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Vademecum a cura del CODACONS Bari Nel corso del 1990 sono state approvate alcune leggi che debbono essere utilizzate dai cittadini-consumatori-utenti e relativi comitati e dalle associazioni ambientalistiche e consumeriste. Intendiamo riferirci alla L. 7/8/90 n. 241 recante "nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi"; alla L. 8/6/90 n. 142 che ha dettato il nuovo "ordinamento delle autonomie locali"; alla L. 26/4/90 n. 86 recante "modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione" ed alla L. 12/6/90 n. 146 recante "norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati". le citate leggi sono figlie di una medesima filosofia che tende a ridisegnare il rapporto tra la pubblica amministrazione e il cittadino, sottraendo quest'ultimo da una condizione di sudditanza nei confronti del potere pubblico ed aumentandone nel contempo gli strumenti di tutela e di intervento attivo. In questo senso giova sottolineare come tali leggi si configurino alla stregua di "leggi di principi" e come tali principi abbiano in pratica un vastissimo campo di applicazione al punto di coprire tutta l'area in cui l'attività della pubblica amministrazione si svolge nelle forme del procedimento. E' questa capacità espansiva che fa delle normative in questione delle potenti leve da agitare da parte di singoli cittadini e dell'associazionismo consumeristico ed ambientalista per penetrare nei "santuari" della pubblica amministrazione, condizionandone "dall'interno" l'attività e le determinazioni. Il presente opuscolo vuole costituire una sorta di "manuale per l'azione"; pertanto dopo aver brevemente delineato i tratti fondamentali delle nuove discipline, saranno allegati alcuni schemi di istanze da proporre alle amministrazioni e di denunce da inoltrare alla Magistratura. La Legge 7/8/90 n. 241. La legge 7/8/90 n. 241 offre forse per la prima volta al cittadino una serie di strumenti idonei, ove correttamente utilizzati, a porre un argine allo strapotere della burocrazia. Vediamo dunque in che cosa consistono questi strumenti. In primo luogo la legge pone il dovere per l'amministrazione di concludere con il procedimento un provvedimento espresso (art. 2, 1° co.). Ciò significa che l'Amministrazione ha il dovere di concludere la sua attività con un pronunciamento esplicito; che insomma il risultato dell'attività compiuta dalla pubblica amministrazione deve concretarsi in un documento o, se si preferisce, in un "pezzo di carta". Questo documento oltre a recare esplicitamente la scelta compiuta dall'amministrazione, dovrà pure spiegare il perché sia stata compiuta quella scelta e non altra. La legge pone. infatti a carico dell'Amministrazione l'obbligo di motivare i provvedimenti assunti, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione (art. 3, 1° co.). In buona sostanza se il cittadino fa una domanda all'amministrazione, questa ha il dovere non soltanto di rispondere si o no, ma anche quello di spiegare il perché di quel si o di quel no. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi all'infinito. Si pensi all'ipotesi in cui taluno abbia chiesto la concessione ad occupare una piazza per lo svolgimento di una pubblica manifestazione, la pubblica autorità non potrà limitarsi a negare tale concessione, correndole l'obbligo, in base alle norme citate, di indicare nel provvedimento di diniego i motivi di ordine pubblico, di traffico, di tutela del patrimonio artistico e quanti altri a sostegno della scelta compiuta. Si pensi altresì alla richiesta di una autorizzazione commerciale; qualora il Sindaco respinga questa domanda non potrà limitarsi a dire che il cosiddetto "piano del commercio" non consente l'apertura in quella determinata Zona della città di esercizi del tipo cui la richiesta si riferisce, ma dovrà consentire al richiedente di visionare gli atti in base ai quali egli si è pronunciato (art. 2, 3°. co.). In ogni caso l'atto notificato al destinatario deve indicare il termine e l'Autorità