000 $ secondo alcuni testimoni). Ad essi
si aggiungono i bambini nati in Italia soprattutto nei nuclei
familiari che vivono a Ponticelli (Napoli), circa 50 famiglie in
condizioni abitative disagiate.
I bambini albanesi vivono tutti nelle famiglie di origine e
frequentano regolarmente la scuola dell'obbligo. Non hanno problemi
linguistici poiché in Albania ascoltavano i programmi televisivi
italiani o studiavano la lingua a scuola. Il lavoro minorile è
praticamente assente tra gli albanesi che si limitano ad aiutare i
genitori nelle faccende domestiche. Una fascia giovanile è invece
coinvolta in furti, soprattutto d'auto, e rapine che sembra in
aumento come risulta dal numero di minori fermati e condotti al Cpa
del Centro di Giustizia minorile.
Capo Verde
La comunità capoverdiana, oltre ad essere numerosa, ha la
particolarità di essere costituita almeno per il 90% da donne (la
stessa percentuale speculare si riscontra nella comunità
marocchina), arrivate in Italia prevalentemente con contratti di
lavoro da domestiche. Sono 177 i bambini che attualmente risultano
residenti, nati prevalentemente in Italia o, in misura minore,
arrivati per ricongiungimento familiare. Essendo una comunità di
antico insediamento, molti di essi sono ormai adolescenti. I bambini
capoverdiani frequentano regolarmente la scuola e in alcuni casi
riescono ad alternare la frequenza scolastica con lavori stagionali
nel periodo estivo. Quasi mai invece frequentano associazioni o
parrocchie nel tempo libero. Poiché la comunità è prevalentemente
femminile, nella maggior parte dei casi si è in presenza di
famiglie composte da madri con figli. Molte per la difficoltà di
conciliare il lavoro con la cura dei figli, fanno ricorso ad
istituti religiosi o a famiglie italiane, che svolgono di fatto un’attività
di affido informale a pagamento o anche gratuitamente.
Cina
Gli ingressi non sono tutti legali ma avvengono con l’intero
nucleo familiare. Secondo i ricercatori i canali di ingresso sono
complessi e costosi e sono nelle mani di “agenzie” che ne
assicurano per alcuni milioni l’arrivo in Italia, dopo aver fatto
scalo in diversi paesi. I bambini cinesi sono presenti nell’area
vesuviana, sin dalla seconda metà degli ani Novanta, e nel comune
di Napoli, dove sono arrivati negli ultimi tre o quattro anni. Si
tratta di una presenza di recentissimo insediamento e difficile da
quantificare sia per i continui arrivi, sia perché si tratta di una
comunità che è poco a contatto sia con le istituzioni che con le
organizzazioni di volontariato. La presenza complessiva in provincia
di Napoli è stimabile intorno alle 7mila presenze, e nel 40% circa
dei casi si tratta di presenze irregolari o in attesa di
regolarizzazione. Le famiglie sono in totale circa 800. I bambini
cinesi frequentano regolarmente la scuola e svolgono un’attività
lavorativa soltanto al di fuori dell'orario scolastico o durante le
vacanze estive: aiutano ad attaccare i bottoni, o stanno nel negozio
dei genitori dove talvolta fungono anche da interpreti tra i
genitori che non parlano per niente l’italiano e i clienti. I
minori residenti risultano essere 82 nel comune di Napoli e 240 in
provincia, tuttavia la loro presenza, secondo le testimonianze
sentite durante la ricerca, supera in totale le mille unità.
Filippine
La comunità filippina di Napoli vanta un antico insediamento ed è
ancora oggi tra le comunità più numerose in città, conta infatti
poco più di 1500 presenze nella sola città di Napoli e 2000-2500
nella intera regione. La componente femminile continua ad esser la
più numerosa (70% del totale); impiegate come domestiche, le
filippine generalmente vivono nell’abitazione del datore di lavoro
nei quartieri residenziali di Napoli. I bambini sono tra le 100 e le
200 unità, nati prevalentemente in Italia, di questi una decina
sono figli di coppie miste. Il gruppo di età più numeroso è
quello della fascia di età da o a 5 anni. I bambini vivono nella
stragrande maggioranza con la madre o con i genitori, nella propria
abitazione o in quella del datore di lavoro. Tutti i bambini
filippini vanno a scuola e sono stati segnalati quattro casi di
ragazzi che frequentano l'università.
