"Straniero"
una parola che sia spunto di riflessione e ponderazione, curiosità e ricchezza
di Nunzia Latini
Situazione: classe del biennio della scuola superiore, provincia italiana. Lavoro sulla lettura "Giovani e per di più immigrati". Dopo un breve brain storming sul titolo, soprattutto su cosa si intendesse per "per di più", con tutte le connotazioni sociali possibili, con la lettura e la riflessione sul brano, il discorso si è spostato sulla parola "straniero".
Straordinaria la partecipazione spontanea degli studenti. Hanno cominciato a raccontare gli episodi in cui sono stati coinvolti direttamente.
Ho cercato allora di spostare in un campo neutro il discorso, ho chiesto loro se avevano amici coetanei stranieri, perenti all'estero o se corrispondevano con qualcuno di altra nazionalità. Le mie domande erano calibrate da più definizioni possibili di cio' che e' fuori, lontano, esterno ecc. Anche qui, con minor frequenza, hanno raccontato quanto vivevano, sentivano.
Mi rendevo conto che non avevo neutralizzato del tutto il primo aspetto, perche' più forte e più contingente. Ho cosi' dato una spiegazione del lemma "straniero" con tanto di etimologia ed esempi eclatanti provenienti dall'arte, dalla letteratura e poi dal cinema e dal calcio, con grande entusiasmo dei ragazzi. Ora forse potevo domandare loro di scrivere tutti i sentimenti, le emozioni o gli aggettivi o i sostantivi che venivano in mente pensando alla parola "straniero" e di dividerli in due categorie, quelle positive e quelle negative.
Il risultato della micro indagine?
2 aspetti positivi netti contro 30 negativi con 9 ad alta frequenza!
Era soprattutto una risposta legata alla presenza degli stranieri nel proprio quartiere.
Il fatto piu' interessante e' stato osservarli mentre loro stessi guardavano e giudicavano il risultato sorprendente.
Hanno cosi' cominciato da soli, a riflettere portando punti molto forti a confronto. Ho solo mediato un po' il discorso.
Nella categoria negativa erano presenti parole come: "sporcizia", "pedofilia", "delinquenza", "ossessività", "furbizia", "insicurezza", "ladruncoli", "povero", "extracomunitario", "ansia", "disagio", "paura".
Un risultato interessante sotto diversi punti di vista: per la spiegazione che di ogni parola hanno dato; per la capacità di trovare anche punti contrastanti su di una stessa parola; quanto vivace e sentito fosse il problema; quanto solo "letterario" fosse l'idea che ci possano essere persone in gamba e laureate, all'interno del gruppo degli "immigrati".
Quotidianamente e realmente è sentita la condizione di disagio all'interno degli spazi condivisi nella citta', nel piccolo centro in special modo, li' dove si viene defraudati di piu' "del proprio spazio" locale.
La riflessione allora si sposta sempre di più all’interno delle classi della scuola: alunni di diversa cultura che condividono gli stessi spazi con alunni italiani; due alunni italiani che condividono lo spazio di apprendimento con 14 alunni stranieri; classi interamente di alunni stranieri; classi non abituate.
Penso alla diversità e alla sua capacita' di intolleranza, di non volersi far capire, al suo essere sconosciuta, alla poca voglia di contrastarla e quindi al gruppo di "uguali", del conosciuto, del ti riconosco cosi' rassicurante, forse. Un gruppo che si “difenderà” dal diverso aggredendolo rifiutandolo, trasferendo spesso all’ interno della scuola quei pregiudizi appresi nell’ambito familiare.
Penso a tutti gli insegnanti alle prese con lo “straniero”: attività didattica rallentata, formazione poco incentivata, e quello studente che non capisce, da alfabetizzare ancora in una classe di scuola media, che sta li', a evidenziare la loro preoccupazione.