cui è possibile ricorrere contro il provvedimento (art. 3, 4° co.). Stabilire il dovere di emettere un provvedimento espresso e motivato sarebbe stata tuttavia ben poca cosa se nel contempo non si fosse disciplinata altresì la posizione degli interessati, vuoi con riferimento alla determinazione del contenuto del provvedimento conclusivo, vuoi con riferimento alla necessità di consentire loro di assumere tutte le informazioni del caso durante lo svolgimento del procedimento. Con riferimento al termine la legge rimette ad ogni singola pubblica amministrazione di determinarlo avuto riguardo ad ogni singola fattispecie di procedimento. Sarà dunque l'amministrazione stessa a stabilire, caso per caso, il termine entro il quale la sua attività dovrà concludersi con il pronunciamento esplicito e motivato che già conosciamo (art. 2, 2° co.). In via generale la legge prescrive tuttavia che, in mancanza di diversa indicazione, il termine sia di trenta giorni (art. 2, 3° co.). Vedremo più avanti quali conseguenze pratiche potrà avere il vano decorso di detto termine. Quanto alla posizione degli interessati nel procedimento, l'art. 7 della legge stabilisce che l'amministrazione debba comunicare l'avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre i suoi effetti, a coloro che per legge debbano partecipare al procedimento e, ove siano facilmente individuabili, a coloro che dal provvedimento finale potrebbero subire un pregiudizio. Prescindendo dall'iniziativa dell'amministrazione, è peraltro consentito a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonchè ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati di intervenire nel procedimento (art. 9), di prendere visione degli atti del procedimento stesso, di presentare memorie, scritti difensivi, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare. Grande è lo spazio che questa norma apre all'intervento delle associazioni ambientaliste e di tutela del consumatore, portando al livello di previsione generale, un meccanismo di partecipazione talvolta sporadicamente previsto o strappato con fatica. In base a tale norma l'associazionismo potrà intervenire e far pesare la voce e gli interessi degli utenti e dei consumatori nei procedimenti più diversi: da quelli per la verifica dell'impatto ambientale di impianti industriali a quelli per la determinazione di prezzi e tariffe di servizi pubblici e di utenze ai provvedimenti di disciplina del traffico nei grandi centri urbani, e via via fino alla modifica od integrazione dei prontuari farmaceutici, gli atti della scuola e quant'altro. E' stato insomma introdotto un principio di partecipazione che può arrivare perfino alla contrattazione del contenuto del provvedimento e tale contrattazione può spingersi al punto di escludere del tutto il momento propriamente autoritativo del provvedimento in virtù di accordi sostitutivi (art. 11). Ma mettiamoci ora nei panni del cittadino che abbia presentato una domanda alla pubblica amministrazione e voglia conoscere lo stato della sua pratica. Il più delle volte il nostro cittadino non saprà a chi rivolgersi e finirà per aggirarsi nei pubblici uffici alla disperata ricerca del funzionario responsabile (e possibilmente cortese) cui "estorcere" le informazioni del caso. A questo sconcio tenta di porre rimedio la norma dell'art. 8 della legge. L'amministrazione infatti nella comunicazione di cui si è detto sopra dovrà comunicare altresì l'ufficio e la persona responsabile del procedimento e l'ufficio in cui si può prendere visione degli atti. Ciò significa che il cittadino o l'utente che abbia presentato una istanza ad una pubblica amministrazione dovrà essere reso edotto circa l'ufficio destinato ad esaminare la sua pratica e la persona fisica del funzionario responsabile dello svolgimento della istruttoria e della decisione relativa alla sua domanda. La legge contempla inoltre la possibilità che il cittadino possa accedere ai documenti amministrativi allo scopo di garantire la trasparenza dell'attività amministrativa. Il