I CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI
DEL VENETO
NEL RAPPORTO CON LA REGIONE E GLI ALTRI ENTI LOCALI
In rappresentanza dei Presidenti dei Consigli
Scolastici Distrettuali del Veneto, i loro Coordinatori provinciali di
Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, riuniti
il 27 settembre 2002 presso il Distretto di Mestre-Nord, per
esaminare:
Le "Linee guida" diffuse dalla
Direzione Regionale Istruzione della Giunta Regionale del Veneto –
relative al "dimensionamento, nuova offerta per la scuola
superiore ed ambiti territoriali";
Lo stato dell’iter di riforma degli organi
collegiali territoriali della scuola;
dato che:
superato il D.
L.vo n. 233 del 30 giugno 1999 con una nuova delega al Governo (L.
n. 137 del 6 luglio 2002) a riordinare gli organi collegiali
territoriali entro i diciotto mesi successivi - persistono ancora
i Consigli Scolastici Distrettuali – istituiti a suo tempo su
proposta della Regione, sentiti gli Enti Locali, con le competenze
del D.P.R. n. 416/1974
anche come entità di consulenza e di proposta (art. 12) per la
Regione, l’Autorità Scolastica, gli Enti Locali;
preso atto che:
per intanto vige l’art.
12 del D.P.R. 416/74 per cui i Consigli Scolastici Distrettuali
sono attori "per tutto ciò che attiene alla istituzione, alla
localizzazione e al potenziamento delle istituzioni scolastiche,
nonché all’organizzazione e allo sviluppo dei servizi e delle
strutture relative, anche al fine di costituire unità scolastiche
territorialmente integrate e assicurare, di regola, la presenza nel
Distretto di scuole dello Stato di ogni ordine e grado";
richiamato:
il capo 2° del medesimo art. 12 che vuole i
Consigli Scolastici Distrettuali coinvolti nei programmi relativi
"ai servizi di orientamento scolastico e professionale";
richiamato altresì che:
soppressi i Consorzi per l’Istruzione Tecnica, le
funzioni di orientamento scolastico sono state attribuite ai Distretti
Scolastici dall’art. 39
del D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977; nonché, da ultimo, la Direttiva
M.I.U.R. n. 487/97 impegna a promuovere con il coinvolgimento dei
Distretti Scolastici gli osservatori d’area per i servizi
territoriali di orientamento e negli interventi di sostegno;
quanto sopra premesso, devono, invece, constatare che
gli Uffici Regionali hanno omesso non solo di consultare ma anche di
informare i Consigli Scolastici Distrettuali sulle citate "Linee
guida" che, per altro, li ignora perfino nelle Commissioni d’ambito
demandate alle Province e li esclude – a partire dal 2001 – dagli
interventi di orientamento finanziati dalla Regione.
I coordinatori provinciali dei presidenti dei
Consigli Scolastici Distrettuali, pertanto,
ritenendo che nemmeno lo stato di transizione
vissuta dai Distretti Scolastici, in attesa di riforma, giustifichi
l’omissione del ruolo di tali organi che, frattanto, fino alla
loro eventuale sostituzione o modifica, esistono per "realizzare
la partecipazione democratica …. alla vita e alla gestione della
scuola" (art. 9
del D.P.R. 416);
uniti alle forze sociali e in particolare ai
genitori
c h i e d o n o
che venga al più presto recuperato e
"normalizzato" il rapporto della Regione con i Consigli
Scolastici Distrettuali per mezzo di una loro immediata consultazione;
s i d i c h i a r a n o
altresì pronti ad offrire ogni positiva ed aperta
collaborazione relativamente:
ai contenuti delle "Linee guida";
ai progetti finalizzati della Regione;
alla predisposizione della regolamentazione per l’articolazione
locale che l’imminente Decreto Governativo di riforma degli Organi
Collegiali Territoriali delegherà alla Regione .
In un’analisi più particolareggiata degli
argomenti su esposti, ritengono che:
relativamente alle "Linee guida",
una volta ribadita la legittimità del coinvolgimento, a livello
regionale, di una rappresentanza dei Consigli Scolastici
Distrettuali, completa della componente sociale e dell’utenza, vada
sottolineata l’importanza della scelta per gli ambiti territoriali
che, in linea generale, può essere indicata nella coincidenza
con le Circoscrizioni per l’impiego, verificandone, tuttavia, caso
per caso,
l’effettiva fruibilità in termini di
interrelazione e corrispondenza di servizi;
la compiutezza dell’offerta di
istruzione/formazione, in specie delle istituzioni di scuola media
superiore, diversificata per indirizzi tra loro non
concorrenziali;
l’effettiva attivazione, a fronte di
dimostrate esigenze ed opportunità in considerazione delle
caratteristiche sociali , economiche e culturali del territorio,
di indirizzi o istituzioni attualmente non esistenti;
il conseguimento dell’obbiettivo di rendere ,
a regime, coerente la maglia territoriale dei servizi per la
formazione professionale e per il lavoro con la complessiva rete
scolastica e il dimensionamento, nel medesimo ambito, di ogni
altro ente di servizio e/o ogni altra aggregazione di scopo
finalizzati alla scuola.
