Camera
|
Aula |
9 |
DdL
Organi collegiali della scuola (esame C. 2226 -2665 -3592/A)
Il 9 gennaio ha inizio il dibattito in Aula sui DdL
Organi collegiali della scuola (esame C. 2226 -2665 -3592/A)
Riportiamo di seguito l'intervento del relatore di
maggioranza:
(09.01.01) MARIA CHIARA ACCIARINI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il quadro legislativo della scuola nel nostro paese è stato profondamente e radicalmente modificato nel corso di questa legislatura. L'articolo 21 della legge n. 59 del 1997 ha riconosciuto l'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi, inserendo tale riconoscimento nel processo di realizzazione dell'autonomia e di riorganizzazione dell'intero sistema scolastico: si tratta di un'autonomia e di una riorganizzazione che hanno compiuto ormai quasi completamente le tappe essenziali.
Vorrei velocemente ricordare che il Governo ha esercitato le deleghe, sia regolamentari sia legislative, contenute nell'articolo 21: ha pertanto emanato il regolamento sul dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali di istituto, nonché il regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche. Ha emanato, inoltre, i decreti legislativi relativi all'istituzione e alla disciplina della qualifica dirigenziale dei capi di istituto e alla riforma degli organi collegiali a livello territoriale e nazionale.
A tale quadro normativo si aggiunge l'importante opera legislativa costituita dalle leggi fondamentali che hanno
riformato gli esami di maturità, hanno conferito un nuovo ordinamento ai cicli scolastici e hanno formulato norme sul diritto allo studio e sulla parità scolastica. Giunge quindi oggi in discussione quello che può essere definito il determinante tassello finale di questa profonda riforma: la revisione degli organi collegiali della scuola, che tra l'altro la Commissione cultura ha già da molto tempo licenziato con un testo unificato di maggioranza, di cui esporrò le linee fondamentali, cercando di dare atto del lavoro molto preciso ed attento che è stato compiuto da tutta la Commissione ed in particolare dal Comitato ristretto, in cui si è dedicata estrema attenzione alle scelte che venivano compiute, data la delicatezza e l'importanza del tema.
È chiaro che questa riforma è strettamente collegata ai caratteri dell'autonomia delle scuole, che è autonomia organizzativa, didattica, di ricerca e di sperimentazione. Sottolineo questo aspetto dell'autonomia perché è determinante per capire le scelte compiute, in quanto l'aspetto organizzativo, che viene talvolta privilegiato nel dibattito, è invece funzionale rispetto all'autonomia didattica, di ricerca e di sperimentazione, perché questo è il cuore dell'attività della scuola ed è quello a cui bisogna pensare nel momento in cui si pone mano ad una riforma che interviene su organi collegiali che, ricordiamo, esistono nel nostro paese dal 1974 ed esistono in tutti i paesi europei, sia pure con le differenze dovute ai diversi sistemi scolastici. Non credo quindi che sia da porre in discussione l'esistenza degli organi collegiali della scuola e il fatto che ci sia una dimensione collegiale di aspetti decisionali significativi nella vita della scuola.
Chiaramente, nell'affrontare questo punto bisognava tener conto di due problemi.
In primo luogo, bisognava delineare una legge che attribuisse funzioni, poteri e responsabilità agli organi dell'ente autonomo, manifestando la volontà politica di compiere scelte valide per tutto il territorio nazionale, previste da norme di carattere generale. Non è ammissibile una genericità estrema, che ad esempio - cito un caso - faccia oscillare i componenti degli organi fondamentali dell'istituto da 3 - che è il numero minimo per un organo collegiale - all'infinito, o per lo meno a 50 o 100, a seconda delle caratteristiche locali. Un ambito
di scelta, insomma, doveva essere segnato. Ho citato questo perché era il caso più semplice, ma ribadisco che il nostro filo conduttore è stato proprio quello di assumere in sede legislativa alcune scelte, lasciando poi ambiti anche vasti all'interno dei quali le scuole, attraverso i regolamenti, compiranno le scelte più articolate e più specifiche, relative alle loro caratteristiche individuali, che ci stanno molto a cuore. Ripeto, non si poteva pensare di sottrarsi alla responsabilità politica del legislatore di compiere le scelte fondamentali valide per tutto il territorio nazionale.
L'altro problema, molto importante, è che nell'attribuire competenze e responsabilità bisognava avere un punto di riferimento, che noi abbiamo individuato, nel testo di maggioranza, nel principio della separazione tra le funzioni di indirizzo e di controllo, da un lato, e quelle di gestione dall'altro. È questo un principio previsto per tutta la pubblica amministrazione, affermato nel decreto legislativo n. 29 del 1993, che all'articolo 3 attribuisce funzioni di indirizzo e di controllo agli organi di natura politica e funzioni di gestione ai dirigenti. Noi riteniamo che questo sia un filo conduttore estremamente importante; esso è stato richiamato esplicitamente nel testo di maggioranza ed è quello che ha ispirato la costruzione del testo attraverso la previsione degli organi fondamentali: cioè l'organo di indirizzo e di controllo denominato consiglio dell'istituzione e l'organo di natura tecnico-professionale, il collegio dei docenti (mi raccomando, «collegio», e non «assemblea», termine che ne sminuirebbe la portata ed il significato).
Accanto a questo sono stati inoltre previsti - come era abbastanza naturale - organi cui competano la programmazione didattica e la valutazione ad un livello che coincide di norma con la classe, ma che non può non tenere conto del fatto che con l'autonomia della scuola, anche da un punto di vista organizzativo, la struttura della classe subisce profonde modificazioni legate
all'opzionalità delle materie ed alla flessibilità curriculare e che quindi quella che viene data non può che essere un'indicazione di carattere generale, lasciando alle istituzioni scolastiche il compito di trovare le forme più adatte rispetto alle scelte che sono state compiute, soprattutto nell'ambito della programmazione curriculare.
Si è infine prevista (lo dico con soddisfazione; tra l'altro si è trattato del recepimento di una proposta avanzata in un testo dell'opposizione, quello che ha come prima firmataria l'onorevole Napoli) la commissione di verifica dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, un organo al quale abbiamo lavorato con attenzione perché ci sembrava importante stabilire un principio di valutazione interno alla scuola dal punto di vista dell'organo competente, ma aperto alla presenza di soggetti esterni, esplicitamente previsti, che peraltro non toglie nulla alla verifica che verrà esercitata a livello nazionale sull'operato della scuola, ma costituisce una modalità - che del resto ho visto ripetuta anche in altri testi - di valutazione da parte della scuola.
Quelle che ho illustrato sono state le linee generali del confronto. Preciso anche che non è ovviamente oggetto di discussione il diritto di assemblea degli studenti, anche perché già previsto nello statuto degli studenti e delle studentesse della scuola secondaria. Abbiamo peraltro stabilito - valuto con soddisfazione anche che, dopo molte polemiche, queste previsioni sono tornate anche in testi della minoranza - di estendere quel diritto anche ai genitori, perché sarebbe stato veramente ingiusto e sbagliato non concedere loro questa possibilità. Ciò non vuol dire assemblearismo scatenato ma semplice riconoscimento di un diritto che, tra l'altro, come dicevo, nella scuola attualmente già esiste.