Nord Africa
In base ai dati ufficiali le comunità del Marocco, della Tunisia e
dell’Algeria sono in valori assoluti le più numerose nella
regione Campania con una netta maggioranza dei marocchini. Nell’insieme
risultano residenti in provincia di Napoli 6.200 nord africani (poco
più di 2.500 Marocchini, 2.300 Algerini, 1.300 Tunisini), e di
questi la stragrande maggioranza nei comuni della provincia
(soprattutto quelli vesuviani) e solo il 12% nel capoluogo (769). La
componente irregolare è difficilmente quantificabile sia perché è
molto dispersa sul territorio della regione, sia perché è molto
mobile e quindi c'è il rischio contare più volte lo stesso
lavoratore che si sposta da un comune all’altro. Le comunità, di
cui il più antico insediamento è quella dei Marocchini, sono
composte in prevalenza da uomini, ma negli ultimi anni la presenza
delle donne è cresciuta insieme a quella dei bambini. Negli ultimi
anni sono anche aumentate le nascite da matrimoni misti con donne
italiane o dell’Est europeo. Complessivamente i minori
nordafricani residenti risultano essere 618 e di questi solo 102
nella città di Napoli. In città la componente relativamente più
numerosa è quella dei tunisini. Vi sono poi circa 200 minori, per
lo più marocchini, non accompagnati distribuiti in tutta la
provincia di Napoli. Alcuni entrati con documenti regolari
appartenenti ad un familiare già residente in Italia, accompagnati
dal padre o da un altro parente, spesso lo zio paterno, ma spesso i
documenti vengono forniti in cambio di denaro (in media cinque
milioni di dirhami, pari a circa dieci milioni di lire) da un
conoscente che fa passare il minore per un figlio. Alcuni
attraversano la frontiera clandestinamente a bordo di una nave
mercantile o nascosto in un tir di trasporto internazionale. Secondo
diverse testimonianze, in quest'ultimo caso l’ingresso in Italia
ha un costo elevato che viene pagato dalla famiglia, ad esempio
vendendo un terreno o chiedendo un prestito alla banca. Con il
pagamento del passage il rapporto tra il minore e chi lo ha favorito
nell'espatrio si estingue. La restituzione del debito avviene nei
confronti della famiglia del minore verso la quale egli avverte un
obbligo morale. Tutti i minori marocchini lavorano per strada,
dedicandosi alla vendita di fazzoletti di carta e alla pulizia dei
vetri delle automobili nei pressi dei semafori e dei passaggi a
livello, attività per la quale incassano giornalmente circa
80\100mila lire, con un orario di lavoro di 14-15 ore.
