DdL
A.S. 1306, Delega al Governo per
la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale
DdL A.S. 1251,
Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione
DIBATTITO RIFORMA (Senato, aprile - maggio 2002)
DIBATTITO SENATO
17 - 18 settembre 2002
(17.09.02) Il ministro Letizia MORATTI,
nell'illustrare le caratteristiche della sperimentazione scolastica
che il Governo si accinge ad avviare, ricorda che i settori
interessati sono rispettivamente la scuola dell'infanzia e il primo
anno della scuola elementare e che tale sperimentazione si svilupperà
da un lato lungo la direttrice didattica, pedagogica ed organizzativa
e dall'altro sotto il profilo dell'anticipo delle iscrizioni. Da
questo punto di vista, il Governo si propone di assicurarsi l'apporto
di un significativo circuito di scuole, al fine di verificare la
validità dei contenuti del proprio progetto riformatore e
accompagnare nel contempo il delicato processo legislativo ancora in
corso presso le Aule parlamentari. Auspica inoltre che, attraverso la
sperimentazione, possano essere superati i nodi critici segnalati in
particolare dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e
possano emergere i fabbisogni in termini di strutture, personale,
finanziamenti e formazione che si rendono necessari per la
riorganizzazione complessiva del sistema scolastico.
Il Ministro ritiene peraltro che il dibattito parlamentare sul disegno
di legge delega rappresenti un importante quadro di riferimento
culturale e un'utile occasione per acquisire elementi conoscitivi
sulle linee ispiratrici del disegno riformatore. Del resto, il metodo
della condivisione e del coinvolgimento, sia sul piano
politico-parlamentare che su quello dei soggetti protagonisti della
riforma, ha lo scopo di evitare il rischio di un processo di
cambiamento calato dall'alto, che ignori le importanti esperienze già
vissute e compiutamente maturate dalle scuole e dagli insegnanti con
il contributo essenziale anche dei genitori, delle loro associazioni e
degli enti locali interessati.
Ella illustra quindi le proposte emerse sia nel parere del CNPI che in
quella della commissione scuola dell'Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI), soffermandosi in particolare sulle preoccupazioni in
ordine alla ristrettezza dei tempi per l'attuazione della
sperimentazione. In merito, osserva che l'esigenza di non rinviare
l'avvio dell'iniziativa in oggetto si fonda proprio sulla necessità
di verificare in itinere la validità dei diversi aspetti del
processo di riforma. Assicura peraltro che non vi saranno conseguenze
sull'ordinato svolgimento dell'anno scolastico e che la brevità dei
termini non ha condizionato la scelta delle scuole in cui dovrà
essere attuata la sperimentazione. Quanto ai criteri con i quali è
stata operata tale scelta, il Ministro dà conto della rigorosa
procedura che il Governo ha inteso seguire a fronte della richiesta di
adesione alla sperimentazione di circa un migliaio di istituti. In
proposito, ricorda che inizialmente la richiesta era stata avanzata
dai dirigenti scolastici competenti, ma è stata poi confermata nella
gran parte dei casi dagli organi collegiali interessati. Precisa
quindi che i criteri per l'individuazione degli istituti scolastici in
cui avviare la sperimentazione rispondono sostanzialmente a quelli
concordati con l'ANCI.
Il Ministro avverte poi che la sperimentazione potrà partire entro la
seconda decade di settembre, dunque in tempo utile per rispettare la
validità dell'anno scolastico, e fa presente che sono già state
programmate conferenze di servizi con i dirigenti scolastici
responsabili del progetto, che opereranno in stretto rapporto con una
struttura centrale specificatamente preposta alle azioni di
interrelazione con il territorio. Comunica inoltre che verrà
rispettata una delle principali condizioni necessarie per
l'attivazione della sperimentazione, nel senso che essa non comporterà
la riapertura dei termini di iscrizione per i bambini che compiono
l'età richiesta (rispettivamente tre e sei anni entro il 28 febbraio
2003). A tal fine, la scelta è ricaduta su scuole dell'infanzia ed
elementari aventi sede nel medesimo circolo didattico o istituto
comprensivo e, per quanto concerne la scuola dell'infanzia, nello
stesso territorio in cui opera un asilo nido. In ogni caso, l'anticipo
delle iscrizioni nella scuola dell'infanzia è consentito solo
nell'ipotesi che non vi siano in lista d'attesa bambini che compiono i
tre anni entro il 31 dicembre 2002, mentre, per quanto riguarda la
scuola elementare, laddove non vi sia una scuola dell'infanzia nello
stesso circolo, la scelta dei bambini sarà rimessa all'autonoma
valutazione delle scuole e alle compatibilità presenti nel
territorio, da verificare in collaborazione con gli enti locali
interessati, senza comunque incidere sulla determinazione degli
organici del circolo didattico o dell'istituto comprensivo coinvolto.
Un'altra condizione da rispettare per l'avvio della sperimentazione
attiene alla mancanza di classi o sezioni che siano al completo. E'
infatti previsto che l'incremento del numero di iscrizioni per
l'anticipo sarà riassorbito attraverso una distribuzione dei bambini
sui posti disponibili in ciascuna sezione o classe, fermo restando il
tetto massimo di alunni appunto per ciascuna sezione o classe. Per la
scuola dell'infanzia inoltre il numero dei bambini che anticipano
l'iscrizione determinerà per ciascuna sezione la riduzione
proporzionale del numero massimo di iscrizioni consentite,
garantendosi nel contempo una stretta interrelazione con il personale
degli asili nido al fine di soddisfare le esigenze connesse alla
presenza di bambini al di sotto dei tre anni.