cittadino deve dunque sapere a chi rivolgersi e presso quale ufficio si trovi la sua pratica anche allo scopo di poter prendere visione ed estrarre copia dei documenti contenuti nel fascicolo della sua pratica o che comunque, siano attinenti ad essa. Sembra pertanto di poter dire che in luogo di una segretezza di cui non sempre appariva chiara la ragione, la nuova legge abbia sancito il principio della pubblicità dell'attività amministrativa. Un altro terreno sul quale sembra possibile marcare un sensibile passo in avanti e costituito dalla cosiddetta "autocertificazione". (chissà quante volte ci sarà capitato di recarci presso lo sportello di una pubblica amministrazione e di vederci respinti agli sportelli della circoscrizione di nostra residenza per via della necessità di rendere una cosiddetta dichiarazione sostitutiva di atto notorio). Il fatto è che da nessuna parte, e meno che nella legge istitutiva del meccanismo della autocertificazione (L. 15/68), sta scritto che quelle dichiarazioni debbano essere rese esclusivamente dinanzi al funzionario della circoscrizione e, per di più, della circoscrizione ove risediamo. Ed in realtà questo altro non è che uno dei tanti piccoli abusi cui l'ignaro cittadino va soggetto. Sarà bene ribadire in proposito come la L. 15/68 consenta al cittadino di sostituire talune certificazioni con delle dichiarazioni rese dinanzi al funzionario incaricato della ricezione della domanda (art. 2); dinanzi a questo stesso funzionario potranno altresì essere rese le dichiarazioni sostitutive di atto notorio che si riferiscano a fatti, stati e qualità personali che siano a diretta conoscenza dell'interessato (ad es. l'essere nato a.....il.....; l'essere figlio di....,art. 4). L'impiegato incaricato della ricezione, per parte sua, non solo dovrà ricevere tali dichiarazioni, ma dovrà altresì procedere alla legalizzazione della firma del richiedente, (ove questa sia richiesta). Poichè tuttavia sino ad oggi le amministrazioni non si erano evidentemente "attrezzate" affinché presso i rispettivi uffici di protocollo fosse presente un funzionario legittimato ad autenticare firme ed a ricevere dichiarazioni, la L.241/90 è intervenuta, disponendo che le amministrazioni interessate debbano assumere le misure organizzative idonee a garantire l'effettiva applicazione del meccanismo dell'autocertificazione (art. 18). (così, a titolo di esempio, colui il quale debba presentare una domanda di partecipazione ad un concorso pubblico potrà recarsi direttamente allo sportello dell'ufficio competente a ricevere la domanda, ove dovrà trovare un impiegato legittimato a ricevere le suddette dichiarazioni e ad autenticare la firma apposta sulla domanda. Inoltre le singole pubbliche arnministrazioni non potranno richiedere atti e certificazioni concernenti fatti, stati o qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che siano tenute a certificare. Così l'amministrazione comunale non potrà pretendere l'esibizione dei certificati di nascita, residenza, matrimonio,godimento dei diritti politici e quanti altri siano rilasciati dal Sindaco. Un ultimo accenno va fatto alla norma di cui all'art. 12. E' noto come le pubbliche amministrazioni eroghino, per i motivi più diversi (ad esempio: sostegno ad attività economiche, contributi per zone "depresse" o "disastrate", assistenza sociale) somme a titolo di sovvenzione, contributo o sussidio. E' altrettanto noto come tale materia più di altre si presti a consentire l'ingresso tra i canoni di comportamento della pubblica amministrazione di parametri e criteri di scelta non sempre propriamente ispirati ai principi di imparzialità e buon andamento. Proprio per ovviare a tale "inconveniente" ed ancorare, al tempo stesso, tali "elargizioni" a criteri certi, riconoscibili e verificabili, l'articolo 12 della L. 241/90 dispone che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, sia subordinata alla predeterminazione ed alla pubblicazione dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni si