Quegli spot sono ingannevoli
- Credo che la pubblicità politica sia la metafora della
pubblicità commerciale. E noi siamo passati da un rapporto programmi/informazione di
programmi, a un rapporto sogni/realtà, in cui il fatto di vendere un interesse di parte
come interesse generale dell'insieme della società diventa un elemento di realtà, e
tutto cià che poi confligge con questa realtà diventa un elemento di ostacolo.
- I referendum non intervengono sulle reti, ma sulla
proprietà delle reti; chiedono che le tre tv della Fininvest siano di tre proprietari
diversi e non di un solo proprietario.
- Un altro spot diceva: "Con i referendum vogliono
togliere la pubblicità dai film". Anche questo è falso: il referendum chiede solo
che la pubblicità sia inserita all'inizio, nell'intervallo e alla fine del film, come nel
resto d'Europa.
Stefano
Semenzato
coordinatore del Comitato per il referendum sulla legge Mammì.
Noi registi e i pubblicitari
- Meno spot, meno film? È una falsificazione totale. Il
signor Barilla se ha interesse ad avere pubblicità nello spazio di un film, se non potrà
per legge farlo nei momenti della storia, lo farà necessariamente in quei momenti e in
quegli spazi che sono legittimi: tra il primo e il secondo tempo, dove ci sarà un
affollamento e un costo maggiorato.
- Il costo dello spazio pubblicitario nei film in Italia è il
più basso che esista, non solo in Europa, ma nel mondo intero. E non ci sarà una
diminuzione di interesse o di introiti. Qualunque pubblicitario serio sa che è grottesco
pensare che se un cliente ritiene utile fare pubblicità su canale 5 o Rete 4,
rinuncerebbe al suo intervento pagato.
Citto Maselli
presidente Ass. Autori di Cinema
Antitrust sì, ma con regole semplici
- Noi siamo un paese che ha un'ottima Costituzione. Il nostro
paese però ha atteso per realizzare alcuni punti della Costituzione otto, undici,
ventitre, trent'anni. Mi riferisco alla Corte Costituzionale, alle Regioni, alla
regolamentazione sindacale, al diritto allo sciopero. Non è un caso che si debba parlare
di antitrust, che l'America ha dal 1900 e la germania dal 1948. Ce ne accorgiamo adesso
perché c'è un problema dirompente. Bisogna avere il coraggio di ammettere che le regole
vengono reclamate quasi esclusivamente quando si è colpiti e quindi non sono proiezioni
di un'etica.
Enrico Montangero
vicepresidente dell'AssAP
Non demonizzare, ma regolamentare
- Otto mesi fa a giugno, un certo Giorgio Mendella aveva
pubblicizzato su pagine intere del Corriere della sera e della Repubblica, la vendita di
azioni della Compagnia Italiana Sviluppo per comperare una rete Rai o una rete Fininvest
che non erano in vendita. L'Istituto di Autodisciplina lo assolse, l'Antitrust lo
condannò. Quando è arrivata questa sentenza? Dopo cinque mesi, quando già migliaia di
risparmiatori avevano sborsato 500.000 lire e acquistato azioni di questo
"Telesogno".
- La cattiva pubblicità provoca danni enormi. I vari Mendella
negli ultimi dieci anni hanno prodotto dissesti finanziari per 5.000 miliardi, hanno
ridotto sul lastrico qualcosa come 200.000 risparmiatori.
- Per avvicinare i cittadini alle regole, dovrebbe esserci
presso ogni sede televisiva e radiofonica un ufficio aperto al pubblico, per raccogliere
-e nel giro di pochi minuti, attraverso le reti telematiche far arrivare- la protesta del
cittadino agli organi competenti, e questi dovrebbero a loro volta rispondere con
sollecitudine.
Elio Lannutti
presidente dell'ADUSBEF
Quando il mercato non è sano
- Il problema vero con cui ci stiamo misurando è che quella
che viene definita "l'anomalia italiana", cioè il duopolio televisivo e nei
fatti anche quello pubblicitario, non consente la costruzione del mercato sano.
- Di fatto il duopolio favorisce solo un mercato chiuso, non
consente l'entrata di nuovi soggetti, ha già messo in crisi quelli più deboli, offre
agli utenti un prodotto a dir poco scadente e determina sofferenza tra lavoratori del
settore dell'informazione, con tutte le implicazioni che ciò comporta sul terreno
democratico.
Francesca Santoro
responsabile dell'informazione della CGIL
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