Peraltro, il testo, licenziato dalla Commissione un po' di tempo fa, necessita certamente di alcuni aggiustamenti, in
parte di natura formale. Taluni aspetti, ad esempio, devono essere collegati alle nuove previsioni che nascono dal riordino dei cicli. Abbiamo avuto inoltre anche un percorso di natura contrattuale (ricordo anche la recente elezione della RSU da parte delle scuole) che probabilmente rendono alcuni articoli che si occupano ad esempio dell'attività docente ed amministrativa, norme su cui bisogna tornare e come relatore ritengo di poter esprimere la mia volontà di raccogliere tutte le ipotesi e le opportunità che ci permettano di migliorare questo testo. Ciò proprio perché siamo consci dell'importanza di predisporre una legge valida, che abbia il coraggio di compiere le scelte necessarie per la scuola. Nello stesso tempo, siamo anche convinti che questo provvedimento deve avere caratteri di leggibilità e di utilità per le scuole, perché si tratta di uno strumento nel cui quadro le scuole stesse dovranno collocare il loro agire, in primo luogo con quell'atto importantissimo che è la regolamentazione - quindi la stesura del regolamento di istituto - e poi in quella che è la vita della scuola stessa. Peraltro, quanti hanno esperienza scolastica (e credo di poter essere tra questi) sanno quante volte tutti abbiamo letto e riletto il decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974, cioè il testo che aveva dato vita agli organi collegiali, i quali erano però profondamente diversi perché nascevano da ed in una scuola in cui l'autonomia non esisteva e dunque organi le cui competenze ed i cui poteri erano residuali rispetto ad una organizzazione centralizzata del sistema formativo.
Siamo ora ad una svolta importantissima e per questo abbiamo dedicato molta attenzione alle competenze, atteso che oggi nelle scuole vi è veramente una possibilità decisionale molto maggiore. Siamo convinti che la scuola italiana sia matura per questa scelta, lo abbiamo sempre sostenuto e dimostrato, e riteniamo quindi che tutte le sue componenti siano pronte per questo che è un passaggio molto importante e che deve portare nella scuola stessa ad un lavoro comune di cooperazione fra le diverse componenti, rappresentate da quanti nella scuola operano (come gli insegnanti, il personale tecnico-amministrativo ausiliario ed il dirigente scolastico). Nella scuola, però, lavorano, seppure in modo diverso, gli studenti e la loro partecipazione acquista rilievo con la maturazione (quindi nell'ambito degli istituti superiori) e con essa hanno un rapporto altrettanto significativo ed importante
i genitori. È molto facile, a volte, fare delle scelte che attirino, diciamo così, le simpatie dell'una o dell'altra componente. Credo che la maggioranza, credendo nella cooperazione tra le componenti del settore scolastico, si sia assunta un compito non facile: quello di raggiungere un testo equilibrato.
Per tali motivi ritengo che il lavoro compiuto sia valido e ritengo che la discussione e la valutazione degli emendamenti ci permetterà probabilmente di compiere ancora passi avanti su questa strada di equilibrio in ordine ad un tema di questa rilevanza e di questa importanza.
|
Aula |
10,
16, 18 |
Interrogazioni a risposta
immediata
VALENTINA APREA. Ministro De Mauro, le chiedo se, essendo previste per il 25 gennaio 2001 le preiscrizioni alla nuova scuola di base che sostituirà la scuola elementare, lei ritenga ragionevole mantenere tali termini senza avere precisato alle famiglie gli obiettivi specifici di apprendimento che dovranno essere raggiunti dagli studenti in sette anni piuttosto che in otto anni. Le chiedo, altresì, se non ritenga superficiale rispondere alle preoccupazioni espresse dalle famiglie costrette a scegliere una scuola di cui non sono noti i programmi nazionali e neppure quelli delle singole scuole autonome che programmano ormai, come si sa, attività di insegnamento per centinaia di ore, dicendo che i primi due anni della scuola di base insegneranno ai bambini a leggere, scrivere e far di conto. Le chiedo, soprattutto, ministro De Mauro, se intenda mantenere i termini delle preiscrizioni senza indicare subito alle famiglie con quali criteri si sceglieranno i bambini e le bambine che potranno fare il percorso abbreviato di dodici anni piuttosto che quello attuale di tredici anni di istruzione
preuniversitaria.
TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, da anni, abbiamo anticipato a gennaio le iscrizioni alle scuole affinché le stesse predispongano per tempo, per l'anno successivo, le risorse necessarie e i piani dell'offerta formativa e ciò, da un anno, avviene ormai in piena autonomia. Vi sono varianti significative e, sicuramente, questo Parlamento ha approvato il piano di riordino progressivo o, meglio, di progressiva attuazione del riordino dei cicli. Le famiglie sanno, dunque, che le bambine e i bambini dal 10 settembre 2001 si iscriveranno ad un percorso di sette e non più di otto anni, ad un percorso unitario che non conosce più la frattura grave - come dimostrano i picchi di abbandono - tra scuola elementare e scuola media. Le famiglie lo sanno e credo lo apprezzino e mi auguro che sia apprezzato anche dall'onorevole Aprea che, in questo momento, scuote il capo. Vi è un'accelerazione del percorso verso il raggiungimento di standard e obiettivi che, per la prima volta, verrà seguito e monitorato dall'istituto di valutazione. Sicuramente nei primi due anni, mi dispiace, non succederà niente di nuovo; mi auguro che, leggere, scrivere e far di conto continueranno ad essere l'umile ma prezioso lavoro che svolgono maestre e maestri in un quadro di progettazione unitaria in questi primi due anni. Il seguito del percorso verrà definito entro la fine di gennaio con la presentazione dei curricula; ricordo che questo Parlamento ha approvato in via definitiva il piano il 23 dicembre scorso e, in queste settimane, stiamo lavorando intensamente per definire i suddetti curricula che saranno resi noti alle scuole e alle famiglie entro la fine di gennaio, senza che ciò abbia alcun riflesso sulle iscrizioni che devono avere luogo entro lo stesso termine.
(18 gennaio 2001) PAOLO ARMAROLI. Signor ministro, lei in recenti dichiarazioni pubbliche ha invitato a studiare l'arabo. Io, personalmente, non ho nulla in contrario, convinto come sono che, se tra i vari popoli della terra - soprattutto tra coloro che sono geograficamente più vicini - esiste una grammatica comune, ovviamente ci s'intende meglio. Siccome la lingua araba è parlata da centinaia di milioni di persone dei popoli confinanti, data anche la configurazione geografica del territorio nazionale, io sono d'accordo con lei. Lo sono anche perché - diciamo la verità - signor ministro - le lingue straniere nelle scuole italiane sono un po' neglette e sono sempre state insegnate a "spizzichi e bocconi" e mi domando se forse non sarebbe il caso di far insegnare le lingue estere da docenti di madrelingua, perché vi sarebbe forse un incentivo in più.
Fatto sta che l'apprendimento delle lingue parlate scricchiola, a cominciare dal sottoscritto: infatti, dal 1952, quando frequentavo la seconda media, ho iniziato a studiare l'inglese; ebbene, forse so meglio il francese che ho imparato per conto mio o quasi dell'inglese che ho studiato nelle scuole italiane per 12-14 anni.
