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ATTEGGIAMENTI
CAPACITÀ CONOSCENZE Umberto
Tenuta
Meraviglia l’assenza di spirito
critico con cui si accetta come magnifica sorte e progressiva la “società
della conoscenza”. Quasi che la “conoscenza”
non sia stata l’arma del Diavolo tentatore che tante pene ha
arrecato ai figli di Eva. Se è vero che la conoscenza
esprime la potenza dell’uomo (“saper è potere”, diceva
Bacone), è anche vero cha la conoscenza è un’arma a doppio
taglio: il Pentagono e Bin Laden ne sono l’emblema. Le conoscenze di Bin Laden sembrano reggere il
confronto con quelle del Pentagono e dell’intero mondo
occidentale, in quanto ad avanzamento.
Ogni esaltazione illuministica
della conoscenza deve fare i conti con l’uso che gli uomini
ne fanno. Se Bin Laden è l’emblema odierno
dell’uso perverso che della conoscenza si può fare, non bisogna
dimenticare né Hiroshima, né la clonazione umana. Il fuoco rubato agli dei non ha certamente reso felice
l’uomo. Né i lumi della Ragione, finiti nel Terrore!
Non è sicuro che le cose vadano
meglio con la “società della conoscenza”.
Ma la conoscenza vi renderà
liberi, dice l’Apostolo Giovanni
[1]
.
Questo, non per demonizzare le
conoscenze, come secoli di oscurantismo hanno cercato di fare, ma
nemmeno per osannarle come i lumi delle magnifiche sorti e
progressive.
La conoscenza è neutrale: è il
filo del coltello che affonda nel cuore ed è il taglio del bisturi
che ridona la vita!
Le conoscenze sono le protesi di
cui l’homo sapiens si è arricchito, protesi
potenti, abissalmente più potenti degli artigli delle fiere, delle
fauci degli squali, dei veleni dei serpenti, ma anche delle mani
dell’uomo. Amplificatori, protesi, strumenti:
quanto più sofisticati, tanto più potenti. Nel Bene e nel Male: l’Angelo del
Bene e l’Angelo del Male! Il Pentagono e Bin Laden.
Delle conoscenze non è possibile
fare a meno. Non ne può fare a meno soprattutto
l’uomo, creatura sprovvista di istinti, che tutto deve apprendere.
<<La bestia è già resa
perfetta dall'istinto... L'uomo invece... non possiede un istinto e
deve quindi formulare da sé il piano del proprio modo di agire...
La specie umana deve esprimere con le sue forze e da se stessa le
doti proprie dell'umanità. Una generazione educa l'altra... L'uomo
può diventare tale solo con l'educazione>>
[2]
.
Homo sapiens sapiens! Occorre
arricchire le menti di conoscenze. Oggi più che mai occorre
acquisirne e attrezzarsi ad acquisirne sempre di nuove, stanti il
loro vertiginoso moltiplicarsi e la loro rapida obsolescenza.
In ciò la loro prima dèfaillance! Se fino a ieri si riteneva
di poter pervenire alle conoscenze, alle regole ed alle leggi certe,
almeno della natura, oggi questa aspirazione risulta definitivamente
infondata. Siamo alla ricerca continua,
incessante, perenne di un sapere che si rivela sempre fallace,
caduco, falsificabile. Le nuove conoscenze uccidono
le vecchie conoscenze. Le conoscenze muoiono con
ritmo direttamente proporzionale a quelle che nascono, alle nuove,
più numerose, più vaste conoscenze. Occorre attrezzarsi, non
tanto delle conoscenze, quanto delle capacità per
acquisirle. Occorre fare tesoro del
Proverbio cinese; <<Se dai un pesce ad un affamato lo sfami
per un giorno; se gli insegni a pescare lo nutri per una vita>>. Nessun docente è così
sciocco da imporre l’acquisizione del repertorio odierno delle
conoscenze geografiche, sapendo bene che i confini delle nazioni
saranno ridisegnati appena domani, prima che gli alunni della scuola
elementare si affaccino all’età adulta! “Imparare ad
imparare”: è questo il nuovo slogan.