Il Ministro fornisce quindi indicazioni sulla diversa organizzazione
didattica, che prevede la figura del cosiddetto insegnante tutor,
che rappresenta uno degli elementi caratterizzanti la sperimentazione
sotto il versante della metodologia e della didattica e che comunque
non altera il principio della pari dignità dei docenti attualmente
impegnati nei moduli. Richiama peraltro il ruolo significativo
assegnato agli organi collegiali delle istituzioni scolastiche non
solo nella elaborazione dei criteri di scelta dell'insegnante tutor,
ma anche dal punto di vista dell'accertamento della presenza di
docenti in grado di impartire l'insegnamento della lingua inglese e
della prima alfabetizzazione informatica. Sotto questo profilo la
sperimentazione non comprime il principio dell'autonomia scolastica,
ma anzi responsabilizza gli istituti nell'elaborazione dei loro
progetti specifici, pur nel rispetto del sistema nazionale di
istruzione.
Ella si sofferma poi sul cosiddetto portfolio delle competenze,
strumento attraverso il quale è possibile rilevare e annotare i
percorsi seguiti e i risultati raggiunti e che non costituisce una
incombenza esclusiva dell'insegnante tutor, quanto invece il
prodotto di una condivisione di tutti coloro che sono coinvolti nel
processo educativo.
Relativamente inoltre alle risorse finanziarie che si rendono
necessarie, il Ministro sottolinea che sono stati previsti specifici
stanziamenti a sostegno del processo di sperimentazione sia nei
provvedimenti attuativi della legge n. 440 del 1997, che nella
direttiva sulla formazione e, dopo aver ricordato che la
sperimentazione non comporta costi rilevanti, fa presente che in ogni
caso sarà possibile fare fronte ad eventuali richieste di maggiore
finanziamento ricorrendo al fondo allocato presso le direzioni
regionali e destinato alle innovazioni e al potenziamento dell'offerta
formativa.
Passando poi alla questione del monitoraggio e della verifica della
sperimentazione, ella precisa che sarà sostenuta dagli osservatori
nazionale e regionali, che si avvarranno soprattutto di docenti della
scuola militante e di docenti universitari esperti del settore.
Quanto alla formazione e all'aggiornamento del personale docente e
dirigente delle scuole coinvolte nel progetto, il Ministro pone in
evidenza l'impegno dell'Amministrazione sotto questo aspetto e
specifica che sono stati rispettivamente elaborati un piano di
formazione per le 200 scuole impegnate nella sperimentazione e un
piano di formazione aperto alla partecipazione di tutti gli insegnanti
interessati, prevedendosi inoltre l'attivazione – presso l'Istituto
nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa
(INDIRE) – di un ambiente di formazione on line. Quest'ultimo
sarà in primo luogo riferito al quadro di sistema, in cui rientrerà
un percorso formativo della durata dell'intero anno scolastico e che
assicurerà la presenza di un tutor per ogni scuola. Gli altri
aspetti che l'ambiente di formazione on line contemplerà
saranno rappresentati dall'insegnamento della lingua inglese, tramite
l'offerta di un apposito percorso formativo che si concluderà con una
full immersion di due settimane in una università estera, e
dall'aggiornamento sull'informatica, caratterizzato anch'esso da un
percorso di formazione specifico fondato sull'applicazione didattica
delle nuove tecnologie. In ogni caso, tutte le scuole interessate
potranno decidere di aderire a corsi specifici sulla riforma e in base
alle richieste saranno organizzati dal prossimo gennaio corsi di
formazione, per i quali si utilizzeranno i tutor che si sono già
formati sul campo e che comunque riceveranno, entro dicembre, una
formazione specifica per svolgere al meglio questa funzione.
Infine, nella consapevolezza del ruolo fondamentale che spetta ai
genitori per la riuscita della riforma e per l'efficacia del lavoro
dei docenti, saranno previsti percorsi e occasioni di formazione che
li mettano in grado di seguire e collaborare allo sviluppo delle
capacità e alla crescita dei figli. Alle 200 scuole coinvolte nel
processo sperimentale è assegnato inoltre un ruolo specifico per la
documentazione di merito sulla formazione, in modo da costituire un
polo di riferimento ai fini della costruzione di una rete di scuole.
Da ultimo, ella riferisce che il decreto ministeriale attinente la
sperimentazione scolastica, che verrà presumibilmente firmato nella
giornata di domani, ha tratto ispirazione dal dibattito parlamentare,
dall'esperienza dell'Amministrazione in fatto di sperimentazioni
maturata fin dagli anni Settanta, dalle proposte e dalle osservazioni
del CNPI, nonché dal contributo propositivo dell'ANCI. Il Governo si
aspetta infine che dall'iniziativa sperimentale provengano
informazioni e risposte alle domande inevitabilmente connesse al
complesso processo di trasformazione del sistema scolastico.
Si apre il dibattito.
La senatrice SOLIANI esprime soddisfazione per la
partecipazione del Ministro ai lavori della Commissione, che auspica
avvenga più frequentemente d'ora in avanti, al fine di ripristinare
il circuito virtuoso che dovrebbe caratterizzare i rapporti fra
Governo e Parlamento, consentendo così un confronto autentico con i
rappresentanti sia della maggioranza che dell'opposizione. Del resto,
è proprio nella sede parlamentare che agiscono i rappresentanti del
Paese nelle sue diverse componenti.
Ciò premesso, ella rileva che il rappresentante del Governo si è di
fatto limitato a dare lettura di una sorta di nota ministeriale.