atterranno (art. 12, 1° co.). In conformità con la norma che stabilisce il dovere di motivazione dei provvedimenti amministrativi, l'osservanza di tali criteri dovrà poi risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi previsti dal 1° comma. La legge 8/6/90 n. 142 La legge 241/90 offre un quadro di principi generali, come tali valevoli per tutte le pubbliche amministrazioni. In particolare merita tuttavia di essere citata la L. 8/6/90 n. 142 che, ponendo fine alla scandalosa situazione di amministrazioni locali rette da norme risalenti ai primi decenni del nostro secolo, ha dettato una nuova disciplina delle cosiddette autonomie locali (Comuni e Province), da sempre ''in prima linea'' nel rapporto con i cittadini e gli utenti. Alcuni aspetti meritano di essere sottolineati. 1) in primo luogo la legge pone a carico dei comuni di "valorizzare" le libere forme associative e di "promuovere" organismi di partecipazione dei cittadini alla amministrazione locale (art. 6, 1° co.). Questa disposizione, come del resto gran parte di quelle che saranno illustrate, rimette allo Statuto dell'ente la "traduzione" nella realtà degli enunciati in esse espressi. Ciò non vuoI dire che i cittadini debbano attendere l'approvazione dello Statuto per dare vita a forme di partecipazione democratica e collettiva; anzi, potremmo dire che, nella misura in cui forme varie e diversificate di partecipazione si svilupperanno autonomamente, queste potranno costituire il "filo conduttore" dell'attività statutaria di Comuni e Province. Del resto l'esperienza del nostro Paese non è aliena da forme di partecipazione, che, sorte dalla spontanea iniziativa dei cittadini, hanno successivamente trovato una legittimazione, in particolare in seguito alla approvazione di alcune importanti leggi di civiltà ed alla attuazione, nelle grandi Città, delle circoscrizioni. Basti pensare alle assemblee delle donne nei consultori, ai comitati di quartiere, alle consulte costituitesi sui più diversi problemi, da quelli della scuola a quelli della sanità, ecc., ecc.. 2) in secondo luogo, in analogia con quanto previsto dalla L. 241/90, la L. 142/90 prescrive che, qualora l'attività dell'amministrazione incida su situazioni soggettive (diritti e interessi), i titolari di esse debbano partecipare al procedimento (art. 6, 20 co.). Valgono su questo punto le stesse considerazioni già svolte con riferimento alla L. 241/90 in materia di partecipazione al procedimento. Trattandosi tuttavia nella specie di autonomie locali, non può non rilevarsi lo spazio che si apre alle associazioni ecologiste in materia di controllo dell'attività pubblica iii ordine all'assetto del territorio ed alla difesa delle condizioni igienico sanitarie ed ambientali. Per le scelte urbanistiche - programmatorie tuttavia, la facoltà di accesso sembra restare subordinata alle norme della legislazione precedente. Sul punto gli Statuti degli enti locali dovrebbero colmare la deficienza. In proposito deve essere chiaro che assume rilevanza strategica l'impegno a far si che, in sede di approvazione degli Statuti i Comuni e le Province tengano conto dello "spirito della legge", traducendone le norme in concreti strumenti di partecipazione, anzichè in insuperabili barriere burocratiche. 3) in terzo luogo possono essere previste forme di consultazione referendaria della popolazione su materie di esclusiva competenza locale e procedure per la assunzione di istanze, petizioni e proposte dei cittadini (art. 6, 3° co.) La legge fa un esplicito riferimento all'istituto del Difensore Civico (art. 8) Creazione abbastanza recente nella legislazione regionale, la figura del Difensore Civico viene ora prevista da questa legge anche per i Comuni e le Province. La legge rinvia anche in questo caso allo Statuto per la disciplina della elezione, dei mezzi e dei rapporti del Difensore Civico con il Consiglio Comunale e Provinciale. In linea generalissima, la flinzione del Difensore Civico viene identificata nella garanzia dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione. A