Acquisire la capacità di
imparare. Non tanto i saperi, quanto
il saper imparare, la capacità di imparare. È questo che importa| Forse è stato sempre così,
perché l’istruzione è stata sempre vista nella sua funzione
formativa (istruzione educativa di Herbart). Ma oggi il quadro è più
chiaro. Occorre imparare ad
imparare: occorre acquisire capacità (competenze)! Riaffiorano le conoscenze,
i saperi essenziali, la “società della conoscenza”,
ma poi ci si affretta a precisare che, in fondo, importano
soprattutto le competenze. Si parla sempre più in
termini di <<obiettivi formativi e competenze>>
e di <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze
degli alunni>> (Regolamento
dell’autonomia scolastica). A cominciare dai Programmi
didattici del 1985, ma anche nei Piani
di studio della Commissione Brocca, gli obiettivi delle
discipline sono espressi prevalentemente in termini di capacità.
Anche ella ex Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo)
si prevedevano gli <<obiettivi specifici di apprendimento
relativi alle competenze degli alunni>>.
Le capacità
si sostituiscono sempre più alle conoscenze. Almeno per due motivi. Il primo è quello che
abbiamo delineato: occorre acquisire la capacità di imparare.
Occorre imparare ad imparare. Importano le competenze
più che le conoscenze. Ma c’è un motivo ancora
più profondo, anche se tende a rimanere implicito. Sembra che negli ultimi
decenni, sotto la spinta di un revival neoilluministico, le conoscenze
abbiano offuscato il progetto della scuola per la formazione di
base. La scuola per la
formazione di base, che negli anni ’60 veniva prospettata come
la scuola della piena formazione, secondo una concezione
personalistica che trova conferma nella Carta costituzionale (<<pieno
sviluppo della persona umana>>), è stata messa in ombra:
non più la scuola per la formazione di base, ma al più la scuola
di base, la scuola dell’obbligo.
Tuttavia, si deve prendere atto che oggi il Regolamento
dell’autonomia scolastica è un inno alla formazione
(<<obiettivi formativi… percorsi formativi… Piano
dell’offerta formativa…>>). La scuola, soprattutto la
scuola dell’autonomia, non può che essere scuola formativa,
scuola degli obiettivi formativi, scuola delle competenze. Ci sono anche le conoscenze
essenziali: non possono non esserci. Ma con molta parsimonia,
operando una loro essenzializzazione, privilegiando i nuclei
concettuali fondanti. Occorre che gli esperti
disciplinari individuino i nuclei concettuali fondanti, le strutture
delle discipline, i quadri concettuali. Non si
acquisiscono tanto le mappe concettuali quanto i nuclei
concettuali fondanti, le strutture delle discipline, le conoscenze
essenziali.
Ma conoscenze essenziali
e capacità non bastano. Bin Laden le possiede. Bin
Laden è dotato di conoscenze e di capacità elevate, e così gli
uomini di cui è circondato. Anche gli uomini che hanno guidato i
due aerei a schiantarsi sulle due torri! Conoscenze
e capacità, purtroppo avanzate, avanzatissime, di altissimo
livello scientifico!
Non vorremmo dare
l’impressione di propugnare l’oscurantismo, la beata ignoranza,
l’analfabetismo! Sono necessarie,
indispensabili, ineliminabili le conoscenze essenziali. Ma non bastano! E non bastano nemmeno le capacità.