Sri Lanka
E’ la più numerosa con le sue 4000-5000 presenze nella sola
città di Napoli e un altro migliaio nel resto della provincia e
della regione. Gli srilankesi sono arrivati e continuano ad arrivare
attraverso molti canali, sia ufficiali che irregolari. La comunità
srilankese a Napoli è composta prevalentemente da cingalesi, ma non
mancano i tamil. Gli srilankesi lavorano soprattutto nei servizi
domestici sia giorno e notte che a ore ma è possibile trovare
uomini che son o impiegati nei servizi di ristorazione, come garzoni
o commessi alle dipendenze nel commercio (negozi di abbigliamento o
di generi alimentari). Il numero degli uomini è sensibilmente
cresciuto in questi anni così come i ricongiungimenti di fatto e in
costante aumento è il numero dei bambini. Nella maggior parte dei
casi i bambini nascono in Italia e poi o subito o dopo i primissimi
anni di vita, sono riaccompagnati nel paese di origine. Secondo una
stima basata su interviste a testimoni privilegiati in Campania sono
effettivamente presenti 300-400 bambini srilankesi prevalentemente
nella città di Napoli. Tuttavia il numero di bambini residenti
risulta essere di poco superiore a tale cifra (464 a Napoli, e 24 in
provincia), in quanto alcuni genitori tengono a far rimanere
residenti bambini nati a Napoli ma già rimpatriati, per dare loro
la possibilità di ritornare eventualmente dopo il diciottesimo anno
di età. Di solito i bambini frequentano regolarmente le scuole
pubbliche, ma recentemente sta emergendo un nuovo fenomeno e cioè
la creazione di asili nido "autogestiti" in maniera
informale dalla stessa comunità. Nei soli quartieri Stella e
Quartieri Spagnoli se ne contano 4 0 5, appartamenti ben attrezzati
e adattati per esigenze di attività di intrattenimento dei bambini
nelle ore di lavoro dei genitori. I bambini srilankesi frequentano
la scuola fino al compimento del ciclo dell'obbligo per poi lavorare
anch'essi come domestici. Si registrano pochi casi di ragazzi che
hanno conseguito la licenza di scuola media superiore o iscritti
all'Università.
Rom
La presenza dell’attuale comunità rom nella provincia di
Napoli risale a circa trenta anni fa, periodo in cui gruppi di serbi
scelsero come loro nuova sede le zone limitrofe del comune di
Giugliano. La comunità è arrivata a Giugliano quasi esclusivamente
attraverso canali non regolari, tuttavia nel corso degli ultimi
decenni gran parte di questo gruppo rom originario si è trasferito
in Germania. Attualmente le comunità più numerose sono due: una
insediata nel quartiere di Secondigliano, l’altra in quello di
Ponticelli, entrambe giunte circa 20 anni fa. Si tratta di rom di
diverse etnie che convivono alternando momenti di tranquillità ad
esplosioni di conflittualità più o meno visibili all’esterno.
Nel complesso la loro presenza si conta tra le 1200 e le 1500 unità
ed i minori contano 400-500 presenze. Pochi sono in possesso di
documenti di soggiorno e ancor meno, date le condizioni abitative,
della residenza. Per quanto riguarda i minori, è necessario
distinguere fasce d’età a cui si riconnettono situazioni diverse
per modalità di arrivo, clandestinità e diverso grado di
integrazione nella comunità ospite. I ragazzi più grandi sono
giunti in Italia dal paese di origine, sempre accompagnati da
adulti, non necessariamente identificabili nei propri genitori,
servendosi di canali non ufficiali, mentre quelli appartenenti a
classi d’età comprese tra 0-3 e 5-10 anni rientrano nel numero di
bambini rom nati in territorio italiano. Tutti vivono in famiglie
allargate composte dai genitori, dai fratelli, cui si aggiungono
zii, nonni, e cugini fino a formare gruppi di circa 50 persone. Le
condizioni di vita sono molto precarie e la mortalità infantile è
molto elevata. Da circa 4 anni vi è una maggiore attenzione da
parte delle istituzioni locali al processo di inserimento scolastico
dei minori rom.
I musulmani, la scuola pubblica, quella islamica
La presenza degli immigrati nel nostro paese cresce.
