<<Obiettivi specifici di
apprendimento>>
conoscenze, capacità ed atteggiamenti
Umberto Tenuta
Nei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) non si è completamente superata l’impostazione dei precedenti Programmi didattici, perché non si è riusciti ad omettere completamente i contenuti e le indicazioni didattiche, come pure era doveroso, nel momento in cui alle scuole si riconosce l’autonomia organizzativa e didattica.
Ai docenti si doveva offrire solo un Syllabus di <<obiettivi formativi e competenze>> o più precisamente, secondo quanto previsto dall’art. 8 del Regolamento dell’autonomia scolastica (RAS), ) Syllabus degli obiettivi generali del processo formativo e degli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>.
Sarebbe stato, questo, un segno di grande fiducia e di responsabilizzazione dei docenti, tenuti a perseguire gli obiettivi formativi indicati dai Nuovi Curricoli, ma autonomi nella ricerca e nella utilizzazione dei percorsi formativi ritenuti più adeguati.
Peraltro, si sarebbero evitate le giuste proteste di quanti vedono lesa l’autonomia didattica dei docenti.
Tuttavia, si deve riconoscere che è stato fatto uno notevole sforzo di alleggerimento delle indicazioni contenutistiche e didattiche e che, tutto sommato, è possibile utilizzare i Nuovi Curricoli come un vero e proprio Syllabus degli obiettivi, valorizzando soprattutto le indicazioni concernenti gli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni >>.
Al riguardo, si deve prendere atto che agli estensori dei Nuovi Curricoli non è risultato certamente agevole pervenire ad un lessico non equivoco, soprattutto per quanto attiene all’indicazione degli obiettivi formativi.
Se l’art. 13 del RAS aveva avvalorato l’espressione <<obiettivi formativi e competenze>>, nello stesso si ritrovano però espressioni, quali <<le finalità e gli obiettivi generali…obiettivi generali ed educativi… obiettivi nazionali… obiettivi generali e specifici… obiettivi generali del processo formativo… obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>> e, peraltro, nella Legge di riforma dei cicli si parla di <<sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di settore… conoscenze e abilità di base… capacità relazionali e di orientamento… consolidamento dei saperi di base… sviluppo delle competenze e delle capacità di scelta individuali… conoscenze e capacità adeguate all’accesso all’istruzione superiore universitaria e non universitaria>>.
<<Obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>
Di tali indicazioni è stata valorizzata soprattutto l’espressione <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>, che viene assunta dai Nuovi Curricoli per l’indicazione degli obiettivi delle singole discipline.
Al riguardo, si deve purtroppo prendere atto che, malgrado la precisa indicazione del RAS relativa agli <<obiettivi formativi e competenze>> ed i continui riferimenti ai processi formativi (1), nei Nuovi Curricoli l’espressione <<obiettivi formativi>> viene utilizzata solo in generale (2) e al suo posto viene invece utilizzata l’espressione <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>.
È, questa, un’espressione che, in fondo, assume lo stesso significato dell’espressione obiettivi formativi e che forse può risultare più significativa, in quanto fa riferimento, sia ai processi di <<apprendimento>> che alle specifiche <<competenze>> degli alunni relative alle singole discipline. In effetti, si precisa che gli obiettivi formativi si perseguono attraverso i processi di <<apprendimento>> e che gli obiettivi specifici di apprendimento attengono alle <<competenze>>.
Si recepisce in tal senso il dettato dell’art. 13 del RAS nel quale si fa riferimento agli <<obiettivi formativi e competenze>>, espressione che evidentemente risulta pleonastica, in quanto gli <<obiettivi formativi>> non possono non identificarsi con le <<competenze>>.
Nei Nuovi Curricoli si è opportunamente optato per il termine <<competenze>>. Gli obiettivi attengono alle competenze matematiche, scientifiche, linguistiche, storiche…, e come tali si configurano come obiettivi formativi: la scuola dell’autonomia è scuola eminentemente formativa.
