Colloqui linguistici - Aprile
2007
a cura di Nunzia latini
Apriamo il prossimo colloquio linguistico.
In linea con noi la professoressa Silvia Minardi, presidente
dell’associazione Lend, Lingua e Nuova Didattica, per la quale è stata
responsabile nazionale dei progetti europei. E’ Docente di lingua
straniera presso il Liceo Classico con sperimentazione linguistica
“Salvatore Quasimodo” di Magenta (Milano) e formatrice di lingua inglese
per il Progetto Lingue Lombardia e per il Ministero della Pubblica
Istruzione. Nell’ambito della formazione nella Regione Lombardia si è
occupata di elearning e ha al suo attivo l’esperienza di tutor online
nei progetti dell’Irre ed è referente pedagogico per eTwinning. E’stata
borsista Fulbright nel 2005. Attendiamo le vostre
numerose domande sui progetti linguistici europei, sulla progettazione,
sul significato e le potenzialità dei gemellaggi per le lingue e sulle
procedure, sulla funzionalità di etwinning e su quale ricaduta ha tutto
questo nella didattica. Benvenuta professoressa, la
prima domanda che le riserviamo noi della rivista è:
Come si sente con la nuova responsabilità e nel ruolo di Presidente
di una grande associazione di lingue, che conosciamo molto bene? Quali
obiettivi per i prossimi anni?
Sento tutto il peso di una grossa
responsabilità: lend è davvero un’importante associazione di
insegnanti di lingue straniere e essere scelta come presidente alla
mia età dopo la presidenza di Maria Teresa Calzetti mi rende
onorata, ma al tempo stesso mi spaventa.
L’obiettivo è quello di continuare ad essere movimento oltre che
associazione impegnata nella formazione dei docenti. La sfida più
grande per lend e per tutti i docenti di lingue è sicuramente
rappresentata dal plurilinguismo.
Come vede la partecipazione all'attività
progettuale della scuola italiana con i programmi europei? E'
soddisfacente o carente?
Le scuole italiane hanno da sempre una
tradizione di grande partecipazione alla progettazione europea.
Credo che ci siano delle diversità legate ai territori e agli
ambiti, ma in linea generale, il valore della progettazione europea
è stato ben colto dalle scuole.
Secondo lei le linee programmatiche del
ministero appena presentate sono in linea con il senso profondo del
plurilinguismo?
Purtroppo, sono molto delusa. L’educazione
linguistica continua ad essere la grande assente anche dai più
recenti documenti, all’interno della commissione non mi sembra ci
sia molto interesse per questo settore e per le lingue in generale.
Quello che ho ribadito durante le audizioni dell’11 aprile scorso è
la posizione di lend da sempre: plurilinguismo non significa
semplicemente difesa di posti di lavoro (anche se non ci vedo nulla
di male), ma significa dare a tutti gli studenti della nostra scuola
le stesse opportunità che i loro coetanei europei hanno: due lingue
comunitarie per tutti, anche per competenze parziali, con una
differenziazione dei percorsi, promuovendo percorsi CLIL. Senza
dimenticare il bisogno di un rinnovato, grande investimento sulla
formazione dei docenti di lingua straniera. Al ministero si parla
ancora solo di inglese per tutti per 15 anni, purtroppo!
Secondo lei non si crea confusione ad uno
studente straniero con l'apprendimento di più lingue tra cui l'inglese e
l'italiano in italiano?
Secondo me è importante incominciare a
ragionare intorno all’intercomprensione ovvero al modo in cui gli
apprendimenti linguistici si influenzano in positivo. Ci sono, ad
esempio, strategie che uno studente impara nell’affrontare per la
prima volta lo studio di una lingua straniera che trasferisce o può
imparare a trasferire quando inizia ad affrontare lo studio di
un’altra lingua. A livello europeo ci sono ormai anni di studi in
questo settore. Credo che sia necessario tornare a ragionare di
“educazione linguistica” nelle nostre scuole e nei dipartimenti per
materia. Ma soprattutto di curricolo verticale. Perché si deve
sempre iniziare o pensare di iniziare daccapo?
