LUGLIO 2002
Scuola Governo Parlamento
gennaio 2002
febbraio 2002
marzo 2002
aprile 2002
maggio 2002
giugno 2002
luglio 2002
agosto 2002
settembre 2002
ottobre 2002
novembre 2002
dicembre 2002
01 - 25 luglio Parlamento
Camera
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Aula |
25 |
L'Aula approva una risoluzione della maggioranza a sostegno
del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006
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Aula |
24 |
La Camera approva il DdL
AC 3030, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante
disposizioni in materia di accesso alle professioni
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Aula |
16 |
Il 16 luglio 2002 l'Aula approva il DdL
AC 388/A, Disposizioni per il
riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti
che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo
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Aula |
11 |
L'11 luglio 2002 l'Aula approva in via definitiva la Legge
costituzionale per la cessazione degli effetti dei commi primo e
secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione
(voti a favore 347, contrari 69, astenuti 44)
|
Aula |
1,
2 |
DdL
AC 2556/A,
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di
studio relativi all'insegnamento superiore nella Regione europea, fatta a
Lisbona l'11 aprile 1997, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
(Approvato dal Senato)
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Commissioni |
7a |
17,
18 |
Il 18 luglio 2002 la
Commissione, in sede referente, approva il DdL
AS 1490, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante
disposizioni in materia di accesso alle professioni
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7a |
16,
17 |
Il 17 luglio 2002 la
Commissione, in sede consultiva, esprime parere favorevole alla V
Commissione su:
- Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006
- Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per il 2001 (C. 2922 Governo)
- Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2002 (C. 2923 Governo):
Tabella 2: stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (limitatamente alle parti di competenza)
Tabella 7: stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Tabella 14: stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali
(16.07.02) Fabio GARAGNANI (FI), relatore,
illustra il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo
alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006, che è stato
trasmesso alle Camere il 9 luglio scorso, sul quale la VII Commissione
è chiamata ad esprimere un parere alla Commissione bilancio, sulle
parti di propria competenza, entro la giornata di domani.
Accanto a quelle in campo economico, sottolinea che il Governo intende
promuovere riforme altrettanto significative in campo sociale e
istituzionale: in quest'ambito, assumono un ruolo di rilievo le
riforme della scuola, dell'università e dei beni culturali,
richiamate nelle premesse ed oggetto di specifica trattazione in
alcuni dei paragrafi centrali del DPEF.
Entrando nel merito dei settori della scuola, dell'università e della
ricerca, osserva che il Governo si propone di assicurare la
modernizzazione e il potenziamento del sistema educativo nazionale,
per migliorarne i livelli generali ed individuali di apprendimento.
Per quanto riguarda specificamente la scuola e la formazione
professionale, precisa che il DPEF fa principalmente affidamento
sull'attuazione delle misure previste dal disegno di legge di riforma
della scuola, attualmente all'esame del Senato (atto Senato n.1306,
Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia
di istruzione e formazione professionale). Precisa, inoltre, che, a
tale proposito, il DPEF richiama in particolare l'esigenza che il
cambiamento sia sostenuto da un piano pluriennale di misure
finanziarie (da verificare nella loro compatibilità con i conti
pubblici), finalizzate a realizzare alcuni obiettivi specifici: la
riforma degli ordinamenti e la sua attuazione; lo sviluppo delle
tecnologie multimediali; l'istituzione del sistema nazionale di
valutazione; la valorizzazione professionale del personale. Ricorda
che, come espressamente previsto dal disegno di legge di riforma della
scuola (articolo 3, comma 1), le risorse necessarie al finanziamento
di tali interventi dovranno essere quantificate annualmente dalla
legge finanziaria. Sottolinea che tali interventi appaiono
particolarmente necessari per rendere concretamente possibile
un'efficace riqualificazione della spesa pubblica italiana per
l'istruzione, che continua ad essere quasi interamente «assorbita»
dai compensi per il personale (secondo i dati di bilancio relativi
agli ultimi anni, la spesa corrente del Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca è pari a circa il 96 per cento del
totale, mentre quella specificamente destinata ai compensi al
personale è pari a circa l'89 per cento). Osserva che, a partire da
questa riqualificazione, si potrà affrontare anche la questione di un
aumento complessivo della spesa pubblica italiana per l'istruzione,
che continua purtroppo ad attestarsi ai livelli più bassi tra i paesi
occidentali (secondo i dati ISTAT del 1998-1999, il rapporto tra il
totale delle spese, compresa l'istruzione universitaria, e il PIL in
Italia è pari al 5,0 per cento, a fronte del 5,7 della Germania, al
6,2 della Francia, al 5,3 della Spagna e al 6,5 degli Stati Uniti).
Ricorda, peraltro, che alcuni importanti interventi nella direzione
delineata dal DPEF sono già stati assunti nel corso dell'ultimo anno:
in particolare, l'articolo 16, comma 3, della legge finanziaria per il
2002, ha previsto significativi incrementi del Fondo per la
valorizzazione della funzione docente (di cui all'articolo 50, comma
3, della legge n. 388 del 2000) (108,46 milioni di euro a decorrere
dal 2002, nonché 381,35 milioni di euro per l'anno 2003 e di 726,75
milioni di euro a decorrere dal 2004, subordinati al conseguimento di
specifiche economie derivanti da razionalizzazioni nell'utilizzo del
personale docente).
Per quanto riguarda la scuola, occorre altresì ricordare il disegno
di legge costituzionale di modifica dell'articolo 117 della
Costituzione, espressamente richiamato dal DPEF nel paragrafo dedicato
alla devoluzione.
Entrando nel merito della questione dell'istruzione post-scolastica,
evidenzia che il DPEF richiama innanzitutto l'impegno del Governo per
l'attuazione della riforma dell'alta formazione artistica e musicale,
nel quadro di una complessiva razionalizzazione amministrativa,
gestionale e finanziaria. Al proposito, vanno ricordati, oltre che lo
schema di regolamento sull'autonomia di Accademie e Conservatori,
recentemente esaminato dalla VII Commissione, due disegni di legge da
ultimo presentati alle Camere dal Governo (atto Camera n. 2899,
assegnato nella seduta di ieri, e atto Camera n.2988, non ancora
assegnato).
Per quanto concerne l'università precisa che, nel quadro di un
incremento delle risorse finanziarie destinate al settore, il DPEF
individua tre obiettivi specifici, consistenti nell'aumento del numero
dei laureati, nella riduzione dei tempi effettivi per il conseguimento
dei titoli e nella garanzia di maggiori sbocchi professionali.
Precisa, inoltre, che funzionali a ciò sono, in particolare, il
finanziamento della riforma degli ordinamenti didattici, il
potenziamento delle attività di orientamento e tutorato, gli
investimenti per migliorare le strutture didattiche, un più deciso
sostegno economico agli studenti capaci e meritevoli delle università
legalmente riconosciute. Per quanto concerne tale ultimo punto,
ritiene che il DPEF sembra fare riferimento alle misure contenute nel
già citato disegno di legge governativo atto Camera 2988, che prevede
lo stanziamento di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2002, da
destinare alle università e agli istituti universitari legalmente
riconosciuti, al fine di assicurare l'uniformità di trattamento sul
diritto agli studi universitari.
Per quanto concerne la ricerca, sottolinea che il DPEF richiama gli
assi strategici individuati dal documento «Linee guida per la
politica scientifica e tecnologica del Governo», approvate dal CIPE
il 19 aprile 2002.
Rileva che un'apposita sezione del DPEF è dedicata al comparto dei
beni e delle attività culturali. Osserva che il documento sottolinea
la necessità di una ridefinizione della spesa, volta ad un
adeguamento a percentuali di livello europeo rispetto al PIL, nonché
al riequilibrio tra spese correnti e spese di investimento, nella
prospettiva di un significativo ampliamento di queste ultime e
all'incremento delle risorse provenienti dal privato (attraverso
strumenti quali donazioni, sponsorizzazioni, fondi etici).
Sottolinea, inoltre, che nel DPEF è contenuta la seguente
precisazione: «il trasferimento di beni pubblici a Patrimonio dello
Stato SpA non inciderà in alcun modo sui diversi vincoli che ne
tutelano il carattere storico, artistico e paesaggistico», cosicché
i beni demaniali eventualmente trasferiti continueranno ad essere
inalienabili. Sottolinea che questa è una preoccupazione
particolarmente avvertita dall'opinione pubblica, sulla quale sarà
necessario soffermarsi.
