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Il
dirigente scolastico tra rimpianti e possibilità
di Stefano Stefanel Il D.L. n° 98 del 6 luglio 2011 interviene sul dimensionamento scolastico in maniera strutturale, mettendo in atto alcuni meccanismi piuttosto “brutali” ed estemporanei sia per tempi che per contenuti: a) non ci sono più Circoli didattici e Scuole medie; b) gli Istituti comprensivi devono avere almeno 1.000 alunni; c) le zone montane devono costituire istituti di almeno 500 alunni; d) sotto i 500 alunni non c’è autonomia e quindi neppure dirigente; e) tutte le scuole sottodimensionate in attesa del nuovo dimensionamento non potranno avvalersi di un docente con esonero o semiesonero.
Il coro delle
riprovazioni è stato unanime (Andis, Dirscuola, Cgil, Cisl, Uil, Snals,
Enti locali, ecc.), ma non tale da far breccia nell’opinione pubblica
distratta da altri problemi. Alcuni motivi di perplessità che
l’iniziativa ministeriale ha determinato sono stati esplicitati in
maniera chiara: questi provvedimenti producono molto scompiglio, molti
disservizi e pochi risparmi). La mia posizione è chiara e documentabile
(Dirigenza
e dimensionamento scolastico, su “Amministrare la scuola”,
n° 11
ottobre 2010) e riassumibile in questa citazione:
“Il
passaggio da
Non ho mai
fatto il Preside o il Direttore didattico in vita mia. Ho prima fatto il
Dirigente scolastico incaricato (2001/2007), poi, in seguito
all’ordinario del 2004, il Dirigente scolastico (2007/2011) e, infine,
anche il Dirigente scolastico reggente (2008/2011). Se analizzo la mia
professione da un punto di vista generale vedo le sue connotazioni
dirigenziali e vedo l’impossibilità di agire in profondità con numeri
troppo bassi (alunni, docenti, personale ata, soldi, ecc.). Il dato di
fatto, che va al di là della mia percezione, è che l’istituto della
reggenza abbia ampiamente dimostrato che c’è un sottodimensionamento
degli Istituti autonomi, visto che nessuno di noi reggenti ha dato segni
di particolare squilibrio, ha ceduto fisicamente o ha demolito le scuole
che gli sono state affidate. La dimensione ampia è plurima e plurale e
dunque come tale potenzialmente migliorativa. Le microstrutture in
carenza di risorse sono destinate ad arrancare su numeri che non le
mettono al riparo dalla crisi strutturale (pochi alunni, molti
spezzonisti, risorse limitate, personale ata ridotto all’osso).
Ho più
volte scritto anche che non vedo nulla di male nell’eliminazione della
figura del Dirigente scolastico e nel ritorno al Preside e al Direttore
didattico: prima della pensione potrei imparare un mestiere nuovo. Ma
non si può chiedere a me di ritornare ad un passato che non neppure il
mio. La dimensione dell’autonomia implica meccanismi di decentramento
assoluto (vedi Paesi nordici o Gran Bretagna), assunzioni di
responsabilità locali, meccanismi di gestione economica privatistica. Se
non si vuole questo modello lo si cambi, se lo si vuole mantenere lo si
metta in condizione di lavorare. Certamente eliminare la figura del
collaboratore del dirigente scolastico con esonero anche in caso di
reggenza non è una scelta molto lungimirante, ma non lo è neppure
difendere scuole con pochi alunni in grandi centri.
Parliamo
allora anche di questa
leadership educativa.
Ma lo facciamo per dire che viene esercitata non da chi ha pochi alunni,
pochi docenti, poche classi, pochi soldi, pochi mezzi ma solo da chi è
in grado di esercitarla. Il sistema scolastico italiano presuppone
modifiche strutturali e solo l’azione su queste può portare a reali
miglioramenti. Invece ci si avvita nel tentativo di mantenere i numeri
bassi con la scusa che sono l’unico modo per permettere al dirigente
scolastico di occuparsi anche di didattica. E’ davvero così? Davvero i
dirigenti scolastici che dirigono 350 alunni sono leader educativi?
Davvero nelle scuole sottodimensionate si annidano i Jerome Bruner della
funzione dirigenziale? Io penso di no e penso che una leadesrship non si
possa determinare per decreto, ma soltanto se esiste un’idea di scuola,
un progetto didattico ed educativo. Non avrei problemi a fare il
Direttore didattico o il Preside e magari anche a tornare ad insegnare,
basta che prima si modifichi l’attuale sistema. Se devo fare il
dirigente lo faccio, se devo farlo anche in ambito scolastico credo di
sapere cosa vuol dire e credo anche di sapere che l’apprendimento degli
alunni è l’obiettivo fondante di tutto il mio lavoro. Non sono certo
leader di alcunché, ma non lo sarei neppure se mi mandassero un Circolo
didattico con 150 alunni.
La scuola
italiana ha bisogno di realismo e ce n’è poco in giro. Ma ha bisogno
anche di chiarezza: autonomia e dirigenza richiedono un’azione sul
sistema, non percorsi di condivisione. Questo Governo non ha alcuna
visione accettabile sulla scuola e sul suo futuro. Rimango però in
attesa del modello alternativo per sposarlo con convinzione, ma non
vorrei che fosse quello del passato. Se poi è proprio a quello cui si
pensa allora fate in fretta, per favore, a cambiarmi mestiere.
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