Signor ministro, il suo invito è stato lodevole, ma devo dire che forse nelle sue pubbliche dichiarazioni non vi è stata reciprocità.
Mi permetto allora di farle notare "l'altra faccia della Luna": la nostra lingua italiana è piuttosto negletta sia all'estero che in Italia. All'estero, perché i nostri poveri istituti di cultura versano sovente purtroppo in uno stato comatoso o semicomatoso e la lingua italiana non ha una grande diffusione, anche perché i mezzi a sostegno dei vari istituti sono veramente modesti, per non dire estremamente scarsi. Per quanto riguarda l'Italia, abbiamo appreso con grande stupore dalle statistiche - per quello che valgono - che un terzo degli italiani sono analfabeti e che un altro terzo sono quasi analfabeti, hanno cioè difficoltà a capire quello che leggono!
Questo vuol dire un fallimento epocale della scuola italiana! Nonostante la scuola dell'obbligo e i passi in avanti che si sono fatti per aumentare le classi della scuola dell'obbligo, per quanto mi risulta, quando ero bambino, un artigiano o una persona modesta che avesse fatto la quinta elementare allora sapeva correttamente leggere e scrivere; ed oggi anche l'università è quello che è!
Signor ministro, non so se le è capitato di leggere un recente scritto del professor Paolo Grossi - autorevole storico del diritto dell'università di Firenze e direttore dei Quaderni fiorentini - sui Quaderni fiorentini nel quale egli ha parlato della morte dell'università! Voglio raccontare brevemente un episodio che mi ha visto più come vittima che come protagonista. Nella mia facoltà di scienze politiche di Genova, prima del mandato parlamentare, ho assegnato una tesi di laurea e naturalmente spiego al laureando come va fatta. Egli mi dice: posso prendere appunti? Gli rispondo: devi prendere appunti; pronuncio anche l'espressione "aut aut". Qualche mese dopo ritorna con il testo dattiloscritto e leggo con raccapriccio l'espressione "out out", in inglese, cioè "fuori fuori", anziché "aut aut" latino. A quel punto gli ho chiesto se aveva frequentato ragioneria e lui mi risponde: sì, professore, come ha fatto? E ho soggiunto: sono un fulmine di guerra, ho più o meno capito che con il latino non "te la dicevi" tanto.
Per tornare a noi, signor ministro, vorrei dire che c'è chi è più realista del re.
Al comune di Genova c'è un simpatico assessore, Luca Borzani, che si è fatto promotore di una singolare iniziativa.
Non è la prima volta perché già l'anno scorso aveva già fatto qualcosa del genere. L'iniziativa è quella di far frequentare corsi di cinese agli insegnanti allo scopo di poter comunicare nelle scuole del capoluogo ligure con i loro allievi cinesi che, a Genova, sono la seconda comunità straniera dopo quella equadoregna.
La mia domanda è persino banale: credo tutto sommato che sarebbe meglio che i giovani extracomunitari che frequentano - spesso anche bene - le nostre scuole, imparino l'italiano piuttosto che insegnanti e giovani colleghi degli extracomunitari debbano diventare necessariamente poliglotti per evitare quella torre di babele che purtroppo già divide noi italiani, visto che spesso la lingua italiana è un optional e quindi siamo in una torre di babele nella quale non ci capiamo più neppure tra di noi. Grazie, signor ministro.
PRESIDENTE. Il ministro della pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.
TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, onorevole interrogante, potrei rispondere molto brevemente dicendo: sì, lo ritengo anche io. Ritengo anch'io assai utile che gli studenti non nati in Italia imparino bene l'italiano. Al massimo potrei aggiungere, per allungare il discorso, due considerazioni: in primo luogo, che un buon controllo della lingua nazionale, come lei sa bene, è un obiettivo prioritario di tutta la nostra scuola e per tutti, extra ed intracomunitari, se così posso dire, che siano nostri allievi e che, in secondo luogo, una buona conoscenza delle lingue straniere (credo di essere quindi d'accordo con lei) è anch'esso un obiettivo a cui in passato la nostra scuola rinunciò, e riluttò in qualche caso, ma alla quale non può rinunciare oggi (né può essere più riluttante) sia nella scuola ordinaria, sia negli ormai attivati corsi di educazione per gli adulti e corsi di educazione tecnica superiore, come forse potremmo dire più analiticamente. Però non è forse inutile - se il Presidente me lo consente - lasciare memoria negli atti (e dire tra di noi) di alcuni aspetti di un quadro complessivo, anche a costo di ripetere qualcosa che a parlamentari così attenti sono forse già noti. Per quanto riguarda la lingua italiana, e a parte le opinioni personali del ministro coincidenti - mi sembra di capire - con quella degli interpellanti, la sua centralità nazionale è entrata di recente (può sembrare strano, ma è così) in una prima esplicita norma di legge.
Si tratta della norma legislativa del 1999 sulla tutela delle parlate alloglotte, che si apre con un richiamo alla centralità nazionale della nostra lingua, per l'innanzi presente solo, a mia memoria, in norme dei codici processuali e non in altri testi di normazione primaria. Vi è una seconda legge in cui questa centralità restava nell'implicito: è la legge di riordino dei cicli, legge n. 30 del febbraio 2000; a partire da questa legge, la centralità nazionale (insisto sul termine) prima ancora che sociale ed educativa della lingua italiana è passata nel piano di riordino dei cicli, approvato dal Parlamento nel dicembre scorso.
In quella sede, la capacità di buon controllo della lingua nazionale è assunta ad indicatore privilegiato rispetto a tutti gli altri, con la sola eccezione della buona capacità di controllo degli strumenti matematici (è, appunto, uno dei due indicatori centrali), del processo di maturazione delle capacità effettive delle nostre allieve e dei nostri allievi. Nello stesso tempo, è un obiettivo fondamentale, sia specifico sia complessivo, dell'attività e dei processi di apprendimento: quindi, non è solo un indicatore (e già questo dà una posizione di rilievo assoluto rispetto a tutto ciò che potrebbe indicare il crescere delle competenze complessive), ma è un obiettivo centrale dell'attività complessiva e dei processi di apprendimento, dalla scuola di base alla scuola superiore.
È un fatto non banale, se posso annoiarvi per un attimo, perché, nella tradizione della scuola superiore italiana, vigeva l'idea che il buon controllo dell'uso scritto e parlato, della comprensione della lingua fosse qualcosa di elementare; con molta fatica, negli anni, siamo riusciti a far passare un'idea diversa: che il buon controllo della lingua è qualcosa che comincia nella scuola dell'infanzia, ma non finisce mai, veramente, non solo nel senso di De Filippo, e non sarebbe poco, ma perché è qualcosa che dovrebbe accompagnarci e ci accompagna tutti in qualche misura (magari è non il buon uso, ma il cattivo), dunque anche, certo, nella scuola superiore.
