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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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I CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI DEL VENETO
NEL RAPPORTO CON LA REGIONE E GLI ALTRI ENTI LOCALI

 

In rappresentanza dei Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali del Veneto, i loro Coordinatori provinciali di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, riuniti il 27 settembre 2002 presso il Distretto di Mestre-Nord, per esaminare:

Le "Linee guida" diffuse dalla Direzione Regionale Istruzione della Giunta Regionale del Veneto – relative al "dimensionamento, nuova offerta per la scuola superiore ed ambiti territoriali";

Lo stato dell’iter di riforma degli organi collegiali territoriali della scuola;

dato che:

superato il D. L.vo n. 233 del 30 giugno 1999 con una nuova delega al Governo (L. n. 137 del 6 luglio 2002) a riordinare gli organi collegiali territoriali entro i diciotto mesi successivi - persistono ancora i Consigli Scolastici Distrettuali – istituiti a suo tempo su proposta della Regione, sentiti gli Enti Locali, con le competenze del D.P.R. n. 416/1974 anche come entità di consulenza e di proposta (art. 12) per la Regione, l’Autorità Scolastica, gli Enti Locali;

preso atto che:

per intanto vige l’art. 12 del D.P.R. 416/74 per cui i Consigli Scolastici Distrettuali sono attori "per tutto ciò che attiene alla istituzione, alla localizzazione e al potenziamento delle istituzioni scolastiche, nonché all’organizzazione e allo sviluppo dei servizi e delle strutture relative, anche al fine di costituire unità scolastiche territorialmente integrate e assicurare, di regola, la presenza nel Distretto di scuole dello Stato di ogni ordine e grado";

richiamato:

il capo 2° del medesimo art. 12 che vuole i Consigli Scolastici Distrettuali coinvolti nei programmi relativi "ai servizi di orientamento scolastico e professionale";

richiamato altresì che:

soppressi i Consorzi per l’Istruzione Tecnica, le funzioni di orientamento scolastico sono state attribuite ai Distretti Scolastici dall’art. 39 del D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977; nonché, da ultimo, la Direttiva M.I.U.R. n. 487/97 impegna a promuovere con il coinvolgimento dei Distretti Scolastici gli osservatori d’area per i servizi territoriali di orientamento e negli interventi di sostegno;

 

quanto sopra premesso, devono, invece, constatare che gli Uffici Regionali hanno omesso non solo di consultare ma anche di informare i Consigli Scolastici Distrettuali sulle citate "Linee guida" che, per altro, li ignora perfino nelle Commissioni d’ambito demandate alle Province e li esclude – a partire dal 2001 – dagli interventi di orientamento finanziati dalla Regione.

 

I coordinatori provinciali dei presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali, pertanto,

 

ritenendo che nemmeno lo stato di transizione vissuta dai Distretti Scolastici, in attesa di riforma, giustifichi l’omissione del ruolo di tali organi che, frattanto, fino alla loro eventuale sostituzione o modifica, esistono per "realizzare la partecipazione democratica …. alla vita e alla gestione della scuola" (art. 9 del D.P.R. 416);

 

uniti alle forze sociali e in particolare ai genitori

 

c h i e d o n o

 

che venga al più presto recuperato e "normalizzato" il rapporto della Regione con i Consigli Scolastici Distrettuali per mezzo di una loro immediata consultazione;

 

s i d i c h i a r a n o

 

altresì pronti ad offrire ogni positiva ed aperta collaborazione relativamente:

ai contenuti delle "Linee guida";

ai progetti finalizzati della Regione;

alla predisposizione della regolamentazione per l’articolazione locale che l’imminente Decreto Governativo di riforma degli Organi Collegiali Territoriali delegherà alla Regione .

 

 

 

In un’analisi più particolareggiata degli argomenti su esposti, ritengono che:

 

relativamente alle "Linee guida", una volta ribadita la legittimità del coinvolgimento, a livello regionale, di una rappresentanza dei Consigli Scolastici Distrettuali, completa della componente sociale e dell’utenza, vada sottolineata l’importanza della scelta per gli ambiti territoriali che, in linea generale, può essere indicata nella coincidenza con le Circoscrizioni per l’impiego, verificandone, tuttavia, caso per caso,

 

l’effettiva fruibilità in termini di interrelazione e corrispondenza di servizi;

 

la compiutezza dell’offerta di istruzione/formazione, in specie delle istituzioni di scuola media superiore, diversificata per indirizzi tra loro non concorrenziali;

 

l’effettiva attivazione, a fronte di dimostrate esigenze ed opportunità in considerazione delle caratteristiche sociali , economiche e culturali del territorio, di indirizzi o istituzioni attualmente non esistenti;

 

il conseguimento dell’obbiettivo di rendere , a regime, coerente la maglia territoriale dei servizi per la formazione professionale e per il lavoro con la complessiva rete scolastica e il dimensionamento, nel medesimo ambito, di ogni altro ente di servizio e/o ogni altra aggregazione di scopo finalizzati alla scuola.