Ritiene invece che coloro che svolgono compiti legislativi ed
esecutivi dovrebbero commisurare la propria azione con la realtà
della società che li circonda, per cui una esposizione concernente la
sperimentazione scolastica avrebbe dovuto essere contestualizzata
sotto il profilo politico, culturale e sociale. Viceversa,
l'accentuazione da parte del Ministro di alcuni specifici aspetti
della sperimentazione non ha fatto emergere la complessità della
riforma che il Governo intende perseguire e le difficoltà che essa
sta incontrando.
In particolare, non è chiaro come l'iniziativa sperimentale si
rapporti con la domanda di istruzione e formazione che proviene dal
Paese, da cui dipende la crescita delle nuove generazioni e lo
sviluppo della società tutta. Non sembra infatti che da questo punto
di vista la sperimentazione risponda alle esigenze nazionali.
Denuncia inoltre come l'intervento governativo incida proprio sui due
segmenti di eccellenza del sistema di istruzione italiano – la
scuola dell'infanzia e quella elementare – modificandoli
strutturalmente e culturalmente. La sperimentazione appare allora uno
strumento utile ad attuare il disegno più complessivo del Governo,
che intende affermare un principio economicista e funzionalista anche
nell'ambito del sistema scolastico. Ella si chiede pertanto se la
scuola sia al centro degli interessi del Governo, che non è stato in
grado di formulare una politica complessiva per questo comparto,
limitandosi alla sperimentazione di cui ora si sta dibattendo.
Soprattutto si chiede quale sia l'orientamento del Ministero
dell'economia e delle finanze alla vigilia della predisposizione della
prossima legge finanziaria e in presenza di un costante impoverimento
dell'offerta formativa. Ricorda fra l'altro che in queste stesse ore
è in discussione presso il Senato il provvedimento sulla cosiddetta devolution,
che reca un vulnus all'autonomia dei singoli istituti
scolastici. Per tali ragioni il Ministro non può limitarsi a una
esposizione di profilo amministrativo sulla iniziativa di
sperimentazione, altrimenti le domande politiche più significative
rimangono inevase.
Rileva inoltre che il rappresentante del Governo non ha reso
pienamente il carattere dei pareri espressi dal CNPI e dall'ANCI, che
avevano sconsigliato l'avvio della sperimentazione. Nell'esprimere poi
il proprio compiacimento per la condizione posta per consentire
l'anticipo delle iscrizione nella scuola dell'infanzia relativamente
alla mancanza di bambini in lista di attesa, sottolinea come proprio
la presenza di liste di attesa già per coloro che compiono i tre anni
entro il 31 dicembre 2002 dimostri quali siano le reali urgenze del
sistema scolastico italiano. Anche per l'insegnamento della lingua
inglese sin dalla prima elementare, del resto, sarebbe stato
sufficiente attuare quanto previsto dalla legge n. 30 del 2000,
prevedendo a tal fine un adeguato stanziamento di risorse.
La senatrice chiede quindi quali siano esattamente i compiti di
vigilanza assegnati al sottosegretario Letta nell'ambito della
sperimentazione scolastica ed esprime preoccupazione per
l'impostazione centralistica impartita alla iniziativa in oggetto, che
ha visto il coinvolgimento dei capi degli istituti scolastici
interessati senza seguire la via maestra della partecipazione e del
coinvolgimento degli organi collegiali. In proposito, auspica che la
tradizione culturale della scuola italiana possa sostenere l'urto
impresso dal Governo e difendere il carattere democratico e
partecipativo delle istituzioni scolastiche.
Quanto alle prerogative del Parlamento, ella nutre la sensazione che
sia mancata la necessaria condivisione di intenti persino con gli
esponenti della maggioranza. Il tempo dimostrerà chi avrà esercitato
al meglio il proprio ruolo per la difesa e il rilancio del sistema di
istruzione, ma intanto l'azione del Governo sembra sconfessare quel
richiamo ai concetti di scrupolo e di rigore presente nelle
dichiarazioni del Ministro. La concezione che viceversa il Governo
mostra di avere delle istituzioni è strumentale e finalizzata agli
scopi che esso intende perseguire.
Nel riconoscere che la maggioranza ha sicuramente i numeri per
approvare la riforma, ella osserva che un più corretto percorso
avrebbe dovuto prevedere in primo luogo l'avvio di una sperimentazione
fondata su criteri condivisi e non calata dall'alto e solo in seguito
la predisposizione di un disegno di legge. L'adesione di un certo
numero di istituti scolastici del resto può essere fatta risalire a
motivi diversi e non solamente alla condivisione del progetto. Le
stesse osservazioni del CNPI andavano lette secondo un differente
spessore politico-istituzionale, in una visione più ampia
dell'evoluzione della scuola italiana, che negli ultimi anni è andata
rafforzando determinate caratteristiche di sperimentazione e
partecipazione. Si sarebbe dovuta porre in evidenza la critica del
medesimo CNPI alla concezione del maestro prevalente quale elemento di
rigidità del sistema e ricordare nel contempo che l'insegnante di
riferimento è già presente nella prassi affermatasi grazie
all'autonomia scolastica.
Ritiene infine che il Paese faccia fatica a riconoscersi nell'azione
di un Governo che mira a indebolire e privatizzare il sistema,
estraniandolo dalla sua tradizione culturale. Nel chiedersi poi se il
disegno riformatore governativo rispetti i diritti costituzionali a
tutela dell'individuo e dell'autonomia dell'insegnamento, fa presente
che questa rappresenta solo la prima di un elenco di domande elaborate
dai Gruppi dell'opposizione e che ella si riserva di consegnare al
Ministro.