Aumentano i ricongiungimenti familiari e, anche per questo, il
numero dei bambini di altre religioni – soprattutto musulmani –
che si iscrivono alle scuole dello stato italiano. Che cambiamenti
questo comporta per l’istituzione scolastica? L’opinione di un
membro della Lega musulmana mondiale-sezione Italia.
vedi
testo completo
Distribuzione
di alunni stranieri nelle scuole della Campania per
provincia e area geografica di provenienza
|
|
Benevento
|
Caserta
|
Napoli
|
Salerno
|
Tot.
|
America
Latina
|
1
|
12
|
84
|
10
|
107
|
Cittadinanza Italiana
|
2
|
90
|
106
|
24
|
222
|
Europa dell'Est
|
39
|
183
|
252
|
51
|
525
|
Europa dell'Ovest
|
2
|
7
|
35
|
5
|
49
|
Nord Africa
|
19
|
86
|
61
|
44
|
210
|
Africa Centro Sud
|
0
|
14
|
28
|
0
|
42
|
Altro
|
0
|
4
|
12
|
0
|
16
|
Asia
|
0
|
18
|
246
|
22
|
286
|
Totale
|
63
|
414
|
824
|
156
|
1.457
|
Fonte: Irrsae
Campania - Anno scolastico '98-'99
Distribuzione
di alunni stranieri nelle scuole della Campania per
provincia e tipologia di scuola*
|
|
Materne
|
Elementari
|
Medie
|
Totale
|
v.a.
|
v.%
|
v.a.
|
v.%
|
v.a.
|
v.%
|
v.a.
|
v.%
|
Benvento
|
11
|
5,4
|
37
|
4,2
|
15
|
4,0
|
63
|
4,3
|
Napoli
|
99
|
49,0
|
517
|
59,0
|
208
|
55,0
|
824
|
56,6
|
Caserta
|
66
|
32,7
|
245
|
27,9
|
103
|
27,2
|
414
|
28,4
|
Salerno
|
26
|
12,9
|
78
|
8,9
|
52
|
13,8
|
156
|
10,7
|
|
Totale
|
202
|
100,0
|
877
|
100,0
|
378
|
100,0
|
1.457
|
100,0
|
Note:
(*) Il dato si riferisce al 58,6% del totale delle scuole della
regione
Fonte: Irrsae Campania - anno scolastico '98-'99
Rom: la realtà napoletana
I rom napoletani si dividono prevalentemente in Napulengre
e rom della ex Jugoslavia. I Napulengre sono arrivati nel capoluogo
campano nel ‘400, vivono nella città e in alcuni comuni della
provincia (Marano, Afragola) e si può facilmente incontrarli nel
centro storico di Napoli a chiedere l’elemosina suonando l’armonica.
Mimetizzati tra la popolazione, fino a trenta anni fa erano inseriti
nel tessuto economico della città, fabbricavano arnesi per la
pesca, facevano spettacolini ambulanti con pony e pianole nelle
ville e nelle piazze, addestravano pappagallini per la chiromanzia.
Oggi vivono soprattutto di piccolo commercio ambulante.
I rom della ex Jugoslavia sono giunti a Napoli in più tornate, i
primi tra gli ’60 e ’70, altri dopo la caduta del muro di
Berlino, fino all’esodo massiccio nel ’92, dopo lo scoppio della
guerra in Bosnia, e agli afflussi successivi, che hanno portato al
ricongiungimento di numerose famiglie. Sono per lo più serbi
cristiano-ortossi (rom dasikhané), bosniaci, macedoni, e piccoli
gruppi di kossovari musulmani. Parlano la lingua romanì, hanno il
sistema sociale della famiglia allargata e vivono di lavoretti,
fanno i muratori, gli ambulanti, o chiedono l’elemosina. Non
possono propriamente definirsi “nomadi” perché nella ex
Jugoslavia, a partire dal governo di Tito, hanno goduto di pari
diritti e sono stati integrati nel tessuto sociale
Le fasi della ricerca sull'infanzia e adolescenza in
Campania. Intervistati comuni, Asl e Terzo Settore
La ricerca svolta dalla Facoltà di Sociologia
dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" e
dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli
Studi di Salerno su "La condizione dell'infanzia e
dell'adolescenza in Campania, presentata oggi a Napoli ha coinvolto
tutti i 551Comuni della Regione e ha rivolto particolare attenzione
a due aspetti specifici: il lavoro minorile e i minori immigrati
presenti nella Regione.