Se mi consente, sono lieto di anticipare che questo orientamento trova conferma nei lavori per la redazione di dettaglio dei curriculi e nelle indicazioni dei relativi livelli di competenza, lavoro che proprio in questi giorni sta ultimando la commissione ministeriale, per consentirci di presentare alle scuole e alle Commissioni parlamentari i nuovi curriculi entro la fine del mese. Non poteva essere altrimenti se si riflette sul fatto che non solo questa commissione è composta, per la metà (e non è poco), da persone che insegnano nelle scuole, e dunque sanno bene quanto è importante un buon livello di competenza della nostra lingua nazionale, ma ne sono parte integrante, in posizione non marginale ma come responsabili di gruppo di lavoro molto attivi, i presidenti delle due maggiori associazioni professionali specialistiche del settore italianistico ed il presidente dell'Accademia della Crusca, coordinatore di uno dei più importanti gruppi di lavoro. Ovviamente, questa centralità, non solo nazionale, non solo sociale, ma educativa non ammette davvero discriminazioni e vale per tutte le allieve e tutti gli allievi che entrino nelle nostre scuole, quale che sia la loro provenienza e la loro lingua materna: l'italiano (come ormai avviene per una certa parte, il 40 per cento circa della popolazione), un dialetto italoromanzo, oppure un idioma alloglotto, sia di antico insiediamento sia di nuovo arrivo nel nostro territorio. A rafforzare questa azione della scuola ordinaria - spero le farà piacere - il Ministero della pubblica istruzione e quello della solidarietà sociale, che finanziano tale attività, hanno avviato una collaborazione con la RAI e, sfruttando il fatto che due terzi delle scuole sono ormai collegate via satellite e tutte via Internet, hanno avviato corsi di insegnamento dell'italiano per i genitori di bambini extracomunitari. Si tratta di corsi la cui impostazione, gestione e certificazione finale sono affidate alle due università per stranieri operanti in Italia, quella di Siena e quella di Perugia, nonché all'istituto Dante Alighieri che collabora con l'università della Tuscia.
Tale collaborazione con il suddetto istituto e con altre organizzazioni riguarda la diffusione dell'italiano all'estero, oggetto di impegni e di trattative anche diplomatiche, ai quali io stesso ho avuto l'onore di partecipare in sede di colloqui con i ministri dell'Unione europea. Nel caso francese proprio l'apporto dell'istituto Dante Alighieri, che testimonia il grande interesse extrascolastico per la lingua italiana, è stato un elemento che ci ha consentito e ci sta consentendo di migliorare la presenza dell'insegnamento dell'italiano nelle scuole francesi.
Per quanto riguarda le lingue straniere, signor Presidente, non mi dilungo perché non voglio prendere troppo tempo, tuttavia, senza insistere sui dati che già l'onorevole Armaroli ha citato, desidero ricordare che, dodici anni fa nel nostro paese la conoscenza delle lingue straniere era ancora caratterizzata da una situazione che non ho esitato a definire drammatica. Mi riferisco anche alle grandi lingue e non solo all'arabo e al cinese. Tale situazione si è andata correggendo perché nelle scuole sono stati attivati importanti programmi sperimentali e, almeno per la generazione al di sotto dei trentacinque anni, cominciamo ad avere una buona conoscenza diffusa di diverse lingue straniere. Come lei sa bene, nell'insegnamento scolastico prevalgono inglese e francese, seguono a grande distanza spagnolo e tedesco e vi sono anche alcune cattedre di russo. Dall'esterno dell'amministrazione, come battitore libero, fino a poco tempo fa, mi ero preoccupato di salvare queste ultime, perché mi sembrava importante che almeno una quindicina di istituti superiori italiani prevedessero come seconda lingua anche l'insegnamento del russo.
Ricordo che vi sono licei bilingue, esperienze importanti nelle quali tutto l'insegnamento si svolge oltre che in italiano in una lingua straniera: francese, inglese e tedesco. Infine, ecco la colpa del ministro, ma una colpa che hanno commesso altri perché io ho solo rilevato che esistono alcuni istituti superiori sperimentali per il turismo e per il commercio che, in modo benemerito - l'aggettivazione è colpa mia - e ragionevole si preoccupano di insegnare l'arabo come seconda o terza lingua. Si tratta di istituti tecnici o professionali ubicati nel sud del paese alle porte di quel mondo arabo con il quale dobbiamo avere rapporti indipendentemente dall'immigrazione. Se il Presidente mi concede ancora qualche minuto - mi rendo conto di aver parlato a questa Assemblea in modo inconsuetamente prolisso - vorrei aggiungere che vi è un ultimo problema. Credo sarebbe opportuno insegnare l'abc delle grandi lingue straniere più presenti in quanto portate da bambini extracomunitari e, a tale proposito, ricordo che nella Convenzione che ho citato tra il ministero della pubblica istruzione, quello della solidarietà sociale e la RAI sono inclusi progetti di questo tipo, che le prego di considerare con benevolenza. Mi riferisco proprio all'abc, per poter parlare con la percentuale crescente di bambini cinesi, che ci dicono essere bravissimi, maghrebini e filippini che popolano le nostre scuole e dire loro almeno "buongiorno" e "buonasera", "come stai" o "ti fa male la pancia?".
Pensiamo a dei mini corsi di addestramento all'uso di un fraseggio elementare perché questi bambini si sentano cittadini pleno iure - come credo dovranno diventare un giorno - e certamente utenti pleno iure della nostra scuola.
Accetto volentieri la satira su questo punto. Un grande giornale del nord titolò molti mesi fa: "Ecco il ministro che vuole insegnare l'arabo". Mi va bene, anche se non è vero: voglio insegnare innanzitutto l'italiano e poi l'inglese, il francese - prioritariamente -, il tedesco e lo spagnolo, a decrescere. Non mi dispiacerebbe una qualche buona conoscenza di arabo - la suggerirei - e forse di cinese.
Ma qui è in gioco un'altra questione: abbiamo 84 lingue presenti attraverso le bambine e i bambini della nostra scuola. Se almeno per le più diffuse i nostri insegnanti - penso soprattutto a quelli della scuola elementare - potessero mostrare la capacità di accogliere con qualche riguardo, anche linguistico, queste bambine e questi bambini, credo che faremmo qualcosa che non mette in forse la nostra identità nazionale, ma tutt'al più rafforza il nostro vivere civile.
PRESIDENTE. L'onorevole Armaroli ha facoltà di replicare.
PAOLO ARMAROLI. Signor ministro, debbo farle un complimento. È veramente un piacere dialogare con lei su questa materia, perché so bene che lei ha speso un'intera esistenza a favore della lingua italiana e sono anch'io sensibile a questo aspetto, perché sono fortunato avendo avuto occasione di "sciacquare i panni in Arno" per molti e molti decenni. Se i suoi auspici diventassero realtà, qualcuno, per esempio, non penserebbe più che il week-end è più gioioso del fine settimana o che il soufflé sia più nutriente di una frittata.
TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. So che non si può interrompere, ma quando chiameremo il question time in modo diverso?
PAOLO ARMAROLI. Signor ministro, su questo punto la debbo riprendere, perché non esiste il question time nel regolamento della Camera ma, come il Presidente può autorevolmente testimoniare, esistono le interrogazioni a risposta immediata. In questo siamo stati dei buoni italianisti. Il question time è un'espressione giornalistica, un'espressione inglese riportata dai giornali, ma nel nostro regolamento, come potrà verificare, è scritto "interrogazioni a risposta immediata", che è una dizione un po' più lunga del question time, ma più italiana.
TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Posso farle un'altra domanda: quand'è che chiameremo la Rai Educational "Trasmissioni educative della Rai"? In questo caso credo che l'intestazione sia ufficiale.