relativamente ai progetti finalizzati della
Regione, vada sottolineata l’utilità, al di là del predetto
richiamo normativo, del coinvolgimento dei Consigli Scolastici
Distrettuali, in grado di garantire una più articolata
distribuzione territoriale dell’intervento regionale.
RELATIVAMENTE ALLA RIFORMA DEGLI
ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI, IL COORDINAMENTO DEI CONSIGLI
SCOLASTICI DISTRETTUALI DEL VENETO FA PRESENTE QUANTO SEGUE:
È da quando (ormai un decennio) i Presidenti dei
Consigli Scolastici Distrettuali si sono dati un coordinamento
nazionale che proprio i responsabili di tali organi ne chiedono la
riforma, consapevoli dell’inconsistenza del loro ruolo data l’oggettiva
pratica di emarginazione a cui sono stati via via ridotti sia per le
scarse disponibilità materiali, sia, ancor più, per una
generalizzata diffidenza delle preesistenti istituzioni scolastiche;
Operativamente lo stesso Coordinamento dava
seguito alle dichiarazioni di principio con proposte al Parlamento
di disegni di legge, prima del D.L.vo
112/98, e, dopo le deleghe al Governo, suggerendo contenuti per
i promessi decreti; e tutto ciò con documenti unitari non arroccati
sul vecchio, bensì aperti ad un riordino che ne attualizzano il
ruolo;
Le premesse per tale disponibilità erano e
restano che alla base del riordino ci sia:
un fondato giudizio sul passato in cui il
mancato funzionamento dei Distretti Scolastici non venga
sbrigativamente addebitato a chi li ha gestiti, ma a difetti
originari di impostazione – come il numero
sovradimensionato, pletorico, dello stesso Consiglio (composto
di 48 elementi); ad un organico d’ufficio irrisorio, di
recupero, e mai stabilmente dato; competenze teoricamente
enciclopediche ma di fatto scarsamente cogenti, con
sistematica sovrapposizione di compiti rispetto a quelli
svolti da altre istituzioni ed enti preesistenti con cui, si
rendeva impossibile anche la concorrenza, per altro
inammissibile, per l’assoluta esiguità dei mezzi finanziari
a disposizione; la diffidenza degli addetti al lavoro nel
mondo della scuola rispetto all’intervento costruttivo delle
famiglie; ecc. ecc.
un coerente ancoraggio a dei principi tra
cui l’impostazione fondamentale di far operare Organi
Collegiali Territoriali i quali, rappresentando "i
dintorni della scuola" ad essa interessati, vadano in
aiuto all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche,
evitandone una solipsistica autoreferenzialità, e
favorendone, nello spirito oltre che nella lettera del dettato
costituzionale (ad es. la "partecipazione" nell’art.
3 e il "decentramento e autonomia" dell’art. 5),
un costruttivo avvicinamento, proprio attraverso un "ente
di servizio" , ai destinatari e all’effettiva società
civile.
Da ultimo, i Presidenti dei Consigli Scolastici
Distrettuali si sono opposti al D.
L.vo n. 233 del 30 giugno 1999 perché:
ripeteva per i vari livelli degli Organi
Collegiali un impianto (nelle composizioni delle gestioni)
parasindacale;
non si collegava, a livello nazionale e nel
nuovo organo regionale, con le nuove funzioni delegate alle
Regioni;
escludeva, pur nella ripetuta pletoricità
delle presenze, i genitori dal livello regionale;
per i Consigli Scolastici locali indicava
compiti di mera consulenza (su richiesta) e di proposta senza
nessuna cogenza della stessa;
ne rendeva confusa l’attivazione
consentendola irrazionalmente a più soggetti nello stesso ambito
territoriale.
Ora, opportunamente superato il D. L.vo (233/99)
con nuova delega al Governo perché lo corregga o lo modifichi, alla
vigilia del conclusivo riordino degli Organi Collegiali
Territoriali, quale contributo a tale nuovo provvedimento – se c’è
spazio per la voce dell’esperienza – si richiama l’attenzione
sui seguenti punti:
Il riordino sia articolato d’intesa con le
Regioni, date le funzioni ad esse trasferite, anche per il
servizio scolastico sul territorio.