La senatrice ACCIARINI osserva che l'esposizione del
Ministro rappresenta in gran parte una mera dichiarazione di intenti,
a cui ancora non corrisponde la realtà, e denuncia che il processo di
sperimentazione sta prendendo avvio ad anno scolastico già iniziato.
Sottolinea peraltro che la ricerca da parte del Governo delle adesioni
degli istituti scolastici all'iniziativa sperimentale è stata
effettuata nel mese di agosto, ad istituti chiusi, e che quindi le
richieste di partecipazione sono state formulate dai singoli dirigenti
scolastici senza che gli organi collegiali abbiano potuto esprimersi
in merito.
Ritiene inoltre significativo che il Ministro abbia definito il
dibattito in Parlamento una "utile occasione". Al riguardo,
ricorda infatti che il Parlamento non è un organo consultivo o un
mero luogo di dibattito e confronto, bensì è la sede preposta alla
formazione e all'approvazione delle leggi, che poi tutti dovranno
rispettare, compreso il Ministro. Anche il testo della riforma
scolastica, del resto, dovrà essere licenziato nelle Aule
parlamentari e molto probabilmente sarà, come spesso accade, diverso
dal provvedimento originariamente elaborato dal Governo. Si tratta di
un principio che appare lontano dalla mentalità del Ministro, che
risulta abbia già indetto una gara di appalto per divulgare i
contenuti della riforma e che del resto aveva già diffuso un opuscolo
che illustrava le linee del progetto governativo. In merito a ciò,
ella ritiene che il riconoscimento delle prerogative parlamentari
dovrebbe indurre l'Esecutivo a pubblicizzare e difendere i contenuti
delle proprie riforme solo una volta che esse siano state
effettivamente approvate; così come, sempre con riferimento ai tempi,
prima avrebbe dovuto essere avviata la sperimentazione e in seguito
predisposto il provvedimento di riforma del sistema di istruzione.
Dalla sperimentazione infatti potrebbero derivare indicazioni tali da
richiedere ulteriori modifiche del sistema scolastico, secondo
peraltro una consolidata tradizione italiana che ha sempre
riconosciuto l'importanza delle fasi sperimentali, ma non le ha mai
considerate uno strumento per introdurre aspetti innovativi che non si
è riusciti ad approvare secondo le normali procedure legislative. Del
resto, se il Ministro fosse stato animato da autentica volontà
riformatrice, avrebbe potuto utilizzare lo strumento offerto dalla
legge n. 30 del 2000, introducendo in fase di attuazione i correttivi
che avesse ritenuto necessari.
Ricorda inoltre che sia il CNPI che l'ANCI hanno avanzato pesanti
riserve non sulla sperimentazione in sé, quanto sulle modalità
prescelte dal Governo e, nel richiedere come condizione per le
iscrizioni anticipate che non vi siano negli istituti interessati
liste di attesa, la stessa ANCI ha inteso limitare i danni che il
Governo si accinge ad arrecare al sistema piuttosto che condividerne
il progetto. D'altra parte se la sperimentazione venisse intesa nel
senso più opportuno, allora l'esame parlamentare del disegno di legge
di riforma dovrebbe essere sospeso in attesa delle risultanze
provenienti dal medesimo processo sperimentale. Viceversa, emerge una
preoccupante concezione sia dell'esercizio della funzione legislativa
da parte del Governo in rapporto ai principi costituzionali, sia delle
relazioni fra l'Esecutivo e il Parlamento. In particolare, ella
esprime preoccupazione per il mancato rispetto del principio
costituzionale dell'obbligo scolastico. Nel considerare infatti
corretto che il Governo si proponga di modificare l'ordinamento
legislativo in essere, ritiene al contrario inaudito che un Ministro
si spinga a richiedere la violazione di norme vigenti, quali quelle
poste dalla legge n. 9 del 1999 in materia di obbligo scolastico e
formativo, per le quali peraltro non sono richiesti atti applicativi,
così venendo meno la giustificazione che ha indotto il Governo a
lasciare inattuata la legge n. 30 del 2000.
Si tratta in sostanza di una questione di regole, più che di
contenuti. Ma il sistema maggioritario, che ella dichiara di
condividere, richiede fondamentalmente il rispetto delle regole. Il
cambio della maggioranza politica infatti non può comportare il
mancato rispetto delle leggi vigenti.
Ella stigmatizza inoltre la mancanza di risorse finanziarie a sostegno
della riforma, ricordando come l'articolo 7 del disegno di legge n.
1306 rinvii per questo aspetto alla manovra finanziaria per il 2003 e
come invece il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF)
per lo stesso anno nulla specifichi al riguardo. La carenza di risorse
in particolare graverà sulla realizzazione del cosiddetto
"doppio canale" nella scuola secondaria superiore. In
proposito, le forze dell'Ulivo si sono dichiarate contrarie, ma anche
laddove il progetto governativo dovesse risultare valido, praticabile
e socialmente non discriminante, esso funzionerebbe solo a fronte di
massicci finanziamenti, altrimenti lo stesso anno integrativo del
secondo canale per l'accesso all'università rischia di rimanere sulla
carta o di abbassare pericolosamente il livello culturale degli
studenti che accederanno all'istruzione superiore.
Ella riconosce infine che l'attuale sistema scolastico non risponde
certamente alle richieste culturali e formative del Paese, ma ritiene
che le risposte che l'attuale Governo si appresta a fornire facciano
compiere alla scuola un ulteriore passo indietro.
