A RITA
".......E gli anni che
passano pesano sulle mie spalle e sono tanti e mi avvicinano, in fretta,
al grande viaggio senza ritorno;
e davanti a Dio credo sia giusto che ci si presenti senza
rancori,
ma dopo tanti anni non posso non dire che mi mortifica e che mi
addolora ancora dover prendere atto
che tra i tanti pentiti che hanno parlato di tutto e del
contrario di tutto,
nessuno
ha saputo dire
dell'uccisione del Procuratore Costa......"
( RITA BARTOLI COSTA )
Carissima Rita
non ci sono parole adeguate per esprimere il dolore quando un' amica
della tua preziosità , se ne va.... e tu sei lontana.
Ci siamo salutate a Natale e ci dicevamo , tenendoci la mano ....che
l'estate sarebbe venuta in un soffio per avere il piacere di
ritornare ad essere ancora vicine.
L'estate è ancora lontana.....e tu hai avuto fretta di iniziare il tuo
"grande viaggio senza ritorno..".
Ha vinto la tua grande sete di Verità.
Palermo 19 gennaio 2003
Ciao Rita
ti voglio bene
Nadia
***
In memoria di Rita Bartoli Costa
Il 6 agosto 2000, dopo venti anni, nel corso della
celebrazione della Messa in commemorazione dell'uccisione del
Procuratore Capo della Repubblica, della città di Palermo, Gaetano
Costa, Rita Bartoli Costa ha preso la parola, per la prima volta in
pubblico e ha dato, a tutti noi che eravamo presenti , il dono prezioso
del suo testamento spirituale.
Sono parole che tagliano la cavità dei cuori e che nulla concedono ai
furbi e ai disonesti ..
Sono immensamente grata a Rita Costa per la sua stima , per aver
consegnato le "sue pagine" ad Educazione alla Legalità di Interlinea.
****
Palermo 6 agosto 2000
di Rita Bartoli Costa
Vent'anni fa, in un caldo pomeriggio di Agosto,
nella parte alta di via Cavour, senza scorte, mentre era fermo a
guardare i libri esposti in una bancarella, un killer di mafia,
indisturbato, in tutta tranquillità, aggrediva alle spalle, uccidendolo,
mio marito, Gaetano Costa, Procuratore Capo della repubblica di questa
città, colpevole di aver sempre fatto rispettare le leggi dello Stato da
ogni forma di prevaricazione criminale, in difesa della società di
questa Repubblica.
Ho deciso, in questo ventesimo anniversario di prendere io la parola per
commemorarlo, credo giustamente, perché sono la persona che meglio di
ogni altra ne ha conosciuto il non comune spessore umano sia nel privato
che nel pubblico.
Come i suoi colleghi ben ricorderanno, Gaetano Costa è stato magistrato
di grande valore e di indiscussa preparazione e ciò malgrado non ebbe la
dovuta solidarietà, diciamo, dal suo ufficio e da chi aveva il
sacrosanto dovere di difendere il suo modo di amministrare la giustizia.
Io non voglio fare polemica con nessuno, perché ritengo che gli anni
coprano tante cose, coprono con una coltre di silenzio vizi e anche
virtù.
E gli anni che passano pesano sulle mie spalle e sono tanti e mi
avvicinano, in fretta, al grande viaggio senza ritorno; e davanti a Dio
credo sia giusto che ci si presenti senza rancori, ma dopo tanti anni
non posso non dire che mi mortifica e che mi addolora ancora dover
prendere atto che tra i tanti pentiti che hanno parlato di tutto e del
contrario di tutto, nessuna ha saputo dire dell'uccisione del
Procuratore Costa.
Fatta eccezione del cosiddetto "principe dei pentiti" il signor Buscetta,
che parlò del delitto Costa come da copione valido a scagionare tutti
addossandone la sola responsabilità a un certo mafioso "allora
emergente" il quale era convinto che uccidendo Costa, avrebbe dimostrato
tutta la sua forza ai grandi capi.
Dopo vent'anni ho il diritto di pensare che i mandanti del delitto Costa
non si sono voluti cercare né trovare, nel rispetto della logica
dominante secondo la quale i morti sono morti e i vivi debbono
sopravvivere e magari fare carriera ed essere rispettati.