tal fine il Difensore Civico può anche di propria iniziativa segnalare gli abusi e i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. Appare evidente che, se il Difensore Civic9 può segnalare gli abusi anche di sua iniziativa, a maggior ragione deve ritenersi che possa farlo ove tali abusi o malflinzioni gli siano ~gnalati dai cittadini. In questo senso, potremmo dire che il Difensore Civico si configura come una sorta di Ufficio reclami in funzione di stimolo e controllo democratico. Resta tuttavia inteso che intanto esso potrà svolgere un simile ruolo, in quanto le modalità di accesso al suo ufficio siano scevre da esasperati formalismi. Un discorso a parte merita di essere fatto con riferimento alla cosiddetta azione popolare. Non si tratta di una novità assoluta. L'azione popolare era già prevista dall'art. 225 del Testo Unico della legge Comunale e Provinciale 4/2/1915 n. 148. Tale norma tuttavia figura tra quelle esplicitamente abrogate dalla legge 142/90 e, pertanto, la disciplina dell'azione popolare deve oggi essere attinta in via esclusiva dalla norma contenuta nell'art. 7 della legge 142/90. L'argomento è di quelli che necessitano di un qualche approfondimento teorico, anche perché la "versione" dell'azione popolare prevista dall'art. 7 della legge 142/90 si differenzia alquanto dal modello del 1915. Per ben comprendere la portata di questo istituto, bisogna cominciare col dire che il Comune "è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo" (art. 2, 2° co. L. 142/90). Il comune è dunque ente esponenziale e rappresentativo degli interessi dei cittadini. Questo significa che, per tutelare tali interessi il Comune potrà utilizzare tutti gli strumenti che la legge pone a sua disposizione) ivi compresa la facoltà di promuovere azioni o giudizi dinanzi al Giudice Civile o a quello Amministrativo. Per intenderci, diremo che in sostanza il Comune può "far causa" a coloro che colpiscono o comunque arrecano pregiudizio ad interessi della collettività comunale. Poiché tuttavia potrebbe darsi il caso che il Comune non agisca a tutela degli interessi che rappresenta, la legge consente a ciascun elettore di sostituirsi all'Amministrazione inerte e di farlo in sua vece. Ciò detto bisogna dire che, in qualche misura, la legge 142/90 "toglie con la mano destra ciò che ha dato con la sinistra". L'articolo 225 del Testo Unico n. 148 del 1915 prevedeva la necessità che il cittadino dovesse premunirsi della autorizzazione della Giunta Provinciale Amministrativa (un organo burocratico risalente "all'Italia dei Prefetti" le cui funzioni sono andate in processo di tempo diminuendo in ragione dello sviluppo del decentramento e della democrazia nel nostro Paese). Lo stesso art. 225 prevedeva inoltre che tale organo, prima di concedere l'autorizzazione di cui si è detto, dovesse sentire il Consiglio Comunale. Entrambi questi ostacoli sono stati eliminati dalla nuova normativa; però, al tempo stesso, l'articolo 7 della legge 142/90 ha limitato l'ambito di esperibilità dell'azione popolare, alle sole azioni ed ai soli ricorsi innanzi alle giurisdizioni amministrative. Ancora una volta il discorso abbisogna di farsi un pochino tecnico. L'esclusione della possibilità di esercitare l'azione popolare dinanzi al Giudice Ordinario (possibilità prevista dal più volte citato articolo 225 del Testo Unico 148 del 1915) limita infatti l'esperibilità di tale mezzo ad alcune ipotesi che appare opportuno individuare. 