Si tratta del primo appuntamento di un ciclo che prevede
tre seminari e un convegno conclusivo del progetto "La
pianificazione delle politiche per i minori: dai territori alla
Regione. La sperimentazione in Campania nel passaggio dalla L.285/97
alla L.328/00", promosso dalla Regione Campania e gestito dal
Formez e dalla F.I.Vol., per lo studio, il confronto dei dati e
delle esperienze dell'Osservatorio Regionale sulla realtà dei
bambini e degli adolescenti in Campania.
Lo studio contiene i risultati di un ampio lavoro di raccolta ed
elaborazione dati sulla condizione dei minori in Campania, svolto in
più fasi, con l’obiettivo di realizzare una mappatura completa
degli interventi attuati a livello regionale e dei relativi
finanziamenti per offrire elementi utili di analisi alle
istituzioni, agli enti pubblici e ai soggetti del terzo settore con
l’idea di gettare le basi per un monitoraggio continuo nello
spirito della legge 451/97.
Nelle due fasi iniziali sono stati raccolti e analizzati
sia il materiale bibliografico sul tema dei minori, con particolare
riferimento al territorio locale, presso biblioteche e librerie del
territorio e l’Istituto Innocenti, sia le fonti statistiche ed
amministrative disponibili in base ad aree tematiche (demografica,
sanitaria, scolastica, relativa alla giustizia, al lavoro, agli
stranieri, agli abusi e violenza). Ne è risultato che “la
produzione di studi e ricerche sul tema dell’infanzia e dell’adolescenza
in Campania è alquanto esigua”. In totale sono stati schedati con
abstract oltre 200 testi, ma di questi, poco più della metà
inerenti al territorio regionale.
Si è poi passati alla fase di ricerca sul campo per verificare le
risorse attivate sul territorio a favore dell’infanzia e dell’adolescenza,
sia da parte degli enti locali destinate ai minori, sia da parte
delle organizzazioni del Terzo Settore, di cui è stato selezionato
un campione rappresentativo. I questionari sono stati inviati a
tutti i 551 comuni della Campania. Complessivamente, sono state
raccolte 534 schede dai Comuni, di cui 101 hanno dichiarato di non
svolgere alcuna attività a favore dei minori.
I minori seguiti dai servizi sociali dei comuni sono risultati nel
1999 oltre 42mila. Circa le loro condizioni di disagio, emerge che
quasi la metà si trova in condizione di povertà economica, che
4.883 minori seguiti dai servizi sociali vivono condizioni diverse
di disagio familiare, 3.910 sono minori che hanno abbandonato la
scuola e sono seguiti dai servizi sociali e che 2.797 sono quelli
disabili. I minori seguiti dai servizi sociali che non hanno alcun
tipo di disagio sono 6.972 e si tratta, in questo caso, soprattutto
di minori inseriti in attività di socializzazione, ad esempio in
progetti ex legge 285/97.
Le attività realizzate dai comuni a favore dell’infanzia e dell’adolescenza
sono 1.912 tra progetti annuali o servizi stabili, realizzati dagli
enti locali spesso con la partecipazione di enti del terzo settore.
Un impulso importante, sottolineano gli osservatori sembra essere
arrivato con i finanziamenti di cui hanno potuto beneficiare i
comuni con la legge 285/97. Contemporaneamente alla rilevazione
presso i comuni, è stata effettuata anche una rilevazione dei dati
presso tutte le Asl della regione, finalizzata a rilevare le
iniziative promosse e realizzate dai servizi sanitari della Campania
e dai servizi presenti nei distretti sanitari.
Nel rione Sanità le giovani immigrate dall'ex Unione
Sovietica ''rimpiazzano'' i ragazzini
Giovanissime donne immigrate, prevalentemente provenienti
dai paesi dell’ex Unione Sovietica, che lavorano come commesse nei
bar o nei negozi svolgendo mansioni che un tempo erano affidate ai
minori. E’ questa uno delle novità emerse dalla ricerca sul
lavoro minorile realizzata dalle Università di Napoli e Salerno che
ha riguardato un quartiere del centro storico di Napoli, il rione
Sanità, “per anni lasciato a se stesso, quasi un’isola
autogestita, o meglio non controllata, con una propria economia e
delle proprie regole sociali nelle quali la scuola ha rappresentato
per i giovani l’unico, e troppo debole, cordone di collegamento
con il resto della società”.