PAOLO ARMAROLI. Mi fa molto piacere questa domanda perché forse basta cambiare qualche persona ai vertici della Rai...
TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Avete una Commissione di vigilanza.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Presieduta proprio da uno di loro.
PAOLO ARMAROLI. Certo, ci ha dato un ottimo suggerimento, che metteremo a frutto quando e se la Casa delle libertà andrà al Governo, signor ministro.
PRESIDENTE. Questa conversazione è molto amabile, ma vi prego...
PAOLO ARMAROLI. Faccio qualche altra piccola notazione, signor ministro. Lei ha citato l'Accademia della Crusca. Sa benissimo in quali condizioni drammatiche essa si trovi, con quel dizionario che va avanti a pezzi e bocconi (va avanti si fa per dire). Il presidente onorario ha speso anni ed anni per denunciare la pochezza dei mezzi con i quali l'Accademia della Crusca, un'istituzione particolarmente benemerita e che ci è cara, è potuta andare avanti ed operare.
L'onorevole Pietro Mitolo del gruppo di Alleanza nazionale ha presentato, come lei sa, una proposta di legge costituzionale rivoluzionaria volta a modificare l'articolo 12 secondo la quale - sembra una banalità - la lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.
Se così fosse, molte cose cambierebbero: avremmo una grammatica comune, ci capiremmo un po' meglio e forse anche con questi buoni espedienti potremmo ricostituire quel tessuto connettivo della nazione che negli ultimi cinquant'anni è venuto meno.
Non so se abbia già letto lo splendido libro, uscito nei giorni scorsi, di un sociologo fiorentino, il professor Luciano Cavalli, dal titolo Il primato della politica che, ripercorrendo la storia d'Italia degli ultimi cinquant'anni, dimostra per tabulas come i partiti - in Italia ci sono partiti che sono stati più eguali degli altri - abbiano contribuito a non risollevare il concetto di nazione dopo la morte della patria rappresentata, secondo alcuni storici dall'8 settembre 1943. Ritengo che, finiti i sogni di gloria di tutti i paesi europei, le colonizzazioni tra l'ottocento e il novecento, la volontà di potenza, oggi il concetto di nazione si strutturi proprio sulla lingua e sulla cultura ma non può esservi cultura senza lingua. È un punto molto importante rispetto al quale dovremmo compiere diversi passi avanti.
Signor ministro, se ho capito bene, ella ad un certo punto ha evocato il ministro per la solidarietà sociale Livia Turco che, insieme all'allora ministro ex Presidente della Camera, l'autorevolissimo onorevole Napolitano, presentò quel disegno di legge diventato poi legge Turco-Napolitano. Uno degli articoli di questa legge che noi di Alleanza nazionale abbiamo contribuito in maniera determinante a far cassare prevedeva l'introduzione del diritto di voto nelle elezioni comunali e provinciali attraverso una legge ordinaria, mentre l'articolo 48 della Costituzione attribuisce il diritto di voto solo ai cittadini italiani. Recentemente il ministro Turco ha fatto ricorso - stavo per dire escamotage - ad un marchingegno, quello di facilitare il diritto di cittadinanza introducendo oltre allo ius sanguinis il concetto di ius soli, per cui i bambini nati da cittadini extracomunitari ipso iure e ipso facto diventerebbero italiani.
Questo a mio avviso sarebbe un aggiramento dell'articolo 48 perché così con legge ordinaria si concede il diritto di voto ma soprattutto - tornando alla lingua italiana - si è italiani e buoni italiani - se dei giovani extracomunitari vorranno diventare italiani io sarò ben felice di questo - attraverso un atto consapevole. Questo non può avvenire prima del raggiungimento della maggiore età, prima cioè di avere una consapevolezza ed una coscienza della lingua italiana perché altrimenti non si può parlare di integrazione. Ben vengano dunque cittadini italiani ma consapevoli; anche per loro vale la regola, che non sempre vale per i nostri cittadini italiani, di una buona conoscenza della lingua italiana.
|
Aula |
15 |
DdL n.
5029/A
Interventi nel
settore della formazione nelle arti musicali, visive e coreutiche
|
|
7a
Com. |
16,
30 |
Interrogazioni
|
7a
Com. |
9, 10,
16, 23, 30 |
comitato dei nove, DdL
Organi collegiali della scuola (esame C. 2226 -2665 -3592/A)
|
7a
Com. |
11,
16, 24, 30 |
sede referente, DdL AC 7307
Disciplina attività musicali (approvato dal Senato il 20 settembre
2000)
L'11 gennaio la Commissione delibera di costituire un
Comitato ristretto.
|
7a
Com. |
11,
18, 25, 30 |
comitato ristretto, DdL Editoria
AC 390,
794,
1441,
3380,
3381,
3672,
4349,
4627,
4629,
4950,
6946
Il termine per la presentazione di emendamenti al testo
unificato delle proposte di legge C. 390
e abb., in materia di editoria, è fissato alle ore 12.
|
7a
Com. |
9, 10,
11, 16, 17, 18 |
comitato ristretto, DdL
AC 6562, Stato giuridico dei Docenti Universitari
Il 18 gennaio la Commissione approva il disabbinamento
delle proposte di legge C. 5980
e C. 5495, sull'istituzione della terza
fascia dei docenti universitari per proseguirne autonomamente l'esame.
|
7a
Com. |
23,
25, 30, 31 |
sede referente, Testo
Unificato DdL 5980
(approvato dal Senato) e 5495,
Terza fascia del ruolo dei professori universitari
Il 30 gennaio la Commissione delibera di adottare il
testo unificato presentato dal relatore come testo base per il seguito
dell'esame.
|
7a
Com. |
16 |
audizione dei Sottosegretari di
Stato per l'Università e la ricerca scientifica, Luciano Guerzoni, e per
la Sanità, Grazia Labate, sull'ammissione di studenti extracomunitari
residenti in Italia alle scuole di specializzazione in medicina
|
7a
Com. |
17 |
su Atti del Governo, proposta di
nomina del prof. Benedetto Vertecchi a Presidente dell'Istituto nazionale
per la valutazione del sistema di istruzione
La Commissione esprime parere favorevole.
|
7a
Com. |
18, 23,
25 |
su Atti del Governo, schema di
decreto del Presidente della Repubblica sul Regolamento di organizzazione
degli Istituti di ricerca educativa
18.01.01 - (Il relatore) riferisce sullo schema di
regolamento sull'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca
educativa (IRRE), emanato ai sensi dell'articolo 21, comma 10, della
legge n. 59 del 1997 e dell'articolo 76 del decreto legislativo n. 300
del 1999, che hanno previsto il riordino e la trasformazione degli
Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativo
(IRRSAE) nella nuova struttura con la precisa finalità di offrire un
supporto all'autonomia scolastica.