1) In primo luogo, appare evidente che gli interessi di cui il Comune, in quanto ente rappresentativo, è portatore, possono essere lesi da provvedimenti emessi da altra autorità amministrativa (ad es.: la Provincia, la Regione, lo Stato stesso). Ebbene in questa ipotesi e sempreché il Comune non provveda spontaneamente a tutelare in via giudiziaria gli interessi lesi da tali provvedimenti, ogni cittadino potrà farlo in sua vece, sostituendosi al Comune nell'impugnare dinanzi al Giudice amministrativo gli atti in questione. Si pensi, per esempio, all'ipotesi in cui la Regione abbia rilasciato una concessione edilizia in vece del Comune e sostituendosi ad esso. Orbene, ove tale concessione si risolva nel legittimare il beneficiario ad edificare in una zona del territorio comunale, che, in ragione delle previsioni dello strumento urbanistico, non consentirebbe l'edificazione, ogni cittadino potrà in base alla norma dell'art. 7 della L. 142/90, impugnare il provvedimento regionale dinanzi al Tribunale Amministrativo competente. Un altro esempio potrà essere costituito da quei provvedimenti autoritativi che incidono sulle determinazioni dei prezzi o delle tariffe di servizi pubblici diretti a soddisfare un bisogno delle collettività comunali. 2) In secondo luogo, una materia in cui resta aperta la possibilità di esercitare l'azione popolare, è costituita dalla materia delle concessioni. La concessione è uno strumento giuridico di larga applicazione, il cui impiego si ritrova in una serie notevole di ipotesi. A titolo di esempio, diremo che è concessione il "titolo" in base al quale a taluno è conferita la facoltà di installare uno stabilimento balneare sull'arenile; che è in base ad un rapporto di tipo concessorio che vengono esercitate da privati attività aventi natura di servizio pubblico (si pensi ai trasporti). La materia delle concessioni è rimessa dalla legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (L. 6/12/71 n. 1034 art. 7, 2° co.) alla cognizione degli stessi, ad eccezione di talune ipotesi espressamente previste (art. 5, 2° co.). Un esempio potrà chiarire i limiti in cui nella suddetta materia è consentito al cittadino di sostituirsi all'Amministrazione. Qualcuno forse ricorderà la vicenda avvenuta alcuni anni orsono proprio con riferimento alle concessioni rilasciate ad uso di stabilimento balneare. Si discuteva, in sostanza, se i concessionari potessero sulla base della concessione loro rilasciata per un determinato tratto di arenile, impedire l'accesso allo stesso a coloro che non intendessero avvalersi dei servizi erogati dallo stabilimento stesso. Si tratta della famosa questione della "battigia libera", risolta poi con delle ordinanze sindacali. Orbene, verificandosi una ipotesi simile, e trattandosi in sostanza di determinare se, nell'economia del rapporto di concessione rientri o meno la facoltà di impedire l'accesso ai bagnanti (ad un bene, giova ribadire, che non perde in virtù della concessione, la natura di bene pubblico demaniale> che non intendano pagare l'accesso allo stabilimento, ogni cittadino potrebbe, ai sensi dell'art. 7 della legge 142/90, proporre la relativa azione giudiziaria dinanzi al Giudice Amministrativo. Un'ultima notazione; la L. 142/90 sancisce il principio della pubblicità degli atti dei Comuni e delle Province, demandan~do ad apposito regolamento di stabilire le modalità concrete per garantire il diritto di accesso agli atti amministrativi e il diritto alla informazione, consentendo inoltre l'accesso alle strutture e ai servizi, agli enti, alle organizzazioni del volontariato ed alle associazioni (art. 7, 30, 40 e 5° co.). Si deve sottolineare in proposito come l'approvazione "a breve giro di posta" della L. 241/90 abbia più ampliamente disciplinato, in via generale, tanto le forme di partecipazione al procedimento ed alla attività amministrativa quanto le modalità di accesso ai documenti ed agli atti delle pubbliche amministrazioni. La legge 26/4/90 n. 86 La legge 26/4/90 n. 86 ha apportato delle modifiche al Codice Penale in materia di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.In particolare merita di essere segnalata la norma cli cui all'art. 16 della legge che, sostituendo l'art. 328 del Codice Penale, ha introdotto una nuova forma del reato di rifiuto o omissione di atto d'ufficio. Non si può comprendere la reale portata cli questa norma se non la si ricollega a quanto previsto nella L. 241/90. Abbiamo visto come tale legge ponga l'obbligo per l'Amministrazione di concludere il procedimento entro un termine