La senatrice MANIERI prende atto con rammarico della
grande incertezza e della forte tensione con cui ha avvio l'anno
scolastico, a testimonianza dell'incapacità dell'attuale Governo a
mantenere fede agli impegni assunti sulla scuola in campagna
elettorale. Non solo infatti non sono disponibili graduatorie certe
per l'affidamento delle cattedre, sono stati effettuati consistenti
tagli agli organici ed è lievitata la spesa scolastica, ma si
diffonde soprattutto un forte scetticismo ed una profonda sfiducia nei
confronti della riforma scolastica, sì da far venire addirittura meno
la speranza stessa di modernizzare il sistema scolastico del Paese.
L'autonomia scolastica registra inoltre un progressivo svuotamento, a
favore di un regionalismo che eredita tutti i vizi del centralismo
sfociando in una sostanziale disarticolazione del sistema nazionale
d'istruzione.
A fronte di questo scenario preoccupante, è inconcepibile che il
Governo si mostri totalmente chiuso al dialogo ed insofferente ai
tempi fisiologici del dibattito parlamentare. Né esso pare assicurare
alla riforma la necessaria dose di convinzione e sostegno. Un diffuso
scetticismo pervade infatti i diversi schieramenti politici, anche di
maggioranza, e la riforma appare prima di qualunque copertura
finanziaria.
La senatrice Manieri si sofferma quindi sugli errori di metodo e di
merito che a suo giudizio hanno caratterizzato la gestione della
riforma.
Anzitutto, ella ritiene che non fosse necessario sospendere
l'applicazione della legge Berlinguer, che già prevedeva le
innovazioni di cui ora il ministro Moratti si fa vanto (fra cui
l'insegnamento dell'inglese a partire dal ciclo primario, nonché
un'educazione ispirata a principi morali e civici), bensì fosse
sufficiente correggerne eventualmente i punti di maggiore criticità.
Inoltre, la legge Berlinguer rappresentava un delicato punto di
equilibrio sulla questione dell'obbligo scolastico, che il progetto
Moratti disconosce invece in aperta violazione della legge n. 9 del
1999.
Nel criticare infine l'intenzione di garantire un più alto livello
culturale delle nuove generazioni senza prevedere alcun investimento
aggiuntivo, ella conclude riconoscendo che la responsabilità non è
tutta del ministro Moratti, troppo spesso condizionata da altre
componenti del Governo. Non può tuttavia non rilevare come la scuola
stia progressivamente perdendo quella centralità che aveva
faticosamente conquistato negli anni di governo del Centro-sinistra.
Il senatore FAVARO esprime anzitutto apprezzamento
per la presenza del Ministro in Commissione, che ha consentito di
chiarire le caratteristiche della sperimentazione, limitata peraltro
ad un numero ristretto di istituti. Osserva poi che i dubbi espressi
sulla legittimità o costituzionalità della procedura non possono
considerarsi fondati, essendo essa pienamente conforme all'articolo 11
del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999.
Nell'ottica di una riforma, la sperimentazione non è infatti solo
lecita ma addirittura opportuna e utile soprattutto al fine di
mantenere aperto il dibattito fra gli utenti e verificarne i
contenuti.
Egli conferma poi che la riforma è ampiamente condivisa dalla
maggioranza, come testimoniato dall'ordine del giorno presentato in
sede di articolo 2 e volto ad impegnare il Governo ad avviare appunto
il processo di sperimentazione.
Nell'esprimere indi condivisione sui criteri per l'individuazione
delle scuole concordati con l'ANCI, ritiene che l'intervenuta delibera
dei rispettivi organi collegali in favore della sperimentazione
rappresenti sufficiente garanzia del rispetto dell'autonomia
scolastica e che l'intervento del Ministro abbia fugato le perplessità
manifestate in ordine alla consistenza dei finanziamenti.
Conclude manifestando quindi pieno consenso alla sperimentazione,
auspicando nel contempo una sollecita approvazione della riforma nel
suo complesso.
Il senatore VALDITARA registra anzitutto il grosso
successo della sperimentazione, testimoniato dall'adesione di oltre
1000 istituti scolastici, nonché l'ampio consenso trasversale
ottenuto.
Quanto poi alle critiche sollevate dal Centro-Sinistra nei confronti
della scelta del Governo di disapplicare la legge n. 30, osserva che
sarebbe stato contrario al buon senso applicare una legge che il
Parlamento si accinge ad abrogare. Né ritiene fondate le critiche
relative ad una presunta incostituzionalità della sperimentazione,
che giudica addirittura superfluo contestare.
Osserva altresì che i riconoscimenti ora tributati dal
Centro-sinistra alla scuola dell'infanzia e a quella elementare
appaiono in contrasto con lo spirito della legge Berliguer, che si
proponeva di intervenire pesantemente su entrambi i settori.
Le sperimentazioni sono del resto una costante dell'ordinamento
scolastico, a partire dagli anni Settanta, sicché un'elevata
percentuale della popolazione scolastica studia attualmente in regime
di sperimentazione. Né può dirsi che la procedura avviata dal
ministro Moratti non sia pienamente conforme all'ordinamento vigente,
atteso che essa si colloca nell'alveo dell'articolo 11 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 275 del 1999.
Analogamente, egli registra che il CNPI non si espresso in senso così
negativo alla sperimentazione come si era in un primo tempo voluto far
credere.
Evidentemente, prosegue, la sperimentazione non può certo intendersi
sostitutiva della riforma. Essa deve dunque avere carattere
assolutamente temporaneo ed in tal senso egli assicura l'impegno del
Gruppo Alleanza Nazionale.
Non condivide invece, neanche a titolo provocatorio, la proposta della
senatrice Acciarini di sospendere l'iter della riforma in
attesa di verificare i risultati della sperimentazione: la riforma si
configura infatti come una delega al Governo e vi sarà dunque tutto
il tempo di fare tesoro della sperimentazione all'atto della
elaborazione dei decreti legislativi delegati.