In conclusione, sottolinea la rilevanza che il DPEF accorda alla
politica culturale in ambito internazionale. Al proposito, da una
parte, si sottolinea la necessità di provvedere al finanziamento
delle iniziative normative per la promozione della cultura, della
lingua e della scienza italiana all'estero, ivi compresi grandi eventi
culturali; dall'altra, nell'ambito delle misure volte a realizzare una
reale politica in favore degli italiani nel mondo, si richiama
l'esigenza di predisporre specifici interventi anche nel settore
scolastico e culturale.
|
7a |
16,
17 |
Il 17 luglio 2002 la
Commissione esprime parere favorevole alla proposta di nomina della
professoressa Maria Cristina Pedicchio a Presidente del Consorzio per
l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste
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7a |
17 |
Il 17 luglio 2002 la
Commissione esprime parere favorevole alla risoluzione n. 8-00023 sugli Insegnanti di
Sostegno |
7a |
9,
11 |
L'11 luglio la Commissione
esprime parere favorevole sulla proposta di nomina del
professor Renato D'Angiò a presidente dell'Ente nazionale di assistenza
magistrale (ENAM)
|
7a |
8,
9 |
in sede referente, DdL AC 1773, Regolarizzazione delle iscrizioni a diplomi universitari e di
laurea per l'anno accademico 2000-2001
Il termine per la presentazione di emendamenti è
fissato a lunedì 8 luglio 2002, alle ore 18
|
7a |
4 |
Interrogazioni a risposta
immediata |
7a |
3 |
in sede referente, A C 2238,
Disposizioni concernenti la scuola, l'università e la ricerca
scientifica (già approvato dal Senato) |
7a |
2,
3 |
Il 3 luglio 2002 la Commissione
esprime parere favorevole sul Nuovo
schema di regolamento in materia di autonomia delle Accademie e dei
Conservatori, ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 508 |
7a |
2 |
in sede referente, DdL AC 495,
736,
965
e 2113,
Diritto allo studio e Parità scolastica
(02.07.02) Antonio PALMIERI (FI), relatore, avverte
preliminarmente che la relazione che si accinge a svolgere sarà
articolata in tre parti. La prima consisterà in una introduzione
cultural-politica per inquadrare correttamente la questione e la linea
di pensiero nella quale essa si inserisce nonché per tentare di
cogliere gli elementi di fondo unificanti delle quattro proposte di
legge all'attenzione della Commissione. Ciò non soltanto per una
forma di rispetto nei confronti dei deputati che hanno promosso
l'iniziativa legislativa in materia ma anche al fine di rendere più
agevole il confronto tra la maggioranza e le varie componenti
dell'opposizione, con l'obiettivo di pervenire ad un auspicabile punto
di incontro. Nella seconda parte della relazione affronterà invece,
nel merito, l'illustrazione delle proposte di legge, giungendo quindi
ad un passaggio finale di carattere metodologico, collegato ad un
auspicio.
Rileva innanzitutto che il dibattito in corso verte su una
fondamentale libertà: la libertà di educazione, ossia un concetto -
o, meglio, un diritto-dovere - che poggia su due cardini. Il primo,
culturale, basato sul ribadire con chiarezza il concetto di servizio
pubblico, con tutte le conseguenze che ne derivano; il secondo,
costituzionale, fondato sulle garanzie, sui compiti e sui doveri che
la Costituzione attribuisce alle famiglie ed allo Stato in merito
all'istruzione dei figli.
Con riferimento al cardine culturale sotteso alla questione in esame,
rileva che pubblico non è uguale a statale. Pubblico è il servizio
erogato: non lo deve essere necessariamente anche il soggetto
erogatore. Ancora oggi, in alcune forze politiche e, purtroppo, anche
nella mentalità di troppi cittadini, il concetto di pubblico coincide
con quello di statale. Frutto di culture, di ideologie e di politiche
stataliste attuate per decenni nel nostro paese, l'equazione pubblico
uguale statale ha determinato una gestione monopolista e statalista
della cosa pubblica, che ha prodotto inefficienza nei servizi e spreco
di denaro pubblico ma, soprattutto, ha determinato lo scollamento tra
cittadini ed istituzioni, la deresponsabilizzazione dei singoli e dei
gruppi sociali, il disimpegno nei confronti dei beni collettivi che,
essendo di tutti, finiscono per non essere di nessuno.
Nell'ambito della scuola, il superamento di questa errata concezione
di servizio pubblico è stato enunciato nella legge n. 62 del 2000 (»Norme
per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e
all'istruzione»). Qui finalmente una legge dello Stato sancisce la
funzione pubblica delle scuole non statali, riconoscendo che «il
sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e
dalle scuole paritarie private e dagli enti locali». Peraltro il
riconoscimento della funzione pubblica delle scuole non statali è già
contemplato dalla Costituzione, che assicura la piena libertà alle
scuole non statali, ne riconosce la piena dignità ed il valore legale
del titolo di studio da esse rilasciato.
La legge n. 62 del 2000 riconosce la parità giuridica ma non la parità
economica. Infatti, alla dichiarazione di principio contenuta nella
parte iniziale della legge non è seguita nei fatti l'indicazione su
come realizzare la parità economica, unica misura in grado di dare la
parità scolastica, garantendo la libertà di educazione, cioè di
scelta per le famiglie, a prescindere dalle loro condizioni di
reddito. L'unico intervento di tipo economico compreso nella legge n.
62 del 2000 è quello previsto dalla norma in materia di «interventi
economici realizzati prioritariamente in favore delle famiglie in
condizioni svantaggiate». Si tratta di un intervento che non sancisce
la parità scolastica per tutte le famiglie e che, per di più,
prefigura ancora una volta una politica familiare di tipo prettamente
assistenziale e non di promozione di tutti i nuclei familiari.
In questo contesto, il buono-scuola viene proposto come strumento per
attuare la parità e portare a compimento il dettato della legge n. 62
del 2000. Esso è stato definito una «Carta di liberazione per le
famiglie meno abbienti», perché consente alle famiglie di scegliere
liberamente la scuola alla quale iscrivere i propri figli, senza
limitazioni dovute al reddito. Idea avanzata inizialmente dal premio
Nobel per l'economia Milton Friedman, successivamente ripresa da un
altro premio Nobel, Friedrich von Hayek, e che ha trovato in Italia
adesioni da parte di intellettuali liberali, quali Antonio Martino,
Antiseri, Adornato, Infantino ed altri, il buono-scuola è
innanzitutto una proposta che favorisce la libertà delle famiglie
nella scelta di quella che reputano la migliore educazione per i
propri figli e che consente di attuare compiutamente quanto previsto
dalla legge sulla parità approvata dal precedente Governo.
Onestà intellettuale e correttezza politica impongono tuttavia di
precisare che il buono-scuola è uno dei possibili strumenti per
attuare la libertà di educazione: nel dibattito in corso da alcuni
anni su questa materia ne sono stati indicati altri, quale, ad
esempio, il credito d'imposta, che mirano allo stesso obiettivo:
rendere concreta per tutte le famiglie la possibilità di scelta in
campo scolastico.
La realizzazione della parità scolastica attraverso lo strumento del
buono-scuola contribuisce a realizzare un nuovo sistema di Welfare,
fondato su di un diverso rapporto tra Stato e società civile,
rapporto fondato su quel formidabile principio di libertà (e di
responsabilità) che è il principio di sussidiarietà.
Oggi il campo della scuola è uno dei settori della società italiana
nei quali più acuto comincia a farsi sentire il contrasto tra i
bisogni dei cittadini e le prestazioni dello Stato. Anche in questa
circostanza il principio di sussidiarietà «orizzontale» - non
faccia lo Stato ciò che i privati possono fare da soli e le
istituzioni pubbliche intervengano solo laddove singoli e corpi
sociali sono in situazione di difficoltà e per il tempo strettamente
necessario a renderli nuovamente protagonisti - costituisce la più
solida difesa della libertà e responsabilità dei singoli e
dell'autonomia dei corpi intermedi nei confronti delle pretese dello
statalismo e la più adeguata e moderna risposta alla crisi del
vecchio sistema del Welfare State, in crisi per motivi economici e per
un deficit di qualità delle sue prestazioni.
Nell'orizzonte culturale determinato dal principio di sussidiarietà,
la proposta del buono-scuola va nella direzione della costruzione di
un nuovo tipo di Welfare, che sappia garantire il carattere universale
della tutela sociale e, nel contempo, aumentare qualità ed efficienza
dei servizi. Alcuni studiosi definiscono questa nuova proposta Welfare
society o Welfare community, altri «società della libertà scelta».
Comunque lo si voglia chiamare, questo nuovo sistema consiste nel fare
entrare concretamente a pieno titolo nel sistema pubblico oltre
all'offerta statale di servizi anche un offerta privata (entrambe
regolate dalle autorità governative), sulla quale chiamare ad
intervenire imprese, cooperative, mondo nel no-profit, per dare ai
cittadini la possibilità di scegliere liberamente la qualità della
propria formazione.
Il pieno coinvolgimento dei corpi sociali nella gestione dei servizi
accresce la libertà di scelta dei cittadini e, insieme, la
responsabilità di tutti verso il «bene comune», sentimento che non
può emergere finchè prevale il sentore di essere sudditi di uno
Stato-padrone nei confronti del quale ci si limita a lamentarsi, mai
assumendo l'onere di un'azione positiva. Viceversa, si ritiene che lo
Stato non sia padrone del bene comune, ma debba porsi al suo servizio
promuovendo, stimolando ed armonizzando tutte le energie che,
all'interno della società, sono disposte a mettersi in gioco.