Anche qui, per almeno due
ragioni. La prima ragione è che le conoscenze
e le capacità non verrebbero acquisite se mancasse la voglia
di acquisirle. Alla base di ogni
apprendimento v'è la motivazione: l’apprendimento è direttamente
proporzionale, più che alle capacità cognitive, alla volontà
di apprendere, come sostiene anche il Bruner
[3]
. Peraltro, se occorre
continuare ad apprendere per tutto il corso della vita (lifelong
learning), ciò che maggiormente necessita coltivare sono gli atteggiamenti
positivi verso l’apprendimento, verso gli
apprendimenti, verso le singole discipline. Non si tratta di ottenere,
non importa con quali mezzi, che gli alunni apprendano comunque,
perché quello che maggiormente importa è che gli alunni continuino
a voler imparare per tutto il corso della loro vita. Sembra perciò che siano
proprio nel vero i Programmi
didattici del 1955 nell’affermare che <<Scopo
essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un
complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la
gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé, perché ne
conservi l'abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita>>. Si rivela estremamente
effimero, aleatorio, scarsamente produttivo ogni progetto educativo
che non punti soprattutto a rafforzare la volontà di
apprendere. Occorre far nascere atteggiamenti
positivi nei confronti dell’apprendere, come peraltro si
prevedeva anche nel Documento
dei saggi sui saperi essenziali (<<Ma la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere
inesauribile,
come scoperta di un libro che stimola la ricerca di altri libri… piacere
del matematizzare>>). In particolare, nei Piani
di studio Brocca si esplicitava che le finalità da
perseguire sono costituite, oltre che da conoscenze e da capacità,
anche da atteggiamenti (<<le
finalità da 1 a 3 riguardano la promozione di atteggiamenti
e di comportamenti, le finalità da 4 a 7 lo sviluppo di capacità operative mentali e manuali, le finalità da 8 a 10
l’acquisizione di conoscenze>>.
In effetti, negli ultimi
decenni si è sviluppato un ampio dibattito intorno all’intelligenza
affettiva ed emotiva
[4]
. Va sempre più maturando la
consapevolezza che le finalità formative comprendono, assieme alle conoscenze
essenziali ed alle capacità, anche gli atteggiamenti,
come peraltro si può riscontrare anche nella ex Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del
curricolo), nei
quali agli atteggiamenti si dedica notevole spazio. Nuove finalità formative si
impongono, sia per assicurare l’efficacia dei processi
apprenditivi e formativi, sia per creare le condizioni che rendano
possibile l’educazione permanente. Non si possono dimenticare
gli atteggiamenti. Anzi occorre dare la priorità agli atteggiamenti. Se per imparare, l’alunno
matura atteggiamenti negativi, è meglio che non impari. Ad una
scuola del sapere imposto, che fa nascere l’avversione per il
sapere, è preferibile l’analfabetismo. L’evasione scolastica può
essere meno dannosa dell’obbligo di imparare. Oggi si sta prendendo
consapevolezza di questa esigenza e si insiste sempre più sulla
gioia dell’imparare
[5]
. Non per rendere facile
l’apprendimento, ma per motivarlo. Sono due cose diverse la
fatica dell’apprendere e la pena dello studio. Come dice il
Pascoli, i bambini restano impegnati nel gioco come in un lavoro,
avvertendone tutta la fatica, ma vivendola con gioia (<<Nel
gioco, serio al pari d’un lavoro…>>).
Ma l’attenzione riservata agli atteggiamenti
ha un’altra più profonda motivazione. L’uomo di cui la scuola concorre
a promuovere la formazione è un “sistema integrato”
[6]
. Non è solo intelligenza, non è solo il
“bambino della ragione” che negli anni ’80 si voleva
imporre, prevaricando sulla prospettiva della concezione integrale
della persona umana (Maritain
[7]
). È anche corpo (res cogitans
e res extensa). Il bambino va a scuola anche con il
corpo
[8]
ed il corpo se lo porta appresso anche
fuori della scuola, anzi è il corpo che porta il bambino! Negli anni ’70 c’è stato un exploit
dell’educazione psicomotoria
[9]
, che poi è stata soffocata
dall’affermazione della ragione cartesiana, neoilluministica, ad
opera dei pedagogisti di turno! E con il corpo, l’uomo si porta i
sentimenti, le emozioni, le passioni.
Oggi si riscopre l’intelligenza
emotiva ed affettiva. Occorre coltivare l’uomo intero,
come sistema integrato, in una prospettiva olistica. Occorre
coltivare la dimensione emotiva, la dimensione affettiva, la
dimensione sociale… Ma anche la dimensione morale
dell’uomo. Occorre che maturino, non solo
ragionamenti, ma anche atteggiamenti etici. Il bene che l’intelletto
apprende, il cuore sente e l’opera manifesta. Ma lo manifesta solo
se il cuore lo sente. Ed <<il cuore ha le sue
ragioni, che la ragione non conosce>> afferma Pascal
[10]
. La differenza tra Ben Laden ed il
Pentagono non sta nelle conoscenze e nelle capacità, ma nel cuore,
nei sentimenti, negli atteggiamenti. Atteggiamenti
di rispetto nei confronti delle donne, degli altri esseri umani,
della vita.