Il fenomeno del lavoro minorile in questo rione secondo gli
osservatori coinvolge attualmente soltanto poche decine di minori,
anche a causa di un maggior rigore nei controlli da parte dell’Ispettorato
del Lavoro che ha reso i titolari delle aziende che fanno ricorso al
lavoro "nero" più prudenti riguardo all'utilizzo di
lavoro minorile. Le immigrate dunque finiscono per risultare più
"competitive" rispetto ai ragazzini, sia perché si
accontentano del salario concesso sia perché sembrano più
affidabili nello svolgimento dei compiti richiesti, grazie anche
alla maggiore età. Le attività che i minori svolgono sono a volte
a carattere continuativo, e riguardano quei “ragazzi che la scuola
ha già selezionato ed escluso”, ma anche attività stagionali o
saltuarie svolte dai ragazzi che continuano a frequentare la scuola.
Queste ultime risultano dall’indagine le più frequenti.
“Quello che sembra opportuno mettere in evidenza con questa
piccola indagine – si legge nella ricerca - è che, a prescindere
dalla scarsa consistenza numerica del fenomeno, nel rione Sanità,
ma anche in altri quartieri napoletani in cui si concentrano le
famiglie povere, permane una forte condizione di marginalità
sociale. Se le istituzioni pubbliche - e in primo luogo la scuola -
sia il settore del volontariato e dell'associazionismo rappresentano
attori importanti nell'opera di prevenzione del lavoro minorile.
Sarebbe opportuno ad esempio un costante monitoraggio dei ragazzi in
condizioni di particolare rischio – nelle scuole e nel territorio
- e l'attivazione di specifici progetti di protezione
individualizzata”.
Nel rione Sanità, così come in altri quartieri di Napoli o di
altre città del sud, il lavoro minorile ha origine soprattutto
dalle precarie condizioni economiche delle famiglie. Ma il bisogno
di reddito, sottolineano gli osservatori, non è la sola motivazione
che spinge le famiglie a procurare una attività lavorativa ai
figli; è forte anche il bisogno di tenere i figli al riparo dai
fenomeni di criminalità e devianza, di fare acquisire loro
capacità professionali sia generiche, attraverso l’abitudine al
lavoro, che specifiche, con l’avvio ad un mestiere
LIBRI
LAVORO E LAVORI MINORILI - Ediesse
-2000
L'inchiesta CGIL in Italia, autore
Gianni Paone a cura
di Anna Toselli
Due anni di lavoro, sedici realtà italiane analizzate,
decine di esperti, ricercatori e operatori coinvolti, oltre seicento
le storie dei bambini che lavorano illegalmente in Italia. Questo lo
sforzo della Cgil per interrogare e interrogarsi su un fenomeno che,
sottovalutato e poco studiato, è diventato negli anni 2000 un
importante "caso" per la politica, i media, la società
civile. L'impegno della Cgil parte con uno studio approfondito già
nel 1996, per proseguire con una campagna di sensibilizzazione e di
iniziative, una video-inchiesta e una guida per la scuola nel 1999,
e con la pubblicazione dell'attuale ricerca.
Il volume presenta uno studio analitico-scientifico molto articolato
ed esauriente, che contribuisce ad una diversa definizione del
fenomeno e sollecita una nuova lettura della questione sociale:
piste interpretative per parlare non più di lavoro minorile, ma di
lavori minorili; nuove ipotesi di ricerca per fornire stime
quantitative dell'entità del fenomeno, delle tipologie, delle
condizioni del lavoro dei minori in Italia. Un percorso originale
sulle motivazioni e i vissuti dei bambini che lavorano, che non può
non toccare le coscienze di tutti; un nuovo passo in avanti per
conoscere i diversi aspetti della condizione dell'infanzia e
dell'adolescenza nel nostro Paese.