Si rallegra infine per la conferma che la sperimentazione non inciderà
sugli organici, coinvolgendo solo istituti con disponibilità di
strutture e risorse, che fuga pertanto i dubbi sulla insufficienza dei
fondi a disposizione.
Il senatore BRIGNONE conviene sul rilievo assunto
dalla sperimentazione nel sistema scolastico italiano. Quanto peraltro
alla presunta scarsa rappresentatività dei 200 istituti coinvolti
dalla sperimentazione in questione, osserva che i progetti assistiti
avviati nel 1983-84 interessavano inizialmente appena 6 istituti su
tutto il territorio nazionale, indi passati a 20; solo successivamente
tali progetti dilagarono al punto di essere trasformati in
ordinamento.
Nel ringraziare dunque il Ministro per i chiarimenti resi, esprime
apprezzamento per la scelta in favore del docente tutor, già
prefigurata in passato ma mai sufficientemente valorizzata.
Rileva inoltre che la popolazione scolastica è in tale contrazione
che gli edifici scolastici sono spesso sottoutilizzati e quindi
pienamente idonei ad accogliere un rinforzo di utenza. Il rapporto fra
insegnanti e alunni è del resto al di sotto della media europea e in
molte classi si registrano solo poche unità di alunni.
Né va dimenticato, prosegue il senatore Brignone, che la
sperimentazione che il Ministro si accinge a varare non privilegia
alcuna area geografica del Paese, ponendosi in linea con l'obiettivo
di armonizzare il sistema formativo sul territorio nazionale. Da tempo
si avvertiva ad esempio l'esigenza di un sistema nazionale di
valutazione, ma solo ora esso è concretamente prefigurato con tempi
di attuazione certi.
Nel registrare poi positivamente il coinvolgimento degli IRRE nel
processo di sperimentazione, che vedrà i 200 istituti-campione
divenire i punti di riferimento della riforma, egli osserva infine che
la sperimentazione rappresenta una valorizzazione dell'autonomia, come
testimoniato dal favore espresso da oltre il 70 per cento dei collegi
dei docenti, nonostante la gravosità dell'impegno richiesto.
Il senatore GABURRO annette grande rilievo alla
sperimentazione avanzata dal Ministro, che opportunamente favorisce a
suo giudizio la discussione nel mondo della scuola su problemi di
merito. Per la prima volta, l'attenzione è posta non sulle classi ma
sulle singole persone ed in tal senso è apprezzabile la scelta in
favore del maestro tutor, che si distingue sia dal docente
prevalente che dal maestro unico.
La sperimentazione si pone dunque tre sfide importanti: anzitutto,
provare se il modello di riforma funziona, assicurando una
valorizzazione dell'autonomia che non sfoci in anarchia ed evitando
degenerazioni attraverso la definizione di livelli essenziali di
prestazione; in secondo luogo, porre la scuola al servizio degli
allievi e non dei docenti predisponendo piani di studio
personalizzati, anche in un rapporto di negoziazione diretta con le
famiglie; infine, operare un'inversione del paradigma culturale
attraverso un recupero della professione docente ed un impegno nuovo
in favore dei giovani.
In tal senso il Gruppo Unione democristiana e di Centro si dichiara
pienamente favorevole alla riforma proposta dal Ministro.
Il senatore BETTA ritiene che la riforma scolastica
avrebbe dovuto avere tempi diversi, più articolati e più rispettosi
dei ritmi della scuola. La maggioranza ha infatti tutto il diritto di
riformare l'ordinamento scolastico, se lo ritiene necessario, ma non
quello di porre in essere punti essenziali della riforma prima che
essi siano approvati dal Parlamento. Analogamente, contesta la scelta
del Governo di promuovere l'informazione su un progetto di riforma in
itinere, ancora suscettibile di modifiche.
Egli ringrazia poi il Ministro per la sua presenza in Commissione,
auspicando tuttavia che non si tratti di un evento eccezionale bensì
destinato a ripetersi con costanza.
Quanto al tema centrale delle risorse, egli prende atto che di fronte
ad una situazione economica difficile le priorità del Governo siano
altre. Occorre tuttavia chiarire se il Governo nel suo complesso sia
disposto, anche nell'attuale congiuntura, ad assicurare i fondi
necessari alla riforma scolastica.
Egli si sofferma infine sul decreto-legge n. 194 dello scorso 6
settembre, recante misure urgenti per il controllo, la trasparenza e
il contenimento della spesa pubblica, auspicando che non si tratti di
un ulteriore tentativo per rastrellare maggiori risorse e che comunque
esso non interferisca con il percorso della riforma scolastica.
Il senatore BOCO ritiene che il Parlamento avesse il
diritto-dovere di discutere del progetto di sperimentazione in tempi
più congrui rispetto alla rilevanza dell'argomento, certamente non a
ridosso delle ferie estive e non in concomitanza con l'esame dei
disegni di legge di riforma. Si associa pertanto alla proposta della
senatrice Acciarini di sospendere quanto meno l'iter dei
relativi disegni di legge in attesa di verificare i risultati della
sperimentazione.
Egli ritiene peraltro che la riforma non nasca da esigenze
insopprimibili del Paese e non rappresenti un adeguamento della società
politica ad una società civile in più veloce mutamento. Al
contrario, essa rappresenta a suo giudizio il tentativo di comprimere
la realtà in un disegno ideologico ed astratto, peraltro non
omogeneo.