Tuttavia, al riguardo, non si può non esprimere il rammarico per la mancata precisazione degli obiettivi formativi a lungo termine, terminali del ciclo della scuola di base. Sarebbe stato più congruo precisare gli obiettivi formativi a lungo termine e lasciare ai docenti il compito di scandirli in obiettivi formativi a medio termine (obiettivi specifici di apprendimento) biennali e triennali, da scandire poi in obiettivi a breve termine.
La previsione degli obiettivi formativi a lungo termine si rende quanto mai opportuna per consentire ai docenti di tenere sempre presenti le mete ultime da perseguire, quelle che nei Nuovi Curricoli vengono indicate come <<finalità>> dele singole discipline o degli ambiti disciplinari. Sulla base delle mete finali (obiettivi formativi a lungo termine) risulta più agevole ai docenti operare la scansione annuale degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, scansione che evidentemente può essere diversa da alunno ad alunno, in riferimento ai livelli di sviluppo e di apprendimento, oltre che ai ritmi di apprendimento.
Tuttavia, ora occorre accettare la situazione di fatto ed operare conseguentemente.
Conoscenze, capacità ed atteggiamenti
Al riguardo, si impongono alcune precisazioni in ordine alla natura degli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>.
In effetti, nel testo dei Nuovi Curricoli non sempre sono stati esplicitati gli <<obiettivi formativi>> ovvero le <<competenze>>, ma sono state indicate soltanto delle "attività", quali, ad esempio:
<<utilizzare semplici apparecchiature>>
<<partecipare a scambi comunicativi di gruppo, seguendo lo sviluppo degli argomenti, rendendosi conto dei diversi punti di vista e intervenendo in modo coerente>>
<<eseguire moltiplicazioni e divisioni tra naturali con metodi e strumenti diversi (calcolo mentale, carta e penna, calcolatrici) utilizzando le tabelline e le proprietà delle operazioni>>.
Queste non sono competenze, ma specifiche "attività" mirate evidentemente all’acquisizione di competenze, cioè di capacità, di conoscenze e, occorre aggiungere, anche di atteggiamenti.
Questa precisazione è opportuna, onde evitare che i docenti si limitino a far effettuare agli alunni le attività indicate nei Nuovi Curricoli, senza impegnarli intenzionalmente all’acquisizione delle competenze in esse implicite. Gli alunni potrebbero anche eseguire diverse volte le attività, ma senza pervenire alla padronanza delle competenze in esse implicate. Non è l’attività che interessa, ma il risultato, cioè le competenze.
Al riguardo, piace evidenziare che le "attività" proposte appaiono opportunamente mirate soprattutto all’acquisizione di capacità (abilità). In tal senso si appalesa la forte coerenza degli obiettivi indicati nei Nuovi Curricoli con le finalità eminentemente formative della scuola di base, testimoniata dai riferimenti continui alla formazione più che all’istruzione.
La scuola di base deve offrire il suo qualificato contributo alla formazione delle capacità motorie, affettive, sociali, morali, linguistiche, cognitive ecc.: è questo il suo prioritario e fondamentale impegno.
Pertanto, occorre sempre tenere presente la prospettiva formativa della scuola dell’autonomia, intendendo le specifiche "attività" relative alle singole discipline indicate nei Nuovi Curricoli soprattutto come capacità.
Ad esempio, laddove, nel biennio, per l’Italiano si dice <<comprendere un racconto o una descrizione individuando gli elementi essenziali (la successione temporale, le informazioni principali in relazione a persone, oggetti, animali, ambienti familiari …), evidentemente si vuole si indicare, non una specifica attività da svolgere, ma l’acquisizione delle capacità di comprendere un racconto o una descrizione e di individuarne gli elementi essenziali (la successione temporale, le informazioni principali in relazione a persone, oggetti, animali, ambienti familiari…).