In definitiva è questo l'orizzonte entro cui si colloca la proposta
del buono-scuola: un'offerta pubblica (statale o privata) all'interno
della quale cittadini e famiglie possano scegliere l'offerta che
preferiscono. Inoltre, l'estensione a tutte le famiglie - in base a
criteri che tengano nel dovuto conto le differenze di reddito - si
configura come un atto di politica familiare non assistenziale ma
rivolto alla promozione di tutte le famiglie e non soltanto di quelle
che sono in condizione di indigenza.
Sottolinea quindi con chiarezza che chi è per il buono-scuola non è
contro la scuola statale bensì contro il monopolio statale
dell'educazione: la scuola di Stato è un grande patrimonio che
abbiamo ereditato e che deve essere rinvigorito ed adoperato al
meglio. Il fatto è che storicamente le comunità umane non hanno
trovato altro strumento per far crescere la qualità di qualsiasi
sistema che fa ricorso alla gara, alla concorrenza, all'emulazione.
Per questo motivo, il miglioramento della scuola di Stato passa
attraverso l'introduzione di linee di regolata competizione con
l'offerta privata. In un unico sistema pubblico articolato, regolato
da norme certe e valide per tutti, sia l'offerta statale che quella
privata sarebbero costrette a gareggiare tra loro in qualità ed
efficienza, migliorando entrambe continuamente le proprie prestazioni
per rispondere alla domanda dell'utente, il quale potrà liberamente
scegliere dove rivolgersi utilizzando il proprio buono-scuola. In
questo modo, peraltro, la tutela non cessa affatto di essere
universale: anzi lo diventa ancor di più, perché mentre oggi chi è
più ricco può scegliere liberamente, per sé e per i propri figli,
scuole di eccellente qualità, anche all'estero, chi è più povero,
al contrario, è costretto a non poter scegliere.
Con il buono-scuola, in realtà, anche i ceti più deboli potranno
scegliere le scuole che reputano migliori ed il servizio offerto dalle
scuole statali, lungi dallo scomparire, sarà obbligato a cambiare
rotta, a rimodellarsi.
In definitiva, il buono-scuola, introducendo linee di competizione
all'interno del nostro sistema scolastico, è una misura tesa a
migliorare sia le scuole statali sia quelle non statali. Gaetano
Salvemini diceva che «dalla concorrenza delle scuole private libere,
le scuole pubbliche hanno tutto da guadagnare e non da perdere».
La nostra Costituzione parla chiaro in tema di libertà di educazione.
Ne fanno fede gli articoli 3, 30, 31, 33 e 34. L'articolo 30 prescrive
che «È dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare
i figli». L'articolo 31 afferma che la Repubblica agevola con misure
economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle
famiglie numerose e protegge la maternità e l'infanzia e la gioventù,
favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
L'articolo 33 sancisce che la Repubblica detta le norme generali sulla
istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti
e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve
assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
L'articolo 34 afferma che la scuola è aperta a tutti; l'istruzione
inferiore, impartita per almeno otto nani, è obbligatoria e gratuita.
i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi; la Repubblica rende
effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed
altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
È necessario favorire l'attuazione del dettato costituzionale
dell'articolo 33, quarto comma, che recita: «La legge, nel fissare i
diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità,
deve assicurare ad esse piena libertà, ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali».
Equipollenza di trattamento scolastico si intende su tutti gli aspetti
della vita scolastica, compresi quelli economici, proprio perché la
Costituzione non ne esclude nessuno. Il «senza oneri per lo Stato»,
di cui all'articolo 33, terzo comma, in relazione alla istituzione di
scuole da parte di «enti e privati», va letto alla luce dei
contenuti di cui al quarto comma del citato articolo 33 nei riguardi
degli alunni di scuole paritarie. «Onere», significa che nessuno può
obbligare lo Stato a erigere scuole non statali; nel contempo Stato e
regioni, possono decidere di sostenere le scuole esistenti, o
agevolare i genitori nel compito costituzionale e civile di educare i
propri figli.
Vi è, invece, l'obbligo statale di garantire almeno una scuola
dell'obbligo gratuita per tutti i cittadini in base all'articolo 34
della Costituzione. Non vi è riscontro che la scuola dell'obbligo
debba essere assicurata solo a chi frequenta le scuole statali. Anzi.
La Costituzione si basa sul principio dell'uguaglianza di tutti i
cittadini e sul dovere dello Stato di rimuovere le cause che la
impediscono. Tocca allo Stato, quindi, garantire non solo
l'insegnamento e l'apprendimento, ma anche l'effettivo esercizio di
tali libertà a parità di condizioni.
Entrando in Europa, è venuta ulteriormente a maturare non solo
l'esigenza di riformare lo Stato, ma anche di rivedere alcune
impostazioni e concezioni che miravano a limitare la libertà di
educazione. Nell'Unione siamo, con la Grecia, le uniche due Nazioni a
non avere compiutamente legiferato in merito alla parità scolastica.
Ricorda a tal proposito la risoluzione del Parlamento europeo del 14
marzo 1984, la quale dopo aver chiamato in causa l'articolo 26 della
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata il 10
dicembre 1948 e l'articolo 2 del Protocollo addizionale alla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, conferma i
seguenti princìpi: il diritto alla libera scelta della scuola per i
figli da parte dei genitori; il compito dello Stato di consentire la
presenza di scuole pubbliche e private allo scopo necessarie ed
equiparabili; l'obbligo per gli Stati membri di rendere possibile il
diritto alla libertà di insegnamento anche sotto il profilo
finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche
necessarie in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli
istituti statali corrispondenti. Infatti la risoluzione ricordava agli
Stati aderenti che «il diritto alla libertà di insegnamento implica,
per sua natura, l'obbligo per gli Stati membri di rendere l'esercizio
di tale diritto anche sotto il profilo finanziario».
Conseguentemente, anche in virtù dell'articolo 149 del Trattato che
istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di
Amsterdam di cui alla legge 16 gennaio 1998, n. 209, appare
indispensabile che il Parlamento italiano affronti la questione della
parità scolastica al fine di determinare i criteri che vanno adottati
per garantire condizioni di parità a tutti i cittadini eliminando le
condizioni di discriminazione in cui versano.
Tutte e quattro le proposte di legge in esame possono essere
considerate delle «variazioni sul tema» della libertà di educazione
e sui modi con cui garantire la libertà di scelta di famiglie e
studenti.
Una importante distinzione sta nel fatto che la proposta di Garagnani
è l'unica che si muove nel solco della normativa vigente e intende
armonizzare le discipline regionali «al fine di rendere omogeneo il
quadro normativo in materia di diritto allo studio e di parità
scolastica così come delineato dalle varie leggi emanate dalle
regioni, che si presentano particolarmente differenziate», come si
legge nella relazione d'accompagnamento.
Le altre proposte di legge - con varie sfumature - riscrivono di fatto
il sistema scolastico italiano sempre con riferimento alla effettiva
realizzazione della libertà di educazione. E tutte e quattro sono
accomunate dalla indicazione del buono-scuola come strumento per
realizzare l'obiettivo. Nella pdl Garagnani il buono è prerogativa
delle regioni, nelle altre è invece lo Stato centrale che eroga il
buono.
Ricorda, in particolare, che la proposta di legge Bono configura una
vera e propria «rifondazione» del sistema scolastico italiano e
prevede il buono-scuola come strumento più idoneo a finanziare il
nuovo sistema. La proposta di legge di iniziativa del deputato Angela
Napoli riformula la legge n. 62 del 2000, di cui riprende parte dei
contenuti. Si prevede un'erogazione del buono-scuola a vantaggio degli
istituti scolastici, in ragione del numero di alunni. Oltre al
buono-scuola, è previsto un intervento di diritto allo studio e le
spese sostenute costituiscono crediti d'imposta. Infine, la proposta
di legge Bianchi Clerici è essenzialmente dedicata alla scuola
dell'obbligo: il buono-scuola è erogato alle famiglie, che lo «girano»
alla scuola stessa, statale o privata che sia.
In conclusione, rileva che oggi si avvia un cammino che non sarà
breve né facile. Propone quindi di dividere i lavori in due fasi. Una
prima fase, di approfondimento, potrebbe essere finalizzata alla
discussione sulla relazione, per capire gli orientamenti dei colleghi
e delle forze politiche, nonché allo svolgimento di audizioni sul
funzionamento della legge n. 62 del 2000 e sul funzionamento delle
leggi sul buono-scuola regionali, così come auspicato da alcuni
gruppi. Sarebbe anche opportuno acquisire una panoramica su come
funziona effettivamente tutta la questione del diritto allo studio e
su come, nei Paesi dell'Unione e non solo viene risolto il tema della
libertà di educazione, valutando altresì la posizione del Governo.
Ricorda infatti che le quattro proposte di legge sono tutte di
iniziativa parlamentare, su di un tema ineludibile per le forze di
maggioranza, sul quale queste ultime hanno chiesto la fiducia agli
elettori. È ovviamente importante sapere quale intendimento intende
assumere il Governo rispetto alla tematica in esame.