 

relativamente ai progetti finalizzati della Regione, vada sottolineata l’utilità, al di là del predetto richiamo normativo, del coinvolgimento dei Consigli Scolastici Distrettuali, in grado di garantire una più articolata distribuzione territoriale dell’intervento regionale.

 

RELATIVAMENTE ALLA RIFORMA DEGLI ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI, IL COORDINAMENTO DEI CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI DEL VENETO FA PRESENTE QUANTO SEGUE:

 

È da quando (ormai un decennio) i Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali si sono dati un coordinamento nazionale che proprio i responsabili di tali organi ne chiedono la riforma, consapevoli dell’inconsistenza del loro ruolo data l’oggettiva pratica di emarginazione a cui sono stati via via ridotti sia per le scarse disponibilità materiali, sia, ancor più, per una generalizzata diffidenza delle preesistenti istituzioni scolastiche;

 

Operativamente lo stesso Coordinamento dava seguito alle dichiarazioni di principio con proposte al Parlamento di disegni di legge, prima del D.L.vo 112/98, e, dopo le deleghe al Governo, suggerendo contenuti per i promessi decreti; e tutto ciò con documenti unitari non arroccati sul vecchio, bensì aperti ad un riordino che ne attualizzano il ruolo;

 

Le premesse per tale disponibilità erano e restano che alla base del riordino ci sia:

 

un fondato giudizio sul passato in cui il mancato funzionamento dei Distretti Scolastici non venga sbrigativamente addebitato a chi li ha gestiti, ma a difetti originari di impostazione – come il numero sovradimensionato, pletorico, dello stesso Consiglio (composto di 48 elementi); ad un organico d’ufficio irrisorio, di recupero, e mai stabilmente dato; competenze teoricamente enciclopediche ma di fatto scarsamente cogenti, con sistematica sovrapposizione di compiti rispetto a quelli svolti da altre istituzioni ed enti preesistenti con cui, si rendeva impossibile anche la concorrenza, per altro inammissibile, per l’assoluta esiguità dei mezzi finanziari a disposizione; la diffidenza degli addetti al lavoro nel mondo della scuola rispetto all’intervento costruttivo delle famiglie; ecc. ecc.

un coerente ancoraggio a dei principi tra cui l’impostazione fondamentale di far operare Organi Collegiali Territoriali i quali, rappresentando "i dintorni della scuola" ad essa interessati, vadano in aiuto all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, evitandone una solipsistica autoreferenzialità, e favorendone, nello spirito oltre che nella lettera del dettato costituzionale (ad es. la "partecipazione" nell’art. 3 e il "decentramento e autonomia" dell’art. 5), un costruttivo avvicinamento, proprio attraverso un "ente di servizio" , ai destinatari e all’effettiva società civile.

 

Da ultimo, i Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali si sono opposti al D. L.vo n. 233 del 30 giugno 1999 perché:

 

ripeteva per i vari livelli degli Organi Collegiali un impianto (nelle composizioni delle gestioni) parasindacale;

non si collegava, a livello nazionale e nel nuovo organo regionale, con le nuove funzioni delegate alle Regioni;

escludeva, pur nella ripetuta pletoricità delle presenze, i genitori dal livello regionale;

per i Consigli Scolastici locali indicava compiti di mera consulenza (su richiesta) e di proposta senza nessuna cogenza della stessa;

ne rendeva confusa l’attivazione consentendola irrazionalmente a più soggetti nello stesso ambito territoriale.

 

Ora, opportunamente superato il D. L.vo (233/99) con nuova delega al Governo perché lo corregga o lo modifichi, alla vigilia del conclusivo riordino degli Organi Collegiali Territoriali, quale contributo a tale nuovo provvedimento – se c’è spazio per la voce dell’esperienza – si richiama l’attenzione sui seguenti punti:

 

Il riordino sia articolato d’intesa con le Regioni, date le funzioni ad esse trasferite, anche per il servizio scolastico sul territorio.