Allo stesso modo, il <<leggere e comprendere brevi testi di uso quotidiano adeguati all’età (ad esempio etichette, insegne, titoli, liste di parole...)>> non significa che gli alunni debbono limitarsi a leggere e comprendere brevi testi, ma che essi debbono acquisire la capacità di leggere e comprendere brevi testi…
Sarebbe stato preferibile che gli obiettivi specifici di apprendimento fossero stati espressamente indicati in termini di capacità, ma non è certamente difficile ai docenti operare la traduzione delle attività indicate nei Nuovi Curricoli nelle corrispondenti capacità.
Tuttavia, il rilievo opportunamente riservato alle capacità (<<competenze>>) non significa che non debbano essere acquisite anche le conoscenze dichiarative, i saperi, seppure nella loro essenzialità (nuclei concettuali fondanti, strutture delle discipline).
In effetti, nel testo dei Nuovi Curricoli le conoscenze non sono state adeguatamente esplicitate, tranne che per alcune discipline. Esse risultano implicite nelle "attività" proposte oppure risultano indicate nelle Attività e nei Contenuti. Spetta ai docenti individuarle e precisarle nella programmazione didattica periodica.
Dalle "attività" indicate come obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni occorre desumere le <<competenze>>, le quali sono costituite, non solo da conoscenze (sapere) e capacità (saper fare), ma anche da atteggiamenti (saper essere).
Non basta l’acquisizione delle conoscenze e non basta nemmeno l’acquisizione delle capacità: occorre anche l’acquisizione di atteggiamenti (motivazioni, interessi, propensioni, orientamenti, disponibilità, predilezioni, valori).
Gli atteggiamenti
In effetti, negli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni indicati nei Nuovi Curricoli alcuni atteggiamenti sono esplicitamente indicati:
· <<acquisire e consolidare atteggiamenti di confronto costruttivo con persone, popoli e altre culture>>;
· <<essere sensibili ai problemi della salute, della prevenzione, dell’igiene personale, del rispetto dell’ambiente naturale, del corretto atteggiamento verso gli esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi di pubblica utilità>>;
· <<sviluppare atteggiamenti di curiosità, attenzione e rispetto della realtà naturale, di riflessione sulle proprie esperienze, di interesse per l’indagine scientifica>>.
Tuttavia, altri atteggiamenti sono impliciti. Infatti, il riferimento agli atteggiamenti è insistente nei Nuovi Curricoli, nei quali si afferma, ad esempio: << porre le basi di conoscenza, di abilità, di atteggiamento… Si tratta di un aiuto educativo che abiliti ad atteggiamenti e a comportamenti democratici…Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree o aspetti del sapere che vanno trasmessi. Essi vanno invece concepiti ed espressi nella forma di atteggiamenti e capacità che si vogliono sollecitare, promuovere ed affinare…Occorre sempre, ma specie in questa fase delicata tener conto del patrimonio linguistico nativo sia dialettale sia di lingua diversa dall’italiano, non calpestarlo, rispettarlo nella sua preziosa eventuale alterità rispetto all’italiano. Quest’ultimo si acquisisce tanto più facilmente quanto più l’insegnante assume e induce nella classe un atteggiamento sereno verso eventuali divergenze linguistiche… un atteggiamento di curiosità da canalizzare in attività di esplorazione, scoperta, soluzione di problemi e prima sistematizzazione delle conoscenze… Questo ambito contribuisce alla formazione del pensiero in quanto consente una iniziale elaborazione di concetti, metodi, atteggiamenti necessari per meglio osservare, comprendere, interpretare, imparare a trasformare la realtà… Per essi la scuola potrà facilitare, eventualmente nella quota obbligatoria del curricolo riservata alle istituzioni scolastiche, un adeguato mantenimento della competenza linguistica nativa, che è garanzia di un armonico sviluppo delle facoltà intellettive e degli atteggiamenti relazionali…. La riflessione sulla lingua, che diviene progressivamente più esplicita e sistematica nel corso della scuola di base, è tesa principalmente a costruire la capacità di guardare alla lingua come a un oggetto degno di attenzione e analisi; a costruire una mentalità problematica e un atteggiamento scientifico nell’analisi di fenomeni linguistici e testuali… Il passaggio dalla narrazione alla ricerca e dalla rappresentazione oggettiva del mondo all’interiorizzazione di sistemi di concetti, di atteggiamenti, di criteri di giudizio e di comportamento qualificati sul piano etico, civico, sociale e politico implica l’impegno della scuola a realizzare una continua integrazione fra l’alfabetizzazione culturale e l’educazione alla convivenza democratica… Alla scuola spetta il compito, ricchissimo di valenze formative, di trasferire i nuovi paradigmi della ricerca geografica in una didattica che sviluppi nei bambini e nei giovani le competenze spaziali, ma anche le irrinunciabili premesse di un atteggiamento di solidarietà, apertura mentale e disponibilità all’integrazione delle culture e alla cooperazione fra i popoli…. La conoscenza di differenti punti di osservazione, infatti, fornisce utili chiavi di lettura, che possono agevolare il confronto aiutando a comprendere meglio atteggiamenti, comportamenti, relazioni.