Al livello nazionale e regionale non si escluda
l’intervento, all’interno degli Organi Collegiali
Territoriali, della rappresentanza regionale.
Che non ripeta il vecchio impianto, alla luce
dei fatti non più legittimo, assimilabile al D.P.R.
416/74, ma che abbia il senso di un "provvedimento
quadro" di impostazione generale (regionale e super
regionale) dichiarando: - quali sono (con un
dimensionamento corrispondente agli ambiti territoriali
funzionali, determinati dalla Regione – non le Province, né gli
attuali Distretti);
- per quali finalità di principio;
- con quali livelli essenziali di
partecipazione;
ma lasciando alla Regione, d’intesa con gli
Enti Locali, ogni altra regolamentazione di attivazione,
composizione dei livelli di partecipazione, integrazione di scopo.
Che dal significato della partecipazione sia
comunque escluso ogni ruolo parasindacale e che, quindi, non si
ripeta, ad esempio, nella gestione una prevalente presenza di
"rappresentanti di ogni categoria di operatori
scolastici", ma vi siano "rappresentanti delle
istituzioni scolastiche" ; non "singoli genitori"
ma " rappresentanti delle organizzazioni dei genitori ";
non delegati di ogni sindacato e categoria economica, ma una "rappresentanza
indicata dalle Camere di Commercio " dove categorie e
sindacati sono unitariamente presenti nelle Giunte Camerali; non
rappresentanti politicamente ripartiti dei Consigli Provinciali, ma
" delegati delle Presidenze"; non la presenza di
qualche Sindaco, ma il determinante ruolo esterno di coordinamento
programmatico e di controllo di tutti i sindaci di un ambito
territoriale, partecipanti a conferenze di servizio. Così si
può realizzare un organo di gestione snello e qualitativamente
partecipato, non indistintamente assembleare, ma efficacemente
operativo.
Che il dimensionamento subregionale coincida con
gli ambiti territoriali funzionali al servizio scolastico,
come, ai fini di un utile raccordo e correlazione operativa, ogni
altra entità di servizio o aggregazione di scopo (Centri
territoriali di servizio, di formazione, di integrazione, ecc.) dove
si realizzi, in capo agli enti locali, un razionale coordinamento
con le già citate conferenze di servizio.
Che tra le finalità generali, oltre ai compiti
di consulenza e proposta (con obbligo di riscontro da parte dei
destinatari: Autorità scolastica, Regione, Provincia, Enti
Locali), sia riconosciuto per l’organo territoriale locale un
ruolo di osservatorio d’area, di sede delle conferenze di
servizio, di attivazione di progetti di educazione complementare
extracurricolari concordati, di possibile supporto operativo alle
competenze per la scuola demandate agli Enti Locali. A quest’ultimo
proposito non è inutile ricordare che, specie nei Comuni medi e
piccoli, per lo svolgimento delle nuove competenze per la scuola
possono esservi carenze strutturali e che, dopo i nuovi
dimensionamenti, in tali comunità quasi nessuna istituzione
scolastica ha più dimensione comunale. Dunque una sede per "l’esercizio
associato delle funzioni" (sollecitato
dal D.L.vo 112/98) diventa operativamente utile; specie se le
Regioni attivano l’altra indicazione del medesimo D.L.vo secondo
cui esse devono individuare livelli ottimali per l’esercizio di
tali funzioni, prevedendo con legge regionale appositi strumenti di
incentivazione per favorire tale esercizio associato.
Che, dunque, per il tramite delle conferenze di
servizio si superi di fatto la stratificazione delle medesime
competenze che norme e circolari hanno distribuite a più soggetti,
con la formulazione di un annuale progetto educativo d’ambito,
dove vengano distribuite ai partner iniziative non concorrenziali,
evitando dispersione di risorse.
Che, in fine, la conseguente regolamentazione
regionale consideri il nuovo Organo Territoriale d’ambito, quale
terminale, per sé, per la Provincia e per gli Enti Locali: di
monitoraggio, di verifica e di proposta per la programmazione
integrata tra istruzione e formazione professionale, per l’attivazione
di progetti finalizzati; sembra altresì opportuno valutare se l’Organo
Territoriale locale possa essere terminale del servizio nazionale di
valutazione del sistema scolastico, in condizioni di autonomia e
indipendenza dall’amministrazione.
6. Occorre in conclusione che i provvedimenti del
Governo e delle Regioni risolvano il problema delle dotazioni: di
organico e finanziarie. Anche in modo flessibile: ad integrare una
dotazione normale di funzionamento con interventi collegati a progetti
approvati.
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