 

Al livello nazionale e regionale non si escluda l’intervento, all’interno degli Organi Collegiali Territoriali, della rappresentanza regionale.

 

Che non ripeta il vecchio impianto, alla luce dei fatti non più legittimo, assimilabile al D.P.R. 416/74, ma che abbia il senso di un "provvedimento quadro" di impostazione generale (regionale e super regionale) dichiarando: - quali sono (con un dimensionamento corrispondente agli ambiti territoriali funzionali, determinati dalla Regione – non le Province, né gli attuali Distretti);

- per quali finalità di principio;

- con quali livelli essenziali di partecipazione;

ma lasciando alla Regione, d’intesa con gli Enti Locali, ogni altra regolamentazione di attivazione, composizione dei livelli di partecipazione, integrazione di scopo.

 

Che dal significato della partecipazione sia comunque escluso ogni ruolo parasindacale e che, quindi, non si ripeta, ad esempio, nella gestione una prevalente presenza di "rappresentanti di ogni categoria di operatori scolastici", ma vi siano "rappresentanti delle istituzioni scolastiche" ; non "singoli genitori" ma " rappresentanti delle organizzazioni dei genitori "; non delegati di ogni sindacato e categoria economica, ma una "rappresentanza indicata dalle Camere di Commercio " dove categorie e sindacati sono unitariamente presenti nelle Giunte Camerali; non rappresentanti politicamente ripartiti dei Consigli Provinciali, ma " delegati delle Presidenze"; non la presenza di qualche Sindaco, ma il determinante ruolo esterno di coordinamento programmatico e di controllo di tutti i sindaci di un ambito territoriale, partecipanti a conferenze di servizio. Così si può realizzare un organo di gestione snello e qualitativamente partecipato, non indistintamente assembleare, ma efficacemente operativo.

 

Che il dimensionamento subregionale coincida con gli ambiti territoriali funzionali al servizio scolastico, come, ai fini di un utile raccordo e correlazione operativa, ogni altra entità di servizio o aggregazione di scopo (Centri territoriali di servizio, di formazione, di integrazione, ecc.) dove si realizzi, in capo agli enti locali, un razionale coordinamento con le già citate conferenze di servizio.

 

Che tra le finalità generali, oltre ai compiti di consulenza e proposta (con obbligo di riscontro da parte dei destinatari: Autorità scolastica, Regione, Provincia, Enti Locali), sia riconosciuto per l’organo territoriale locale un ruolo di osservatorio d’area, di sede delle conferenze di servizio, di attivazione di progetti di educazione complementare extracurricolari concordati, di possibile supporto operativo alle competenze per la scuola demandate agli Enti Locali. A quest’ultimo proposito non è inutile ricordare che, specie nei Comuni medi e piccoli, per lo svolgimento delle nuove competenze per la scuola possono esservi carenze strutturali e che, dopo i nuovi dimensionamenti, in tali comunità quasi nessuna istituzione scolastica ha più dimensione comunale. Dunque una sede per "l’esercizio associato delle funzioni" (sollecitato dal D.L.vo 112/98) diventa operativamente utile; specie se le Regioni attivano l’altra indicazione del medesimo D.L.vo secondo cui esse devono individuare livelli ottimali per l’esercizio di tali funzioni, prevedendo con legge regionale appositi strumenti di incentivazione per favorire tale esercizio associato.

 

Che, dunque, per il tramite delle conferenze di servizio si superi di fatto la stratificazione delle medesime competenze che norme e circolari hanno distribuite a più soggetti, con la formulazione di un annuale progetto educativo d’ambito, dove vengano distribuite ai partner iniziative non concorrenziali, evitando dispersione di risorse.

 

Che, in fine, la conseguente regolamentazione regionale consideri il nuovo Organo Territoriale d’ambito, quale terminale, per sé, per la Provincia e per gli Enti Locali: di monitoraggio, di verifica e di proposta per la programmazione integrata tra istruzione e formazione professionale, per l’attivazione di progetti finalizzati; sembra altresì opportuno valutare se l’Organo Territoriale locale possa essere terminale del servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico, in condizioni di autonomia e indipendenza dall’amministrazione.

 

6. Occorre in conclusione che i provvedimenti del Governo e delle Regioni risolvano il problema delle dotazioni: di organico e finanziarie. Anche in modo flessibile: ad integrare una dotazione normale di funzionamento con interventi collegati a progetti approvati.

 


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