Le scienze sociali e antropologiche promuovono negli studenti sia l’acquisizione di conoscenze relative alla struttura e all’organizzazione sociale, sia la maturazione di atteggiamenti e comportamenti critici e responsabili, ispirati ai valori della libertà e della solidarietà, a tutti i livelli della vita organizzata (locale, nazionale, europea e mondiale).
Evidentemente, il discorso sull’intelligenza affettiva (3) ha trovato accoglienza nella Commissione che ha elaborato i Nuovi Curricoli.
Se è vero che oggi la dimensione emotivo-affettiva viene riconosciuta come dimensione costitutiva della personalità (4), anche nella sua interazione con tutte le altre dimensioni, e come tale viene riconosciuta come aspetto da privilegiare anche nella prospettiva delle competenze professionali (5), evidentemente la scuola non può continuare a rimanere ancorata alla concezione razionalistica dell’enciclopedismo illuministico del sapere e deve invece fare largo spazio anche alla dimensione affettiva della personalità.
Oggi più che mai sembra che siano venute meno gli ostracismi e le resistenze nei confronti dell’educativo e si richiede alla scuola, così come alla famiglia, di farsi carico, oltre che dell’istruzione, anche dell’educazione dei giovani.
L’ineliminabile esigenza dell’educazione, ostinatamente bandita dalla scuola negli anni ’70, si è espressa prima attraverso i Progetti educativi ministeriali e le attività integrative e oggi si afferma con maggiore chiarezza attraverso il riconoscimento che la scuola deve impegnarsi ad educare, oltre che ad istruire.
Nei Nuovi Curricoli è possibile rinvenire un adeguato spazio all’educazione, seppure ancora non ben precisata nelle sue molteplici articolazioni, che comprendono, assieme all’educazione sociale, civile, morale, anche l’educazione emotivo-affettiva e, perché no, la vera e propria educazione religiosa, seppure secondo le libere scelte delle famiglie e degli alunni.
Tuttavia, in questa sede piace rilevare, in particolare, lo spazio che si è riservato alla dimensione emotivo-affettiva sia sul piano comportamentale che sul piano specificamente disciplinare, valorizzando, assieme alle conoscenze ed alle capacità, anche gli atteggiamenti, intesi come motivazioni, interessi, propensioni, predilezioni, valori.
Finalmente, si è riconosciuto che non basta il sapere e non basta nemmeno il saper fare, ma occorrono le motivazioni al fare. A cosa serve conoscere le regole e saperle utilizzare, se manca la motivazione ad utilizzarle: per esemplificare, a cosa serve conoscere le parole e possedere la capacità di leggere, se manca la motivazione alla lettura?
È fondamentalmente compito della scuola far nascere le motivazioni all’apprendere.
Lo aveva affermato con forza il Rousseau, quando, dovendo insegnare a leggere ad Emilio, si era preoccupato di far nascere l’interesse alla lettura, prima di preoccuparsi dei metodi di insegnamento.