La seconda fase, di decisione, terminato l'ampio e doveroso
approfondimento, dovrà vedere la commissione decidere su come
procedere (nomina di un comitato ristretto, adozione di un testo base,
ulteriori modalità di prosecuzione dell'esame).
Esprime infine un auspicio. Oggi si inizia un percorso lungo e
faticoso. Si augura che esso possa essere un momento serio di
confronto tra concezioni culturali e politiche diverse e anche opposte
tra loro, senza cedere alla tentazione di fare della scuola un campo
di battaglia politica in funzione antigovernativa.
|
7a |
25 |
in sede referente, DdL AC 1191,
1988,
1989,
1990,
Insegnamento delle materie relative all'educazione civica, ambientale e sanitaria |
11a |
3,
22, 23, 24 |
DdL
Insegnanti di religione cattolica (DdL AC 561,
580,
737,
909,
1433,
1487,
1493,
1908/L,
1972,
2480)
Il termine per la presentazione degli emendamenti è
fissato alle ore 10 di lunedì 22 luglio 2002
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Senato
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Aula |
24 |
L'Aula approva una risoluzione
della maggioranza a sostegno del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006
|
Aula |
16 |
Il 16 luglio 2002 l'Aula approva il DdL
AS 1490, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante
disposizioni in materia di accesso alle professioni
|
Commissioni |
5a |
3,
9, 10, 11 |
parere alla 7a Commissione, DdL
A.S. 1306, Delega al Governo per
la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale
L'11 luglio la Commissione esprime il suo parere sugli
emendamenti al DdL
A.S. 1306
Il 10 luglio 2002 la Commissione approva a
maggioranza il seguente parere sul testo del DdL
A.S. 1306:
La Commissione programmazione economica, bilancio,
esaminato il disegno di legge in titolo, per quanto di propria
competenza, osserva che, con riferimento all'impianto generale del
provvedimento, ad eccezione delle norme riguardanti gli anticipi per
l'iscrizione alla scuola materna ed elementare, il ricorso, come
meccanismo di copertura, ai finanziamenti iscritti annualmente nella
legge finanziaria può considerarsi ragionevole in quanto i vari tipi
di intervento disciplinati presentano sufficienti margini di
flessibilità e graduabilità, essendo inseriti in un piano
programmatico, e sono pertanto realizzabili nel limite delle risorse
che, anche in misura variabile, di anno in anno saranno destinate allo
scopo; in particolare, anche i principi definiti negli articoli 4 e 5
possono considerarsi attuabili facendo ricorso alla discrezionalità
dell'azione amministrativa, in quanto trattasi di misure modulabili
attraverso la fissazione della platea degli aventi diritto. La
Commissione fa peraltro presente che l'ambito di intervento della
legge finanziaria è confinato alla modulazione degli aspetti
innovativi della riforma, senza ovviamente inerire alla componente
consolidata del sistema, a livello sia di istituti che di relative
conseguenze sui bilanci a legislazione vigente.
Esprime, quindi, parere di nulla osta, a condizione che, ai sensi
dell'articolo 81 della Costituzione, le disposizioni di seguito
riportate vengano modificate nel senso indicato:
1) all'articolo 4, comma 1, alinea, sostituire le parole: "con le
modalità di cui all'articolo 1, comma 2", con le altre: "ai
sensi dell'articolo 1, commi 2 e 3";
2) all'articolo 7, comma 4, primo periodo, sostituire le parole:
"Dall'anno scolastico 2002-2003", con le altre: "Per
gli anni scolastici 2002-2003, 2003-2004 e 2004-2005" e
aggiungere, in fine, le seguenti parole: ", ovvero entro date
ulteriormente anticipate, fino alla data del 30 aprile di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera e)"; al secondo periodo
premettere le parole: "Per l'anno scolastico 2002-2003" e
aggiungere, dopo le parole: "possono iscriversi", le altre:
"nei limiti delle risorse finanziarie di cui al successivo comma
5"; sopprimere, infine, il terzo periodo;
3) all'articolo 7, comma 5, inserire, dopo la parola:
"limitatamente", le altre: "alla scuola materna statale
e"; sostituire le parole: "valutati in", con le altre:
"determinati entro il limite massimo di"; aggiungere,
infine, il seguente periodo: "Il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca provvede a modulare le anticipazioni,
anche fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera f), garantendo comunque il rispetto del predetto limite di
spesa";
4) all'articolo 7, comma 7, sostituire la parola:
"coerentemente" con le altre: "nell'ambito dei";
5) all'articolo 7, comma 8, primo periodo, sostituire le parole:
"degli oneri effettivamente sostenuti", con le altre:
"delle occorrenze finanziarie".
(03.07.02) Riferisce sul provvedimento in titolo il
senatore TAROLLI, il quale, richiamandosi anche al contenuto della
apposita Nota del Servizio del bilancio, rileva che l'articolo 1,
comma 1, delega il Governo ad adottare decreti legislativi nelle
materie dell'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
riguardanti l'istruzione e la formazione professionale. Il comma 3
prevede la predisposizione e la successiva approvazione, da parte del
Consiglio dei ministri, di un piano programmatico di interventi
finanziari a sostegno del complessivo disegno riformatore oggetto del
provvedimento. Il comma 6 dell'articolo 7 stabilisce invece che
all'attuazione di tale piano si provvede mediante finanziamenti da
iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza con quanto
previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Il
comma 7 del medesimo articolo fa presente che i decreti legislativi
onerosi hanno attuazione coerentemente con i finanziamenti di cui al
precedente comma 6. L'articolo 2, comma 1, lettera c), ribadisce un
vincolo all'attuazione del diritto-dovere all'istruzione rimesso
all'emanazione di decreti legislativi, nel senso che la sua gradualità
è correlata agli interventi del piano programmatico e deve essere
coerente con la copertura disposta dal citato comma 6 dell'articolo 7.
Sul meccanismo generale di copertura, relativamente alla parte del
provvedimento che si riferisce alle deleghe di cui all'articolo 1 (e
agli articoli che vi si richiamano: 2, 3 e 5) e la cui regolazione
finanziaria avverrà con gli strumenti della sessione (articolo 7,
commi 6 e 7), la questione della esaustività di un tale rinvio al
fine di garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione è
stata già affrontata in sede parlamentare. Ricorda che il precedente
più recente è quello del parere espresso dalla Commissione bilancio
del Senato in relazione ad alcuni emendamenti riferiti al disegno di
legge n. 848, in materia di delega sul mercato del lavoro, secondo cui
una risposta affermativa può essere fornita ove si tratti di un onere
privo di elementi di rigidità, cui non si contrappongano diritti
soggettivi e per il quale, in definitiva, la legge finanziaria possa
individuare le relative risorse esprimendo un significativo grado di
discrezionalità, tenuto conto dei vincoli generali di copertura e di
compensazione cui essa sottostà. Sulla base di tale principio il
provvedimento dovrebbe essere quindi analizzato dall'angolazione del
grado di flessibilità dei criteri e dei principi direttivi previsti,
con riferimento anche all'arco temporale entro il quale gli stessi
possono essere attuati. Da questo punto di vista, premesso che non
appare chiaro il rapporto tra il piano di cui all'articolo 1, comma 3,
e i decreti legislativi attuativi della delega in riferimento ai
citati articoli 1, 2, 3 e 5 e tenendo comunque fermo il principio per
cui la novazione dell'ordinamento giuridico consegue, in caso di
delega, all'entrata in vigore dei decreti legislativi, rileva
l'opportunità di avere chiarimenti sulla esatta successione temporale
delle varie fasi attuative e soprattutto sulla necessità che
all'emanazione dei decreti legislativi si proceda solo quando sarà
stato definito il quadro finanziario e nei limiti di detto quadro, che
pertanto non potrebbe che fungere da tetto di spesa: la norma
interessata da questo punto di vista è l'articolo 7, comma 7. Quanto
poi alle norme che trovano immediata applicazione con l'entrata in
vigore della legge, rileva che esse riguardano quelle relative alla
scuola primaria (non considerate nella relazione tecnica) e quelle
concernenti la scuola elementare, considerate invece dalla relazione
tecnica (entrambe disciplinate dall'articolo 7, comma 4). Vi sono poi
altre norme di delega, come l'articolo 4, che non richiamano
l'operatività del meccanismo generale prima indicato (rinvio alla
legge finanziaria) e che producono però oneri non quantificati e non
coperti. Sempre per gli aspetti generali di copertura, menziona, in
particolare, il comma 8 dell'articolo 7, in base al quale, con
periodicità annuale, il Ministero dell'istruzione procede alla
verifica degli oneri effettivamente sostenuti a fronte delle somme
stanziate annualmente in bilancio, nell'intesa che le eventuali
maggiori spese dovranno trovare copertura con il meccanismo di cui
all'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978.