Conseguentemente invito tutti dall'onorevole Ministro della Giustizia
all'ultimo uditore voglioso di amministrarla alla maniera di Gaetano
Costa, di non dimenticare che in questa città è stato assassinato dalla
mafia, dai suoi ispiratori, dai suoi suggeritori , dai suoi protettori e
dalla indifferenza, un Uomo giusto che ancora non riposa in pace perché
non ha avuto giustizia anche se è morto per l'affermazione della stessa.
Io oggi, dopo vent'anni, parlo non solo come donna privata, ma come
cittadina delusa e mortificata nelle sue aspettative di giustizia.
Mi rimetto alla loro coscienza a alla loro sensibilità Signori
Magistrati, perché la Giustizia è la più importante delle
amministrazioni dello Stato e, anche se tanti anni sono passati, loro
non dovranno mai dimenticare la solitudine in cui Gaetano Costa fu
lasciato, solo, a contrastare l'impatto con la criminalità di questa
città: e il modo ancor mi offende e offende i miei figli.
******
Mi lega a Rita Bartoli Costa, e ne sono onorata,
una affettuosa amicizia, nata per caso in una giornata torrida, sotto
l'ombra di un pino , in riva al mare. Si parlava di Palermo, della
faticosa transizione verso nuovi valori..
Un'amicizia .preziosa, alimentata da una grande franchezza reciproca..
A Lei ho chiesto un contributo, per fissare i punti fondamentali di
orientamento , dentro la storia complessa della città.
Eccolo:
"Questa bella e martoriata città, un tempo felicissima, è stata per un
lungo periodo afflitta da violente prevaricazioni e traffici sporchi di
ogni sorta, quando, dalla fine degli anni settanta agli anni novanta,
sono stati fatti assassinare dalla mafia i vertici delle istituzioni.
È avvenuto, come è palese, in Sicilia , a Palermo in particolare, quello
che non è avvenuto in nessuna altra città del mondo occidentale, per
cui, per noi che fummo sconvolti e traumatizzati da tali avvenimenti - e
tenuto conto che la mafia per le sue origini e per la data del suo
divenire aveva ormai determinato una cultura di disvalori o una
subcultura - non rimase altro modo se non attaccare questa subcultura,
creando nel quotidiano una cultura dei valori, la cultura prioritaria
del rispetto della vita.
Siamo andati avanti per anni con tanta volontà, con tanti sforzi,
creando giorno dopo giorno la cultura dell'antimafia, la cultura dei
valori, la cultura del rispetto della vita.
Lavorando con convinzione e con amore, perché il nostro obiettivo
principale sono i giovani, siamo riusciti a far vivere questa cultura
dell'antimafia così da riuscire a determinare una vera opposizione alla
mafia - che potrà diventare un baluardo contro quella subcultura - e che
domani, quando sarà patrimonio inalienabile delle giovani generazioni,
rappresenterà un baluardo contro la cultura del disvalore.
Oggi la situazione è mutata, è migliorata - direi - anche se il cammino
da percorrere rimane lungo e, purtroppo, ancora impervio.
Essere isola, come la Sicilia, isolata dal corpo del Paese da uno dei
mari , pure più belli, significa vivere con mortificazione la propria
perifericità.
Ma anche il resto del Paese ha i suoi problemi e anche grossi, come è
stato quello di "tangentopoli" che ha, per forza di cose, portato
l'Italia intera a parlare dei doveri di una società democratica,
costringendola così a parlare e a spiegare i presupposti di una civile
convivenza.
E allora, se anche il resto del Paese ha i suoi problemi - e per capire
quanti e quali basta scorrere le cronache quotidiane che ci dicono che
non è solo il problema della cultura antimafia che si deve affrontare -
è anche necessario far conoscere e far capire a tutti le regole della
convivenza civile : significa , cioè, far conoscere a ognuno doveri e
diritti, quelli che sono enunciati e compresi nelle leggi dello stato,
perché nessun cittadino - probo o reprobo che sia - può vivere fuori del
perimetro delle leggi, dei codici che regolano i comportamenti di vita
di ogni società , che "civile" voglia essere considerata.
Queste cose voglio dire per spiegare come anche in Sicilia alla cultura
dei valori, oggi patrimonio della parte sana della società, si è passati
ad insistere sul concetto di "legalità", più ampio e onnicomprensivo,
perché in tal modo si riuscirà, nel quotidiano, ad educare tutta la
nostra società... anche quella parte distratta e meno disponibile.
Palermo, 16/12/1998
Una storia vera a Palermo
di Rita Bartoli Costa |