E, d’altra parte, già nel 1955, i Programmi didattici per la scuola elementare affermavano con forza che <<scopo essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé, perché ne conservi l'abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita>>.
Tuttavia, questa affermazione non è stata colta nel suo profondo significato, ma è stata troppo facilmente dimenticata nella prassi didattica.
Oggi si ritorna sull’esigenza di dare adeguato spazio alla dimensione affettivo-emotiva, anche riservando adeguata attenzione alle motivazioni intrinseche.
Emblematicamente nel Documento dei saggi sui saperi essenziali si offrono due esemplificazioni, forse volutamente riferite ad attività che certamente non godono il favore della gran parte degli alunni: il piacere del leggere ed il piacere del matematizzare (6).
Al riguardo, occorre però riconoscere che già nei Piani di studio Brocca (7) si dava adeguato spazio agli atteggiamenti (8).
Oggi, i Nuovi Curricoli affermano con forza l’esigenza che la scuola, oltre alle conoscenze ed alle capacità, coltivi anche la formazione degli atteggiamenti: significativamente il termine atteggiamenti vi ricorre ben 21 volte.
Le indicazioni riguardano gli atteggiamenti relativi sia agli aspetti comportamentali che alle acquisizioni disciplinari.
Pertanto, per ogni disciplina occorre saper individuare sia le capacità e le conoscenze essenziali, sia gli atteggiamenti: non si tratta di promuovere solo la maturazione di atteggiamenti democratici, ma anche di favorire la maturazione di atteggiamenti matematici, scientifici, linguistici, storici ecc.
Nel promuovere gli apprendimenti (linguistici, storici, matematici ecc.), i docenti debbono assumere come loro impegno prioritario, non solo che gli alunni riescano ad acquisire conoscenze e capacità, ma anche che essi maturino atteggiamenti positivi verso quelle determinate conoscenze e capacità.
In una scuola che si deve porre nella prospettiva dell’educazione permanente, non basta che gli alunni riescano a comprendere ed apprendere e non basta nemmeno l’acquisizione della capacità di imparare, sulla quale tanto si è insistito e si insiste, ma occorre soprattutto che maturi negli alunni la volontà di apprendere, la motivazione ad apprendere, un atteggiamento positivo verso l’apprendere.
Occorre restituire all’imparare, all’apprendere, al conoscere il suo autentico significato di amore del sapere (filosofia): lo studio, come testimonia il significato del corrispondente termine latino (studium=amore, passione, desiderio)), è amore del sapere e lo studente, in quanto studioso, deve essere colui che ama il sapere.
La gioia di imparare e la gioia di insegnare
La scuola deve coltivare innanzitutto l’amore del sapere, la gioia ed il gusto di imparare (9).
Non è nella natura dell’apprendere che esso si configuri come una condanna, una pena, una costrizione, perché è costitutivo dell’essere umano il bisogno, il desiderio, la gioia di conoscere.
Al riguardo, è opportuno precisare che il compito della scuola non è solo quello di coltivare e incentivare il bisogno di apprendere, ma è soprattutto quello di non distruggere l’innata curiosita umana che il bambino porta con sé sin dalla nascita (10).
Tuttavia, affermare che l’apprendere costituisce un bisogno ed una gioia evidentemente non significa che l’apprendere non costituisca una fatica.
Non c’è bisogno di evidenziare che anche il gioco è fatica, ma una fatica accettata, gradita, desiderata. Ciò che importa è che lo studio, l’imparare, l’apprendere sia vissuto come un bisogno e come una gioia. La scuola deve trasformarsi da luogo della pena dell’imparare a luogo della gioia di imparare.
E questo può essere realizzato se non si distrugge ma si coltiva l’innato bisogno umano di imparare, di conoscere, di apprendere che il bambino porta con sé sin dal momento della nascita e che va interpretato come bisogno di autorealizzazione, di crescita, di umanizzazione.