Illustra i singoli articoli dello schema di regolamento, che appare
apprezzabile per chiarezza e sufficientemente organico. Esprime quindi
un giudizio positivo sul medesimo, pur svolgendo alcune osservazioni sul
testo sottoposto al parere della Commissione. In particolare,
all'articolo 1, appare opportuno prevedere che gli Istituti si possano
avvalere anche delle competenze degli ispettori tecnici; all'articolo 4
appare preferibile indicare che ciascuno dei componenti del Consiglio di
amministrazione sia confermabile alla carica per un ulteriore triennio;
allo stesso articolo 4 ritiene opportuno prevedere che il Consiglio di
amministrazione abbia anche il compito di valutare semestralmente
l'andamento del programma; all'articolo 5 ritiene che sarebbe opportuno
prevedere che il direttore debba essere in possesso di una
professionalità pertinente con le finalità specifiche dell'Istituto e
che lo stesso direttore debba valutare semestralmente il programma;
all'articolo 8 appare opportuno prevedere che il regolamento interno
disciplini anche lo svolgimento di conferenze di servizi; all'articolo 9
si deve valutare l'opportunità di introdurre l'obbligo e non la facoltà
di partecipazione dei direttori degli IRRE alla Conferenza nazionale dei
presidenti; all'articolo 10, relativo al personale, osserva che non sono
previsti criteri di assegnazione e che, a suo avviso, si potrebbe far
riferimento alla popolazione scolastica; ritiene inoltre che debba
essere attribuita una valutazione specifica per le esperienze maturate
presso gli IRRSAE.
Osserva, inoltre, che sarebbe preferibile prevedere un organico fisso
per il personale; ma, se ciò non fosse possibile, andrebbe comunque
garantita maggiore stabilità. Ritiene inoltre necessario prevedere
adeguate forme di incentivazione, al fine di non creare ingiustificate
disparità tra il personale di cui al comma 1 dell'articolo 10 e quello
di cui al comma 2 del medesimo articolo. Infine, in riferimento
all'articolo 13, ritiene opportuno che siano istituiti appositi uffici
col compito di valutare ed attuare attività volte a tutelare tutte le
situazioni particolari, quali quelle degli alunni con handicap, delle
minoranze linguistiche ed altre.
|
7a
Com. |
23,
31 |
su Atti del Governo, proposta di
nomina del prof. Flavio TOIGO a Presidente dell'Istituto nazionale per la
fisica della materia (INFM)
Il 31 gennaio la Commissione approva.
|
7a
Com. |
24 |
comitato dei nove, DdL,
Associazioni Sportive Dilettantistiche (DdL AC 2761,
769,
1776,
2489,
2739,
3607,
3912)
|
|
11a
Com. |
9,
16, 23, 30, 31 |
DdL AC
7238, Stato giuridico degli IRC (già approvato dal Senato)
Il 31 gennaio la Commissione delibera la nomina di un
comitato ristretto.
Il termine per la presentazione di emendamenti è
fissato alle ore 14 del 30 gennaio 2001.
|
Senato
|
|
7a
Com. |
25,
30 |
Interrogazioni
(30 gennaio) Il sottosegretario MANZINI risponde
infine all'interrogazione n. 3-04176 del senatore Guerzoni, cui ha
aggiunto la propria firma il senatore Biscardi, relativa ai ritardi
nella compilazione delle graduatorie permanenti, ai ritardi
nell'erogazione degli stipendi ai docenti precari, nonché al mancato
diritto di questi ultimi a partecipare al voto per la formazione delle
rappresentanze sindacali unitarie.
Al riguardo, informa che il ritardo nella pubblicazione delle
graduatorie permanenti, peraltro prevedibile, è stato causato dalla
contemporanea indizione, dopo ben 10 anni, di concorsi e procedure
abilitanti che hanno interessato circa due milioni di candidati. Con
apposito decreto-legge, è stato tuttavia garantito l'ordinato inizio e
svolgimento dell'anno scolastico. Alla data attuale, le graduatorie
permanenti definitive sono state comunque pubblicate nell'80 per cento
delle province, mentre nel restante 20 per cento sono in fase di
approvazione. Con riguardo all'inquadramento in ruolo, il decreto
ministeriale n. 262 del 25 novembre scorso ha poi impartito le
disposizioni per le assunzioni a tempo indeterminato dei vincitori di
concorso e di coloro che fossero utilmente inseriti nelle graduatorie
permanenti.
Per quanto riguarda invece il pagamento degli stipendi al personale
precario, il Sottosegretario ricorda che, sin dal mese di gennaio 2000,
sono state avviate le opportune iniziative con il Ministero del tesoro.
Non va tuttavia dimenticato che il numero dei contratti a tempo
determinato ha assunto dimensioni notevoli a seguito dell'entrata in
vigore del summenzionato decreto-legge volto ad assicurare il regolare
avvio dell'anno scolastico 2000-2001, con il quale è stato confermato
provvisoriamente il personale che ha prestato servizio nell'anno
scolastico passato per supplenza annuale o temporanea sino al termine
delle attività didattiche, del quale il Ministero del tesoro ha dovuto
esaminare le dichiarazioni di prestato servizio per ogni mese di attività.
E' stata comunque raggiunta un'intesa con il Ministero del tesoro per
corrispondere a tale personale il trattamento economico cui ha diritto
in modo continuativo, sino al 30 giugno 2001, a meno che il contratto di
lavoro non si risolva prima di tale data.
Con riferimento infine alla partecipazione dei docenti precari alle
consultazioni elettorali per le rappresentanze sindacali unitarie, il
Ministero ha dato indicazione affinché il personale prorogato in
servizio o assunto ai sensi del predetto decreto-legge, in servizio alla
data di inizio delle votazioni, potesse esercitare il diritto di voto.
Il senatore BISCARDI prende atto della risposta, dichiarandosi
parzialmente soddisfatto. Ricorda altresì le comunicazioni svolte in
Commissione – sullo specifico argomento dei ritardi nella
corresponsione degli stipendi ai docenti precari – da parte dei
Sottosegretari per il tesoro e la pubblica istruzione Morgando e
Barbieri. Al riguardo osserva che, benchè in tale occasione il Governo
si sia impegnato ad eliminare gli inconvenienti che hanno causato i
ritardi, inevitabilmente connessi alla grande affluenza ai concorsi e
alla conseguente difficoltà nella redazione delle graduatorie
permanenti, i ritardi permangono essendo stata data soluzione solo ad
una parte dei problemi. Rimane pertanto l'esigenza di approntare
tempestivamente soluzioni atte a prevenire analoghe incresciose
situazioni negli anni prossimi, atteso che – nonostante la prevedibile
diminuzione del personale precario – l'Amministrazione scolastica
continuerà comunque a fare ricorso a contratti a tempo determinato. Si
impone quindi un'azione combinata tra il Ministero del tesoro e il
Ministero della pubblica istruzione, che consenta alle istituzioni
scolastiche di provvedere autonomamente alla retribuzione dei supplenti
per i primi mesi dell'anno scolastico, in attesa che intervengano le
Direzioni provinciali del tesoro.
(25 gennaio) Il sottosegretario MANZINI risponde all'interrogazione
n. 3-04183 del senatore Biscardi - concernente la procedura di
valutazione dei dirigenti scolastici - ricordando in primo luogo che i
corsi di formazione mediante i quali è stata conferita ai presidi la
qualifica di dirigente non prevedevano forme di valutazione finale; è
invece l'articolo 41 del contratto collettivo del personale scolastico
sottoscritto nell'agosto 1999 che ha fissato criteri, modalità e forme
di valutazione dei capi di istituto per l'anno scolastico 1999/2000.