La scuola deve educare alla
solidarietà umana, a superare l’istinto belluino della
prevaricazione, dell’egoismo, dell’individualismo. Gli uomini non sopravvivranno alla
potenza distruttrice delle loro conoscenze, se il cuore non
riprenderà a far sentire la sua voce. Il precetto più grande resta
quello di Cristo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
È già una grande conquista l’educazione
alla convivenza democratica, la quale, peraltro, non può
fondarsi solo sulle conoscenze. Come affermano i Programmi didattici
del 1985, <<Il fanciullo sarà portato a rendersi conto che
"tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali" (art. 3 Cost.). La scuola è impegnata ad
operare perché questo fondamentale principio della convivenza
democratica non venga inteso come passiva indifferenza e
sollecita gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili
delle proprie azioni, alla luce di criteri di condotta chiari e
coerenti che attuino valori riconosciuti….In relazione alle
complessive finalità educative la scuola deve operare perché il
fanciullo:…sia sensibile ai problemi della salute e
dell'igiene personale, del rispetto dell'ambiente naturale e del corretto
atteggiamento verso gli esseri viventi…>>. Può aiutare, ma non basta
l’utilitarismo etico alla Geremia Benthan ed alla Stuart Mill. Occorre un supplemento. E il
supplemento sono i sentimenti, sono gli atteggiamenti. Assieme alla ragione, occorre
coltivare il cuore. Perché qualunque cosa faccia,
l’uomo è sempre mosso dai sentimenti. <<Ogni
essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine
è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni
essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua
azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore>>
[11]
. Senza il cuore, né la mano, né la
mente si attivano.
Non si può fare a meno del cuore. In fondo, anche Ben Laden è mosso
dai sentimenti. Ma da quali sentimenti? Vi sono ragionamenti corretti e
ragionamenti sbagliati. Vi sono conoscenze valide e conoscenze
errate. Vi sono atteggiamenti
positivi ed atteggiamenti negativi. Occorre educare anche i sentimenti;
occorre che gli alunni siano aiutati a maturare atteggiamenti
positivi, atteggiamenti positivi nei confronti del
mondo umano, naturale ed artificiale: atteggiamenti positivi
soprattutto nei confronti di se stessi e degli altri esseri umani. In tal senso, nel Progetto
formativo della scuola, gli atteggiamenti acquistano
un ruolo essenziale, fondamentale, preminente. La società educante, il sistema
formativo integrato, la scuola non può limitarsi a far acquisire conoscenze,
né a far acquisire capacità, ma deve occuparsi e
preoccuparsi soprattutto di far maturare atteggiamenti,
atteggiamenti etici, atteggiamenti religiosi, atteggiamenti
estetici, atteggiamenti linguistici, atteggiamenti matematici… I Programmi didattici vanno
riscritti, tenendo presente la tripartizione conoscenze
essenziali capacità atteggiamenti. Nella Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo)
ci si era avviati su questa strada, sia perché in tutto il
documento erano presenti significativi riferimenti agli atteggiamenti,
sia perché tra gli <<obiettivi specifici di apprendimento
relativi alle competenze degli alunni>> relativi alle
singole discipline, erano presenti obiettivi specifici rivolti
all’acquisizione di atteggiamenti. Ma il discorso va ripreso ed
approfondito.
Se il ragionamento che abbiamo
abbozzato è fondato, se non basta far acquisire conoscenze e
capacità, perché la vita emotiva ed affettiva è a
fondamento della natura umana, allora occorre che negli obiettivi
generali e negli <<obiettivi specifici di apprendimento
relativi alle competenze degli alunni>>, stabiliti dal
Ministro della pubblica istruzione e dalle singole scuole, siano
presenti anche gli atteggiamenti.