L’alunno ¾ alunno deriva da alere = crescere, alimentarsi (chi si alimenta cresce, diventa adulto, ciò cresciuto) ¾ è il bambino che esprime il bisogno di alimentarsi per crescere, sia fisicamente che psichicamente e spiritualmente.
La motivazione all’apprendere va ricercata non fuori, ma dentro l’alunno, nel suo bisogno di crescere e quindi di alimentarsi, sia sul piano biologico che sul piano culturale (formazione emotivo-affettiva, sociale, morale, linguistica, cognitiva ecc.).
Occorre che gli alunni vivano l’apprendimento come strumento della loro crescita. Se l’apprendere viene vissuto come strumento di crescita, autorealizzazione, formazione, esso viene vissuto come una gioia.
Coltivare questo atteggiamento è il compito primario della scuola, in ogni attività didattica.
Gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni che gli alunni debbono perseguire riguardano l’acquisizione delle conoscenze e delle capacità ma è opportuno tenere presente che esse riguardano anche e forse soprattutto gli atteggiamenti.
Al riguardo, è opportuno evidenziare che, se per l’acquisizione delle conoscenze si può privilegiare la metodologia della ricerca/riscoperta/reinvenzione/ricostruzione (problem solving), nella forma del cooperative learning, che peraltro costituisce la metodologia più adeguata anche all’acquisizione delle capacità e degli atteggiamenti, tuttavia si deve riconoscere che gli atteggiamenti si coltivano soprattutto quando i docenti stessi vivono il loro impegno educativo e didattico come un’attività gratificante. In tal senso, nel Documento dei saggi sui saperi essenziali si afferma che <<Tutto ciò comporta un forte investimento negli insegnanti: nel gusto per l'insegnamento, nel senso morale, nel piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere>>.
La gioia dell’imparare degli alunni è strettamente correlata alla gioia dell’insegnare dei docenti.
Gli atteggiamenti non si insegnano, ma si contagiano, evidentemente solo a condizione che siano posseduti.
Non è retorica affermare che nella scuola non c’è posto per i mestieranti.
La posta in gioco è troppo alta.
Oltre che alla famiglia, compete alla scuola la responsabilità della crescita, dell’autorealizzazione, dell’educazione dei giovani: anche nella scuola matura la gioia di imparare che è essenzialmente gioia di realizzarsi, gioia di essere, gioia di vivere.
Assieme alle conoscenze ed alle capacità, nella scuola occorre coltivare anche e soprattutto atteggiamenti positivi nei confronti dell’imparare, del vivere e del convivere.
Questa appare una fondamentale chiave di lettura dei Nuovi Curricoli.
Note
Regolamento dell’autonomia scolastica: <<L'autonomia delle istituzioni scolastiche … si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana… garantire … il successo formativo>>( Art.1); <<Piano dell'offerta formativa>>(Art. 3); <<percorsi formativi … successo formativo… sistemi formativi… crediti formativi>>(Art. 4); <<miglioramento dell'offerta formativa…>>( Art. 5); <<progettazione formativa... processi formativi>> (Art. 6); << compiti di carattere formativo>> (Art. 7); <<obiettivi generali del processo formativo … crediti e… debiti formativi… sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro…esigenze formative degli alunni >> (Art. 8); <<Ampliamento dell'offerta formativa…percorsi formativi integrati … percorsi formativi personalizzati>> (Art. 9); << obiettivi formativi e competenze>> (Art. 13).1
2 <<In secondo luogo, in termini di progettazione esplicita e intenzionale, spetta alle scuole promuovere in alunne e alunni la conquista stabile di alcuni specifici obiettivi formativi… Gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia vanno pensati nella forma di traguardi relativi ad aree di sviluppo irrinunciabili … Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree o aspetti del sapere che vanno trasmessi…La valutazione dei processi di apprendimento e del raggiungimento degli obiettivi formativi… Accanto, dunque, e di pari passo con la determinazione degli obiettivi formativi da promuovere, vanno per il possibile definite e realizzate le situazioni di esperienza atte a conseguirli…Tali componenti devono essere tradotte in obiettivi formativi dell’intero percorso dai tre ai diciotto anni e possono essere delineate solo da una cultura del movimento e della corporeità rispettosa della persona e dell’ambiente….In quinta classe la storia, la geografia e l’area delle scienze sociali diventano autonome avendo ciascuna di esse, pur in un contesto fortemente integrato, obiettivi formativi specifici>>.