Osserva poi che il Governo non sembra mantenere l'impegno assunto di
assicurare almeno 19.000 miliardi delle vecchie lire alla riforma, né
di garantire le priorità proclamate in campagna elettorale in favore
della scuola (fra cui, ricorda, figuravano l'insegnamento della lingua
inglese e dell'informatica). Dall'insediamento del nuovo Governo ad
oggi si sono infatti solo registrati tagli con riferimento sia al
progetto Lingue 2000, che agli organici, all'edilizia scolastica,
all'integrazione, all'autonomia. Né, a fronte di tali tagli, alcun
capitolo di bilancio relativo all'istruzione appare aumentato.
Addirittura, il Governo ha ritenuto di procedere ad una revisione
dell'esame di maturità in termini prettamente economici, nell'ambito
dell'ultima legge finanziaria. Analogamente, nuovi tagli al bilancio
del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono
stati disposti per finanziare le associazioni sportive
dilettantistiche. In questo modo, il Ministero si avvia a diventare di
"serie B", terreno di caccia per predatori di risorse.
Non vi sono dunque a suo avviso le premesse politiche ed economiche
per una riforma. Anzi, rischia di risultare dannoso, se non
fuorviante, avviare una riforma in assenza di un quadro di riferimento
definito e certo.
Il senatore Boco ricorda poi che, a differenza dei suoi predecessori,
il ministro Moratti non proviene dal mondo della scuola nè da quello
universitario. Si sarebbe pertanto atteso che ella non prendesse
decisioni affrettate, come invece è avvenuto con la disapplicazione
della legge Berlinguer, la riforma degli esami di maturità
nell'ambito di una legge finanziaria e la presentazione di un testo di
riforma scolastica approssimativo e disorganico.
Egli riferisce indi che 73 membri del CNPI su 74 si sono espressi in
senso contrario alla sperimentazione e che, pressocchè nessuna
organizzazione di settore si è manifestata concorde. Rammenta altresì
che, all'esito degli Stati generali sulla scuola, il Ministro aveva
promesso di procedere ad una riforma partecipata e condivisa, ma il
successivo iter sembra disattendere tale impegno.
Rileva inoltre che la scelta di anticipare l'età scolastica sembra
corrispondere, più che ad esigenze di carattere pedagogico, alla
necessità di assicurare il conseguimento del diploma al diciottesimo
anno di età, in linea con i paesi europei. Ciò, a seguito del
fallimento dell'originaria proposta – peraltro a suo avviso
altrettanto scellerata - di ridurre a quattro anni la durata del
percorso liceale.
Lamenta altresì la scomparsa della quota dei piani di studio
riservata all'autonomia scolastica, a suo giudizio inopportunamente
trasformata in quota regionale per corrispondere alle pressioni di una
componente di Governo.
A differenza del disegno di legge n. 1251, dei senatori Cortiana ed
altri, volto a costruire cittadini del mondo, il progetto di riforma
governativo appare inoltre ispirato ad una cultura produttivistica,
gravemente subalterna alle esigenze delle imprese. Tale subalternità
finisce peraltro per ritorcesi contro l'interesse stesso delle
imprese, atteso che un obbligo di istruzione più elevato consente la
formazione di lavoratori più flessibili e quindi più utili anche
alle esigenze delle imprese. La canalizzazione precoce determina
invece un impoverimento della formazione di base dei lavoratori, in
contrasto con la crescente esigenza di flessibilità del mondo del
lavoro. Né appare realistica la possibilità di effettivo passaggio
fra sistema liceale e quello di istruzione e formazione professionale,
stante la diversità dei percorsi culturali.
Annuncia pertanto una convinta battaglia contro il progetto di riforma
governativo, auspicando nel contempo che il Ministro voglia assicurare
con costanza la sua presenza in Parlamento ai fini di un dialogo
aperto e costruttivo.
(18.09.02) Interviene quindi in replica il
ministro Letizia MORATTI, la quale osserva come la discussione abbia
messo in evidenza alcuni aspetti che richiedono opportuni chiarimenti.
In primo luogo, ella sottolinea il fatto che nessuna obiezione o
critica sia stata rivolta ai fondamentali valori ispiratori del
progetto governativo, di cui all'articolo 1 del disegno di legge n.
1306, che in parte riprendono principi già affermati in sede di esame
e approvazione della legge n. 30 del 2000. Ciò dimostra che su
determinati criteri di fondo vi è una condivisione delle diverse
parti politiche che va al di là delle differenze di opinione su
singoli aspetti, così costituendo un terreno comune su cui è
possibile sviluppare un confronto sereno e democratico, che abbia il
suo centro nel Parlamento, istituzione per eccellenza rappresentativa
del Paese, come giustamente ricordato dalla senatrice Acciarini. Ella
ritiene peraltro di aver mantenuto, durante l'esame del disegno di
legge delega, un costante atteggiamento di disponibilità e di
apertura, come le è stato del resto riconosciuto nel corso del
dibattito.
Entrando poi nel merito dei rilievi avanzati nell'ambito della
discussione e in relazione specialmente alle riflessioni svolte
attorno alla compatibilità del progetto riformatore con i principi
costituzionali, il Ministro evidenzia che le modifiche apportate al
Titolo V della Costituzione avevano reso inattuabile la citata legge
n. 30 del 2000, mentre il disegno di legge governativo recepisce in
modo completo le innovazioni costituzionali, come riconosciuto anche
dalla Conferenza Stato-regioni, che ha espresso parere positivo sul
provvedimento in esame.
