LINGUA E CULTURA.
"MASTER SENZA FRONTIERE"
(*)

di Nunzia Latini

 

Parte da Venezia la prima esperienza italiana in stretta collaborazione con il Ministero degli Esteri

Le idee devono circolare per far crescere la cultura e le risorse.

Per Paolo E. Balboni, uscire fuori dalla struttura fortificata delle istituzioni universitarie significa non aver paura del "senza frontiere". Solo così la ricerca diviene universale ed ha risultati sorprendenti. La scrittura ritrova se stessa e si veste di telematico. La cultura umanistica incontra la tecnologia e la cultura scientifica. Si abbattono del tutto gli impedimenti fisici di qualsiasi genere: i compagni di banco saranno sconosciuti cingalesi o giapponesi, argentini, greci o svizzeri, che al momento dell'incontro, salteranno i tempi dei convenevoli e delle presentazioni, già avvenute telematicamente, per passare direttamente alla fase operativa della tesi finale che sarà una elaborazione a più mani per poi seguire e terminare singolarmente.

E' la prima volta in Italia ma soprattutto a livello mondiale, che parte un'operazione di studio di questo spessore.

Un Master strutturato e organizzato in modo da mettere in contatto i centri di cultura italiana, le sezioni di italiano delle scuole pubbliche e private, i dipartimenti di lingua e letteratura straniera delle università di tutti i continenti. Oggi si possono incontrare a Venezia.

La struttura modulare, divisa in tre cicli, permette di poter scegliere o essere esonerati per le parti per le quali si possa dimostrare di possedere le specifiche competenze.

L'area di studio specifico si può scegliere tra due: la promozione della lingua italiana e di eventi di cultura o aree settoriali e microlingue.

L'italiano come il tedesco, il francese e lo spagnolo, ma dopo l'inglese, è una lingua straniera studiata in tutto il mondo e per la quale c'è un interesse sempre più forte.

E' necessario promuoverlo e organizzarne il marketing. Il "Master in didattica e promozione della lingua e cultura italiane a stranieri" è un master ITALS e si appoggia a due dipartimenti e a due centri interfacoltà dell'universita ca' Foscari.

Diretto da Paolo Balboni, direttore del Progetto ITALS; gli altri esperti sono Lina Ventriglia che da anni coordina l’attività formativa degli insegnanti di italiano per il Ministero degli Affari Esteri; dai direttori delle strutture che collaborano al master; da Umberto Margiotta pedagogista; da Roberto Dolci, esperto in glottotecnologie. Il controllo scientifico è affidato dal Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Europei e Postcoloniali in collaborazione con il Dipartimento di italianistica e filologia romanza. La gestione organizzativa e amministrativa è affidata al Centro Interfacoltà di Ricerca Educativa e Didattica e al Centro Linguistico Interfacoltà.

Diversi i punti cardine che sostengono la forma del master: spostare le idee è molto più facile ed economico che spostare le persone; che si può letteralmente polverizzare sul piano geografico il problema della diversa stagionalità nei due emisferi per cui metà dei destinatari è in vacanza estiva quando l’altra metà è disponibile per attività di formazione in servizio; che sono lontani i tempi in cui l’educazione a distanza veniva considerata come una parente povera delle forme tradizionali; e che è ormai impossibile sentirsi isolati dai centri di propulsione culturale.

Dal punto di vista dello studio, il concetto di autonomia nell’apprendimento: il docente tornato studente, sviluppa strategie personali, decide il ritmo, il tempo e anche quanto approfondire.

Qual è l'idea sorgente?

Nasce da una constatazione semplice - spiega P E. Balboni -: se la montagna degli insegnanti di italiano nel mondo non può andare a Maometto per riqualificarsi nelle nuove procedure di insegnamento, allora Maometto va alla montagna. Ma siccome gli insegnanti sono sparsi in tutto il pianeta, allora il Maometto tecnologico se ne sta fermo a Venezia e via Internet raggiunge gli insegnanti. Tutto nasce nel progetto ITALS, che inizia negli anni Settanta come centro studi diretto da Giovanni Freddi, uno dei padri nobili della glottodidattica italiana e che, a metà degli anni Novanta, quando inizio ad occuparmene io, diventa un centro di formazione e di riferimento per gli insegnanti: corsi di base, biblioteca virtuale e l'informazione si muovere in giro ferma. Il Master nasce quest'anno, anche su suggerimento del Ministero degli Esteri che in tal modo può raggiungere centinaia di insegnanti. Per questo il Ministero offre un'ottantina di borse di studio per gli studenti stranieri che comprendono l'iscrizione e anche una milione di contributo per partecipare alla settimana di seminario che devono trascorrere a Venezia.

Qual è la spendibilità a livello nazionale e internazionale, nel privato e nel pubblico?

E' esattamente la stessa di tutti i Master e dipende non dalla legge italiana (tranne in Italia, naturalmente, dove il Master è un titolo culturale che uno si aggiunge al curriculum), ma dalla legge straniera: ogni stato non Eu si regola a modo suo sul riconoscimento di titoli stranieri, I Master tuttavia proprio perché culturali hanno di solito riconoscimento universale, come i dottorati.

Le aule virtuali saranno formate da insegnanti di tutto il mondo. Come saranno organizzate?

Divideremo i 150 partecipanti in 5 classi virtuali, ciascuna con un Tutor. Ogni mese cambia argomento e quindi cambia classe e cambia Tutor. Le classi saranno collegate da un sistema di posta elettronica, per cui ogni domanda fatta da uno studente viene vista da tutti gli altri, e la risposta del Tutor va a tutti: in tal modo il dubbio di uno diventa produttivo per tutti gli altri della classe; ci sarà poi anche la possibilità di sostenere le "affinità elettive" tra persone che sono nella stessa classe, e quindi di far nascere amicizie, collaborazioni, ecc., che possono diventare reali a Venezia quando per una settimana le persone finalmente si conosceranno.

Tutto diventa via via più aperto mano a mano che si percorrono i 16 moduli del Master. I Tutor, attraverso uno studio dei curricola personali, cercheranno di far "incontrare" in rete persone con interessi e caratteristiche simili, in modo da far nascere gruppi omogenei che poi collaborino a una tesi che sia in qualche modo comune, anche se applicata a situazioni sparse nei cinque continenti.

Non è una follia il "riconosciuto di fatto ma non riconosciuto legalmente"?

Per ora, alla fine si riceve un "certificazione didattica", come quella che chiunque può tentare di prendere qui a Venezia oppure a Siena. E' un diploma in didattica della lingua italiana a stranieri che molti stati riconoscono, che fa parte del proprio CV, ma che in Italia (anche se il nostro governo spende centinaia di milioni organizzando corsi all'estero per insegnanti che prendono questa certificazione) non può riconoscere perché non esiste nell'ordinamento giuridico italiano una abilitazione in italiano per stranieri. Per ora infatti, oltre la specializzazione iniziata l'anno scorso a Siena ma che deve concludere il secondo anno, non esiste nulla.


(*) Articolo pubblicato su "Il Tempo", 4 settembre 1999, Speciale Università, pag V.



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