Lavoro minorile: contraddizioni in cifre
Secondo una ricerca della Cgil durata due anni, sono
350mila i minori che lavorano in Italia, avviati dalle stesse
famiglie al lavoro illegale spesso non per una vera esigenza
economica, ma seguendo un modello “privo d’alternative dove l’essere
bambino che lavora si traduce nella prassi nel piccolo adulto che
consuma”. L’indagine multiscopo sulle famiglia dell’Istat
segnala, invece, 500mila minori coinvolti in attività lavorative in
Italia, mentre nel 1996 l’Oil (Organizzazione internazionale del
lavoro) stimava che il numero di ragazzi tra 10 e 14 anni impiegati
in Italia in attività lavorativa rappresentavano lo 0,4% del totale
della popolazione minorile, che in valore assoluto corrisponde a
12mila unità. Secondo il Censis, agli inizi degli anni ’90,
120mila unità hanno abbandonato la scuola per andare a lavorare e
altrettanti conciliato lavoro e scuola. Infine l’Unicef nel 1993
stimava che il numero dei minori che lavoravano illegalmente in
Italia era compreso tra le 200 e le 300mila unità.
Le cifre sul lavoro minorile sono spesso contraddittorie. Non è
facile stimare un fenomeno legato spesso al sommerso e alla
clandestinità dello sfruttamento minorile. Questa diversità di
cifre dipende essenzialmente dai differenti criteri seguiti nella
rilevazione. La categoria d’analisi in alcuni casi comprende tutti
i minori in senso anagrafico e quindi anche i ragazzi compresi tra i
15 ed i 18 anni, ma già in età di lavoro, in altri casi invece si
utilizza una definizione più restrittiva che fa riferimento
soltanto ai minori non in età di lavoro ai sensi della L. 977/67 e
cioè con età inferiore a 15 anni.
Inoltre la categoria dei lavori è molto elastica e può comprendere
il lavoro manifatturiero industriale, il lavoro di raccolta in
agricoltura, il lavoro edile, il lavoro nell''azienda familiare fino
a attività che non sono solo irregolari ma anche illecite come la
prostituzione infantile e lo spaccio. Ad esempio un’attività
svolta in maniera saltuaria, durante le festività natalizie,
rischia a volta di essere equiparata ad un vero e proprio lavoro.
Lavoro minorile a Napoli
Il lavoro minorile ha rappresentato sempre un aspetto
importante del funzionamento del mercato del lavoro a Napoli, almeno
nel centro storico, dove esso cominciava già alle scuole elementari
e conservava una rilevanza notevole alla scuola media inferiore
(Capecchi e Pugliese 1978).
In passato esso è stato legato soprattutto ad attività
tradizionali, riconducibili a due tipi principali: l’attività
commerciale al minuto o l’attività nei servizi (il bar ad
esempio) e la bottega artigiana. Nel primo caso il lavoro non
conduceva ad alcuna forma di specializzazione professionale. Si
trattava di “un mestiere da guaglione” senza alcuna prospettiva
di miglioramento. Era un mestiere temporaneo che veniva poi
sostituito da qualche altra attività, dallo studio a tempo pieno o
dalla disoccupazione. Nel secondo caso si verificava spesso un
livello maggiore di aspettative in quanto il ragazzo andava alla
bottega per “imparare il mestiere”. Ma il mestiere appreso, se
appreso, spesso serviva a poco. Certo il giovane poteva continuare a
lucidare mobili o a saldare ferro, o la ragazza poteva continuare a
fare orli e attaccare bottoni per pochi soldi alla settimana ma
raramente finivano per considerare definitivo questo lavoro.
