Per avere diritto all'"assegno mensile",
di cui all'articolo 13 della legge n. 118/1971, i cittadini
maggiorenni riconosciuti "invalidi civili parziali" (cioè
con invalidità compresa tra il 74 e il 99 per cento), devono
dimostrare di essere "incollocati al lavoro".
L'espressione "incollocati al lavoro" è intesa (anche dalla
Corte di Cassazione) nel senso che, per la fruizione dell'assegno, gli
invalidi devono avere quanto meno presentato domanda di iscrizione
nelle liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio e non
avere conseguito un'occupazione in mansioni compatibili. Il Tribunale
di Lucca, nell'esaminare un ricorso presentato da uno studente
maggiorenne inabile civile parziale, ha sollevato la questione di
legittimità costituzionale del citato articolo 13 in quanto, essendo
il ricorrente in età scolare, non poteva dimostrare la sua "incollocazione"
al lavoro tramite l'iscrizione al collocamento perché avrebbe
rischiato di dover interrompere gli studi per rispondere ad una
eventuale chiamata al lavoro.
La Corte costituzionale, dopo aver riassunto le linee generali in
materia di provvidenze economiche a favore dei soggetti disabili, ha
concluso nel senso che "il requisito della incollocazione (….)
va letto come comprensivo dell'ipotesi della frequenza scolastica (….)
dovendo l'invalido provare la ricorrenza dello stato di incollocazione
attraverso il certificato di frequenza scolastica". A seguito di
tale interpretazione della norma, la Corte ha dichiarato non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma,
della legge 30 marzo 1971, n. 118. La frequenza scolastica, dunque,
costituisce condizione per l'erogazione dell'assegno mensile.
Sentenza
Consulta