Menzionato il quadro normativo in cui si colloca tale disposizione, il
Sottosegretario segnala che essa ha sollevato una questione complessa,
delicata e nuova, stante la mancanza di esperienze e modelli cui fare
riferimento. Illustra quindi i caratteri di tale sistema di valutazione,
ricordando fra l'altro che esso ha previsto la valutazione dei capi di
istituto da parte di appositi Nuclei, composti da un dirigente
amministrativo, un ispettore e un esperto esterno e la possibilità di
un colloquio di "restituzione della valutazione" per i capi di
istituto che lo avessero richiesto. Il capo di istituto era chiamato
altresì ad una autoanalisi, segnalando e descrivendo le iniziative più
qualificate promosse per la realizzazione del Piano dell'offerta
formativa (POF) nel proprio istituto. La novità della suddetta
procedura ha indotto il Ministero a non definire un punteggio minimo di
sufficienza. Un accordo raggiunto il 4 aprile 2000 con i sindacati ha
peraltro stabilito – modificando il ricordato articolo 41 – che gli
esiti della valutazione sopra ricordata diano luogo a crediti
professionali, i cui effetti economici saranno definiti successivamente;
tali effetti economici comunque saranno riferiti esclusivamente all'anno
scolastico 1999/2000, secondo quanto sarà stabilito dalla
contrattazione collettiva attualmente in corso di svolgimento presso l'ARAN.
I risultati conseguiti dalla procedura di valutazione di cui si è
parlato, che il Ministero sta raccogliendo – conclude il
Sottosegretario – saranno utilizzati per una riflessione
sull'esperienza condotta, al fine di definire per il futuro un adeguato
sistema di valutazione della dirigenza scolastica, il quale dovrà
corrispondere ai principi sulla valutazione e sulla responsabilità
dirigenziale disciplinati dalle norme vigenti.
Il presidente BISCARDI si dichiara abbastanza soddisfatto per la
risposta del Governo, che riguarda un passaggio fondamentale per la vita
della scuola italiana, quale la trasformazione dei capi di istituto in
dirigenti nel contesto dell'autonomia scolastica. Afferma poi che gli
esiti prodotti dalle procedure di valutazione – universalmente
giudicate superficiali e troppo sovente non rispondenti alla effettiva
qualità dei capi di istituto – sono il frutto della carente
organizzazione dei corsi formativi per i presidi, in molti casi affidati
ad agenzie ed enti inadeguati al compito e svolti al di fuori di una
efficace vigilanza del Ministero. Egli ribadisce quindi ciò che ebbe già
ad affermare nel dibattito svoltosi in Commissione nel novembre 1998:
sarebbe stato decisamente più opportuno ritardare di due anni la
procedura valutativa dei presidi, in attesa del compiuto avvio del
processo autonomistico, così da poter valutare ciascun capo di istituto
sui risultati effettivamente da lui conseguiti nella propria scuola nel
quadro della nuova realtà scolastica. Quanto poi ai Nuclei di
valutazione, egli ricorda un aspetto invero non edificante: mentre al
provveditore e all'ispettore che ne facevano parte è stata corrisposta
un'indennità irrisoria, l'esperto – di solito un docente
universitario – ha ricevuto un compenso di parecchi milioni. Circa gli
esiti della valutazione, i risultati a lui noti – davvero preoccupanti
per la discrepanza fra il valore effettivo della persona e il punteggio
attribuito – lo inducono a ritenere che sarebbe stato preferibile
conferire maggior peso, entro il Nucleo, al giudizio del provveditore.
In definitiva, invita il Governo a considerare superata l'esperienza di
tali valutazioni e a evitare che vi si ricolleghino conseguenze
economiche, anche solo limitatamente all'anno scolastico 1999/2000,
facendo quindi rifluire le risorse a suo tempo destinate ad esse
nell'ambito di quelle complessivamente destinate alla dirigenza.
Conclude segnalando l'esigenza di rimotivare fortemente i presidi e i
docenti in una difficile fase di transizione.
Dichiara quindi concluso lo svolgimento dell'interrogazione all'ordine
del giorno.
|
7a
Com. |
10, 11,
16, 18, 25 |
in sede referente, DdL nn. 4864,
4631, 4645 e 4874, Iscrizione ai corsi universitari
Il 25 gennaio la Commissione conferisce mandato alla
relatrice Pagano di riferire favorevolmente all'Assemblea sul disegno di
legge n. 4864, con le modifiche apportate, proponendo l'assorbimento in
esso dei disegni di legge nn. 4631 e 4645.
|
7a
Com. |
9, 18,
23 |
procedure informative, Dibattito sulle comunicazioni rese, nella seduta
antimeridiana del 21 dicembre 2000, dal Ministro dell'università e della
ricerca scientifica e dal Ministro della pubblica istruzione sulle modalità
della formazione universitaria dei docenti della scuola di base e della
scuola secondaria.
|
7a
Com. |
17 |
procedure informative, Comunicazioni dei Sottosegretari di Stato per il
tesoro, il bilancio e la programmazione economica, e per la pubblica
istruzione sui ritardi nella retribuzione dei docenti precari.
Il sottosegretario MORGANDO ricorda che la
liquidazione delle competenze al personale del comparto scuola, assunto
con contratto a tempo determinato nell'anno scolastico in corso, viene
effettuata con una procedura informatizzata, concordata fra i due
Ministeri, che prevede la trasmissione da parte della Pubblica
istruzione al Tesoro, ogni 15 giorni, dei contratti stipulati e delle
informazioni necessarie al pagamento. Entro 10 giorni dall'acquisizione
dei dati è disposto il pagamento, che prosegue mensilmente fino a tutto
il mese di agosto per i supplenti nominati per l'intero anno scolastico
e fino al 30 giugno per quelli nominati fino al termine delle attività
didattiche. Il problema si pone in termini diversi per le supplenze
brevi, per le quali – stante la loro durata incerta – la
retribuzione è corrisposta successivamente alla data di maturazione.
Nell'anno scolastico in corso, come è noto, il ricorso alle supplenze
brevi ha assunto dimensioni eccezionali, a causa della mancata
conclusione dei concorsi a cattedre banditi recentemente e del
conseguente ritardo nell'immissione in ruolo dei vincitori. Il decreto
legge n. 240 del 29 agosto 2000 ha allora disposto la provvisoria
conferma sui posti vacanti e disponibili del personale che vi avesse già
prestato servizio nello scorso anno scolastico.