Ricorda, al riguardo, che le somme stanziate in bilancio rappresentano
un limite ai fini degli impegni e dei pagamenti. In linea generale,
comunque, pur considerando che si tratta di oneri solo eventuali, in
ordine al meccanismo in questione, sottolinea quanto da ultimo
sostenuto in relazione al disegno di legge n. 4336-B ("Misure in
materia fiscale") della XIII legislatura, ossia che si può non
trattare di una forma di copertura autonoma, in quanto sulla base del
comma richiamato della legge n. 468 è previsto solo che il Ministro
competente, in caso di scostamento tra le previsioni di oneri e
coperture, ne dia notizia tempestivamente al Ministro del tesoro, che
riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti
iniziative legislative. Si tratta di un tipo di procedura che non
casualmente è stato concretamente attivato in casi estremamente rari.
L'articolo 2, comma 1, lettera e), prevede che possano essere iscritti
alla scuola materna i bambini che compiono tre anni di età entro il
30 aprile dell'anno scolastico di riferimento. Anche per la scuola
materna, come per la scuola elementare, è prevista una disciplina
transitoria per l'anno scolastico 2002-2003. L'articolo 7, comma 4,
primo periodo, consente infatti la possibilità di iscrizione al primo
anno della scuola dell'infanzia, già per quanto riguarda l'anno
scolastico 2002-2003, dei bambini che compiono i tre anni di età
entro il 28 febbraio 2003; ciò deve avvenire compatibilmente con la
disponibilità dei posti e con le risorse finanziarie dei comuni,
secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei
limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità. La
relazione tecnica non analizza tale anticipo, mentre affronta
l'analoga disposizione prevista per la scuola elementare (articolo 7,
comma 4, secondo periodo), disponendone la copertura degli oneri,
nonché conseguenzialmente l'onere a regime. Neanche per quanto
concerne la disciplina organica dell'anticipo per la scuola materna
(lettera e), comma 1, articolo 2) la relazione tecnica riporta
indicazioni, facendo presumere che si dovrebbe applicare il meccanismo
generale del rinvio alle leggi finanziarie: su tale circostanza
ritiene necessario un chiarimento da parte del Governo. Infatti, in
tale ipotesi, mentre la facoltà dell'anticipo al prossimo anno
scolastico è subordinata alle condizioni della finanza comunale, a
regime la normativa dipenderebbe dalle manovre di finanza pubblica,
anche sotto il profilo della possibilità di anticipare il compimento
dell'età entro il 30 aprile (anziché al 28 febbraio come per il
primo anno di applicazione), secondo quanto previsto all'ultimo
periodo del comma 4 dell'articolo 7 (per la parte in cui si richiama
la lettera e) del comma 1 dell'articolo 2). Una spiegazione della
mancata considerazione nella relazione tecnica della parte della norma
immediatamente dispositiva forse consiste nel fatto che il Governo
attribuisce una forte valenza giuridica e operativa ai due citati
limiti della disponibilità dei posti e delle risorse in essere dei
comuni. Al riguardo, andrebbe anzitutto chiarito il motivo per cui la
disposizione transitoria relativa all'anno scolastico 2002-2003
(articolo 7, comma 4, primo periodo) faccia riferimento alle sole
risorse finanziarie dei comuni, atteso che le scuole materne sono
anche statali, con le conseguenze finanziarie che ciò implica.
Osserva poi che va valutato se gli oneri siano collegati non solo
all'incremento numerico delle frequenze alla scuola materna, ma anche
all'eventuale cambiamento del tipo di mansioni richieste al personale
insegnante, che potrebbe rendersi necessario in conseguenza
dell'anticipo dell'età di ingresso. Occorrerebbe, inoltre, riflettere
sulla ragionevolezza del richiamo al limite delle risorse finanziarie
riguardo ad un tipo di facoltà che, seppur formalmente condizionabile
sulla base della norma, nei fatti sembra difficilmente limitabile,
trattandosi del diritto del genitore all'accesso anticipato del
bambino alla scuola materna. La lettera f) del medesimo comma 1
dell'articolo 2 prevede che alla prima classe della scuola elementare
possano iscriversi i bambini che compiono sei anni entro il 30 aprile
dell'anno scolastico di riferimento. Tale disposizione a regime viene
anticipata dall'articolo 7, comma 4, secondo periodo, all'anno
scolastico 2002-2003. La relazione tecnica analizza le conseguenze in
termini di maggiorazione degli oneri della disposizione, assumendo
come base di calcolo la consistenza degli iscritti alle sezioni di
scuola materna negli ultimi tre anni scolastici (dal 1999-2000 al
2001-2002) per le fasce di età riferite ai 4 e 5 anni di età. Nella
relazione tecnica si osserva che il numero di bambini iscritti alla
prima classe della scuola elementare negli anni scolastici presi in
considerazione non risulta correlato al numero di quelli iscritti
all'età di quattro anni alla scuola materna; inoltre, il numero di
iscritti di cinque anni di età alla scuola materna è molto inferiore
a quelli iscritti alla medesima scuola all'età di quattro anni. Ciò
premesso, nella relazione tecnica si assume il dato degli iscritti
alla scuola materna all'età di cinque anni per ipotizzare il numero
dei bambini che potrebbero avvalersi dell'anticipo dell'iscrizione
alla prima classe della scuola elementare (266.062 unità). L'oratore
rileva inoltre che la relazione tecnica ipotizza che un terzo dei
bambini di cinque anni iscritti alla scuola materna (89.000) possa
essere interessato all'anticipo dell'iscrizione alle elementari.
Tenuto conto che l'anticipo non è un obbligo, bensì una facoltà,
nella relazione tecnica si ipotizza poi che il 97 per cento possa
iscriversi anticipatamente alla prima classe elementare (86.600). La
quantificazione degli oneri prosegue valutando in 53.000 il numero dei
bambini ridistribuibili nelle 26.326 classi di prima elementare
attualmente esistenti e in 34.000 quelli per i quali dovrebbe essere
incrementato il numero delle classi. Tale incremento dovrebbe
ammontare ad un massimo di 1.700 classi, con un conseguente aumento
nel numero di docenti pari a 2.550 unità. Con un onere annuo lordo
per ognuno pari a 25.959 euro, il complessivo onere annuo ammonterebbe
ad oltre 66 milioni di euro. Al riguardo, il relatore rileva anzitutto
l'opportunità di esplicitare i presupposti dei vari passaggi della
relazione tecnica, soprattutto in riferimento alle relative
percentuali. Osserva poi che il metodo di valutazione dell'onere si
basa su un collegamento tra numero di iscritti di cinque anni alla
scuola materna e iscritti alla prima classe elementare, che, nello
scontare una diminuzione degli iscritti di cinque anni rispetto a
quelli di quattro, forse presuppone in tale periodo un esodo verso la
scuola privata e una scelta che potrebbe permanere anche per la scuola
elementare. Se questa è l'ipotesi di partenza, occorrono chiarimenti
sulla sua fondatezza da parte del Governo, anche per la rilevanza di
tale assunto ai fini del calcolo nella relazione tecnica dell'onere
collegato alle anticipazioni delle iscrizioni. Rimanendo comunque
nella logica della relazione tecnica di assumere come riferimento il
dato delle iscrizioni all'ultimo anno della scuola materna, andrebbe
chiarito, non essendovi indicazioni nella relazione tecnica al
riguardo, se tale dato si riferisce solo a quello relativo alle scuole
pubbliche (statali e comunali) o anche a quello delle scuole private e
se è stato considerato inoltre il dato dei bambini che non
frequentano la scuola materna. Il totale delle tre categorie infatti
costituisce il dato dei bambini iscrivibili al primo anno della scuola
elementare che sembrano indirizzarsi per la quasi totalità alla
scuola elementare pubblica. Sulla base di dati desunti dall'Annuario
ISTAT (1998), la percentuale dei bambini che si iscrivono alla scuola
elementare pubblica si attesta infatti intorno al 90% per diversi
anni. Tale complesso di considerazioni induce a ritenere che una
quantificazione più realistica dell'onere connesso con il possibile
incremento di iscrizioni anticipate alla prima elementare avrebbe
dovuto basarsi sul dato della popolazione con cinque anni di età che,
secondo le statistiche demografiche dell'ISTAT relative alla
popolazione residente nell'anno 2000, ammonta a 539.149 unità,
naturalmente, depurato della quota di bambini che si iscrivono alle
scuole elementari private. Sarebbe pertanto utile approfondire le
implicazioni di tale diverso metodo di calcolo. Un'ulteriore
osservazione concerne le ripercussioni che l'incremento degli ingressi
in prima elementare potrebbe comportare sulle strutture scolastiche,
in termini di necessità sia di approntarne di nuove, sia di ampliare
gli spazi. Su tale complesso di questioni sarebbe opportuno quindi che
il Governo fornisse chiarimenti, data la correlazione tra le ipotesi
assunte e i diversi effetti in termini di oneri. Fa, inoltre, presente
che l'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 7 non sembra comportare
problemi, in quanto la normativa a regime - a parte i problemi di
quantificazione già illustrati - già tiene conto del limite del 30
aprile per il compimento degli anni.