certo. Abbiamo visto altresì come la legge, ad evitare al cittadino defatiganti peregrinazioni negli uffici pubblici, imponga alle amministrazioni di indicare la figura del cosiddetto responsabile del procedimento. Ora, può ben darsi il caso che per un qualche motivo il procedimento non possa concludersi nel tempo stabilito. Resta tuttavia inteso che il cittadino avrà diritto di conoscere il motivo del ritardo, rivolgendosi, per l'appunto, al funzionario che di quel determinato procedimento detiene la responsabilità e che quest'ultimo, per parte sua, dovrà rendere ragione dei motivi che hanno determinato la mancata conclusione del procedimento nel termine. Orbene, il nuovo articolo 328 del Codice Penale punisce con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a due milioni il pubblico ufficiale che, sebbene diffidato, non compia nel termine di trenta giorni l'atto o non risponda per esporre le ragioni del ritardo. Con questo non si vuoI dire che la responsabilità penale sorga in capo al pubblico ufficiale per il semplice fatto del ritardo (che molto spesso dipende dalla farraginosità della macchina burocratica e dalla eccessiva commistione tra politica e amministrazione). Non sembra tuttavia revocabile in dubbio che il nuovo disposto dell'articolo 328 del Codice Penale costituisce uno strumento in più nelle mani delle associazioni dei consumatori e degli utenti per scrollare un po' di polvere dai pubblici archivi, e che la previsione di una responsabilità penale del pubblico ufficiale si affianca a dare più forza alla disciplina dettata con la L. 241/90. Fac simile di diffida diretta ad ottenere il pronunciamento dell'amministrazione
Il sottoscritto (specificare la qualità, cioè se "in proprio" o quale rappresentante legale di persona giuridica, associazione o comitato) premesso che con domanda presentata il chiedeva a che che a tutt'oggi l'amministrazione non si è ancora pronunciata; considerato il decorso del termine previsto (indicare il termine previsto nel caso particolare; ove tale termine non sia stato fissato fare riferimento al termine di trenta giorni previsto dall'articolo 2, 3° co., della L. 7/890 n. 241) DIFFIDA (l'autorità cui la diffida è diretta> a pronunciarsi sulla suddetta domanda entro il termine di giorni trenta dal ricevimento del presente atto con avvertenza che in difetto provvederà alla tutela dei propri diritti ed interessi anche in sede giurisdizionale. La presente diffida viene inoltrata anche agli effetti dell'articolo 328 del Codice Penale così come modificato dall'art. 16 della L. 26/4/90 n. 86 che punisce con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a due milioni il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che entro trenta giorni dalla richiesta non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo. Data F.to
Fac simile di istanza di partecipazione al procedimento Il sottoscritto (specificare la qualità, se "in proprio" o quale rappresentante legale di persona giuridica, associazione o comitato) premesso di essere venuto a conoscenza (ovvero di aver ricevuto comunicazione) della pendenza del procedimento amministrativo avente ad oggetto di avere interesse a partecipare al suddetto procedimento in considerazione (specificare i motivi che legittimano la partecipazione al procedimento) che intende pertanto avvalersi della facoltà di cui all'art. 9 L. 7/8/90 n. 241; SIGNIFICA QUANTO SEGUE (esporre le ragioni che si intendono spiegare nel procedimento nonché il contenuto auspicato del provvedimento conclusivo) A tal fine fa istanza a (autorità procedente) onde partecipare nel suddetto procedimento secondo le modalità e con le forme che l'amministrazione riterrà di fissare ed in particolare intervenire e prendere parte a commissioni o comitati e, comunque, esporre le ragioni a sostegno degli interessi tutelati dal sottoscritto (o dalla associazione). Il sottoscritto chiede altresì di essere reso edotto circa la persona del responsabile del procedimento e l'ufficio in cui è possibile prendere visione degli atti del procedimento stesso. All'uopo eventuali comunicazioni potranno essere inviate (specificare domicilio, sede o eventuale domicilio speciale). Data F.to Si allegano alla presente istanza: (elenco dei documenti che si producono). Con riserva di presentare ulteriori memorie e documenti. Fac simile di istanza per l'esercizio del diritto di accesso