Occorre finalmente fare chiarezza intorno alle finalità
che la scuola deve perseguire. Il problema degli obiettivi
formativi è preliminare ad ogni discorso relativo alla scuola
ed occorre affrontarlo precisando quelli che sono gli obiettivi
formativi dell’intero percorso formativo, almeno nell’ambito
della scuola per la formazione di base o della scuola dell’obbligo
(obiettivi formativi a lungo termine). Resterebbe vuoto, mero esercizio
retorico, ogni discorso in ordine alla continuità educativa, se non
si precisassero gli obiettivi formativi a lungo termine, le
mete formative finali alle quali debbono convergere le azioni
formative dei singoli segmenti scolastici. Ma, nel delineare gli obiettivi
formativi a lungo termine e, poi, nel desumere da questi gli
obiettivi formativi a breve termine dei singoli ordini
di scuola e gli obiettivi formativi a breve termine dei
singoli moduli didattici e delle unità didattiche, occorre aver
cura di precisare gli obiettivi formativi in termini di atteggiamenti,
capacità e conoscenze essenziali. Da una parte, occorre superare la
prospettiva nozionistica, che riaffiora con forza quando si parla
della “società della conoscenza”. Dall’altra, nel riconoscere il
carattere eminentemente formativo della scuola dell’autonomia e
nel privilegiare quindi le capacità, occorre tenere presente
che non bastano né le capacità né le conoscenze
essenziali. Assieme alle capacità ed
alle conoscenze essenziali, occorre fare spazio agli atteggiamenti,
relativamente a tutte le dimensioni della persona umana: atteggiamenti
motori, atteggiamenti sociali, atteggiamenti morali, atteggiamenti
linguistici, atteggiamenti cognitivi ecc.
In molti POF la delineazione degli obiettivi
formativi in termini di conoscenze essenziali, di capacità
e di atteggiamenti è stata già avviata, ma va meglio
approfondita e soprattutto meglio esplicitata soprattutto in
riferimento agli atteggiamenti, come peraltro è
possibile riscontrare già in qualche documento programmatorio
[12]
. La formazione che la scuola deve
contribuire a promuovere non può non riguardare l’uomo nella sua
interezza (<<pieno sviluppo della persona umana>>)
e configurarsi come formazione integrale.
Gli obiettivi formativi che la scuola deve perseguire
non possono che essere indicati in termini di atteggiamenti,
capacità e conoscenze essenziali.
[1]
“Conoscerete e la verità vi
farà liberi” (Giovanni 8:32). [2] KANT E., Pedagogia, O.D.C.U., Rimini, 1953, pp.25-27. [3] Bruner J. S., Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967.
[4]
In merito cfr.: MONTUSCHI F., L'intelligenza affettiva, La Scuola, Brescia, 1974; MONTUSCHI F., Vita
affettiva e percorsi dell'intelligenza, La Scuola,
Brescia, 1983; Goleman d.,
Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1997; GOLEMAN D., Lavorare
con l’intelligenza emotiva, come inventare un nuovo rapporto con
il lavoro, Rizzoli, Milano, 2000; GARDNER H., Formae
mentis. Saggio sulla pluralità dele intelligenze, Feltrinelli,
Milano, 1987; GARDNER H, Intelligenze
multiple, Anabasi, Milano, 1993; Di
Pietro, M., L'Educazione Razionale Emotiva. Edizioni
Erickson. Trento, 1998; D’Urso
V., Trentin R.,
Introduzione alla psicologia delle emozioni, Laterza, Roma-
Bari, 1998.
[5]
UMBERTO TENUTA, Gioia
di Imparare Gioia
di imparare / Gioia di insegnare Gioia
e Gusto di Imparare in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM
[6] <<idea di persona come sistema integrato>> (Documento dei saggi sui saperi essenziali).
[7]
MARITAIN J., Umanesimo
integrale, Borla, Torino, 1963. [8] In merito cfr.: VAYER P., DESTROPER J., Il corpo nella dinamica educativa, Emme Edizioni, Milano, 1976.. [9] In merito cfr.: VAYER P., Educazione psicomotoria nell’età scolastica, Armando, Roma, 1977; MAIGRE A., DESTROPERE J., L’educazione psicomotoria , Ed. Paoline, Bari, 1978. [10] PASCAL B., Pensieri, 177 B. [11] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102. [12] In merito cfr.: Programma quadro per la maturità professionale dell’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia di Berna |
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