Ella svolge quindi alcune argomentazioni a sostegno della scelta di
introdurre il concetto di diritto all'istruzione e alla formazione per
almeno dodici anni, che rappresenta una forma più evoluta e moderna
del tradizionale obbligo scolastico, in sintonia con lo sviluppo delle
società contemporanee. La positività di tale principio del resto sta
anche nella sua capacità di coinvolgere appieno tutti i soggetti
interessati al mondo della scuola, superando così il limite maggiore
del vecchio concetto di obbligo che, privo di verifiche finali,
comportava come conseguenza la deresponsabilizzazione del sistema nel
suo insieme. In tal senso, il Governo si propone di porre rimedio al
grave fenomeno della dispersione scolastica, che vede tradizionalmente
un elevato numero di giovani abbandonare la scuola senza però seguire
alcun percorso alternativo di formazione.
Il Ministro dà inoltre conto dei protocolli conclusi con le regioni e
fornisce assicurazioni circa l'intendimento del Governo di garantire
la massima interazione fra scuola e formazione professionale,
mantenendo tuttavia al comparto dell'istruzione il compito di
verificare i crediti formativi acquisiti dagli studenti. In proposito,
non ritiene che l'azione governativa costituisca in alcun modo una
violazione della disciplina introdotta dalla legge n. 9 del 1999,
volendosi al contrario affermare un ruolo più incisivo delle regioni.
Del resto, è nella norma di cui all'articolo 11 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 che va individuato lo
strumento per promuovere progetti innovativi a livello regionale e
verificarne gli obiettivi effettivamente conseguiti. La finalità che
ci si propone di conseguire sta dunque nella valorizzazione e nella
qualificazione della formazione professionale, che deve essere
caratterizzata da pari dignità rispetto agli altri percorsi formativi
e risultare in grado di impartire una formazione culturale di base
elevata, rispondente agli standard fissati a livello nazionale.
Ella assicura poi che il Governo non intende cancellare
l'organizzazione collegiale della scuola italiana e che semmai
l'individuazione di un insegnante specifico con compiti di
coordinamento tende a esaltare il ruolo di ciascun docente nell'ambito
dell'offerta formativa. La figura del tutor, infatti,
costituisce un punto di riferimento responsabile ed efficace nei
confronti dei genitori, destinato peraltro a svolgere un fondamentale
compito di orientamento a vantaggio degli alunni. D'altra parte, la
riforma della scuola elementare introdotta all'inizio degli anni
Novanta ha ampiamente dimostrato tutti i suoi limiti, se è vero che
anche analisi condotte a livello internazionale hanno registrato un
significativo calo di rendimento degli allievi, che ha comportato una
classificazione al di sotto della media di questo segmento del sistema
scolastico nazionale in precedenza considerato eccellente.
Quanto alla volontà di introdurre l'insegnamento della lingua inglese
e dei primi elementi di informatica sin dalla prima classe della
scuola elementare, essa non deve essere intesa come una scelta
polemica nei confronti di antecedenti progetti riformatori che già si
muovevano in questa direzione, ma piuttosto come una sorta di
sistematizzazione di quelle prospettive che erano state delineate
negli anni precedenti. Del resto, l'autonomia scolastica deve pure
potersi esercitare attorno a un punto di riferimento unitario, in modo
da evitare l'eccessiva dispersione dei progetti.
In relazione poi all'impegno finanziario che il riordino dei cicli
scolastici comporta, il Ministro replica che i necessari stanziamenti
verranno previsti nelle diverse leggi finanziarie annuali che
accompagneranno il procedere della riforma via via che verranno
emanati i decreti legislativi delegati. Per quanto concerne inoltre le
risorse richieste dalla sperimentazione, ribadisce quanto già
affermato nella seduta di ieri circa la dislocazione di fondi ad
hoc a valere sulla legge n. 440 del 1997 e assicura che non
verranno modificati gli attuali organici. Al riguardo, ritiene che la
vera sfida dal punto di vista delle risorse umane sia rappresentata
dalla valorizzazione del corpo docente e dalla promozione di una più
elevata qualità di tutto il personale della scuola. Ricorda altresì
lo straordinario impegno anche finanziario, richiamato del resto in
alcuni interventi, tradottosi nel piano di formazione elaborato
dall'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la
ricerca educativa (INDIRE) e già avviato lo scorso anno.
Ella rileva poi come alcuni oratori, fra cui il senatore Brignone,
abbiano opportunamente ricordato le precedenti esperienze di
sperimentazione nel sistema scolastico italiano, nessuna delle quali
è stata condotta con il rigore e lo spirito partecipativo volto a
coinvolgere tutti i soggetti interessati che caratterizzano l'attuale.
Fra l'altro, per la prima volta, una sperimentazione nel settore
scolastico verrà sottoposta a un rigoroso meccanismo di verifica
sotto il profilo dell'efficienza e dell'efficacia.
Al senatore Boco, il Ministro replica invece che i pareri resi dal
Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e
dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) non possono
essere intesi, né dal punto di vista formale, né da quello
sostanziale, come negativi, essendosi anzi rivelati utili a migliorare
il testo dell'emanando decreto ministeriale sulla sperimentazione,
come è stato riconosciuto anche dai sindacati più rappresentativi
del mondo della scuola.
Ella assicura infine tutti i membri della Commissione in merito alla
ferma volontà del Governo di assumere qualsiasi decisione concernente
la riforma del sistema di istruzione con il metodo finora seguito,
vale a dire tramite un ampio coinvolgimento di tutti i soggetti
protagonisti del mondo della scuola, al fine di acquisire oggettivi
elementi di conoscenza che contribuiscano positivamente al processo
riformatore e consentano di correggerlo in itinere. Ancora una
volta, lo strumento normativo efficace e coerente per garantire un
corretto sviluppo dell'azione riformatrice è costituito dall'articolo
11 del già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del
1999, come opportunamente ricordato dal senatore Valditara. |