Il relatore passa poi ad illustrare il contenuto dell'articolo 3 che,
nel fissare i principi e criteri direttivi per la disciplina della
valutazione del sistema scolastico, richiama espressamente i decreti
legislativi di cui all'articolo 1 e, con ciò, indirettamente, il
meccanismo generale di copertura ivi descritto. Ricorda che
nell'articolo si affidano nuovi compiti all'Istituto nazionale per la
valutazione del sistema di istruzione, prevedendone, a tal fine, la
rideterminazione di funzioni e struttura. A tale riguardo, osserva che
valgono le considerazioni generali svolte sugli articoli 1 e 7, commi
6 e 7. L'articolo 4 prevede l'emanazione di un apposito decreto
legislativo per consentire lo svolgimento dell'intera formazione dai
15 ai 18 anni attraverso l'alternanza di periodi di studio e di
lavoro, sulla base di convenzioni con le imprese o con enti pubblici e
privati disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di
tirocinio. Lo stesso decreto legislativo dovrà fornire indicazioni
generali per il reperimento e l'assegnazione di risorse finanziarie
necessarie, compresi gli incentivi per le imprese e l'assistenza
tutoriale. Il relatore ricorda che la disposizione non è considerata
nella relazione tecnica. Tuttavia, poiché, almeno per la lettera b),
vi potrebbero essere oneri, sia pure in via generale e comunque senza
quantificazione, ritiene che rimanga non affrontato il problema della
regolazione delle relative conseguenze finanziarie, problema che
notoriamente non può essere rimesso ai decreti legislativi, sempre
che non si intenda assoggettare anche l'articolo in esame al
meccanismo di copertura individuato negli articoli 1 e 7, commi 6 e 7:
tale ipotesi andrebbe però esplicitata in norma. L'articolo 5, comma
1, lettera e), prevede che coloro che abbiano conseguito la laurea
specialistica per l'insegnamento, svolgano attività di tirocinio
previa stipula di contratti di formazione lavoro. A tal fine e per le
gestioni dei corsi di laurea specialistica, un'ulteriore disposizione
fa carico alle università dell'organizzazione di apposite strutture
di ateneo cui spetta anche il compito, secondo quanto previsto dalla
successiva lettera f), della formazione degli insegnanti in servizio
interessati ad assumere specifiche funzioni indicate nella
disposizione medesima. I rapporti fra tali strutture e le istituzioni
scolastiche sono demandati, dalla citata lettera e), ad apposite
convenzioni. Il relatore rileva che nella relazione tecnica non si
fornisce alcun elemento per valutare l'impatto finanziario di tali
disposizioni, nonostante la presenza di elementi innovativi (come le
convenzioni fra università e istituzioni scolastiche, il tirocinio
con contratti di formazione lavoro, la creazione di strutture apposite
per la formazione specialistica dei docenti), per i quali è difficile
escludere un impatto finanziario certo, ancorché flessibile
nell'importo. Per i profili di copertura ritiene che possano valere le
considerazioni generali svolte in merito all'articolo 1 (e
all'articolo 7, commi 6 e 7), ai cui decreti l'articolo 5 fa
esplicitamente rinvio.
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7a |
2,
3, 4, 9, 16, 17, 18, 23, 24, 25, 26, 29, 30, 31 |
DdL
A.S. 1306, Delega al Governo per
la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale
DdL A.S. 1251,
Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione
Dibattito
(09.07.02) Riprende l'esame congiunto, sospeso nella
seduta antimeridiana del 4 luglio scorso, nel corso della quale –
ricorda il presidente relatore ASCIUTTI – è proseguita la votazione
degli emendamenti all'articolo 1, pubblicati in allegato al resoconto
della seduta notturna di martedì 2 luglio scorso. Egli rammenta
peraltro che, nella seduta pomeridiana di mercoledì, 3 luglio,
l'opposizione aveva richiesto con vigore la presenza in Commissione del
Ministro dell'economia, ovvero di un Sottosegretario da lui delegato, al
fine di chiarire il quadro finanziario entro cui si articola la riforma
scolastica.
Al riguardo, informa di aver tempestivamente richiesto per iscritto al
ministro Tremonti la sua presenza in Commissione, ma di non aver tuttora
avuto alcuna risposta.
Egli dà inoltre conto di una lettera con cui il Presidente della
Commissione bilancio Azzollini gli ha a sua volta comunicato che, nel
corso dell'esame in sede consultiva del disegno di legge governativo
recante la riforma scolastica, è emersa l'esigenza di procedere ad un
attento approfondimento dei profili finanziari connessi con la nuova
normativa e che in tale prospettiva decisiva importanza avrebbe assunto
la posizione del Governo in risposta alle osservazioni problematiche
evidenziate. Conseguentemente, il presidente Azzollini ha rappresentato
l'esigenza che l'andamento dei lavori della Commissione istruzione sia
graduato in modo da tener conto dei possibili riflessi procedurali del
parere che la Commissione bilancio dovrà comunque esprimere sul testo,
evitando votazioni che possano risultare contraddittorie con il parere
reso.
Poiché la Commissione bilancio si accinge a rendere il proprio parere
nella giornata di oggi, il Presidente relatore propone pertanto di
sospendere i lavori in attesa di valutare il suddetto parere,
eventualmente sconvocando la seduta notturna già convocata per oggi,
alle ore 20,30 e quella antimeridiana di domani.
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7a |
16,
17 |
Il 17 luglio 2002 la
Commissione esprime il seguente parere in sede consultiva alla V
Commissione, Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006:
"La Commissione, esaminato il Documento di
programmazione economico-finanziaria, esprime, per quanto di
competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:
al paragrafo IV.2.2 (la riforma della scuola, dell'università e della
ricerca):
a) nel capoverso relativo alla scuola e alla formazione professionale:
1. sia assicurato un impegno finanziario complessivo, per il periodo
2003-2007, per risorse da 7.746 a 10.283 milioni di euro, a sostegno
degli obiettivi indicati nel medesimo capoverso, da integrare tuttavia
con gli ulteriori obiettivi dello sviluppo dell'autonomia e delle
iniziative di formazione iniziale e continua del personale,
conformemente al contenuto dell'ordine del giorno accolto dal Governo
in sede di esame, da parte della 7a Commissione del Senato,
del disegno di legge n. 1306;
2. sia reso più incisivo il riferimento, contenuto nell'obiettivo (5)
di cui al medesimo capoverso relativo alle esigenze di adeguamento
delle strutture di edilizia scolastica;
3. sia inserito un esplicito richiamo all'impegno volto ad assicurare
l'attuazione della parità scolastica sulla base dei principi di cui
alla legge 10 marzo 2000, n. 62, conformemente agli impegni assunti;
4. siano individuate modalità idonee a risolvere le problematiche del
personale precario della scuola;
5. sia affrontata l'esigenza di una razionalizzazione del rapporto fra
insegnanti e alunni;
6. sia espresso l'intendimento di avviare la riforma del Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di
accentuarne la funzione di indirizzo e di controllo in luogo di quella
di gestione diretta del sistema scolastico;
b) nel capoverso relativo al sistema universitario, sia inserito un
espresso riferimento alla questione dello stato giuridico dei docenti
universitari;
al paragrafo IV.2.3 (beni culturali): sia previsto un apposito
capoverso relativo al problema del personale precario del Ministero
per i beni e le attività culturali, in cui venga assicurato l'impegno
del Governo a definire le modalità di inquadramento in ruolo del
personale interessato."
(16.07.02) Riferisce alla Commissione il presidente
relatore ASCIUTTI, il quale rileva che il Documento di programmazione
economico-finanziaria (DPEF) indica gli obiettivi di finanza pubblica
e le linee di intervento di politica economica per gli anni 2003-2006
ed enuclea tanto le principali riforme economiche che le principali
riforme sociali e istituzionali che il Governo si propone di
conseguire nel periodo considerato. In relazione al secondo gruppo, il
Documento contempla la voce "scuola, università, beni
culturali". Più indiretto è invece il coinvolgimento dei
settori di competenza della Commissione per quanto concerne la riforma
della pubblica amministrazione e l'attuazione della devoluzione.
Nel merito del Documento, è il paragrafo IV.2.2 che attiene alla
riforma della scuola, dell'università e della ricerca, e che
individua nella modernizzazione e nel potenziamento del sistema
educativo nazionale le finalità da perseguire in tali settori, allo
scopo di migliorare i livelli generali e individuali di apprendimento
e di diminuire gli elevati tassi di abbandono.
In particolare, in merito al sistema d'istruzione e formazione
professionale, il suddetto paragrafo fa esplicito riferimento al
progetto riformatore del Governo (Atto Senato n. 1306) attualmente
all'esame della Commissione. Vengono in tal senso richiamati gli
obiettivi di cui al comma 3 dell'articolo 1 del predetto disegno di
legge e, nell'ottica di un Documento economico-finanziario, quale è
il DPEF, si afferma che tali obiettivi verranno sostenuti da un piano
pluriennale di misure finanziarie da verificare nella loro
compatibilità con i conti pubblici.
