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ISOLAMENTO vs COLLABORAZIONE
Ricordate l’anomia di Durkheim? Quel senso di solitudine che deriva dalla mancanza di interazioni di qualità, e che si manifesta nella depersonalizzazione? Che per noi insegnanti si traduce in una scuola subita o consumata, ma non vissuta? La distanza sociale tra il Ministero dell’istruzione, i dirigenti e gli insegnanti diventa fondamentale nel tracciare i tratti dell’anomia in cui operiamo. Quali tra le entità nazionali ed internazionali che danno direttive all’educazione sono davvero accessibili al dialogo? Chi è a capo di queste istituzioni è inaccessibile ed i dirigenti sono spesso così preoccupati ad assicurare una gestione organizzativa complessa - in cui preservare lo status quo sembra la riuscita ottimale - che gli insegnanti rimangono alla base di una piramide di decisioni troppo spesso calate dall’alto e senza consultazione. Formazione degli insegnanti, programmi ministeriali, struttura degli indirizzi… Ma la comunità della scuola è davvero una comunità? Cosa dovrebbe accadere per formare una nostra comunità professionale e rigenerare, all’interno di essa, la nostra identità? Anche il solo il mutuo aiuto mitiga gli effetti dell’isolamento. Il mutuo aiuto non richiede che gli insegnanti condividano valori sull’insegnare e l’apprendere, il che significa che è facile che si verifichi anche in ambienti in cui il sistema di valori è estremamente variegato. Se, però, è l’unica risorsa per combattere l’isolamento, questo livello di collaborazione sociale ed intellettuale appare piuttosto superficiale, ed evidenzia il fatto che la scuola non ha trovato una sua filosofia. Anche il messaggio dato a studenti e genitori ne risente, rimanendo variegato, ed in molti casi contraddittorio. Un livello superiore di collaborazione è caratterizzato da un mutuo apprendimento, dalla discussione sia sulle pratiche dell’insegnamento in classe, sia sui risultati ottenuti. A questo livello si condividono sia i piani delle lezioni al di là delle singole discipline, sia lo scopo comune da ottenere con gli studenti. Collegialmente si focalizza meno sulle storie di classe – cosa ha combinato Francesco oggi… - e più su attività future che possono supportare l’insegnamento e l’apprendimento. Gli insegnanti investono più tempo personale e professionalità nel creare le esperienze che supportano gli sforzi individuali che nel dedicare interesse all'esperienza collegiale. Eppure l’esperienza collegiale dà alla scuola una uniformità di intenti – che si rendono evidenti anche a studenti e genitori - su cui si può radicare una collaborazione – sociale ed intellettuale - superiore, ossia uno sviluppo comune e compartecipato. In questo livello superiore di collaborazione gli insegnanti si impegnano a prendere decisioni comuni per risolvere i propri problemi pratici. Ci si chiama l’un l’altro per discutere nuove idee o programmi che possono aiutare a migliorare la pratica dell’insegnamento e dell’apprendimento. Le finalità non attengono, di solito, a fini specifici, ma alle esperienze ed agli interessi comuni a tutti i membri della scuola.
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