Nel corso degli anni settanta sono andati progressivamente
scomparendo i mestieri più professionalizzanti a favore di
attività legate soprattutto al decentramento produttivo - in
particolare nel settore della lavorazione delle pelli e del cuoio -
che si configuravano maggiormente come una forma di “lavoro nero”.
Proprio per queste sue caratteristiche il lavoro minorile è andato
progressivamente scomparendo dal centro storico di Napoli e si è
andato progressivamente concentrando nei comuni dell’hinterland
napoletano dove si sono maggiormente sviluppate queste attività.
Fonte: "La condizione dell''infanzia e
dell''adolescenza in Campania"
Buffardi (Regione): ''Non c'è programmazione di politiche
sociali valida se non si parte dai bisogni''
Una ricerca che dà ragione alla scelta degli interventi
integrati nelle Politiche Sociali e indica la 285 come punto di
svolta per l'assistenza ai minori: è quanto è emerso oggi nel
corso del 1° dei tre seminari di presentazione e approfondimento su
"La condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in
Campania". La ricerca, condotta dalla Facoltà di Sociologia
dell'Università “Federico II” di Napoli e da quella di Scienze
della Formazione dell'Università degli Studi di Salerno in tutti i
Comuni della Campania, è stata presentata questa mattina a Napoli,
alla Casina nel Boschetto, con l'intervento, tra gli altri,
dell'Assessore alle Politiche Sociali e Formative della Regione
Campania Adriana Buffardi.
L'Assessore ha sottolineato come la ricerca sia la conferma
che la strada intrapresa con la 285 e proseguita e integrata dalla
328 sia quella vincente.
"Non c'è programmazione di Politiche Sociali che
possa considerarsi valida - ha affermato l'Assessore - se studiata
soltanto a tavolino, senza partire dagli effettivi bisogni dei
soggetti interessati. La ricerca ci dà spunti interessanti sia per
considerare i bambini e gli adolescenti soggetti attivi di
interventi di promozione dei diritti di cittadinanza, sia per
puntare ad una riqualificazione degli operatori affinché si
occupino con serietà e professionalità di questo difficile campo
di intervento".
Un altro dato evidenziato nel corso del Seminario è la necessità
di intervenire anche con la famiglia, giacché emerge come spesso
l'assenza di interventi specifici da parte delle istituzioni deleghi
alla famiglia la responsabilità totale delle situazioni di disagio
di giovani e adolescenti.
"Un altro elemento di criticità - conclude l'Assessore - è
l'assenza di progetti per i bambini piccolissimi e che tengano in
conto la condizione delle donne e la necessità di promuovere
condizioni di pari opportunità e forme di assistenza diverse".
(Ida Palisi)
Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità
per l'infanzia e l'adolescenza. Istituzione del Fondo nazionale per
l'infanzia e l'adolescenza.
La legge n.285 istituisce il fondo nazionale per l’infanzia
e l’adolescenza presso la Presidenza del Consiglio.
Il Fondo è finalizzato alla realizzazione di interventi per la
promozione dei diritti dell’infanzia. Il 70% del Fondo è
ripartito tra le Regioni, mentre il 30% delle risorse è da
destinare a 15 Comuni 'riservatari', individuati come luoghi dove
necessitano particolari interventi sul campo.
Sono ammessi al finanziamento progetti che perseguono la
realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla
relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della
violenza, innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi
per la prima infanzia, nonché la realizzazione di servizi
ricreativi ed educativi per il tempo libero, la realizzazione di
azioni positive per la promozione di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
e, infine, azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle
famiglie naturali o affidatarie che abbiano al loro interno uno o
più minori con handicap.
Oltre al finanziamento di progetti la legge 285 ha
istituito presso l'Istituto degli Innocenti di Firenze, il Centro
nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, che si
occupa di informare, promuovere e fare consulenza sui temi
riguardanti i minori. Oltre a ciò ha il compito di monitorare i
progetti in via di realizzazione e di tenere una banca dati di
quelli attuati.
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completo
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