Sarebbe tuttavia opportuno, ad avviso del Presidente relatore, che il
Documento recasse indicazione della strategia che il Governo intende
seguire al fine di risolvere definitivamente il grave problema del
precariato. A fronte, infatti, di graduatorie già ora in grado di
soddisfare il fabbisogno di docenti del sistema scolastico, sarebbe
improprio continuare ad abilitare personale docente che in questo
momento finirebbe semplicemente per aumentare il numero dei precari.
Al tempo stesso occorre registrare l'assenza di un espresso
riferimento alla questione della parità scolastica, che viceversa
richiederebbe che nel DPEF venissero tracciate le linee guida per la
piena attuazione della riforma avviata con la legge n. 62 del 2000.
Passando all'alta formazione artistica e musicale, egli ricorda che la
Commissione si è da poco pronunciata su questo tema in relazione allo
schema di regolamento in materia di autonomia statutaria e
regolamentare delle istituzioni disciplinate dalla legge n. 508 del
1999 (Atto n. 106) e rende noto che in proposito il DPEF sottolinea
come la riorganizzazione amministrativa e gestionale di tali
istituzioni favorirà la razionalizzazione delle risorse.
Il medesimo Documento, inoltre, riguardo al comparto universitario,
pone in evidenza che i traguardi da raggiungere concernono l'aumento
del numero dei laureati, la riduzione dei tempi effettivi per il
conseguimento dei titoli universitari e la garanzia di maggiori
sbocchi professionali. Si prevede pertanto per i prossimi quattro anni
– sempre compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica –
un incremento delle risorse finanziarie destinate all'università e se
ne enumerano puntualmente le finalizzazioni, che afferiscono al
finanziamento della riforma degli ordinamenti didattici e al
potenziamento delle attività di orientamento, di tutorato e di
internalizzazione.
(...) il presidente relatore ASCIUTTI fa presente che le altre
finalizzazioni degli stanziamenti destinati al comparto universitario
riguardano la realizzazione sostanziale del diritto allo studio per
mezzo di interventi diretti e indiretti a favore degli studenti quali
la copertura delle tasse versate alle università legalmente
riconosciute per garantire agli studenti capaci ma privi di mezzi il
diritto di scelta, gli investimenti strutturali al fine di fornire
agli studenti un ambiente idoneo alle funzioni didattiche e infine il
potenziamento della ricerca scientifica attraverso l'utilizzo di
incentivi per le istituzioni che più proficuamente utilizzano i fondi
per la ricerca.
Rimane irrisolto invece il nodo dello stato giuridico dei docenti
universitari, che il Documento in esame non menziona e che pure
richiederebbe una chiara presa di posizione da parte del Governo.
Ancor più manifesto è poi l'impegno ad aumentare i finanziamenti per
il sistema pubblico della ricerca, per il quale si dichiara di voler
passare dall'attuale 0,6 per cento verso l'1 per cento del PIL. Il
Governo peraltro prevede che l'incremento complessivo delle risorse
destinate al settore dovrebbe essere maggiore del predetto impegno
pubblico, in considerazione degli investimenti in ricerca effettuati
dal sistema industriale italiano e dei meccanismi di cofinanziamento
pubblico-privato. Il Paese appare quindi in linea con gli impegni
assunti in sede di Unione europea, ove è stato previsto che gli
investimenti per la ricerca dovranno approssimarsi al 3 per cento del
PIL entro il 2010.
Al riguardo, il DPEF rinvia del resto alle "Linee guida per la
politica scientifica e tecnologica del Governo", predisposte
dall'Esecutivo sulla base degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo
n. 204 del 1998. Se ne evince che ci si propone di favorire l'impatto
economico, occupazionale e sociale degli investimenti in ricerca e
sviluppo e il posizionamento internazionale del sistema italiano, con
particolare attenzione agli effetti sull'attività di innovazione dei
prodotti, dei processi e dei servizi offerti e all'aumento della
competitività nelle produzioni ad alta tecnologia. Inoltre, l'azione
del Governo si incentrerà sul sostegno e la ricerca di base, sul
supporto alla ricerca relativa a tecnologie chiave a carattere
multisettoriale, sul potenziamento delle attività di ricerca
industriale al fine di aumentare la capacità del sistema industriale
italiano a trasformare le nuove conoscenze in maggior valore aggiunto,
sulla promozione delle capacità di innovazione nei processi e nei
prodotti da parte di piccole e medie imprese valorizzando sinergie a
livello territoriale e infine sulla promozione del sistema di rete
delle grandi infrastrutture e dei processi di internazionalizzazione
dell'attività di ricerca.
Quanto al settore dei beni culturali, la ridefinizione della spesa
prevista dal DPEF riguarderà in primo luogo un mutamento di carattere
qualitativo, con il passaggio degli stanziamenti destinati a questo
comparto dalla tradizionale inclusione fra le spese correnti al
ricollocamento fra le spese in conto capitale, dal momento che il
settore viene ritenuto di importanza strategica per lo sviluppo di
altri rilevanti segmenti del sistema economico nazionale. La spesa,
inoltre, andrà rimodulata sotto il profilo quantitativo, impegnandosi
anche qui il Governo a garantire un consistente e progressivo
adeguamento dello sforzo finanziario al fine di pervenire a
percentuali di livello europeo rispetto al PIL. Tale risultato potrà
essere conseguito sia attraverso incrementi annuali della spesa
pubblica di competenza del Ministero per i beni e le attività
culturali – che siano ovviamente compatibili con lo stato generale
della finanza pubblica – sia attraverso l'accresciuto apporto dei
privati da coinvolgere nella gestione dei beni culturali anche grazie
all'adozione di opportune misure incentivanti (incremento delle
donazioni e delle varie forme di sponsorizzazione, creazione di fondi
etici).
Anche per questo comparto, d'altra parte, il DPEF precisa quali
saranno gli assi strategici sui quali si fonderà l'azione del
Governo. Essi riguardano innanzi tutto il processo di privatizzazione
del settore, da attuarsi sia attraverso la partecipazione del
Ministero competente a fondazioni e società, sia mediante
l'affidamento in concessione a privati della gestione di servizi
finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica dei beni
culturali. Una più razionale ed economica utilizzazione delle risorse
dovrà poi essere ottenuta grazie alla riorganizzazione del settore e
alla revisione delle procedure amministrative e dei meccanismi di
incentivazione. Inoltre, dovranno essere predisposte forme di raccordo
più attive tra i diversi livelli di governo (Stato, regioni, ed enti
locali) e dovranno essere altresì realizzate nuove forme di
connessione tra le politiche culturali e dello sport e quelle
concernenti altri ambiti dell'azione politico-amministrativa del
Governo (trasporti, turismo, attività produttive, ambiente). In
definitiva, osserva il Presidente relatore, tali linee strategiche
appaiono sostanzialmente conformi ai principi e ai criteri cui dovrà
informarsi l'attività legislativa delegata del Governo alla stregua
dell'articolo 10 della legge n. 137 del 2002, recante delega per il
riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e
ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto
d'autore.
Come per il settore della scuola, peraltro, nulla si dice in relazione
alla sistemazione dei precari del Ministero per i beni e le attività
culturali; questione su cui la Commissione è da tempo in procinto di
esprimersi, ma sulla quale grava ancora il problema della totale
copertura finanziaria. Nel delineare le linee della politica economica
governativa, il presidente relatore ritiene pertanto utile fornire
indicazioni chiare per la soluzione definitiva delle situazioni di
precariato.
Da ultimo, con riferimento alla devoluzione, egli osserva che la piena
attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione e l'ulteriore
sviluppo dell'assetto regionalistico e autonomistico non potranno non
riguardare anche i settori dei beni culturali e dell'istruzione, il
secondo dei quali è già pienamente interessato al processo di
riordino. In proposito, il DPEF ribadisce i principi che si intendono
affermare con la proposta riforma costituzionale (Atto Senato n.
1187), sottolineando nel contempo che il trasferimento di nuove
competenze legislative e amministrative alle regioni, anche nei campi
dell'organizzazione scolastica, della gestione degli istituti
scolastici e di formazione e della definizione di parte dei programmi
scolastici e formativi, non potrà che accompagnarsi al trasferimento
delle occorrenti risorse finanziarie, con contestuale riduzione delle
corrispondenti voci di costo a carico del bilancio dello Stato, anche
al fine di evitare duplicazioni di strutture e di competenze.
Propone conclusivamente l'espressione di un parere favorevole con le
osservazioni sopra richiamate.
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7a |
9 |
La Commissione esprime parere
favorevole alla proposta di nomina del
professor Renato D'Angiò a presidente dell'Ente nazionale di assistenza
magistrale (ENAM)
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7a |
2, 4 |
parere alla 1a Commissione, DdL
Costituzionale AS 1187, Modifiche dell'articolo 117 della Costituzione
|
7a |
3 |
Il 3 luglio 2002 la Commissione
esprime parere favorevole con osservazioni sul Nuovo schema di decreto del
Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di autonomia
statutaria e regolamentare delle istituzioni di cui alla legge 21
dicembre 1999, n. 508 |
05 - 25 luglio Governo
25 |
Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,05 a
Palazzo Chigi
(...)
