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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Luoghi comuni sul mobbing

Attenzione alle fandonie!

 

Quello che alcuni chiamano mobbing è solo uno strumento della dirigenza.
Il proposito del mobbing è quello di camuffare e nascondere l’inadeguatezza e l’incompetenza professionale. La dirigenza che adopera il mobbing esprime una libera scelta. Un dirigente che non vuole essere accusato di mobbing può scegliere di non adottare quel comportamento o smettere di adoperarlo. Non potrebbe essere più semplice.

Il mobbing non esiste, esiste solo la capacità di essere assertivi.
Chi esercita il mobbing è incapace di distinguere tra l’essere assertivo e l’essere aggressivo. Dietro l’esser assertivo c’è integrità e rispetto per gli altri e gli altrui valori. Chi è assertivo fa una richiesta educata ed incondizionale, e non riserva rancore per chi risponde di no. Chi pratica mobbing è aggressivo, esigente, non rispetta i valori ed i diritti altrui, compreso quello di rispondere “no” alle richieste.

Essere vittima.
Sarebbe meglio usare il termine bersaglio. Sottolinea la scelta aggressiva e disfunzionale di chi pratica il mobbing, piuttosto che la sfortuna di chi lo subisce.

Il bersaglio contribuisce al mobbing.
La pensate così? Immaginate l’apprezzamento di tutti coloro che abusano, molestano, violentano e aggrediscono - in tutte le forme e contesti -. Siete parte dell’esercito di quanti li giustificano ed appoggiano, mitigandone l’operato con questo genere di argomentazione. Un grazie di cuore da tutti i sopraffattori.
Tra le ragioni più comuni, per cui chi pratica il mobbing sceglie i suoi bersagli ci sono: presenza (essere nel posto sbagliato al momento sbagliato), competenza, popolarità, vulnerabilità, maturità emotiva ed integrità di valori.
I bersagli rappresentano quello che, chi pratica il mobbing non riesce – e forse non riuscirà mai - ad essere.

Il bersaglio è debole, inadeguato, instabile
E’ chi pratica il mobbing ad essere debole ed inadeguato.
Chi è bersaglio del mobbing ha, spesso, alti valori morali, una spiccata integrità, una tendenza a risolvere i conflitti tramite il dialogo, come anche una certa vulnerabilità (ad es. un qualsiasi motivo per cui non può cambiare lavoro o sede di lavoro…). Per quello che riguarda l’instabilità, è stato notato che i bersagli del mobbing sono individui destabilizzati ed iper-vigili, sarebbe, però, erroneo indurre che questi siano tratti pre-esistenti del loro carattere.
Il bersaglio è un individuo che vive un periodo di grande stress a causa di ciò che gli sta accadendo: è facile che, per questo, sia instabile...

I bersagli sono individui solitari, isolati.
Ciò è vero nella dimensione in cui chi pratica il mobbing fa di tutto per isolare il suo bersaglio.

E’ solo incompatibilità di carattere.
L’incompatibilità di carattere ha senso tra persone di pari status o grado o potere. Il mobbing consiste nella quotidiana, persistente e triviale sequenza di azioni finalizzate ad escludere, ad isolare, a discreditare l’individuo bersaglio.
Parlare di incompatibilità di carattere diffonde ingiustamente l’aura di responsabilità anche sulla vittima.

Non ci si può ammalare per effetto del mobbing.
Chi sostiene una simile sciocchezza dimostra una grande insensibilità. Heinz Leymann indicò, già negli anni ‘80, il chiaro legame tra mobbing e PTSD (PostTraumaticStressDisorder) - Disordine da Stress Post Traumatico -. L’autorevole European Journal of Work and Organizational Psychology (EJWOP), 5(2) del 1996, dedicò l’intero numero al mobbing ed i suoi effetti, incluso il PTSD.


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