3 In merito cfr.: Goleman d., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1997; GOLEMAN D., Lavorare con l’intelligenza emotiva, come inventare un nuovo rapporto con il lavoro, RIZZOLI, MILANO, 2000. MONTUSCHI F., Vita affettiva e percorsi dell'intelligenza, La Scuola, Brescia, 1983; TORNAR C., Dimensioni cognitive e affettive del processo di orientamento, Università degli studi di Roma Tre, Roma, 1996; CORRADINI L.(a cura di), La dimensione affettiva nella scuola e nella formazione dei docenti, SEAM, Roma, 1998.DOLLE J., Da Freud a Piaget. Elementi per un approccio integrato all’affettività e all’intelligenza, Borla, Roma, 1979.
4 GARDNER H, Intelligenze multiple, Anabasi, Milano, 1993.
5 GOLEMAN D., Lavorare con l’intelligenza emotiva, come inventare un nuovo rapporto con il lavoro, RIZZOLI, MILANO, 2000.
6 <<Ma la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile, come scoperta di un libro che stimola la ricerca di altri libri…. piacere del matematizzare>>
7 Piani di studio della scuola superiore e programmi dei primi due anni –Le proposte della Commissione Brocca, STUDI E DOCUMENTO DEGLI ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, N. 56, Le Monnier, Firenze, 1991; Piani di studio della scuola superiore e programmi dei trienni –Le proposte della Commissione Brocca, STUDI E DOCUMENTO DEGLI ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, N. 59-60, 61, Le Monnier, Firenze, 1992.
8 In particolare, i Piani di studio Brocca, nell’elencare le dieci finalità della Fisica e della Chimica, precisano che <<le finalità da 1 a 3 riguardano la promozione di atteggiamenti e di comportamenti, le finalità da 4 a 7 lo sviluppo di capacità operative mentali e manuali, le finalità da 8 a 10 l’acquisizione di conoscenze>>. Tale ripartizione si ritrova puntualmente in tutte le altre discipline (ad esempio, per l’Italiano si parla di abitudine alla lettura.. personali esigenze di cultura... interesse più specifico per le opere letterarie… capacità di riflessione… metodo più rigoroso nell’analisi della lingua… conoscenza riflessa dei processi comunicativi …), ma viene anche prevista in linea generale, quando si afferma che i <<risultati attesi nello studente sono classificabili in vario modo: conoscenze, capacità, abilità, comportamenti, atteggiamenti. In misura diversa tutte queste denominazioni hanno in comune l'idea che si tratti di risultati organizzati e acquisiti in forma stabile, cioè di qualità permanenti del soggetto, e non di prestazioni isolate e occasionalmente riuscite. Sono perciò qualità che concorrono a formare la struttura della personalità dell'adolescente…>>. In effetti, <<La scuola realizza le proprie finalità, anche quelle orientative, principalmente attraverso le discipline di insegnamento. Esse vanno utilizzate per rilevare e sviluppare le attitudini, le capacità, gli stili cognitivi, le preferenze e gli interessi degli studenti>>, oltre che, evidentemente, per far acquisire i "nuclei concettuali fondanti".
9 In merito cfr. in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM: UMBERTO TENUTA, Gioia di Imparare; Gioia di imparare / Gioia di insegnare; Gioia e Gusto di Imparare
10 HODKIN R.A., La curiosità innata - Nuove prospettive dell'educazione, Armando, Roma, 1978.