Il Consiglio ha quindi approvato i seguenti provvedimenti: (...)
su proposta del Presidente Berlusconi e del Ministro per gli Affari
Regionali, La Loggia:
- un decreto legislativo che trasferisce alla Regione Friuli-Venezia
Giulia le funzioni statali per la tutela della lingua e della cultura
delle minoranze linguistiche storiche presenti nel territorio, con
particolare riferimento all’insegnamento delle stesse nelle scuole,
nonché all’uso negli uffici pubblici.
Ha partecipato il Presidente della Regione, Tondo; (...)
- un decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 1999/42/CE
che integra e completa la disciplina per il riconoscimento delle
qualifiche professionali, al fine di consentire ai cittadini
dell’Unione europea l’esercizio del diritto di stabilimento o di
libera prestazione di servizi;
su proposta del Ministro delle Comunicazioni, Gasparri:
- un regolamento che eleva a venti anni la durata delle licenze
individuali nel settore delle telecomunicazioni (con estensione anche a
quelle già rilasciate), al fine di assicurare a tutti gli operatori un
più ampio arco temporale di attività in considerazione della continua
crescita del mercato dei servizi mobili e del conseguente elevato tasso
di competitività; (...)
Previa relazione del Ministro Urbani, il Consiglio ha avviato l’esame
del disegno di legge sulle società e associazioni sportive
dilettantistiche, che sarà concluso nella prossima riunione in cui sarà
affrontata anche la problematica del CONI. E’ stato poi rinviato il
provvedimento relativo alla nuova articolazione territoriale dei Vigili
del fuoco per approfondimenti tecnici.
Il Consiglio ha poi adottato le seguenti deliberazioni: (...)
su proposta del Ministro Moratti:
- nomina della prof.ssa Maria Cristina PEDICCHIO a Presidente del
Consorzio obbligatorio per l’impianto, la gestione e lo sviluppo
dell’Area per la ricerca scientifica e tecnologica nella provincia di
Trieste; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 13,20.
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19 |
Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,25 a
Palazzo Chigi
All’inizio dei lavori, il Consiglio ha manifestato
profonda riprovazione per l’episodio ignobile verificatosi ieri a
Roma, ove il settore ebraico del cimitero del Verano è stato profanato
ad opera di ignoti. Il Consiglio, nel rinnovare la propria solidarietà
alla Comunità ebraica romana, ha assicurato che verrà intrapresa ogni
iniziativa possibile per consegnare alla giustizia i responsabili
dell’esecrabile episodio. (...)
Il Consiglio ha preso in esame la questione della normativa sulle società
sportive dilettantistiche, che è stata stralciata dal decreto-legge
all’esame della Camera per reperire i mezzi finanziari necessari per
gli interventi a favore delle zone colpite dalla crisi idrica. Tenuto
conto della rilevanza sociale che il Governo riconosce alle predette
società sportive, è stato deciso che nella prossima riunione sarà
varato un apposito disegno di legge, per il quale alla ripresa dei
lavori parlamentari sarà richiesta una corsia preferenziale.
Previa relazione del Presidente del Consiglio e Ministro ad interim
degli Affari esteri, è stato deciso di avviare le procedure per la
restituzione all’Etiopia dell’obelisco di Axum.
Il Consiglio ha quindi approvato i seguenti provvedimenti:(...)
su proposta del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca,
Moratti:
- uno schema di regolamento che provvede a definire l’assetto
organizzativo del Ministero, a seguito dell’accorpamento operato dal
decreto legislativo n.300 del 1999 sulla riforma dei Ministeri. Il
Dicastero si articola, a livello centrale, in tre Dipartimenti e, a
livello periferico, in Uffici scolastici regionali che avranno il
compito di assicurare il supporto necessario alla realizzazione
dell’autonomia scolastica. Sul provvedimento saranno acquisiti i
prescritti pareri; (...)
Il Consiglio ha inoltre adottato le seguenti ulteriori deliberazioni:
(...)
su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca:
- nomina del prof. Renato D’ANGIO’ a Presidente dell’Ente
nazionale di assistenza magistrale (ENAM). (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 12,35.
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11 |
Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,30 a
Palazzo Chigi
Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti:
su proposta dei Ministri Maroni, Marzano, Castelli, Buttiglione e Pisanu:
- un disegno di legge recante delega al Governo per la definizione di
una disciplina unitaria dell’impresa sociale, costruita sulla base di
alcuni elementi fondanti ed in particolare:
- l’operatività esclusiva in ambiti di particolare rilievo sociale;
- il divieto di redistribuzione di utili sotto qualsiasi forma, anche
indiretta;
- il contestuale obbligo di reinvestire gli eventuali proventi nello
svolgimento dell’attività istituzionale;
- l’impossibilità che soggetti pubblici o imprese private con finalità
lucrative possano detenerne il controllo, anche attraverso la facoltà
di nomina maggioritaria degli organi di amministrazione.
Il provvedimento prevede, inoltre, l’attivazione presso il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali di funzioni e servizi permanenti di
monitoraggio e ricerca, allo scopo di verificare la qualità delle
prestazioni rese dalle imprese sociali; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 11,30.
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5 |
Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 17,40 a
Palazzo Chigi
- Il Consiglio, su proposta del Ministro
dell’Economia e Finanze, Tremonti, ha approvato il Documento di
programmazione economica e finanziaria (DPEF) per gli anni 2003-2006,
illustrato dal Vice Ministro Baldassarri. Nel Documento il Governo
disegna una politica economica di legislatura per la Stabilità, lo
Sviluppo e le Riforme. Tale politica è rivolta ad elevare al 3 per
cento la crescita economica per l’intera legislatura, ad abbattere la
disoccupazione al 6,8 per cento, ad aumentare il tasso di attività al
60 per cento. In virtù della riforma fiscale, la pressione fiscale
scenderà dal 42,3 al 39,8 per cento nel 2006. La manovra di finanza
pubblica assicurerà il rispetto del Patto di stabilità europeo; in
particolare, per il 2002 il Dpef indica un significativo miglioramento
dell’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni che scende
all’1,1 per cento del PIL. Nel 2003 sarà assicurato un saldo
strutturale di bilancio prossimo al pareggio (0,5 per cento del PIL) ed
un indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni dello 0,8 per
cento. L’equilibrio di bilancio verrà raggiunto con un contenimento
strutturale della spesa corrente che libererà le risorse in grado di
finanziare sia la riforma fiscale, sia le maggiori spese per
investimenti. L’inflazione programmata viene fissata per il 2003
all’1,4 per cento; tale obiettivo verrà raggiunto anche grazie agli
interventi strutturali delineati nel Patto per l’Italia, all’interno
del quale assume un ruolo strategico il progetto Mezzogiorno.
Previa relazione del Ministro Tremonti, il Consiglio ha altresì
approvato un decreto-legge concernente interventi urgenti in materia
tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica
e per il sostegno dell’economia nelle aree svantaggiate.
Le disposizioni di maggior rilievo si pongono l'obiettivo di:
- prorogare alcuni termini di agevolazioni fiscali in materia di accise
sui prodotti derivati dal petrolio;
- introdurre misure di incentivazione al ricambio del parco autovetture
non conforme alle disposizioni comunitarie in materia di inquinamento,
attraverso l'esonero dal pagamento di I.P.T, imposta di bollo e tasse
automobilistiche, per un periodo massimo di tre anni, a condizione che
all'atto di acquisto venga rottamato un veicolo non catalitico;
- razionalizzare il sistema di riscossione dei tributi, attraverso il
potenziamento dell'attività di riscossione e il conseguente adeguamento
del sistema di remunerazione dei concessionari;
- costituire l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato
concessionaria del CONI per la gestione del settore di attività
inerente le scommesse e i concorsi pronostici sulle competizioni
sportive, ferma peraltro la titolarità delle relative competenze in
capo al CONI;
- costituire una società strumentale del CONI (la CONI Servizi spa, nel
quale confluiscono le risorse umane e strumentali dell'ente pubblico)
per l'espletamento delle funzioni serventi dello stesso CONI;
- agevolare ed incentivare la pratica sportiva, attraverso la
ridefinizione del settore delle società ed associazioni sportive
dilettantistiche, che rappresentano la base dell'intero movimento
sportivo nazionale; sono a questo scopo previste misure tributarie
coerenti e coordinate con il nuovo assetto dei soggetti interessati;
- monitorare i flussi di spesa attivati dalla fruizione dei crediti
d'imposta;
- privatizzare l’ANAS, che da ente pubblico economico diventa così
societa per azioni, al fine sia di ottenere una migliore gestione della
Società, che di raggiungere un maggiore coordinamento con il Governo
nella realizzazione dei propri obiettivi, in particolare sul fronte
della dotazione e della gestione delle opere infrastrutturali;
- contenere l'espansione della spesa farmaceutica a carico del Servizio
sanitario nazionale, attraverso la revisione dell'elenco dei farmaci
rimborsabili ed il meccanismo stesso dei rimborsi;
- concedere contributi finalizzati all'incentivazione di nuovi
investimenti da parte di imprese private nelle aree particolarmente
svantaggiate del Paese. (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 20,25.
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