In definitiva – avverte il sottosegretario Morgando – accade che il
97 per cento dei supplenti attualmente in servizio venga tuttora
retribuito mese per mese, sulla base delle dichiarazioni di prestato
servizio. Al fine quindi di evitare i ritardi nei pagamenti derivanti
dalle suddette procedure, il Tesoro ha tenuto nel novembre scorso una
conferenza di servizi con la Pubblica istruzione. In tale sede si è
convenuto che il Tesoro provvederà automaticamente a pagare in via
continuativa, a partire da gennaio, i supplenti annuali in servizio
nell'anno scolastico 1999/2000 e che siano stati confermati a titolo
provvisorio anche in quest'anno scolastico; spetterà ai capi di
istituto comunicare direttamente ai dipartimenti provinciali del Tesoro
ogni evento, intervenuto dopo il 12 dicembre scorso, che comporti la
cessazione del rapporto di lavoro del suddetto personale. Tenuto conto
comunque degli inevitabili tempi tecnici richiesti dalla nuova procedura
adottata, il Sottosegretario rileva che ulteriori ritardi potrebbero
derivare solo da un invio tardivo dei dati da parte delle singole
istituzioni scolastiche. Il Sottosegretario consegna poi alla
Commissione un prospetto, dal quale risulta fra l'altro che, delle
comunicazioni sui contratti dei precari pervenute al sistema informativo
del Tesoro il 29 novembre scorso, ben 12.000 si riferivano a servizi
prestati nel mese di settembre; tali supplenti hanno quindi potuto
ricevere solo verso la fine di dicembre la retribuzione relativa a quel
mese.
Inoltre, per i numerosissimi precari (circa 70.000) che non erano in
servizio nel precedente anno scolastico, la conferenza dei servizi ha
deciso che il Tesoro provvederà senz'altro alla loro retribuzione se
non riceverà la comunicazione di cessato servizio entro il 15 di ogni
mese. Il Tesoro ha inoltre proposto alla Pubblica istruzione una nuova
conferenza dei servizi, in cui valutare la possibilità per le scuole
– sempre al fine di accelerare i pagamenti - di erogare subito,
all'atto dell'assunzione dei supplenti, un acconto a valere sui propri
fondi, che poi naturalmente il Tesoro reintegrerebbe subito.
Il Sottosegretario rileva come il problema in questione coinvolga un
numero elevatissimo di persone, sì che ogni disfunzione, anche piccola,
comporta grandi disagi e difficoltà diffuse: ad esempio, bastano pochi
errori nella documentazione informatica trasmessa al Tesoro per
rallentare tutte le procedure. Assicura poi che il suo Dicastero, nella
piena consapevolezza della rilevanza della questione, adotterà la
massima flessibilità per risolvere concretamente il problema e conclude
sottolineando alla Commissione come non vi sia alcuna carenza di risorse
finanziarie: il nodo è rappresentato esclusivamente dallo snellimento
delle procedure, che sembra ormai conseguito.
Il sottosegretario BARBIERI, ringraziando il Tesoro per l'impegno
manifestato al fine di risolvere il problema, d'intesa con la Pubblica
istruzione, manifesta altresì gratitudine per la Commissione, che ha
dato occasione al Governo di illustrare le iniziative adottate onde
risolvere un problema causa di tanti disagi e sofferenze. Le procedure
concordate, frutto di flessibilità e intelligente collaborazione tra i
due Dicasteri, dovrebbero consentire di superare le difficoltà del
passato, che troveranno comunque definitiva soluzione allorchè si
concluderanno i concorsi attualmente in svolgimento e tutti i vincitori
saranno immessi in ruolo. Poiché tuttavia non si possono escludere
residui strascichi e problemi locali, ringrazia fin d'ora i senatori che
vorranno segnalarli al Ministero.
|
7a
Com. |
10, 11,
17, 24 |
in sede redigente, DdL
Disciplina generale dell'attività teatrale
|
7a
Com. |
24 |
su Atti del Governo, proposta di
nomina del prof. Benedetto Vertecchi a Presidente dell'Istituto nazionale
per la valutazione del sistema di istruzione
La Commissione esprime parere favorevole.
|
7a
Com. |
24, 31 |
su Atti del Governo, schema di
decreto del Presidente della Repubblica sul Regolamento di organizzazione
degli Istituti di ricerca educativa
24.01.01 - (Il relatore) avverte che la Commissione è
chiamata ad esprimersi su uno schema di regolamento predisposto dal
Ministero della pubblica istruzione e recante la disciplina degli
Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE): questi ultimi, come è
noto, traggono origine dalla trasformazione dei precedenti Istituti
regionali di ricerca e sperimentazione educativa (IRRSAE), sulla cui
attività – osserva il relatore – il giudizio finale non può essere
in verità positivo. Se infatti gli IRRSAE di alcune regioni hanno
operato molto bene, grazie anche al prestigio dei loro presidenti, altri
sono rimasti prigionieri di una logica autoreferenziale, senza riuscire
a stabilire un legame solido con la scuola "militante".
Il testo in esame promette dunque un significativo mutamento di tale
situazione; in particolare, merita specifico apprezzamento la
indicazione delle funzioni assegnate ai nuovi IRRE (articolo 1, comma
2), ove si sottolinea – pur nel quadro di una autonomia amministrativa
e contabile – la stretta connessione con l'amministrazione scolastica
e con i suoi indirizzi. Anche le norme sugli organi degli IRRE meritano
un giudizio positivo. Il relatore segnala peraltro taluni possibili
miglioramenti da apportare al testo: richiamando l'accurato e puntuale
parere espresso dal Consiglio di Stato, dichiara di condividere la
modifica suggerita da quest'ultimo all'articolo 4, comma 1, concernente
la conferma in carica dei membri del consiglio di amministrazione. Il
Consiglio di Stato suggerisce altresì di aggiungere all'articolo 5,
comma 2, una lettera f), di cui peraltro egli propone di recepire solo
la prima parte. Per quanto riguarda poi i requisiti previsti per la
figura del direttore (articolo 5, comma 1), egli ritiene necessario
aggiungere il possesso di una sperimentata conoscenza del sistema
scolastico: non ritiene infatti possibile che tale incarico sia
conferito ad una persona caratterizzata solo da capacità
amministrativa, ma priva della necessaria esperienza del mondo della
scuola. Il comitato tecnico-scientifico (articolo 6) può essere
limitato, a suo avviso, a 5 membri; la previsione di un coordinatore
suscita perplessità, per il timore di contrasti con gli altri organi
direttivi dell'ente. Il relatore sottolinea quindi il suggerimento
avanzato dal Consiglio di Stato di inserire una norma che dia specifico
rilievo a taluni interessi, non menzionati nel testo: la tutela di altre
minoranze linguistiche e storiche (accanto a quella slovena, già
considerata all'articolo 13); la tutela degli emigrati; quella per gli
alunni in situazioni di handicap; l'integrazione europea. Infine segnala
che, ai fini della prima costituzione dei consigli di amministrazione
degli IRRE nella presente fase transitoria, in cui non sono ancora stati
costituiti i consigli scolastici regionali, i due componenti la cui
designazione dovrebbe spettare a questi ultimi andrebbero designati uno
dalla regione e uno dall'amministrazione scolastica. Con le predette
osservazioni, ritiene che il regolamento sarebbe pienamente adatto a
conseguire i fini perseguiti.
|
7a
Com. |
24 |
su Atti del Governo, proposta di
nomina del prof. Flavio TOIGO a Presidente dell'Istituto nazionale per la
fisica della materia (INFM)
La Commissione esprime parere favorevole.
|
|
Com.
Infanzia |
10,
16 |
in sede referente, DdL
sull'Istituzione dello Psicologo scolastico (DdL as 2967, 2888, 1829, 3345, 3620 e 3866)
Il 16 gennaio 2001 la Commissione conferisce
all'unanimità mandato al relatore a riferire in Assemblea in senso
favorevole al provvedimento, nel testo risultante dagli emendamenti
approvati.
|
|