La domanda deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente (art. 25, 2° co. L. 241/90). E tale amministrazione dovrà dunque essere indicata nella intestazione della domanda. ad es.: al Comune di.... alla Regione.... all'azienda.... alla Provincia di.... al Ministero.... Il sottoscritto (specificare la qualità, se in proprio o quale rappresentate legale di società, ente associazione o comitato) PREMESSO CHE l'intestata amministrazione (ente o azienda) detiene i documenti relativi a (specificare a che cosa tali documenti si riferiscono, ad es.: verbali della commissione esaminatrice di un concorso pubblico; verbali della commissione aggiudicatrice di un appalto pubblico; verbale delle adunanze delle commissioni amministratrici di aziende pubbliche); che è interesse dell'istante di poter accedere a tali documenti in considerazione (motivare la richiesta di accesso); FA ISTANZA acciocché la intestata amministrazione (ente o azienda) voglia autorizzarlo ad accedere ai documenti indicati, comunicando a tal fine l'ufficio presso il quale tali documenti sono conservati ed il funzionario responsabile dello stesso, con facoltà di prenderne visione e di estrarne copia. Il sottoscritto avverte che in caso di diniego della richiesta autorizzazione e, comunque, decorsi 30 giorni dalla presentazione della presente istanza senza che l'amministrazione (ente o azienda) si sia pronunciata, si procederà ai sensi dell'art. 25 della L. 241/90, che prevede la possibilità di ricorrere al tribunale amministrativo regionale avverso le determinazioni concernenti il diritto di accesso. Eventuali comunicazioni potranno essere inviate a (specificare il domicilio, la sede sociale o l'eventuale domicilio speciale). Data F.to
Fac simile di denuncia da presentare alla Procura della Repubblica
Alla Procura della Repubblica di Il sottoscritto premesso che in data presentava a.... (specificare l'amministrazione.) domanda. diretta ad ottenere..... (specificare il provvedimento alla cui pronuncia era preordinata la domanda, ad CS.: concessione di suolo pubblico, nulla osta igienico-sanitario, autorizzazione amministrativa, rilascio di un documento o di una certificazione da rilasciarsi previo accertamento della pubblica amministrazione, iscrizioni o trascrizioni in registri, albi o elenchi, atti improcrastinabili per ragioni di ordine pubblico di igiene e di sanità); che nonostante la decorrenza del termine previsto per la conclusione del procedimento (ovvero la necessità di provvedere con urgenza) l'amministrazione non provvedeva; che con atto notificato in data....., il sottoscritto diffidava l'amministrazione a provvedere nel termine di 30 giorni ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 328 del Codice Penale, così come modificato dall'art. 16 della L. 26/4/90 n. 86; che nonostante questo l'amministrazione non ha a tutt'oggi provveduto, ne' il responsabile del procedimento si è peritato di comunicare le ragioni del ritardo TUTTO CIO' PREMESSO con riserva di far valere nella sede opportuna le ragioni di danno che il suddetto comportamento della pubblica amministrazione gli ha determinato, il sottoscritto espone quanto sopra ai fini dell'accertamento delle eventuali responsabilità penali in cui si ritenga possano essere incorsi i funzionari responsabili dello svolgimento del procedimento in questione, della relativa istruttoria e. della decisione conclusiva. Il sottoscritto a norma degli artt. 90 e 408 C.P.P., chiede di essere sentito per fornire elementi di prova e chiede di essere informato dell'eventuale richiesta di archiviazione da parte del P.M. Data F.to
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