Sono un insegnante di scuola primaria con
contratto annuale e che attende l'immisione in ruolo a Milano. La mia
domanda è la seguente: ho la possibilità di andare a fare una esperienza
lavorativa a San Paulo del Brasile in una scuola paritaria, ma siccome
quest'anno ci saranno le immisioni in ruolo e potrei finalmente riuscire
ad entrare. Posso chiedere un anno di aspettativa già dal primo anno di
immissione in ruolo.
Credo che per una domanda simile dovresti
rivolgerti ai sindacati o al tuo dirigente.
Devo scegliere un argomento e portarlo al
professore per poi delineare un argomento e scrivere la tesi: secondo
lei tra storia della didattica della lingua inglese, nuovi progetti e
innovazione, persone e metodi d'insegnamento quale posso sceglere? Non
ho idee chiare e ho paura di sbagliare. Mi piacciono tutti e nessuno!
Non sono in grado di rispondere ad una domanda
simile perché, credo, che molto dipenda dai tuoi interessi e dalle
curiosità che sono nate durante il corso di studi. Sicuramente, se
dovessi scegliere, mi piacerebbe capire come cambia / può cambiare
l’insegnamento / apprendimento delle lingue straniere per effetto
delle modifiche in corso a livello di società globale ma anche di
realtà globale.
Qual e' il metodo che ritiene migliore per
lavorare con i bambini della scuola elementare?
Sono convinta che una lingua si impara parlando
o, meglio, comunicando. Il punto è chiedersi che cosa significa
“comunicare” per un bambino della scuola elementare. Partiamo dal
presupposto che per un bambino comunicare in lingua madre risponde
ad un bisogno, ad una necessità. Al tempo stesso, è un modo che il
bambino ha per controllare il mondo che lo circonda, ma anche per
conoscerlo, per comprendere ciò che lo circonda, per creare reti e
relazioni intorno a sé. Credo che possiamo essere d’accordo sul
fatto che tutto questo rappresenta il punto di partenza per
acquisire la propria lingua. Qualcosa di analogo, quindi, deve poter
avvenire anche per la lingua straniera consapevoli del fatto che la
scuola è un ambiente “artificiale” in cui la lingua straniera non è
necessariamente il tramite della conoscenza di sé e del mondo.
Questo non significa che l’insegnamento debba essere artificioso. Al
tempo stesso, però, occorre ragionare sul metodo da adottare in
relazione all’esigenza che abbiamo di offrire possibilità al bambino
per imparare una lingua non solo attraverso l’imitazione,
l’esecuzione di compiti riproduttivi, ma attraverso l’instaurarsi di
processi di conoscenza anche di una certa complessità.
Secondo me, nella scuola elementare, è fondamentale creare “ambienti
favorevoli all’apprendimento delle lingue”, ambienti che propongono
o stimolano la creazione storie, sollecitano relazioni… il tutto
all’interno di una complessiva dimensione ludica.
Ad esempio, si tratta di creare spazi chiaramente identificabili
dove “esplora” le lingue, “gioca” con la lingue… anche attraverso
materiali che può usare liberamente anche senza la presenza
dell’insegnante. Concludo questa lunga risposta con un’osservazione
fatta, tempo fa, dall’ispettrice Veglione “si tratta di creare un
contesto in cui non solo le strategie e le tecniche adottate, ma le
complessive condizioni dell’educare diano un senso profondo e
duraturo alle attività di lingua. Ciò può avvenire se il contesto
che organizziamo riesce a provocare una comunicazione autentica, se
siamo capaci anche di abbandonare le soluzioni più facili e
scontate, se siamo disposti a rinunciare ad ogni generico ricorso ad
una dimensione ludica intesa in modo riduttivo”.
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